Codice Civile art. 2966 - Cause che impediscono la decadenza.

Donatella Salari

Cause che impediscono la decadenza.

[I]. La decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza [1988, 2720].

Inquadramento

La disposizione in esame indica le regole dell'impedimento della decadenza che conformemente a quanto stabilito nell'art. 2964 — concernente l'inapplicabilità delle norme sull'interruzione della prescrizione — dispone che la decadenza può essere impedita dal «compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto» ovvero dal «riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza». La prima ha portata generale nel senso che essa produce i suoi effetti, in ogni caso, la seconda invece presuppone « un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili».

Tali non sono in materia tributaria i diritti erariali nei confronti del contribuente, perché sottratti alla disponibilità delle parti (Cass. V, n. 14711/2001). Gli effetti impeditivi del riconoscimento possono anche sopravvenire al maturarsi della decadenza e pertanto in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta il riconoscimento di essi da parte del venditore ex art. 1495, comma 2, non fa presumere la pregressa denuncia, ma esonera il compratore dall'onere di effettuarla con la conseguenza che il riconoscimento non dovrà seguire il termine breve di denuncia previsto a pena di decadenza.

Casistica

Il riconoscimento del diritto produrrà effetti impeditivi solo allorché provenga dalla persona contro la quale esso si deve fare valere, per esempio nel caso di fideiussione esso dovrà provenire dal fideiussore e non dal debitore principale e può, comunque, desumersi anche da un fatto che, avendo quale presupposto l'ammissione, totale o parziale, della pretesa avversaria, sia incompatibile con la volontà espressa (Cass. n. 24060/2006). Secondo la giurisprudenza di merito (Trib. Milano L, 30 luglio 2014, n. 2513) la disposizione in esame implica che la decadenza di cui all'art. 2966 possa essere impedita solo dal riconoscimento del diritto che si vuol far valere proveniente dalla persona contro la quale lo si deve azionare e pertanto in tema di contratto di lavoro nel caso di impugnazione del termine apposto a un contratto di lavoro l'effetto di cui all'art. 2966 non può desumersi dalla circostanza di una nuova assunzione a tempo determinato.

Allo stesso modo secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. II, n. 4373/2015) in tema di spese di giustizia la natura sostanziale della domanda autonoma di riconoscimento del compenso da parte dell'ausiliario del magistrato ove non formulata con apposita istanza di liquidazione entro cento giorni dal compimento delle operazioni peritali (art. 71 d.P.R. n. 115/2002), impedisce all'ausiliario l'accertamento giudiziale del suo diritto anche in sede di opposizione al decreto di liquidazione (art. 170 d.P.R. n. 115/2002).  La giurisprudenza si è di recente pronunciata in tema di benefici fiscali cosiddetti "prima casa", il cui riconoscimento è subordinato alla condizione che l’acquirente stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l'immobile nei diciotto mesi successivi all'acquisto, affermando che il trasferimento costituisce un onere conformativo del potere dell’acquirente, il cui esercizio deve avvenire, a pena di decadenza, entro il termine normativamente previsto, sicché, ai fini del relativo decorso, nessuna rilevanza può essere attribuita ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili alla parte interessata (Cass V, n. 2616/2016).

Altra questione riguarda il combinato disposto degli artt. 2966 e 2967, con riguardo al rapporto tra impedimento della decadenza ed estinzione del processo, nel caso in cui l'atto da compiere entro il termine è rappresentato da una domanda giudiziale. Nel caso di procedimento monitorio l'impedimento si verifica solo con la notificazione del ricorso o del decreto ingiuntivo. Nel caso di domanda tempestiva proposta, nondimeno davanti a un giudice incompetente. In questo caso è da credere dopo la pronuncia di incompetenza, la domanda venga riassunta da un giudice competente, l'impedimento si può verificare regolarmente (Azzariti-Scarpello, 355).

Il principio ha trovato recente conferma in tema di equa riparazione, ove la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorché davanti a giudice incompetente, è accadimento idoneo ad impedire la decadenza semestrale prevista dall'art. 4 l. n. 89/2001, che decorre dal momento in cui la decisione, che conclude il processo presupposto, è divenuta definitiva purché la riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente veda avverate le condizioni che permettono di ritenere che il processo sia continuato, ai sensi dell'art. 50 c.p.c., davanti al nuovo giudice, in modo da assicurare gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi dinanzi al giudice incompetente (Cass. n. 22729 /2014, con nt. Giordano).

Ancora, nell'ipotesi di litisconsorzio necessario, l'effetto impeditivo si produrrà solo ove il contraddittorio sia e tempestivamente integrato ai sensi dell'art. 102 c.p.c., diversamente la domanda diverrà improponibile, mentre nel caso di estinzione del processo la decadenza non sarà impedita dalla proposizione della domanda tempestiva domanda giudiziale. La giurisprudenza di legittimità, nell'allora vigente regime — ora abrogato — del canone legale (Cass. III, n. 10128/2004) ha ritenuto che il termine di sei mesi indicato dall'art. 79 della legge sull'equo canone posto a pena di decadenza sia “sterilizzato” attraverso la proposizione della domanda di conciliazione prescritta dall'art. 44 della legge medesima, anche qualora la domanda giudiziale di ripetizione delle somme versate in eccesso rispetto al canone legale fosse stata proposta oltre il detto termine, ritenendo la domanda di conciliazione componente essenziale della domanda di ripetizione d'indebito.

In tema di equa riparazione della violazione del principio di ragionevole durata del processo si segnala per la giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U. n. 17781/2013) secondo la quale la domanda di mediazione comunicata entro il termine semestrale ex art. 4 l. n. 89/2001 impedisce, «per una sola volta», ai sensi dell'art. 5 comma 6 d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, la decadenza dal diritto di agire per l'equa riparazione.

Bibliografia

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