Codice Civile art. 2943 - Interruzione da parte del titolare.

Donatella Salari
aggiornato da Giulia Cesetti

Interruzione da parte del titolare.

[I]. La prescrizione è interrotta [1310] dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione [163, 638 c.p.c.] ovvero conservativo [672, 688, 700, 703 c.p.c.] o esecutivo [480 c.p.c.].

[II]. È pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio.

[III]. L'interruzione si verifica anche se il giudice adito è incompetente.

[IV]. La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore e dall'atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri (1).

(1) Comma così sostituito dall'art. 25 l. 5 gennaio 1994, n. 25.

Inquadramento

La disposizione in commento è posta allo scopo dichiarato di garantire che la prescrizione non operi qualora sopraggiunga una causa che faccia venire meno l'inerzia del titolare, venendo a mancare pertanto il presupposto stesso dell'istituto.

Tassatività e generalità delle cause interruttive

Le cause di interruzione della prescrizione sono quelle individuate dagli artt. 2943 e 2944 e si distinguono a seconda che si ricolleghino ad atti compiuti dal titolare del diritto ovvero del soggetto contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere. È opinione dominante sia in dottrina che in giurisprudenza, che le cause di interruzione, così come quelle di sospensione, sono tassativamente fissate per legge (Cass. lav., n. 13046/2006). Le stesse si sostanziano nella domanda giudiziale, anche se proposta per la prima volta in appello (Cass. III, n. 696/2002), con esclusione del rito del lavoro (Cass. lav., n. 4219/2002), nell'atto di costituzione in mora e nel riconoscimento del diritto da parte del debitore (Cass. I, n. 3950/1979).

Le cause interruttive de quibus presentano, altresì, il carattere della generalità e pertanto si applicano anche alle prescrizioni brevi, per cui verificatasi l'interruzione, inizia un nuovo periodo di prescrizione breve (Cass. I, n. 3950/1979); inoltre la norma in esame è stata ritenuta operativa anche alla prescrizione prevista da una legge speciale, ove questa non disponga alcuna deroga al regime degli atti interruttivi (Cass. I, n. 7054/1992).

Secondo Cass. I, n. 14213/2022 la semplice iscrizione di ipoteca, non è diretta al debitore e, pertanto, anche se è da quest'ultimo conoscibile (ed eventualmente conosciuta) a seguito della consultazione dei registri immobiliari, non può essere considerata un atto interruttivo della prescrizione, poiché l'art. 2943, comma 4, c.c.

Interruzione per attività del titolare

L'interruzione si verifica a seguito di un atto posto in essere dal titolare del diritto o a seguito di un comportamento di colui che è interessato al compimento della prescrizione.

La giurisprudenza, relativamente alla prima ipotesi, ha osservato che l'atto interruttivo non richiede alcuna formalità o tipicità tassativamente disposte, essendo un atto libero nella forma, purché dallo stesso sia desumibile da parte del giudice la inequivoca volontà del creditore di far valere il diritto nei confronti del debitore (Cass. II, n. 24656/2010), con l'effetto di costituirlo in mora o l'intento di contrastare in modo chiaro ed inequivoco l'eccezione di prescrizione di controparte (Cass. II, n. 4704/2001). Viceversa è priva di efficacia interruttiva la riserva, contenuta in un atto di citazione, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento (Cass. III, n. 25500/2006). Con riferimento alla idoneità degli atti ad acquisire efficacia interruttiva, va affermato che l'atto di interruzione della prescrizione non deve necessariamente consistere in una richiesta o intimazione, ma può anche emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti, puramente e semplicemente, l'intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante, in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell'art. 2943, comma 4 (Cass. III, n. 15766/2006).

Nel caso di atti interruttivi provenienti da terzi estranei al rapporto la Suprema Corte ha stabilito che i suddetti possono conseguire la finalità fissata dalla legge solo se il terzo abbia agito quale rappresentante del titolare del diritto, in forza di un potere allo stesso attribuito ancorché conferito senza alcuna formalità (Cass. III, n. 17157/2002).

La giurisprudenza prescrive che nel settore dei diritti reali gli atti interruttivi dell'usucapione, e tra questi rientra l'azione di rivendica, devono provenire dal titolare del diritto (Cass. II, n. 4516/1985), devono essere diretti al recupero del possesso, e che in questo ambito non trova applicazione l'art. 1310 (Cass. II, n. 6942/1999).

Domanda giudiziale

Ai sensi dell'art. 2943, comma 1, la domanda giudiziale idonea a produrre l'interruzione del termine prescrizionale è quella con cui inizia un giudizio di cognizione, conservativo o esecutivo, o anche la domanda proposta nel corso di un giudizio già instaurato (Auricchio, 95).

Di recente, in tema di azione revocatoria ordinaria proposta mediante ricorso ex art. 702-bis c.p.c., (ora abrogato dal d.lgs. n. 149/2022) la giurisprudenza di legittimità (Cass.III, n. 24891/2021) si è pronunciata sulla questione relativa al momento interruttivo della prescrizione, discostandosi da una precedente decisione (Cass. I, n. 22827/2019) - espressione di un orientamento maggioritario - che faceva dipendere l'interruzione della prescrizione dalla notificazione dell'atto. La soluzione delineata dalla Cassazione individua nel deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adìto il momento interruttivo della prescrizione poiché è con l'instaurazione del rapporto processuale che si manifesta la volontà dell'attore di dare impulso al processo e interrompere la condizione di inerzia che condurrebbe all'estinzione del diritto. Al riguardo, la «notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio», di cui al primo comma dell'art. 2943 c.c., viene intesa nel senso di far riferimento al binomio proposizione della domanda/pendenza del giudizio (e non, letteralmente, al compimento dell'atto notificatorio), avuto anche riguardo alla circostanza che nell'impianto originario del codice di rito predominava un modello del processo ordinario instaurato con citazione, di conseguenza la notificazione dell'atto con cui veniva introdotto costituiva la modalità "naturale" di proporre la domanda. La decisione, dunque, ponendosi in aperto contrasto con quanto a più riprese sostenuto da precedente giurisprudenza, valorizza il collegamento tra proposizione della domanda (e non modalità con cui essa viene portata a conoscenza della controparte) e interruzione della prescrizione, riconducendo alla prima il prodursi della seconda.

Secondo Cass. I, n. 18485/2018 in applicazione degli artt. 2943, comma 1 e 2945, comma 2, in caso di nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio va esclusa ogni efficacia interruttiva e sospensiva della prescrizione, né l'eventuale sanatoria successiva può incidere sul corso della prescrizione, se non ex nunc.

È, quindi, indispensabile che si determini conoscenza legale, e non necessariamente effettiva, dell'atto da parte del destinatario (Cass. lav., n. 6423/2001). Sussiste però contrasto in giurisprudenza in merito al momento in cui si verifica l'interruzione della prescrizione. Infatti, secondo un primo orientamento, ai fini della tempestività dell'interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, comma 1, in applicazione del principio della scissione del momento perfezionativo della notificazione per il richiedente e per il destinatario, occorre avere riguardo non già al momento in cui l'atto con il quale si inizia un giudizio viene consegnato al destinatario, bensì a quello in cui esso è stato affidato all'ufficiale giudiziario (Cass. n. 18399/2009); altra tesi sostiene invece che sia necessario riferirsi al momento in cui l'atto con cui si inizia il giudizio viene consegnato al destinatario (Cass. III, n. 13588/2009).

L'efficacia interruttiva de qua viene altresì riconosciuta in caso di notifica della citazione nulla (Cass. III, n. 4566/1985); in effetti, qualora, la notificazione sia nulla la citazione può concretizzarsi in una costituzione in mora ed in tal caso deve essere fornita con ogni mezzo la prova dell'avvenuta ricezione da parte del destinatario (Cass. lav., n. 3003/1985) e se si proceda alla rinnovazione l'effetto interruttivo non retroagisce al momento della notificazione nulla, ma si verifica in quello della rinnovazione (Cass. I, n. 11985/2013). Tale considerazione, ovviamente, non vale nel caso in cui la notificazione della citazione sia inesistente (Cass. III, n. 21006/2007).

 Il giudice di legittimità ha riconosciuto efficacia interruttiva ad un atto di citazione, nullo per mancanza dell'editio actioni  Cass. III, n. 124/2020.

 Il soggetto che riconosca l'altrui diritto compie una dichiarazione di scienza dagli effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione, avente ad oggetto il diritto della controparte, laddove la rinuncia alla prescrizione è caratterizzata dalla manifestazione di una volontà negoziale con effetto definitivamente dismissivo diretto alla liberazione dall'obbligo di adempimento (Cass. VI, n. 2758/2020).

La Suprema Corte ha fatto rientrare nella categoria dei giudizi conservativi l'accertamento tecnico preventivo e pertanto esso è idoneo ad interrompere la prescrizione fino al deposito della relazione da parte del consulente rispetto al soggetto nei cui confronti è stato richiesto l'accertamento in vista dell'instaurazione di un successivo giudizio cognitivo volto ad accertare e tutelare il diritto fatto valere (Cass. II, n. 11087/2000). Qualora tale procedimento si prolunghi oltre tale termine con l'autorizzazione al successivo deposito di una relazione integrativa, esso si trasforma in un procedimento atipico, con la conseguenza che, in tal caso, la permanenza dell'effetto interruttivo della prescrizione non è più applicabile (Cass. III, n. 17385/2007).

Secondo Cass . II n. 3357/2016 stante la natura di giudizio conservativo dell'accertamento tecnico preventivo la notificazione del ricorso e del decreto producono l'effetto interruttivo previsto dall'art. 2943 c.c. che si produce fino al deposito dell'elaborato peritale, con esclusione di altri periodi di proroga del detto deposito.

Nell'ipotesi di giudizio esecutivo l'individuazione dell'atto idoneo ad interrompere la prescrizione, sarà differente rispetto alle varie ipotesi di esecuzione forzata. Infatti: (i) nel caso di esecuzione mobiliare presso il debitore, l'atto interruttivo coincide con il pignoramento; (ii) nell'ipotesi di pignoramento immobiliare o mobiliare presso terzi l'interruzione si verifica con la notifica di cui agli artt. 543 e 555 c.p.c.; (iii) nell'esecuzione per consegna o rilascio l'interruzione avviene a seguito delle operazioni eseguite dall'ufficiale giudiziario ai sensi degli artt. 606 e 608 c.p.c.; infine (iiii) nell'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare l'atto interruttivo coincide con la notificazione dell'invito all'obbligato a comparire dinanzi al giudice dell'esecuzione a seguito del ricorso proposto ex art. 612 c.p.c.

Secondo Cass. VI - III, n. 27944/2022 non ha efficacia interruttiva il semplice deposito in cancelleria del ricorso per decreto ingiuntivo essendo invece necessaria la notificazione del ricorso medesimo e del pedissequo decreto, lì essendo manifestata la volontà interruttiva dell'istante.

La giurisprudenza sul punto precisa che tale deve intendersi quella che, inserita in un giudizio pendente, provochi una ulteriore lite riferita al diritto che con esso si fa valere (Cass. S.U., n. 4108/1981) e tra queste si fa rientrare la domanda riconvenzionale o di accertamento incidentale, gli atti di intervento o di chiamata in causa o in garanzia (Cass. III, n. 5104/2006). Viceversa non sono idonee ad interrompere la prescrizione le riserve di diritto o di azione (Cass. I, n.3096/1985).

I procedimenti di volontaria giurisdizione non hanno effetto interruttivo (in dottrina Roselli, Vitucci, 534).

Secondo Cass. V  n. 14886 /2016 la notifica del verbale di contestazione dell'infrazione ha effetto interruttivo della prescrizione perché finalizzato all'affermazione del diritto dell'Amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria.

Secondo Cass.III n. 13940/2016 nel caso di terzi acquirenti il bene ipotecato la prescrizione del diritto di ipoteca nei loro confronti ex art. 2880 non si giova dell'ammissione allo stato passivo del fallimento del debitore iscritto  come atto idoneo ad interrompere la  prescrizione  ne consegue che il creditore  per evitare la prescrizione dell'ipoteca verso il terzo acquirente, deve promuovere contro il medesimo, nei termini, il processo esecutivo individuale. Non fa eccezione l'art. 20 r.d. n. 646/1905.

Altre domande

La dottrina prevalente ritiene idonea ad interrompere la prescrizione anche la domanda proposta davanti a giudice speciale (Azzariti, Scarpello, 260).

In giurisprudenza si osserva che l'istituzione di un procedimento arbitrale vale ad interrompere la prescrizione (Cass. I, n. 3600/1990).

Il divieto, posto dall'articolo 1453 c.c., di chiedere l'adempimento, una volta domandata la risoluzione del contratto, viene meno e non ha più ragion d'essere quando la domanda di risoluzione venga rigettata, rimanendo in vita in tal caso il vincolo contrattuale e risorgendo l'interesse alla esecuzione della prestazione, con inizio del nuovo termine prescrizionale del diritto di chiedere l'adempimento (Cass. II, n. 12637/2020).

Anche la costituzione di parte civile nel processo penale rientra nella previsione della norma, anche se l'effetto interruttivo è circoscritto alla pretesa risarcitoria per l'illecito (Cass. III, n. 8367/1996). La semplice pendenza di un procedimento penale non spiega invece effetti interruttivi (Cass. lav., n. 15622/2001).

Con riferimento alla disciplina fallimentare è stato osservato che ai sensi dell'art. 94, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 la domanda di ammissione al passivo produce gli stessi effetti della domanda giudiziale anche relativamente all'interruzione del decorso della prescrizione (Cass. lav., n. 195/1986) e che l'interruzione della prescrizione dell'azione revocatoria fallimentare si può realizzare solo attraverso un'azione giudiziale, non essendo sufficiente né l'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa (Cass. I, n. 17955/2003), né un mero atto di costituzione in mora (Cass. I, n. 6497/1996) ed infine che l'insinuazione al passivo fallimentare da parte del lavoratore insoddisfatto relativamente al trattamento di fine rapporto ha effetto interruttivo della prescrizione (Cass. lav., n. 5606/1994). Anche l'opposizione del creditore escluso dal passivo fallimentare apre un giudizio di cognizione e provoca l'interruzione, ex art. 2943, della prescrizione del credito e dei suoi accessori (Cass. I, n. 11071/1993).

Secondo Cass. II, n. 787/2022 nel caso di sanzioni amministrative anche l'atto di rideterminazione della sanzione essendo idoneo a far valere il diritto dell'Amministrazione stessa alla riscossione della pena pecuniaria, è idoneo a costituire in mora il debitore ai sensi dell'art. 2943 c.c., con conseguente effetto interruttivo della prescrizione.

Effetto interruttivo è stato attribuito anche alla proposizione dell'azione revocatoria ordinaria (Cass. III, n. 1084/2011).

Secondo Cass. VI - III, n. 28518/2022in tema di interruzione della prescrizione, è priva di efficacia interruttiva la riserva, contenuta nel precetto, di agire per un importo ulteriore rispetto a quello indicato nell'atto di intimazione.

Atto di costituzione in mora

Un'ulteriore causa interruttiva richiamata nell'ultimo comma dell'articolo in esame (anche se limitatamente ai rapporti obbligatori) è costituita da qualunque atto idoneo a costituire in mora il debitore.

A tal fine risulta necessario che l'atto presenti un elemento soggettivo, rappresentato dall'indicazione del soggetto obbligato, ed un elemento oggettivo, costituito dalla pretesa di adempimento, espressa in forma scritta di far valere il diritto (Cass. lav., n. 16131/2002) da parte del creditore (Cass. III, n. 4804/1987) o di un suo rappresentante legale (Cass. III, n. 260/1999).

Relativamente al requisito soggettivo la giurisprudenza ha precisato che l'atto inviato al rappresentante apparente produce effetti interruttivi qualora il debitore abbia tenuto un comportamento colposo idoneo ad ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento di una valida rappresentanza (Cass. III, n. 12617/2003).

Nel caso di eredi del debitore defunto la rigorosa individuazione del destinatario dell'atto interruttivo va esclusa essendo sufficiente la lettera inviata agli eredi del debitore con la quale il creditore manifesti la volontà di ottenere l'adempimento della prestazione (Cass. II, n. 6243/1987).

Nell'ipotesi di obbligazioni solidali, stante il disposto dell'art. 1310, l'atto interruttivo posto in essere da uno dei condebitori in solido spiega effetti anche nei confronti degli altri (Cass. III, n. 8644/1992) tutte le volte in cui sia configurabile una solidarietà dal lato passivo dell'obbligazione.

Secondo Cass. II, n. 11657/2018, in caso di atti interruttivi dell'usucapione nei confronti di un  compossessore, va esclusa  l'efficacia anche verso gli altri  giacché la regola di cui all'art. 1310 che prevede la efficacia interruttiva in favore  dei debitori in solido di uno di loro contro il comune creditore riguarda  i diritti di obbligazione e non i diritti reali, rilevando, piuttosto, in casi del genere,  i singoli comportamenti dei compossessori quanto ad effetto favorevoli o meno.

 Nel caso di danni da emotrasfusione, la manifestazione dell'intenzione di ottenere comunque il risarcimento del danno, contenuta nella richiesta di informazioni circa la proposta domanda di indennizzo previsto dalla legge, costituisce atto di interruzione della prescrizione, in quanto idoneo a costituire in mora il debitore della prestazione risarcitoria (Cass. III, n. 26189/2020).

L'atto di costituzione in mora deve contenere l'intimazione fatta per iscritto (in dottrina Azzariti, Scarpello, 261).

Può essere fatta con qualunque mezzo senza l'uso di formule solenni (Cass. lav., n. 12078/2003) da parte del creditore o di chi agisce legittimamente nel suo interesse, al debitore siccome disposto dall'art. 1219; produce l'effetto interruttivo della prescrizione anche se l'atto non giunga al debitore per cause indipendenti dalla volontà del creditore, ma connesse piuttosto al comportamento assunto dall'obbligato inadempiente, operando la presunzione di conoscenza (Cass. lav., n. 3373/2003) con conseguente onere della prova a carico del destinatario (Cass. lav., n. 10536/2003).

Secondo Cass. III, n. 16862 /2016 la citazione  della sola compagnia delegataria priva di potere di rappresentanza delle coassicuratrici deleganti  non interrompe la prescrizione, salvo che la legge disponga altrimenti; per converso, ove l'atto di citazione rivesta i requisiti dell'atto di costituzione in mora, si produce  l'effetto interruttivo istantaneo a norma dell'art. 2943, ultimo comma, anche nei confronti dei coassicuratori.

Incertezze sussistono in giurisprudenza in ordine alla possibilità di attribuire valore di atto di costituzione in mora alla fattura emessa e trasmessa, ritenendo, a volte, che non può determinare interruzione della prescrizione se non accompagnata da una espressa richiesta di pagamento (Cass. III, n. 10434/2002), affermando, altre volte che manifesta chiaramente la volontà del ceditore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. II, n. 10270/2006).

Secondo Cass. VI –III, n.  6725 /2018  la costituzione in mora contenuta nell'atto stragiudiziale inviato per raccomandata al fine dell'interruzione della prescrizione, si presume pervenuto al destinatario in base all'attestazione della spedizione da parte dell'ufficio postale, pure in difetto dell'avviso di ricevimento, tuttavia, laddove si contesti la ricezione di alcunché, sarà il mittente ad essere onerato della prova di ricevimento.

Secondo Cass. lav., n. 24858/2022 in tema di omissioni contributive Il verbale di accertamento è idoneo a costituire in mora il contribuente e, ai sensi dell'art. 2943 c.c., ad interrompere il decorso del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute.

Bibliografia

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