Istanza del creditore pignoratizio al giudice delegato per la vendita del bene gravato da pegno ex art. 53 l.fall.

Giuseppina Ivone

Inquadramento

La sezione II del capo III della l.fall. si apre con la previsione del divieto di azioni esecutive individuali sui beni compresi nel fallimento e con l'affermazione del principio secondo cui con la dichiarazione di fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.

Il concorso dei creditori nella procedura fallimentare si distingue rispetto alla regola generale sancita nell'art. 2741 c.c. per cui i creditori hanno eguale diritto di soddisfarsi su tali beni, fatte salve le cause legittime di prelazione (art. 2741 c.c.), per il «carattere della universalità intesa sia in senso soggettivo (partecipazione allo stesso da parte di tutti i creditori) sia in senso obiettivo (realizzazione dei diritti su tutti i beni del debitore)» Tuttavia, per quanto qui interessa, tutti i creditori possono soddisfarsi sull'intero patrimonio a differenti condizioni: giacché i creditori forniti di cause di prelazione non solo concorrono con tutti gli altri creditori sul patrimonio del debitore, ma hanno per di più diritto di soddisfarsi sui beni che costituiscono oggetto della causa di prelazione con preferenza sugli altri creditori, i quali, rispetto ai primi restano subordinati. Ne discende che la parità di trattamento dei creditori, e cioè il loro «eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore» è derogata quando sussiste una causa legittima di prelazione. La legge enumera tre cause di prelazione, ossia il privilegio, il pegno e l'ipoteca, che hanno in comune il carattere di assicurare al creditore la legittima pretesa di ottenere soddisfazione con priorità in confronto agli altri creditori (che vengono qualificati come chirografari) e a veder rispettata la graduatoria fissata dalla legge tra gli stessi creditori assistiti da prelazione. Per opinione comune, i creditori prelatizi, in quanto portatori di «forme di garanzia qualificata del diritto di credito» sono titolari di un potere di azione esecutiva più penetrante di quello degli altri creditori che si declina nella procedura fallimentare nella regola per cui i creditori garantiti fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati (art. 54, comma 1, l.fall.). Pertanto, nell'ambito delle procedure concorsuali (fallimento ma anche concordato preventivo) il soddisfacimento del creditore prelatizio sul bene oggetto della garanzia si realizza al di fuori del concorso con gli altri creditori, con la conseguenza che la capienza del bene oggetto di garanzia esclude l'interesse del creditore garantito a concorrere con gli altri sui beni restanti del debitore, e dunque l'interesse alla procedura in cui tale concorso è disciplinato: fallimento o concordato.

Formula

TRIBUNALE DI ...

Fallimento di ... (n. ...... \ ......)

Giudice delegato: Dott. ...

Curatore: ...

ISTANZA AL GIUDICE DELEGATO (DA PARTE DEL CREDITORE PIGNORATIZIO) PER LA VENDITA DEL BENE GRAVATO DA PEGNO EX ART. 53 L.FALL.

PER

La ... in persona del legale rappresentante ____ rappresentata

PREMESSO CHE

—la Società ... è creditrice nei confronti del Fallimento di un credito per Euro ... oltre interessi derivante da ... [descrivere la fonte della obbligazione] e garantito da pegno su ... [descrivere l'oggetto su cade la garanzia pignoratizia];

— il credito è stato ammesso nello stato passivo del fallimento in epigrafe, dichiarativo esecutivo in data ..., per l'importo di Euro ... con prelazione pignoratizia (all.) 1

— l'art. 53 comma 1 riconosce al creditore pignoratizio la facoltà di realizzare il credito anche in corso di fallimento procedendo direttamente alla vendita del bene su cui grava la garanzia pignoratizia, previa autorizzazione del giudice delegato e previa ammissione del credito con collocazione pignoratizia;

— poiché nel caso, come risulta, documentalmente (all.), la Società ... è stata ammessa al passivo del fallimento per un credito di Euro ..., oltre interessi, con la garanzia sopra descritta, con la presente

SI CHIEDE

all'Ill.mo Giudice delegato, previa acquisizione del parere del comitato dei creditori e del Curatore, di autorizzare la società ... a procedere alla vendita diretta del bene secondo le modalità e i tempi che saranno determinati ai sensi dell'art. 53 comma 2 l.fall. dall'Ill.ma SV.

Luogo e data ...

[1] Condizioni per l'esercizio dell'autotutela esecutiva poste dall'art. 53, commi 1 e 2 sono l'ammissione al passivo del credito con prelazione e l'autorizzazione degli organi di procedura; in questo modo la norma fa salvo il principio del concorso formale dei crediti sancito dall'art. 52 con la conseguenza che se il credito viene realizzato prima dell'ammissione al passivo del creditore con prelazione e senza autorizzazione la vendita deve considerarsi nulla. Ecco perché nella istanza va chiaramente documentata la ammissione del credito con il riconoscimento della garanzia prelatizia

Commento

Il principio generale stabilito nell'art. 51 l.fall. non consente - come si è già scritto - ai creditori di esercitare azioni in contrasto con l'esecuzione concorsuale sul patrimonio del debitore fallito e impedisce, di conseguenza, l'esercizio dell'azione di ritenzione prevista dall'art. 2756 c.c., con la conseguenza che il creditore è obbligato a consegnare al curatore il bene su cui intende esercitare la prelazione, per poi ottenere il soddisfacimento del credito secondo le regole previste per la ripartizione dell'attivo e la graduazione dei crediti concorsuali.

Una volta che il credito è stato ammesso al passivo l'art. 53 consente al creditore pignoratizio o privilegiato di farsi autorizzare dal giudice delegato a vendere direttamente il bene sia pure alla condizioni e nei tempi che il giudice delegato, dopo aver sentito il curatore ed il comitato dei creditori, determinerà a norma dell'art. 107 l.fall. Diviene allora importante per il titolare di garanzia pignoratizia o privilegio speciale su determinati beni, acquisire il provvedimento di ammissione del credito con il riconoscimento della garanzia prelatizia prima di presentare istanza di vendita.

La disposizione ha sollevato in giurisprudenza e dottrina due problemi. Un primo problema ha riguardato la facoltà del creditore, una volta effettuata la vendita del bene oggetto della prelazione, di soddisfarsi immediatamente senza attendere il riparto. La giurisprudenza più recente e consolidata ha affermato che l'art. 53 l.fall. «se pur riconosce ai creditori privilegiati assistiti dal diritto di ritenzione la possibilità di procedere, pendente la procedura, alla vendita del bene, non la configura come esplicazione di autotutela in senso proprio, come avviene al di fuori del fallimento, perché comporta l'accertamento del credito nelle forme dell'insinuazione allo stato passivo e perché assoggetta la vendita del bene gravato dal privilegio all'autorizzazione ed ai criteri direttivi del giudice delegato, a fronte della concorrente legittimazione del curatore. Il ricavato della vendita, quand'anche il bene gravato sia venduto direttamente dal creditore, non viene immediatamente incassato in via autosatisfattiva dal medesimo, ma ripartito attraverso il piano di riparto, nel rispetto delle cause di prelazione» (Cass. n. 27044/2006). Secondo alcuni autori, tale soluzione sembra oggi essere confermata dal primo comma dell'art. 110 l.fall. il quale prevede che nel progetto di riparto che il curatore è tenuto a presentare ogni quattro mesi «sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 51»; con la conseguenza che il creditore pignoratizio o con privilegio speciale deve attendere il riparto del curatore, al quale quindi andranno consegnate le somme ricavate dalla vendita.

Un secondo problema è quello del rapporto tra i crediti previsti dalla citata norma e i crediti prededucibili: la tesi dominante è nel senso della prevalenza dei primi crediti rispetto ai crediti ammessi in prededuzione, ad eccezione delle spese per l'amministrazione e liquidazione del bene oggetto della prelazione. Così Cass. n. 1238/1996. Minoritaria la tesi opposta a cui avevano aderito alcune risalenti decisioni di merito Trib. Parma 4 maggio 1974, in Dir. fall., 1974, II, 765; Trib. Venezia 15 gennaio 1963, in Giur.it., 1963, I, 2, c. 279. In dottrina Inzitari, Sub art. 53, in Comm. Scialoja-Branca, Legge Fallimentare, Bologna-Roma, 1989, 92.

La norma non si applica alla fattispecie di pegno irregolare di titoli o denaro, a differenza di quanto previsto per il pegno regolare. Infatti, secondo giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di Cassazione nell'ipotesi di pegno irregolare - disciplinato dall'art. 1851 c.c. in tema di anticipazione bancaria - le somme di denaro o i titoli depositati presso il creditore, in quanto beni fungibili, diventano di proprietà dello stesso creditore per effetto della sua confusione nel patrimonio delle cose ricevute; pertanto ciò che residua in capo al creditore, dopo la costituzione del pegno irregolare, in relazione ai beni che ne formano oggetto, è non già un credito - come nel caso invece di pegno regolare - da realizzare nelle forme di cui all'art. 53 l.fall., bensì eventualmente un debito “de residuo”. Dal che - sempre secondo la Suprema Corte - «la non ravvisabilità di un interesse del creditore a domandare l'ammissione al passivo (del suo credito già soddisfatto), essendo viceversa legittimato il curatore ad agire nei suoi confronti per il recupero di quanto risulti trasferitogli in eccedenza rispetto all'importo del credito garantito (cfr. Cass. n. 24865/2014; Cass. n. 10000/2004; Cass. n. 5111/2003).

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