Codice Civile art. 2657 - Titolo per la trascrizione (1).Titolo per la trascrizione (1). [I]. La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza [131 ss. c.p.c.], di atto pubblico [2699] o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata [2703] o accertata giudizialmente [215 ss. c.p.c.]. [II]. Le sentenze e gli atti seguiti in paese estero [796 ss., 804 c.p.c.] devono essere legalizzati (2). (1) Per una declaratoria di non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, di una questione di illegittimità costituzionale del presente articolo sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 Cost., v. C. cost. 21 ottobre 2005, n. 394. (2) Sull'abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri v. l. 20 dicembre 1966, n. 1253, ratifica ed esecuzione della Convenzione riguardante l'abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata all'Aja il 5 ottobre 1961 nonché l. 24 aprile 1990, n. 106, ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa alla soppressione della legalizzazione di atti negli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 25 maggio 1987; sulla legalizzazione di firme v. altresì l. 11 maggio 1971, n. 390. InquadramentoLa disposizione individua gli atti tipici che formano oggetto della trascrizione. Alla tassatività dei requisiti — salve le eccezioni previste dalla legge- consegue che l'eventuale trascrizione di un atto o provvedimento che non corrisponda agli elementi tipici che consentono la trascrizione non rende nullo o inefficace quell'atto (salva la responsabilità della P.A.) ma impedisce che si produca, rispetto ad esso, l'effetto pubblicitario perché esso può provenire solo dall'inserimento dell'atto, o meglio, di uno degli originali della nota, nell'apposito registro pubblico. Atti trascrivibiliSecondo la dottrina l'inserimento in archivio del titolo cui la trascrizione si riferisce non è elemento costitutivo della fattispecie pubblicitaria, ma solo complementare ad un utile riscontro della pubblicità rispetto a documenti autentici di riferimento (Triola, 2012, 309). La Corte cost. n. 394/2005 ha escluso che l'art. 2657 sia incostituzionale rispetto agli artt. 3 e 30 Cost. nella parte in cui non consentono la trascrizione del titolo che riconosce il diritto di abitazione del genitore affidatario della prole naturale, che non sia titolare di diritti reali o di godimento sull'immobile assegnato. La norma è di portata generale e non sopperisce ad altre disposizioni speciali di carattere costitutivo come la costituzione del fondo patrimoniale di cui all'art. 167 che è soggetta alle disposizioni dell'art. 162, soprattutto ai fini dell'opponibilità ai terzi che richiede l'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell'art. 2647, resta degradata a mera pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo (Cass. n. 27854/2013). Con la creazione dell'Agenzia del territorio costituita con l'art. 57 comma 1 d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 che disimpegna il servizio relativo alle conservatorie dei registri immobiliari la legittimazione ad causam e ad processum nei porcedimenti relativi al ricorso avverso il rifiuto di trascrizione degli atti indicati dall'art. 2657 appartiene, dal 1° gennaio 2001, alla sola, anzidetta, Agenzia. Sentenze L'art. 2657 solo apparentemente limita- nell'ambito degli atti giurisdizionali — la trascrivibilità alle sole sentenze perché esso va messo in relazione al disposto dell'art. 2645 che contiene, a sua volta, una clausola generale di trascrivibilità di tutti gli atti o provvedimenti che riguardino beni immobili o diritti immobiliari idonei a produrre gli effetti dei contratti previsti dall'art. 2643 salve le eccezioni di legge ovvero allorché la trascrizione sia destinata a produrre effetti diversi. In ogni caso la trascrizione può essere prevista in fattispecie ad hoc come nel caso dell'obbligo di trascrizione del decreto di aggiudicazione in esito al procedimento d'espropriazione (art. 586 c.p.c.). Atti pubblici scritture con sottoscrizione autenticate o accertata giudizialmente Non costituisce titolo idoneo alla trascrizione la scrittura privata tacitamente riconosciuta ai sensi dell'art. 215 c.p.c. In proposito va ricordato che una volta intervenuto il riconoscimento ex art. 215 c.p.c. la scrittura acquista il valore di piena prova fino a querela di falso ex art. 2702 ma tale effetto di omologazione verso la plena probatio opera esclusivamente nei limiti del processo entro il quale si è formata con la conseguenza che in un diverso procedimento la medesima scrittura potrà essere liberamente disconosciuta. Ne deriva che ai fini della trascrizione la sottoscrizione non contestata sia accertata e dichiarata in una sentenza. Il difetto di forma pubblica nella compravendita immobiliare conclusa con scrittura privata non autenticata può essere ovviata ai fini della trascrizione con azione di mero accertamento. A questo proposito la giurisprudenza (Cass. II, n. 13695/2011) ha affermato che la sentenza di accoglimento della domanda diretta ad accertare l'avvenuto trasferimento della proprietà di un immobile a mezzo di scrittura privata con firma non autenticata presuppone l'accertamento, con efficacia di giudicato, della autenticità della sottoscrizione di tale scrittura. Ne consegue che, in tale ipotesi, la pronuncia giudiziale, non potrà essere trascritta in quanto non rientrante in alcune delle fattispecie contenute nell'art. 2643, ma si potrà procedere alla trascrizione della scrittura privata ai sensi dell'art. 2657. In sostanza, la statuizione di accertamento giudiziale pur non essendo, ex art. 2643 n. 14 trascrivibile, perché priva di effetto costitutivo o traslativo ovvero modificativo di uno dei diritti elencati nella categoria generale del medesimo articolo, tuttavia consente, la trascrizione della scrittura privata ai sensi dell'art. 2657 la quale, in uno con la sentenza di accertamento, integra la fattispecie legale che presuppone il titolo idoneo alla trascrizione, ossia l'atto pubblico o la scrittura provata autenticata. Ovviamente, non sarà questa pubblicità ottenuta con l'atto complesso appena descritto a determinare il trasferimento del bene perché quella statuizione è limitata ad accertare giudizialmente la autenticità della sottoscrizione. LegalizzazionePer gli atti trascrivibili che si siano formati all'estero la forma scritta, ai fini della trascrizione o iscrizione nei registri immobiliari, non basta per la sua trascrizione; appare quindi evidente come anche un atto proveniente dall'estero, per poter produrre gli stessi effetti di un atto italiano, debba fornire le medesime garanzie sulla sua provenienza ed autenticità. In tal senso l'art. 2657 prevede l'obbligo di legalizzazione ai fini della trascrizione. Va detto perciò che il principio della formalità che presidia l'istituto della trascrizione comporta che così come un atto italiano anche quello straniero debba rivestire le stesse caratteristiche di idoneità che garantiscano il controllo sulla sua provenienza ed autenticità. Pertanto, il comma terzo dell'art. 2657 ultimo comma prevede l'obbligo di legalizzazione per la trascrizione, ma anche per l'iscrizione (art. 2837). Ne consegue che l'atto, essere idoneo a spiegare l'effetto suo proprio nel nostro ordinamento attraverso la inscrivenda trascrizione nei pubblici registri deve essere munito di una certificazione circa la sua «provenienza» da un pubblico ufficiale. Ne consegue che la legalizzazione altro non è che l'attestazione della qualità della persona da cui l'atto promana e della autenticità della sottoscrizione. Ovviamente si tratta di una certificazione che non garantisce né la validità del suo documento, né il suo contenuto perciò la legalizzazione è requisito necessario per utilizzare l'atto in Italia solo se non vi siano trattati, bilaterali o multilaterali che prevedano l'esenzione da tali formalità o che prevedano una diversa formalità denominata apostille (Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961 — l. n. 1253/1966). In ambito di Comunità europea vige la Convenzione europea di Bruxelles del 25 maggio 1987 che ha eliso legalizzazione e apostille in tutti i Paesi dell'Unione per ogni tipo di atto. Tuttavia, la Convenzione è stata ratificata solo da Danimarca, Italia, Francia, Belgio ed Irlanda. Esistono poi trattati bilaterali tra l'Italia ed altri Paesi che hanno del pari previsto l'esenzione sia dalla legalizzazione che dall'apostille, come, in ambito Comunitario Germania (Convenzione fatta a Roma il 7 giugno 1969) ed Austria (Convenzione fatta a Roma il 16 novembre 1971). BibliografiaAsaro, Colletti, Recco, La trascrizione: La giurisprudenza di risoluzione dei conflitti tra più aventi causa, Milano, 2011; Bianca, Diritto civile, III, Milano, 2000, 528; Bianca, L'atto di destinazione: problemi applicativi, in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645-ter c.c., Milano, 19 giugno 2006; Bianca, Il nuovo art. 2645-ter. 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