Codice Civile art. 2573 - Trasferimento del marchio.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Trasferimento del marchio.

[I]. Il marchio può essere trasferito o concesso in licenza per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, purché in ogni caso dal trasferimento o dalla licenza non derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico (1).

[II]. Quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l'azienda.

(1) Comma così sostituito dall'art. 83 d.lg. 4 dicembre 1992, n. 480. Ma v. l'art. 246 1z d.lg. 10 febbraio 2005, n. 30 che ha abrogato integralmente il d.lg. n. 480, cit. Il testo del comma anteriore alla modifica operata dal d.lg. n. 480, cit., era il seguente: «Il diritto esclusivo all'uso del marchio registrato può essere trasferito soltanto con l'azienda o con un ramo particolare di questa».

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 15 r.d. n. 929/1942, nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 480/1992, e dell'art. 2567  il marchio può essere trasferito solo in occasione del trasferimento dell'azienda o di un ramo particolare di questa e, in tal caso, non sono implicitamente trasferiti anche la ditta o la denominazione (salva l'ipotesi, prevista dall'art. 2573, comma 2, della denominazione di fantasia o della ditta figurata), non essendovi alcuna disposizione di legge che lo preveda (Cass. n. 5931/2014). L'art. 2573 (anteriormente alle modifiche introdottevi dal d.lgs. n. 480/1992 recante «Attuazione della direttiva C.E.E. sul ravvicinamento della legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa») e l'art. 15 r.d. n. 929/1942, contenente disposizioni di analogo tenore, fanno divieto di cedere il marchio separatamente dall'azienda e stabiliscono inoltre la presunzione che la cessione di questa comporti la cessione di determinati marchi; dal che consegue la nullità ex art. 1418, per contrarietà a norme imperative, del contratto di cessione del marchio senza contestuale cessione dell'azienda, restando invece escluso che la sola cessione del primo implichi il sorgere della presunzione di cessione dell'azienda o del ramo di essa che realizza il prodotto al quale il marchio si riferisce (Cass. n. 6656/1995). In tema di nullità per impossibilità dell'oggetto, tale vizio sussiste solo ove l'impossibilità della cosa o del comportamento che ne forma oggetto — oltre che oggettiva e presente sin dal momento della stipulazione — sia assoluta e definitiva. A tale fine sono ininfluenti difficoltà, più o meno gravi, di carattere materiale o giuridico che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato della prestazione prevista (Nella specie, il Trib. ha respinto la domanda di accertamento di nullità o illiceità del contratto di cessione del marchio e distribuzione in esclusiva dei prodotti ad esso legati: Trib. Milano sez. propr. ind. , 17 aprile 2013 n. 5384). Il divieto, previsto dall'art. 15 r.d. n. 929/1942 (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 480/1992), di cedere il marchio separatamente dall'azienda, riguarda esclusivamente il trasferimento della titolarità, e non anche la concessione della licenza, sia pure esclusiva ma comunque temporanea, dell'uso del marchio (Cass. n. 14787/2007).

Trasferimento di ramo d'azienda

In tema di marchio, non comporta violazione del precetto contenuto negli artt. 2573 e 15 r.d. n. 929/1942 (secondo cui il diritto esclusivo all'uso del marchio registrato può essere trasferito soltanto per effetto della contestuale cessione dell'azienda o di un ramo particolare di essa) la semplice cessione, oltre che dell'uso esclusivo del marchio, del diritto di fabbricare e vendere in esclusiva il corrispondente prodotto, nonché dei particolari elementi eventualmente indispensabili per la realizzazione del prodotto medesimo (nella specie, lemmi ingeneranti confusione con altra parola costituente marchio registrato di imprenditore concorrente), integrando tutto ciò il trasferimento di una specifica organizzazione produttiva legittimamente qualificabile come «ramo di azienda» (Cass. n. 1424/2000). Ai sensi dell'art. 2573 comma 2, quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia, si presume che il diritto all'uso esclusivo si esso sia trasferito insieme al trasferimento dell'azienda. Pertanto, il trasferimento del ramo d'azienda comporta, in assenza di pattuizioni contrarie, anche il trasferimento del marchio che rappresenti un elemento costitutivo dell'azienda (Trib. Roma IX, 16 settembre 2011 n. 17765).

Casistica

In materia di marchio, i cosiddetti accordi di coesistenza, con i quali, nell'ambito di una transazione, si intenda risolvere un conflitto tra marchi reciprocamente indipendenti e disciplinare l'uso di marchi interferenti per l'identità o la confondibilità dei segni o dei prodotti, non hanno carattere dispositivo, in quanto non danno luogo ad un trasferimento dei diritti di esclusiva del titolare del marchio e neppure alla costituzione di un diritto più limitato di quello spettante al titolare del marchio in favore di un soggetto diverso; tali convenzioni, pertanto, hanno efficacia meramente obbligatoria «inter partes» e non limitano la tutela del marchio nei confronti dei terzi, salvo il caso in cui abbiano assunto indirettamente un rilievo esterno, contribuendo ad una diversa delimitazione reale dell'ambito di protezione del segno, con effetti potenzialmente irreversibili anche nei confronti dei terzi e dei consumatori. (Nella specie la S.C. ha riconosciuto l'efficacia meramente obbligatoria ad un accordo intervenuto fra le società facenti capo ai due stilisti Valentino Garavani e Mario Valentino, con cui erano stati fissati, fra l'altro, i settori merceologici nell'ambito dei quali ciascuna parte avrebbe potuto usare il proprio nome o la firma) (Cass. n. 24909/2008). La trascrizione del trasferimento del marchio non ha alcuna influenza sulla sostanza e validità dell'atto, ma attua una forma di pubblicità a tutela della buona fede e dei diritti dei terzi ed ha quindi la funzione legale di assicurare la priorità del diritto acquistato e trascritto. Nel caso di conflitto tra cessionario e terzo, e non tra successivi cessionari, la Mancanza della trascrizione non ha Rilevanza, perché l'atto di cessione, anche se non trascritto, e pienamente valido e produce i suoi effetti nei confronti del cedente e dei terzi che non vantino un titolo, regolarmente trascritto, di trasferimento degli stessi diritti (Cass. n. 1945/1970).

Profili fiscali

La testata giornalistica, come segno distintivo della pubblicazione periodica, costituisce solo un elemento dell'azienda, quale segno distintivo di tale iniziativa editoriale; essendo quindi un bene immateriale, equiparabile al marchio, non può dar luogo, di per sé stessa, al trasferimento d'azienda, con la conseguenza che la relativa cessione costituisce prestazione di servizi assoggettata ad Iva, senza che assuma rilievo che essa sia avvenuta congiuntamente al trasferimento dell'azienda (o di un suo ramo) ovvero separatamente, restando quest'ultima soggetta, comunque, ad imposta di registro (Cass. n. 1102/2013). In tema di imposta di registro, ai sensi dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1968, l'atto deve essere tassato in base alla sua intrinseca natura ed agli effetti (ancorché non corrispondenti al titolo ed alla forma apparente), da individuarsi attraverso l'interpretazione dei patti negoziali, secondo le regole generali di ermeneutica, con esclusione degli elementi desumibili «aliunde». In funzione di tale indagine, non ha rilevanza alcuna, in assenza di specifiche indicazioni contenute nella normativa sull'imposta di registro, che il contratto realmente voluto dalle parti sia nullo per contrasto con la legge (in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la possibilità di qualificare come trasferimento del marchio, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, il contratto risultante da una scrittura privata intitolata «cessione di ramo d'azienda», in quanto l'atto, essendo stato stipulato in epoca anteriore all'entrata in vigore dell'art. 83 d.lgs. n. 480/1992, che ha modificato l'art. 2573, contrastava con il divieto di alienazione del marchio separatamente dalla cessione dell'azienda, posto da tale disposizione) (Cass. n. 3571/2010).

Bibliografia

Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni materiali, Milano, 1960, 399; Auteri, voce Ditta, Enc. Giur., Roma, 1989, 3; Campobasso, Diritto commerciale, I, Torino, 2001, 164; Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Milano, 2009, 244; Greco, I diritti sui beni immateriali, Torino, 1948, 76; Mangini, voce Ditta, in D. disc. priv., sez. comm., 4 ed., V., 1990, 79; Martorano, Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, Torino, 2015, 503; Salandra, Manuale di diritto commerciale, I, Bologna, 1947, 87; Vanzetti, La nuova legge marchi, Milano, 1993, 38.

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