Codice Civile art. 2571 - Preuso.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Preuso.

[I]. Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso [2569 2] (1).

(1) V. artt. 28 e 68 d.lg. 10 febbraio 2005, n. 30.

Inquadramento

In tema di utilizzo delle ragioni sociali da parte di due concorrenti alla stregua di marchi, ai sensi del secondo comma dell'art. 13 r.d. n. 929/1942, come modificato dalla l. n. 158/1967, applicabile «ratione temporis», si applica il principio per cui l'uso del proprio nome patronimico come marchio, ancorché accompagnato da elementi differenziatori, è vietato quando tale nome già costituisca marchio, anche di fatto, di altro imprenditore per prodotti dello stesso genere; tale anteriorità conferendo invero al primo utilizzatore l'esclusività dell'uso (Cass. n. 13067/2008). Alla luce delle disposizioni del r.d. n. 929/1942, come modificate a seguito della riforma realizzata con il d.lgs. n. 480/1992, il preuso locale di un marchio non registrato conferisce al titolare del segno il diritto di continuare ad utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell'ambito dell'uso fattone, senza tuttavia che il preutente abbia anche il diritto di vietare a colui che successivamente registri il marchio di farne anch'egli uso nella zona di diffusione locale, in quanto è configurabile una sorta di regime di «duopolio», atto a consentire, nell'ambito locale, la «coesistenza» del marchio preusato e di quello successivamente registrato (Cass. n. 4405/2006). In tema di marchi d'impresa, il preuso locale di un marchio di fatto attribuisce al preutente la facoltà di continuare ad usarlo nel medesimo ambito territoriale anche dopo la registrazione da parte di terzi di un marchio simile od eguale, ma non anche il diritto di vietare al successivo registrante l'utilizzazione del marchio nella zona di diffusione locale: pur mancando, infatti, una norma che disciplini specificamente il conflitto tra questi due soggetti, depone in tal senso non solo un'interpretazione sistematica dell'art. 9 r.d. n. 929/1942, alla luce delle altre disposizioni in tema di preuso (artt. 17 e 18 r.d. n. 929/1942), ma anche il favor legis per il registrante, quale emerge sia dalla più intensa ed estesa tutela (anche penale) riservata dall'ordinamento al marchio registrato, sia dalle disposizioni del d.lgs. n. 480/1992, attuative della disciplina comunitaria, le quali conducono a configurare, in materia, una sorta di «duopolio», atto a consentire in ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato (Cass. n. 14787/2007). L'uso del marchio non registrato è sufficiente ad integrare la fattispecie costitutiva del segno distintivo e il correlativo acquisto del diritto assoluto sul marchio da parte di colui che, attraverso l'uso, abbia realizzato la funzione individuatrice del medesimo in presenza dei requisiti della liceità e della novità: detto uso conferisce perciò al titolare del marchio di fatto il diritto di utilizzazione esclusiva nell'ambito dell'uso di fatto, generale o locale, per lo stesso genere di prodotto, nonché il diritto di inibirne l'utilizzazione, entro questi limiti, da parte di altri (Cass. n. 2024/1982).

In tema di marchi di impresa, il preuso di un marchio di fatto, tanto ai sensi dell'art. 18 r.d. n. 929/1942 (cd. legge marchi) applicabile "rationae temporis", che degli artt. 12 e 28 d.lgs. n. 30/2005 (cd. Codice della proprietà industriale) che l'hanno sostituito, comporta che il preutente abbia il diritto all'uso esclusivo del segno, ossia abbia il potere di avvalersene che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso rispetto al diritto di preuso, sicché ben può una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti. Ne consegue che, ove la registrazione decettiva sia dichiarata nulla, non per questo il preutente che aveva provveduto a formalizzarla perde il diritto di continuare a far uso del segno, specie laddove, per la cessata interferenza con i diritti registrati da altro titolare di uno o più marchi, sia venuto meno anche il conflitto (Cass. n.  2499/2018).

I requisiti del segno

Un marchio di fatto è tutelabile quando presenti tutti i requisiti richiesti per i marchi registrati (Cass. n. 9827/1994). In questa materia il fatto costitutivo del diritto viene individuato nella priorità d'uso del segno (Cass. n. 3224/1994).

L'onere di provare l'uso del marchio incombe al preutente (Cass. n. 9827/1994).

Il diritto sul marchio di fatto

La notorietà puramente locale dell'uso del marchio si ha solamente quando la conoscenza del marchio non abbia superato limiti territoriali piuttosto ristretti, sia pur comprendenti un'intera regione (Greco, 76).

Secondo altro orientamento, l'uso del marchio in tre regioni distinte è uso che non ha raggiunto la notorietà generale (Trib. Roma 27 febbraio 2004).

Marchio registrato e marchio di fatto godono di una tutela qualitativamente uguale nei vari aspetti dell'impiego in relazione a determinati prodotti o servizi (Ascarelli, 383).

Il semplice uso del marchio non registrato è sufficiente per completare la fattispecie costitutiva del bene e l'acquisto di un diritto assoluto da parte di chi, attraverso l'uso, oggettivizza e delimita il marchio stesso nella sua funzione distintiva, quando sussistono i requisiti della liceità e della novità. L'uso del marchio trova un limite nel principio che preclude l'uso da cui derivi un danno per il pubblico, e nell'altro principio, espresso dall'art 15 r.d. n. 929/1942 (ora art. 23 d.lgs. n. 30/2005), che sancisce che dal trasferimento del marchio non deve derivare pericolo di inganno in quei caratteri dei prodotti e delle merci che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico, ai quali cioè risale il pubblico attraverso il marchio. L'uso di fatto del marchio, costituendo un diritto assoluto, può essere legittimamente trasferito con i limiti suddetti, in quanto non sussiste una espressa norma contraria ed ulteriormente limitativa. E la normativa del trasferimento del marchio (artt. 2573 e 15 del citato decreto), pur riferendosi al marchio registrato, dispone un principio applicabile anche al marchio usato ma non registrato, non potendo il brevetto costituire, di per se, una ragione della circolazione del marchio (Cass. n. 897/1975). Il titolare di un marchio registrato, od anche di fatto, ma tutelabile in relazione ad un uso che ne abbia realizzato la funzione individuatrice (in presenza dei requisiti di novità e liceità), può insorgere, avverso l'illecita contraffazione dell'imprenditore concorrente, sia con Azione a tutela del diritto esclusivo all'uso del marchio medesimo, sia con Azione di concorrenza sleale, per ottenere il risarcimento del danno, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i prodotti. La prima Azione, avendo carattere reale, è imprescrittibile (salva restando l'eventuale decadenza dal marchio, a norma dell'art. 41 r.d. n. 929/1942, per effetto di sopravvenuta volgarizzazione, cioè di trasformazione del marchio in denominazione generica di un prodotto o merce). La seconda, esperibile alternativamente, od anche congiuntamente, ha natura personale e si ricollega ad una successione e reiterazione di Atti illeciti, con la conseguenza che, trovando applicazione la prescrizione di cui all'art. 2947, è riferibile al danno verificatosi nel quinquennio anteriore alla domanda (Cass. n. 5131/1985). A norma dell'art. 9 r.d. n. 929/1942, in caso di preuso locale di un marchio di fatto, il preutente del marchio non registrato ha diritto di continuare l'uso di esso, anche ai fini pubblicitari, nei limiti della diffusione locale, nonostante la successiva registrazione di marchio simile od uguale da parte di altro soggetto; tuttavia, in mancanza di specifica previsione normativa in ordine al conflitto tra preutente e successivo registrante, alla luce di una lettura sistematica dell'art. 9 citato nell'ambito delle altre disposizioni della legge medesima in tema di preuso (in particolare, gli art. 17 e 48), e tenuto conto del favor legis per il registrante desumibile sia dalla più estesa ed intensa tutela (anche penale) riservata dall'ordinamento al marchio registrato sia dagli orientamenti emergenti dalla novella del d.lgs. n. 480/1992 attuativa della disciplina comunitaria, è da escludere che, al di là della espressa previsione del diritto di continuare nell'uso del marchio di fatto, spetti altresì al preutente il diritto all'utilizzazione esclusiva di detto marchio nell'ambito dell'uso di fatto, e quindi il diritto di vietare al successivo registrante l'utilizzo di esso nella zona di diffusione locale, essendo invece configurabile, alla stregua del complesso delle disposizioni in materia, una sorta di regime di «duopolio» atto a consentire nell'ambito locale, la «coesistenza» del marchio preusato e di quello successivamente registrato (Cass. n. 3236/1998).

Bibliografia

Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni materiali, Milano, 1960, 399; Auteri, voce Ditta, Enc. Giur., Roma, 1989, 3; Campobasso, Diritto commerciale, I, Torino, 2001, 164; Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Milano, 2009, 244; Greco, I diritti sui beni immateriali, Torino, 1948, 76; Mangini, voce Ditta, in D. disc. priv., sez. comm., 4 ed., V., 1990, 79; Martorano, Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, Torino, 2015, 503; Salandra, Manuale di diritto commerciale, I, Bologna, 1947, 87; Vanzetti, La nuova legge marchi, Milano, 1993, 38.

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