Atti di frode
03 Aprile 2017
Inquadramento
L'art. 173, comma 1, l.fall. contempla cinque categorie di atti in frode: l'occultamento e la dissimulazione di parte dell'attivo, la dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti, l'esposizione di passività inesistenti e la categoria residuale degli “altri atti di frode”, che possono essere compiuti anteriormente oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo.
Sotto il profilo soggettivo, le condotte rilevanti ai fini della configurabilità degli atti di frode sono caratterizzate dal dolo, vale a dire dalla cosciente volontà del debitore di occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e tali che – ove conosciute – avrebbero presumibilmente comportato una valutazione negativa della proposta concordataria.
Sotto il profilo oggettivo, le condotte indicate dall'art. 173, comma 1, l.fall. si caratterizzano per la loro valenza decettiva, vale a dire per la loro idoneità a pregiudicare il consenso informato dei creditori circale reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione.La condotta decettiva deve essere valutata solo con riferimento alla proposta di concordato ed ai suoi allegati, essendo irrilevante la relativa annotazione sulle scritture contabili.
Gli atti di frode, inoltre, devono essere “accertati” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperti”, essendo prima ignorati dagli organi della procedura e dai creditori, fermo restando che l'articolo 173, comma 1 non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma ricomprende anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto in sede di proposta di concordato ed allegati, che quindi può dirsi “accertato” dal commissario, in quanto individuato nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione dei creditori.
L'accertamento da parte del commissario giudiziale degli atti di frode ai sensi dell'art. 173 l.fall. determina la revoca dell'ammissione al concordato, indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e, quindi, anche nell'ipotesi in cui questi ultimi siano stati resi edotti di quell'accertamento e, ciononostante, abbiano votato a favore della proposta concordataria. Tale circostanza non consente, tuttavia, di affermare che in tal modo troverebbe ingresso la valutazione di meritevolezza del proponente il concordato, pacificamente espunta dai requisiti normativi per l'accesso a tale procedura concorsuale.
Pur eliminato ogni giudizio di meritevolezza, la piena disclosure da parte del debitore circa il compimento di atti fraudolenti e pregiudizievoli per i creditori potrebbe comunque non bastare ad escludere la possibilità di configurare un'ipotesi di abuso dello strumento concordatario, ove sia dimostrabile che il debitore ha intenzionalmente posto in essere tali atti in previsione e funzione della domanda di concordato. L'art. 173, comma 1, l.fall. contempla cinque categorie di atti in frode coevi o anteriori all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo:
Entrambe le condotte sono perpetrabili attraverso l'infedele redazione dello stato analitico ed estimativo delle attività ovvero attraverso l'alterazione delle scritture contabili;
Tali ipotesi di atti in frode (i.e. dolosa omissione di denuncia di uno o più crediti e esposizione di passività inesistenti) si concretizzano nella volontaria alterazione delle scritture contabili, cosicché pare corretto affermare che omissioni o errori involontari o inconsapevoli, rispetto ai quali sia riconoscibile la buona fede del debitore non possano integrare le fattispecie in oggetto.
Alle quattro fattispecie sopra indicate, si aggiunge la categoria residuale degli “altri atti di frode”, che siano stati compiuti anteriormente oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo. Tali atti non coincidono con quelli di natura civilistica, come i contratti in frode alla legge con causa o motivo illecito, né con gli atti in frode sotto il profilo penale, si tratta, bensì, di atti volti a frodare le ragioni dei creditori, inficiandone l'iter di formazione della volontà.
Elemento soggettivo
Sotto il profilo soggettivo, le condotte rilevanti relative alle categorie di atti in frode tipizzate nonché alla categoria residuale degli “altri atti di frode” sono caratterizzate dal dolo. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che il concetto di frode non ricomprende qualunque comportamento volontario idoneo a pregiudicare le aspettative di soddisfacimento dei creditori, ma rilevano le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e tali che – ove conosciute – avrebbero presumibilmente comportato una valutazione negativa della proposta concordataria. Si tratta, in altri termini di comportamenti consapevolmente ispirati alla finalità frodatoria, volontariamente rivolti a tacere nella proposta circostanze rilevanti ai fini dell'informazione dei creditori e dunque a pregiudicare la possibilità che i creditori possano compiere le valutazioni di competenza avendo presente l'effettiva consistenza e la reale situazione giuridica degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell'impresa (Cass. 6 marzo 2017, n. 5508; Cass. 2 febbraio 2017, n. 2773; Cass. 29 novembre 2016 n. 24288; Cass. 23 giugno 2011, n. 13818; Cass. 24 aprile 2014, n. 9271; P. Bosticco, La resurrezione giurisprudenziale dell'art. 173 L.F. e la difficile distinzione tra atti in frode e sopravvenienze attese, in Fall., 2007; A. Penta, Le condotte distrattive poste in essere prima della domanda di ammissione alla procedura di concordato, in Fall., 2014).
Tale elemento caratterizzante sotto il profilo soggettivo è desumibile:
Dalle considerazioni che precedono, discende che:
Va precisato che, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, ai fini della revoca dell'ammissione al concordato, la fraudolenza degli atti posti in essere dal debitore non assume rilievo, solo ove l'inganno dei creditori si sia effettivamente realizzato e si possa quindi dimostrare che, in concreto, i creditori hanno espresso il loro voto in base ad una falsa rappresentazione della realtà. Quel che rileva, infatti, non è l'effettiva consumazione della frode ma il comportamento fraudolento del debitore, rispetto al quale – come vedremo anche nel prosieguo – non assume alcuna efficacia sanante neppure il voto favorevole dei creditori, sebbene resi edotti della frode e disposti ugualmente ad approvare la proposta concordataria.
Attitudine decettiva degli atti di frode nei confronti dei creditori e disclosure
Come anticipato nel paragrafo che precede, sotto il profilo oggettivo, le condotte rilevanti ai sensi dell'art. 173, comma 1, l.fall. si caratterizzano per la loro valenza decettiva, vale a dire per la relativa attitudine ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, con conseguente pregiudizio del consenso informato dei creditori stessi circa le reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione.
La Corte di Cassazione (Cass. 15 ottobre 2013 n. 23837) ha poi avuto modo di precisare che la condotta decettiva deve essere valutata solo con riferimento alla proposta di concordato ed ai suoi allegati essendo irrilevante la relativa annotazione sulle scritture contabili. Infatti, ai sensi degli artt. 160 e 161, l.fall. le scritture contabili non devono essere obbligatoriamente depositate con la proposta di concordato e sono estranee ai documenti con i quali il debitore illustra al tribunale e soprattutto ai creditori la sua proposta di concordato. Invero, sebbene l'art. 163 l.fall. preveda la consegna al commissario giudiziale delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e nonostante gli artt. 170 e 171 facciano riferimento a tali scritture, la relativa messa a disposizione del commissario giudiziale ha la funzione di consentire a quest'ultimo di procedere alle verifiche ed agli accertamenti di sua competenza, verificando, in particolare, i fatti esposti nella domanda di concordato e nei suoi allegati, nel piano e nella relazione del professionista. Le scritture contabili, pertanto, anche in considerazione della loro possibile complessità, non rappresentano lo strumento con il quale il debitore porta a conoscenza dei creditori tutti gli elementi rilevanti ai fini della espressione del loro consenso sulla proposta di concordato, ma rappresentano l'oggetto dell'attività di verifica ed accertamento che il commissario giudiziale deve svolgere sui dati risultanti dalla proposta e dai suoi allegati. Pertanto, il silenzio della proposta su fatti e circostanze non può essere reso irrilevante dalla relativa annotazione sulle scritture contabili. Ciò, tuttavia, non consente di giungere alla conclusione per cui si configurerebbe un atto di frode in ogni caso di silenzio della proposta di concordato e dei suoi allegati su una qualsiasi circostanza risultante dalle scritture contabili, in quanto deve essere effettuata un'accurata disclosure solo circa le operazioni suscettibili di assumere diverso rilievo, ai fini del soddisfacimento dei creditori, in caso di fallimento e in caso di concordato preventivo.
Come sopra anticipato, gli atti di frode rilevanti ai sensi dell'art. 173 l.fall., inoltre, devono essere “accertati” dal commissario giudiziale, cioè da lui “scoperti”, essendo prima ignorati dagli organi della procedura e dai creditori. Sul punto, vale sottolineare che nell'interpretazione letterale e sistematica del riferimento agli atti accertati dal commissario, l'art. 173, comma 1, non esaurisce il suo contenuto precettivo nel richiamo al fatto “scoperto” perché ignoto nella sua materialità, ma ricomprende anche il fatto non adeguatamente e compiutamente esposto in sede di proposta di concordato ed allegati, che quindi può dirsi solo successivamente “accertato” dal commissario, in quanto individuato nella sua completezza e rilevanza ai fini della corretta informazione dei creditori.
Come chiarito in giurisprudenza,l'accertamento da parte del commissario giudiziale degli atti di frode ai sensi dell'art. 173 l.fall. determina la revoca dell'ammissione al concordato, indipendentemente dal voto espresso dai creditori in adunanza e, quindi, anche nell'ipotesi in cui questi ultimi siano stati resi edotti di quell'accertamento e, ciononostante abbiano espresso un voto favorevole alla proposta concordataria. Infatti, come ribadito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1521 del 2013, i connotati di natura negoziale riscontrabili nella disciplina dell'istituto del concordato preventivo non escludono “evidenti manifestazioni di riflessi pubblicistici, … attuati mediante la fissazione di una serie di regole processuali inderogabili, finalizzate alla corretta formazione dell'accordo tra debitore e creditori, nonché con il potenziamento dei margini di intervento del giudice in chiave di garanzia”. Proprio tra gli interventi del giudice in chiave di garanzia si iscrive la revoca dell'ammissione al concordato conseguente all'occultamento o dissimulazione di parte dell'attivo, alla dolosa omissione di uno o più crediti, all'esposizione di passività insussistenti o al compimento di altri atti di frode, ai sensi dell'art. 173 l.fall., revoca connotata da carattere ufficioso e non riducibile ad una dialettica di tipo meramente negoziale. Ne discende che, l'accertamento degli atti fraudolenti ad opera del commissario non può essere superato dal voto dei creditori, preventivamente resi edotti della frode e disposti ugualmente ad approvare la proposta concordataria: il voto dei creditori successivo all'accertamento del commissario giudiziale non vale a risolvere qualsiasi originaria asimmetria informativa e non assume una funzione sanante della condotta fraudolenta “scoperta”. Infatti, l'art. 173 l.fall. ricollega il potere-dovere del giudice di revocare l'ammissione al concordato alla scoperta degli atti in frode senza la necessità di alcuna presa di posizione sul punto dei creditori e senza dare spazio a possibili successive loro valutazioni in proposito. Né può affermarsi che in tal modo troverebbe ingresso la valutazione di meritevolezza del proponente il concordato, pacificamente espunta dai requisiti normativi per l'accesso a tale procedura concorsuale, in quanto – come sottolineato dalla Suprema Corte – la meritevolezza “era un requisito positivo di carattere generale, che implicava la necessità di un apprezzamento favorevole della pregressa condotta dell'imprenditore (sfortunato, ma onesto), nell'ottica di una procedura prevalentemente concepita come beneficio premiale. Era, quindi, nozione ben più ampia dell'assenza di atti di frode, non solo genericamente pregiudizievoli, ma direttamente finalizzati, in esecuzione di un disegno preordinato, a trarre in inganno i creditori in vista dell'accesso alla procedura concordataria”.
Esclusa qualsiasi rilevanza della meritevolezza del debitore per l'accesso alla procedura di concordato preventivo, ove l'imprenditore compia piena disclosure circa la propria reale situazione patrimoniale, ogni valutazione di convenienza circa la soluzione proposta resta affidata al voto dei creditori (puntualmente informati), non essendovi chiaramente alcuno spazio di intervento per gli organi della procedura ai sensi dell'art. 173 l.fall. Va, tuttavia, considerato che – come chiarito dalla Suprema Corte – un “limite implicito” è dato dall'abuso dello strumento concordatario, ravvisabile in ogni caso in cui il debitore abbia posto in essere comportamenti fraudolenti e pregiudizievoli per i creditori, che seppur svelati nella proposta di concordato, debbano ritenersi intenzionalmente eseguiti in previsione e funzione della domanda di concordato, in ragione della prossimità temporale al suo deposito e alla loro natura gravemente depauperativa del patrimonio, così da influire sulla misura di soddisfacimento dei creditori. Riferimenti
Dottrina
Giurisprudenza
|