Codice Civile art. 2729 - Presunzioni semplici.Presunzioni semplici. [I]. Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice [116 c.p.c.], il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. [II]. Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni [2721 ss.]. InquadramentoLa norma in commento disciplina le presunzioni semplici, ponendo la regola per cui esse possono essere poste a fondamento di una decisione giudiziaria solo se gravi, precise e concordanti. Le presunzioni sempliciCon riferimento alle presunzioni semplici, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, ai fini del ricorso ad esse, non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre è da escludere che possa attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici (Cass. n. 2632/2014) o su congetture (Cass. n. 20342/2020). Quanto al requisito della gravità, si ritiene che esso implichi la necessità di un elevato grado di attendibilità della presunzione in relazione al convincimento che essa è in grado di produrre in capo al giudice. La precisione evoca, invece, la non equivocità della prova presuntiva, a cui, quindi, non può ricorrersi a fini decisori qualora dal ragionamento presuntivo derivino conclusioni contraddittorie e non univocamente riferibili al fatto da provare. Il requisito della precisione, inoltre, impone che i fatti noti non siano vaghi, ma ben determinati (Cass. n. 3646/2004). Quanto al requisito della concordanza, infine, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che esso costituisce un elemento non essenziale ma solo eventuale del procedimento logico da cui consegue la presunzione semplice, destinato a trovare applicazione solo in presenza di una pluralità di fatti noti utilizzati dal giudice per risalire al fatto ignorato (Cass. n. 18347/2024). La presunzione, invece, in sé può anche fondarsi su di un solo indizio, purché avente caratteristiche di gravità e precisione (Cass. n. 1377/1993). Una volta, infatti, dedotta la presunzione, essa costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. n. 10847/2007). Successivamente si è chiarito che la presunzione semplice e la presunzione legale "iuris tantum" si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev'essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata, essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale "iuris tantum", quando viene rilevata, in quanto l'una e l'altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l'onere della prova contraria, la cui omissione impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell'art. 116 c.p.c. (Cass. n. 4241/2016). Secondo la giurisprudenza, sono ammissibili le presunzioni di secondo grado, sicché è possibile che il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituisca la premessa di un'ulteriore presunzione idonea, in quanto a sua volta adeguata, a fondare l'accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 14788/2024). Non è possibile, in ogni caso, il ricorso alla prova presuntiva nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni (come, nel caso, ad esempio, dei contratti, in forza delle limitazioni probatorie stabilite dagli artt. 2721 e ss.), così come al giudice di merito non è consentito fare ricorso alle presunzioni semplici quando il fatto ignoto ha costituito oggetto di una prova diretta di segno opposto (Cass. n. 8814/2020). Si è ammessa, invece, la possibilità di provare a mezzo di presunzioni il fatto storico dell'adempimento (Cass. n. 16316/2018). Quanto al procedimento che il giudice di merito è chiamato a seguire per l'applicazione di una presunzione, si è osservato che esso deve articolarsi necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria. Successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi (Cass. n. 9676/2020). Il fatto notorioComplesso appare il rapporto tra presunzioni e massime di comune esperienza, che ai sensi del secondo comma dell'art. 115 c.p.c. possono essere poste dal giudice a fondamento della decisione senza bisogno di prova. Anche da un fatto notorio, quindi, può essere ricavato un fatto ignoto in forza di un ragionamento presuntivo. Secondo la giurisprudenza di legittimità, tuttavia, il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile; di conseguenza, non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio (Cass. n. 23978/2007; Cass. n. 9714/2020). BibliografiaPatti, Prova testimoniale. Presunzioni. Artt. 2721-2729, Bologna, 2001, 1 e ss.; Andrioli, Presunzioni, in Nss. D.I., 1957, 766. |