Istanza di estinzione della procedura esecutiva mobiliare a seguito di pubblicazione del ricorso di ammissione al concordato preventivo nel registro delle impreseInquadramentoAi sensi dell'art. 168 l.fall., modificato dall'art. 13 del d.lgs. 12 settembre 2007, n.169 e successivamente dall'art. 33, comma 1, lett. c), n. 1), lett. a), b) e c), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, ed art. 33, comma 1, lett. c), n. 2), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto, non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. FormulaTRIBUNALE DI .... Sezione Esecuzione Civile (oppure) Sezione .... ISTANZA DI ESTINZIONE DELLA PROCEDURA ESECUTIVA MOBILIARE N. .... R.G.E. (oppure) cautelare promossa da: .... CONTRO .... *** Ill.mo Sig. Giudice dell'Esecuzione, la società/Ditta .... con sede in ...., alla via ...., n. ...., P.I. e C.F. n. ...., in persona del legale rappresentante ...., n qualità di debitore esecutato nella procedura esecutiva mobiliare n. .... R.G.E. (oppure) debitore nella procedura cautelare di sequestro conservativo (oppure) .... PREMESSO - che in data .... ha presentato ricorso per essere ammesso alla procedura di concordato preventivo pubblicato nel registro delle imprese in data ....; - che il Tribunale di...., con decreto emesso in data ...., ha dichiarato aperta la procedura del richiesto concordato; - che ai sensi dell'art. 168 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, dalla data della pubblicazione del ricorso di concordato preventivo nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato stesso diventa definitivo, i creditori per titoli o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, né iniziare nè proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Tutto ciò premesso CHIEDE che la S.V. Ill.ma Voglia, ai sensi dell'art. 168 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, dichiarare estinta la procedura esecutiva o cautelare sopra indicata. Allega: certificato della Cancelleria del Tribunale di .... attestante la data di presentazione del ricorso di ammissione alla procedura concordataria e della sua pubblicazione nel registro delle imprese e che il decreto di omologazione del concordato preventivo non è ancora definitivo. Luogo e data........ il legale rappresentante pro-tempore della Societa'.... Visto: Il Commissario giudiziale.... Depositato in Cancelleria Oggi .... Il Cancelliere.... CommentoIl creditore non ha il diritto di procedere ad esecuzione forzata quando il debitore abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo in continuità, in forza del disposto dell'art. 168 l. fall., a tenore del quale, dalla data della presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire esecutive sul patrimonio del debitore (Trib. Roma, 20 gennaio 2017). L'art. 168 l.fall., come novellato dal d.l. n. 83/2012 prevede al primo comma che dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Va considerato che il divieto in questione, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza e della dottrina, riguarda i beni ed i crediti dell'imprenditore ammesso al concordato preventivo, esclusi i beni personali di cui all'art. 46 l.fall., ovvero i beni di cui questi sia effettivamente titolare, e non già quelli di cui per qualsiasi ragione abbia la mera disponibilità. Restano estranei a tale previsione i beni di proprietà dei terzi. Ciò comporta che i beni non appartenenti al debitore concordatario e da questi detenuti possono costituire oggetto delle azioni di rilascio da parte degli aventi diritto. In tal modo la giurisprudenza ha, ad esempio, ritenuto pacifico che il venditore con patto di riservato dominio possa richiedere all'acquirente ammesso al c.p. la restituzione del bene venduto ove prima della presentazione della domanda, si sia avvalso della clausola risolutiva espressa; al pari si è ritenuta ammissibile l'azione di restituzione del bene oggetto del contratto di locazione finanziaria. Con riferimento all'ipotesi dell'azione di risoluzione contrattuale va dato atto che la dottrina distingue tra azione costitutiva, in relazione alla quale si registra un contrasto di opinioni circa la sua proponibilità, ed azione dichiarativa e di accertamento, la quale ultima sarebbe proponibile anche in costanza di concordato secondo la tesi prevalente allorquando la fattispecie risolutiva si sia verificata prima della presentazione della domanda di concordato. Tenuto conto di tali orientamenti interpretativi e del dato letterale dell'art. 168 l. fall., è da ritenere ammissibile l'azione cautelare se essa ha ad oggetto un bene di proprietà della stessa ricorrente e non già dell'impresa debitrice (ramo di azienda, costituito da beni immobili e mobili, organizzati in forma produttiva), affittato alla resistente e da lei meramente detenuto, e, qualora, la vicenda risolutiva del contratto risulti essersi compitamente realizzata prima della presentazione del ricorso per ottenere l'ammissione al concordato preventivo. Ne consegue che i beni non appartenenti al debitore concordatario e da questi detenuti possono costituire oggetto delle azioni di rilascio da parte degli aventi diritto, anche con procedimento cautelare (Trib. Bari, 6 ottobre 2016). L'obbligatorietà del concordato colpisce "tutti i creditori anteriori”, quindi anche i creditori che non hanno partecipato alla procedura. Tale obbligatorietà importa che l'esercizio di azioni esecutive da parte dei creditori anteriori alla procedura è, in concreto, inattuabile sino all'esecuzione del piano concordatario omologato soprattutto se questo abbia carattere liquidatorio, dal momento che i beni non possono essere aggrediti perchè sono destinati alla vendita. Infatti, va considerato che i creditori che hanno dato l'assenso alla proposta di concordato lo hanno fatto sulla base di una prospettazione della potenziale ripartizione dell'attivo che verrebbe così successivamente modificata se si allargasse la base dei crediti da soddisfare (peraltro, anche nel caso di concordato cd. conservativo i creditori sono tenuti ad attenersi alla tempistica e alle modalità di soddisfacimento delle loro posizioni creditorie così come previste dal piano). È quindi necessario un coordinamento tra il dettato di cui all'art. 168 l.fall ed il principio emergente dalla disposizione di cui all'art. 84 l.fall. che vincola al concordato il soddisfacimento dei creditori anteriori alla proposta concordataria omologata, tracciando così i termini entro i quali i creditori possono fare valere i propri diritti, sicchè la limitazione di cui all'art. 168 l.fall. non è in grado da sola di rispondere alla esigenza di evitare la compromissione dei diritti di credito sorti nell'ambito concorsuale, ed a tutela di questi soccorre l'art. 184 l.fall. che consente agli stessi di non vedere disperso ciò che la proposta ed il piano hanno offerto per la loro soddisfazione. Quindi, l'aggressione individuale dei beni ceduti in concordato preventivo è inammissibile durante tutta la pendenza della successiva fase di liquidazione e distribuzione del ricavato ai creditori concordatari, in quanto i beni ceduti sono vincolati e resi disponibili unicamente per l'esecuzione del concordato, mentre qualora l'esecuzione individuale fosse ammissibile prima dell'esaurimento della procedura stessa, vi sarebbe il rischio di soddisfare le ragioni di un solo creditore a detrimento di tutti gli altri, in violazione dei diritti acquisiti dai creditori concordatari. In altri termini, si ammetterebbe contraddittoriamente un'esecuzione individuale su beni assoggettati ad esecuzione collettiva (proprio in tema di concordato preventivo con cessio bonorum, si è sostenuto che il concordato può dirsi completamente eseguito, con il conseguente venire meno del divieto di agire in executivis di cui all'art. 168 l.fall., solo per effetto della completa liquidazione dei beni sociali sulla base di quanto previsto nel piano concordatario (Trib. Bari, 22 settembre 2016, in www.iusexplorer.it; App. Milano, 8 luglio 2014). Allo stesso modo, è principio consolidato in giurisprudenza ed in dottrina che durante la pendenza del concordato preventivo, sia nella fase in bianco, sia nella c.d. fase piena, sia vietato il pagamento dei creditori anteriori, determinandosi diversamente una alterazione della par condicio creditorum, principio desumibile dal combinato disposto degli artt. 168 e 184 l.fall., salvo le ipotesi espressamente indicate dall'art. 182 quinquies l. fall. (che una dottrina minoritaria non riterrebbe applicabile alla c.d. fase in bianco in virtù della mancanza di un piano concordatario, ma di una mera prospettazione della volontà di presentare una proposta che preveda la continuazione dell'azienda). La ratio è evidente, in quanto il pagamento di creditori anteriori non solo si pone in un momento antecedente l'esecuzione del concordato preventivo con differente trattamento rispetto a tutti gli altri creditori, ma altera verosimilmente l'ordine dei crediti e dei diritti di prelazione, finendo per soddisfare il creditore strategico in misura integrale, immediata e superiore al trattamento riservato ai creditori aventi medesimo rango. Per tale ragione la disposizione richiamata prevede la possibilità di autorizzazione solo in riferimento al concordato in continuità e rispetto a creditori strategici, nel senso che la prestazione eseguita è essenziale alla prosecuzione dell'attività e funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, mentre fuori da questa ipotesi, la giurisprudenza e la dottrina prevalenti non ritengono vi sia spazio per il pagamento di creditori anteriori, data la incidenza sulle fondamenta stesse dell'istituto concordatario, ovvero il trattamento paritario dei creditori nel rispetto delle cause legittime di prelazione (Trib. Rovigo, 1 agosto 2016). Peraltro, va opportunamente ritenuto che le evidenti esigenze di tutela del patrimonio concordatario di cui all'art. 168 primo comma l.fall. in ragione del quale sono vietate ai creditori per titolo o causa anteriore di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore non possano essere invocate dal debitore esecutato che abbia attivato il concordato preventivo quale esimente della possibilità del creditore endoprocessuale di procedere per la soddisfazione del credito nei termini di cui al piano omologato, in quanto non depone in tal senso né la lettera dell'art.168 l. fall., che espressamente vieta la possibilità di agire esecutivamente solo sino alla definitività del decreto di omologazione del concordato stesso, né la congruenza ordinamentale nel suo insieme, posto che sebbene, infatti, sia evidente che una acritica lettura del disposto dell'art. 168 l.fall. consentirebbe il possibile profilarsi di sviluppi oggettivamente incompatibili con l'esigenza di tutela del patrimonio della procedura concorsuale, d'altro canto deve considerarsi come una diversa lettura dell'art. 168 l.fall. comporterebbe il sostanziale difetto di difesa delle ragioni del creditore per obbligazioni riconosciute nel piano omologato dal Tribunale. Pertanto, il limite della possibilità di azionare pretese esecutive in danno del concordato per crediti anteriori allo stesso, deve essere limitato alle sole pretese creditorie sclerotizzate nel piano concordatario e nei limiti della prova della palese pretermissione del diritto di credito dell'esecutante, con ciò intendendosi l'esigenza dell'osservanza del rispetto delle classi di credito e/o dei tempi previsti dal piano concordatario (Trib. Prato, 20 luglio 2016). In buona sostanza, non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum, nemmeno se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concordataria, come si desume dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato in cui: l'art. 167 l.fall., con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la par condicio (Trib. Milano, 11 marzo 2016, in www.iusexplorer.it). La violazione del divieto di pagamento di crediti anteriori da parte del debitore, nel periodo intercorrente tra la data d'iscrizione della domanda concordataria e l'eventuale omologazione del concordato desumibile dagli artt. 167, 168 e 182 l. fall., impone l'interruzione della procedura. In tal caso, e cioè nell'ambito del procedimento di preconcordato, la condotta deve essere valutata in astratto al fine di individuarne i profili della consapevolezza, volontarietà e dannosità del pagamento nei confronti degli altri creditori (Trib. Milano, 18 aprile 2016). Secondo Cass. n. 25802/2015, la proposizione di una domanda di concordato preventivo determina, ai sensi dell'art. 168, primo comma, l.fall., non già l'estinzione ma l'improseguibilità del processo esecutivo, che entra in una situazione di quiescenza perché i beni che ne costituiscono l'oggetto materiale perdono de iure e provvisoriamente la destinazione liquidatoria così come progettata con il pignoramento, con la conseguenza che il giudice dell'esecuzione correttamente provvede, ex artt. 486 e 487 c.p.c., a sospendere la vendita eventualmente fissata. Infine, va altresì chiarito come la norma di cui all'art. 168 primo comma, l.fall. che fa divieto ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore dalla data della presentazione del ricorso per l'ammissione al concordato fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, non può ritenersi legittimamente applicabile anche al pagamento del terzo pignorato effettuato in adempimento dell'ordinanza di assegnazione del credito. Il procedimento di concordato preventivo non prevede, di fatto, la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi dell'art. 44 l.fall. e nemmeno è fornito di un ufficio abilitato ad agire in tal senso, essendo applicabili, in virtù del richiamo di cui all'art. 169 l. fall., soltanto le disposizioni degli artt. da 55 a 63 l. fall. Pertanto, il pagamento di un debito preconcordatario è in sè legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purchè non integri l'ipotesi di un atto diretto a frodare le ragioni dei creditori, e, quindi, sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell'art. 173, secondo comma, l. fall. e revocabile in forza dell'art. 167, secondo comma, l. fall. Tale pagamento deve ritenersi eseguito efficacemente da parte del debitor debitoris in quanto l'assegnazione di quest'ultimo al creditore procedente è stata eseguita in epoca precedente alla presentazione del concordato preventivo, e ciò alla luce del principio, pure posto da Cass., 29 novembre 2005, n. 26036, secondo cui l'ordinanza di assegnazione del credito pignorato, emanata a seguito della positiva dichiarazione del terzo, rappresenta, per la sua natura liquidativa e satisfattiva, l'atto finale e conclusivo del procedimento di espropriazione verso terzi, che determina il trasferimento coattivo del credito pignorato dal debitore esecutato al creditore del medesimo, e il momento finale e l'atto giurisdizionale conclusivo del processo di espropriazione presso terzi. A tal fine non rileva il disposto dell'art. 2928 c.c., secondo il quale il diritto dell'assegnatario verso il debitore si estingue solo con la riscossione del credito assegnato, atteso che tale previsione non ha l'eletto di perpetuare la procedura esecutiva, la cui funzione è già stata assolta mediante l'assegnazione, ma ha solo effetti di diritto sostanziale, a maggiore tutela del creditore, consentendogli, in caso di mancata riscossione, di intraprendere un nuovo procedimento esecutivo in base al medesimo titolo (Cass., n. 11660/2016). |