Codice Civile art. 2723 - Patti posteriori alla formazione del documento.

Giusi Ianni

Patti posteriori alla formazione del documento.

[I]. Qualora si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso, l'autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali.

Inquadramento

A differenza dell'art. 2722, che si occupa dei patti aggiunti o contrari alla stipula del contratto di cui si alleghi l'anteriorità o la contemporaneità alla stipula medesima, vietandone in via assoluta la prova per testimoni, l'art. 2723 disciplina la prova dei patti posteriori al contratto redatto in forma scritta, che può essere ammessa dall'autorità giudiziaria se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appare verosimile che rispetto all'atto negoziale siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali.

La prova dei patti aggiunti o contrari successivi alla stipula del contratto

Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la valutazione delle circostanze in presenza delle quali è consentita, a norma dell'art. 2723, l'ammissione della prova per testimoni di patti, aggiunti o contrari, posteriori alla formazione di un documento, è demandata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale può anche attribuire, in negativo o in positivo, valore preminente ad una od alcune di esse, con apprezzamento che, se congruamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (Cass. n. 11932/2006). Come per l'art. 2722, tuttavia, nel concetto di patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, in relazione ai quali opera il divieto di ammissione della prova testimoniale, non rientrano quelle pattuizioni il cui contenuto od oggetto non risultino in alcun modo previsti dal contratto e che non possono, perciò, ritenersi comprese nel negozio consacrato dall'atto scritto, ma che non siano in contrasto con la volontà contrattuale precisamente e compiutamente espressa, sicché la prova testimoniale deve ritenersi ammissibile quando essa non miri ad ampliare, modificare o alterare la disciplina obiettiva prevista nel contratto stipulato per iscritto ma abbia ad oggetto elementi di mera integrazione e chiarificazione del contenuto della volontà negoziale (Cass. n. 14024/2005). La norma, inoltre, non trova applicazione qualora il patto aggiunto o contrario acceda ad un contratto per il quale la legge richieda la forma scritta ad substantiam ad probationem, poiché in questi casi la prova per testi sarà ammessa solo nei limiti di cui all'art. 2725 e, quindi, in caso di smarrimento incolpevole del documento che offriva la prova. 

 Quanto alle conseguenze processuali del divieto, si è affermato che anche la disciplina di cui all'art. 2723, deriva non da ragioni di ordine pubblico processuale, quanto dall'esigenza di tutelare interessi di natura privata, sicché la sua violazione non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, prima dell'ammissione del mezzo istruttorio; qualora, peraltro, nonostante l'eccezione d'inammissibilità, la prova sia stata egualmente espletata, è onere della parte interessata eccepirne la nullità, nella prima istanza o difesa successiva all'atto, o alla notizia di esso, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., (Cass. n12639/2020).

Bibliografia

Beghini, La prova per testimoni nel rito civile, Padova, 1997, 1 e ss.; Ceccherini, La prova orale nel processo civile, Milano, 2010, 1 e ss.; Patti, Prova testimoniale. Presunzioni. Artt. 2721-2729, Bologna, 2001, 1 e ss.; Viola, La testimonianza nel processo civile, Milano, 2012, 1 e ss..

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