Mutuo senza termine, pagamento della somma nei due anni ante fallimento e art. 65 l. fall.

24 Novembre 2016

In caso di mutuo infruttifero senza previsione del tempo della restituzione della somma mutuata, il pagamento da parte del mutuatario nei due anni anteriori al fallimento senza espressa richiesta o messa in mora da parte del mutante costituisce pagamento inefficace ex art 65 l. fall.?

In caso di mutuo infruttifero senza previsione del tempo della restituzione della somma mutuata, il pagamento da parte del mutuatario nei due anni anteriori al fallimento senza espressa richiesta o messa in mora da parte del mutante costituisce pagamento inefficace ex art. 65 l. fall.?

Il termine quale elemento essenziale del contratto di mutuo. Nel contratto di mutuo il termine per la restituzione della somma mutuata è elemento centrale della regolamentazione contrattuale.

La peculiarità del caso in questione consiste nella mancanza della previsione di tale termine e quindi nella mancata indicazione di una data di scadenza dell'obbligazione del mutuatario e dagli effetti che in questa situazione comporta il fallimento del mutuatario nei due anni successivi alla restituzione.

In linea generale, va ricordato che l'art. 1817 c.c., quale applicazione specifica del principio generale espresso in tema di obbligazioni di cui all'art. 1183 c.c., riguarda quelle ipotesi in cui le parti non abbiano indicato il termine entro cui il mutuatario debba restituire quanto ricevuto, così come quelle ipotesi (non infrequenti nella pratica) in cui si preveda che il mutuatario paghi solo “quando potrà”. In questi casi la legge prevede che il termine per la restituzione sia stabilito dal giudice, il quale, all'esito di un procedimento ordinario di cognizione (vedi, per la necessità di un ordinario giudizio di cognizione, App. Napoli, 31 gennaio 2006) stabilirà quando il debito potrà dirsi scaduto, precisandosi, da parte della giurisprudenza, che sul punto si debba valutare caso per caso, posto che “il giudice, nell'accertamento del termine, può affermare l'esigibilità immediata della prestazione, ovvero fissare un termine precedente o successivo alla domanda giudiziale” (Trib. Verona 19 giugno 2003).

Peraltro, questo che potremmo definire passaggio giudiziale, è fondamentale nel caso di mancata indicazione di un termine per la restituzione, visto che esso “costituisce elemento essenziale del contratto di mutuo; pertanto, in sua mancanza, incombe al mutuante – ove non si tratti espressamente di termine “in potestate creditoris” – l'onere di attivare la procedura ai sensi dell'art. 1817 c.c., quale presupposto per l'azione di restituzione; in difetto di determinazione giudiziale del termine, gli eventuali atti di messa in mora da parte del creditore sono inidonei a rendere esigibile il credito” (Trib. Modica 13 novembre 1987). L'intervento del giudice per la determinazione del termine è stato considerato in tale ipotesi un elemento integrativo della fattispecie, consistente quindi non in una determinazione di una mera modalità di adempimento ma di una modalità necessaria del rapporto. E pur tuttavia, la giurisprudenza ha negato la natura costitutiva della sentenza con la quale viene fissato il termine per l'adempimento, ritenendo che si tratti piuttosto di sentenza accertativa di un termine implicito nel contratto. Il ragionamento svolto dalla Suprema Corte sull'essenzialità strutturale del termine nel mutuo e sulla natura ‘accertativa' della pronuncia ex 1817 c.c. si dirama dal principio della superfluità dell'intervento del giudice ove il debitore sia insolvente, discendendone l'immediata esigibilità del pagamento ex art. 1186 c.c. (Cass. n. 2055/1972, cit. in Commentario del Codice Civile a cura di P. Cendon, Milano, 2009, sub Art. 1817 c.c.).

A tal proposito, è stata affermata la superfluità del ricorso al giudice per la fissazione del termine ex art. 1817 c.c. ove sia decorso un lasso di tempo ‘ragionevole', potendo il mutuante richiedere la restituzione del quantum e residuando al giudice l'accertamento ex post del decorso di un tempo congruo (Cass. n. 6228/1979).

Peraltro la Corte ha ritenuto che l'insolvenza del debitore (seppur accertata a seguito dell'accoglimento di una domanda di condanna del debitore che lo vede insolvente, con una sentenza o un decreto ingiuntivo che riconoscono espressamente o implicitamente avverata la condizione di insolvenza, Cass. n. 6984/2003; Cass. n. 2055/1972, cit.) determini la scadenza dell'obbligazione, senza cioè che il mutuante debba far ricorso alla procedura di cui all'art. 1817 c.c.

Ciò significa che, in mancanza di fissazione del termine ad opera delle parti, è possibile che il debito possa considerarsi scaduto pur senza ricorrere alla speciale azione di fissazione del termine prevista dall'art. 1817 c.c., ma in tal caso lo stato d'insolvenza del mutuatario dev'essere riconosciuto implicitamente o esplicitamente nell'ambito di un'azione di condanna dello stesso debitore.

Nel caso specifico manca ogni determinazione giudiziale, avendo il mutuatario semplicemente restituito quanto ricevuto senza una formale diffida o messa in mora del mutuante così come manca ogni prova dell'insolvenza del mutuatario al momento della restituzione.

I pagamenti anticipati ex art. 65 l. fall. Trattandosi di soggetto debitore dichiarato fallito, è poi necessario inquadrare la problematica in oggetto nell'ambito della disciplina riguardante gli atti pregiudizievoli ai creditori.

Nella disciplina della inefficacia dei pagamenti anticipati ex art. 65 l. fall., devono intendersi per ‘pagamenti' quelli dovuti ed eseguibili ancorché non esigibili. Perché, appunto, non ancora scaduti.

In base a tale norma, il fatto oggettivo dell'anticipazione del pagamento rispetto alla sua scadenza, sia essa convenzionale o legale, determina l'inefficacia del pagamento eseguito nei due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento.. Si tratta di un'inefficacia totalmente slegata dagli aspetti soggettivi riguardanti il solvens e l'accipiens, e quindi di un meccanismo assai diverso dall'azione revocatoria sia fallimentare ex art. 67 l.fall. sia ordinaria ex art. 66 l. fall.

Il credito derivante da un mutuo senza termine e l'inefficacia della restituzione ex art. 65 l. fall.

Così enunciati i principi generali, si tratta ora di valutare se, nel caso specifico, il debito del mutuatario possa considerarsi un pagamento sanzionabile con l'azione di inefficacia ex art. 65 l. fall. in quanto pagamento di un debito non scaduto.

Proprio riguardo alla scadenza del pagamento quale presupposto della dichiarazione di inefficacia ex art. 65 nell'ambito di un contratto di mutuo, si è pronunciata più volte la giurisprudenza. Se pacifico è il fatto che “l'estinzione anticipata del mutuo rispetto alla scadenza naturale del contratto costituisce atto inefficace, ai sensi dell'art. 65 legge fallimentare” (Trib. Torino 8 aprile 1992; Pajardi – Bocchiola, La revocatoria fallimentare, Milano, 2001, 326 ss.), il dibattito giurisprudenziale e dottrinale ha invece riguardato l'ipotesi in cui il mutuatario abbia eseguito il pagamento anticipato in virtù di una clausola derogatoria rispetto all'art. 1816 c.c.. Qualora le parti abbiano previsto contrattualmente la facoltà di restituzione anticipata della somma data a mutuo, l'art. 65 l. fall. trova applicazione sulla base del solo fatto oggettivo del pagamento anticipato rispetto la scadenza originaria (Cass. n. 4842/2002; Cass. n. 19978/2008; sul punto anche Trib. Venezia 2 aprile 1993, e Trib. Udine 15 novembre 2007, in unijuris.it). La giurisprudenza (Cass. n. 19978/2008, cit.) ha poi avuto modo di chiarire che tale interpretazione dell'art. 65 l. fall. (così come delineata dalla sent. 4842/2002) non si applica al caso in cui la facoltà di una estinzione anticipata sia accordata dalla legge, come avviene nell'ipotesi del mutuo fondiario.

La giurisprudenza non pare invece essersi espressa per il caso, in questa sede esaminato, in cui manchi del tutto la previsione di un termine per la restituzione della somma data a mutuo. Ecco allora che deve farsi applicazione della elaborazione giurisprudenziale della normativa in tema di mutuo alla quale abbiamo fatto sopra riferimento. La necessità che la scadenza del debito venga comunque accertata giudizialmente – attraverso la specifica azione ex art. 1817 c.c - rende evidente che nel caso specifico, in cui vi è uno spontaneo adempimento del mutuatario, non possa dirsi avverata la condizione della scadenza del debito.

Il credito derivante da un mutuo senza termine può quindi considerarsi un credito inesigibile fintanto che non venga fissato tale termine. In mancanza di fissazione del termine da parte del Giudice, infatti, mancano quelli che sono i presupposti di esigibilità del credito azionato, tant'è che, in difetto di introduzione dell'azione ex art. 1817 c.c., non potrebbe venire accolta domanda di restituzione della somma mutuata (Cass. n. 14345/2009).

Se dunque si tratta del pagamento di un debito inesigibile, esso potrà essere sicuramente dichiarato inefficace rispetto alla massa ai sensi dell'art. 65 l. fall.

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