Codice Civile art. 2818 - Provvedimenti da cui deriva.Provvedimenti da cui deriva. [I]. Ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente [278 c.p.c.] è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore [156 5, 2828, 2830; 96 2 c.p.c.] (1). [II]. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto [2836; 655 c.p.c.]. (1) V. art. 8 2 l. 1° dicembre 1970, n. 898. InquadramentoLa norma sancisce le ipotesi di ipoteca giudiziale, fondata sulla peculiare tutela prevista per i provvedimenti giurisdizionali caratterizzati da imperatività e certezza. Il fondamento dell'ipoteca giudiziale è da ricercare nel fatto che una volta accertata giudizialmente l'esistenza del credito — che viene, quindi, ad avere un aspetto di certezza (relativa, in quanto non occorre che la sentenza sia passata in giudicato) — è giusto che il legislatore accordi una tutela preferenziale al creditore diligente. L'ipoteca giudizialeLa ratio dell'ipoteca giudiziale e la sua opportunità hanno dato luogo a grandi dibattiti dottrinali: alcuni ne ravvisano il fondamento in una speciale considerazione del credito per via del crisma di certezza che gli deriva dalla pronunzia di condanna (Rubino, 287; Tamburrino, 165); altri invece la giustificano con considerazioni di opportunità, dato che in assenza di tale garanzia il creditore sarebbe indotto ad intraprendere azioni esecutive nei confronti del debitore (Gorla, 475). In base all'art. 2818, comma 1, ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma di denaro o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per l'iscrizione dell'ipoteca sui beni del debitore (Chianale, 217). Risulta quindi necessario che la sentenza sia di condanna, con esclusione delle sentenze di mero accertamento, quelle meramente costitutive, e in genere ogni altra sentenza che non sia di condanna (Chianale, 217). Sentenze di condannaLa dottrina è concorde sul punto che non occorre il passaggio in giudicato o la esecutività della sentenza di condanna ai fini dell'iscrizione ipotecaria (Fragali, 760; Gorla, 232; Ravazzoni, 47). Sul punto è concorde anche la giurisprudenza (Cass. S.U. , n. 626/1967). L'ipoteca giudiziale può essere iscritta in forza di sentenze civili di condanna, di sentenze penali (relativamente alle obbligazioni civili derivanti dal reato, art. 185 c.p.) ed anche di sentenze amministrative (Tamburrino, 167). La dottrina ritiene non necessaria l'esplicitazione da parte del giudice nel dictum di una specifica formula che enunci la condanna, purché sia comunque evidente che si tratti di un provvedimento di condanna (Gorla, 232). Particolare rilievo assumono le sentenze che pronunciano la separazione personale dei coniugi o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando contengono la condanna di una delle parti alla corresponsione di assegni a titolo di mantenimento od alla prestazione di idonea garanzia reale o personale (v. art. 156 c.c. e art. 8 l. n. 898/1970). Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che ai fini dell'art. 8, comma 2, di tale legge non è necessario apposito ordine del giudice, essendo sufficiente solo la sentenza di divorzio (Cass. I, n. 12428/1991). Secondo Cass. I, n. 8581/2022 la sentenza di condanna generica costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 c.c.. Nella direzione indicata per ultimo sembrava essere orientata la giurisprudenza (Cass. n. 626/1967), ma successivamente sembra aver mutato indirizzo ritenendo che la cancellazione dell'ipoteca giudiziale può conseguire solo al passaggio in giudicato della sentenza di riforma della pronuncia in base alla quale era stata eseguita l'iscrizione (Cass. n. 584/1996). È stato anche affermato che non è precluso al creditore, che a garanzia del suo credito abbia iscritto ipoteca convenzionale su alcuni beni del debitore, di iscrivere ipoteca giudiziale su altri beni in base a sentenza di condanna o a decreto ingiuntivo esecutivo, emessi per lo stesso credito, salvo il diritto del debitore alla riduzione (Cass. n. 12536/2000). Altri provvedimenti giudizialiI provvedimenti giudiziali diversi dalla sentenza per poter costituire valido titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale devono aver riconosciuta tale efficacia dalla legge (Tamburrino, 169). La Corte Costituzionale ponendo fine ad un lungo dibattito ha dichiarato illegittimo per violazione dell'art. 3 Cost. l'art. 158 nella parte in cui non prevede che il decreto di omologazione della separazione consensuale costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (Corte. cost., n. 186/1988). Anche la Suprema Corte ha ribadito la piena efficacia come titolo valido per l'iscrizione dell'ipoteca de quo delle clausole della separazione consensuale omologata in tema di mantenimento al pari delle statuizioni in proposito incluse nella sentenza di separazione (Cass. I, n. 9393/1994). E' stata ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell'art. 708 c.p.c., per contrasto con gli artt. 3 e 30 Cost., nella parte in cui non prevedono che i provvedimenti dati dal presidente del Tribunale o quelli successivi di revoca o modifica resi dal giudice istruttore costituiscano titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 (Cass. I, n. 1100/2000). Anche la giurisprudenza di merito ritiene che i predetti provvedimenti di cui all'art. 708, commi 3 e 4, c.p.c. non costituiscano titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (Trib. Brescia 25 novembre 2003). Il provvedimento tipico è il decreto ingiuntivo esecutivo ai sensi dell'art. 655 c.p.c. L'ipoteca prevista dall'art. 77 del d.P.R. n. 602/1973 non è assimilabilie ad ipoteca giudiziale (Cass. III, n. 23661/2020). Beni su cui può cadereL'ipoteca in questione investe tutti i beni del debitore (indicati dall'art. 2810), presenti e futuri (v. art. 2828), stante il carattere di generalità del titolo da cui deriva (Fragali, 756). Il beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 riguarda la fase esecutiva, ossia il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito senza esito sui beni sociali , nondimeno non è impedito allo stesso creditore di azionare la sua pretesa nel giudizio di cognizione per munirsi di un titolo esecutivo ad hoc nei confronti del socio, non solo allo scopo d’iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, ma anche per procedere in executivis contro costui, stante l’incapienza dei beni già aggrediti (Cass. III, n. 25378/2018). BibliografiaCendon, artt. 2740-2906, in Commentario al codice civile, Milano, 2009; Fragali, Ipoteca (diritto privato), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972; Gorla, zanelli, Pegno e ipoteche artt. 2784-2899, in Comm. S.B., Bologna, 1992; Gorla, Del pegno. Delle ipoteche, in Comm. S.B., sub artt. 2784-2899, Bologna-Roma, 1968; Lenzi, Prime osservazioni sulla legge 218 del 31 maggio 1995, in Riv. not. 1995, I; Protettì, L'ipoteca nella giurisprudenza, Padova, 1971; Ravazzoni, Le ipoteche, in Tr. Res., 20, Torino, 1985; Rubino, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, in Tratt. C. M., Milano, 1956; Tamburrino, Delle ipoteche, in Comm. cod. civ., Torino, 1976. |