Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 34 - Deposito delle somme riscosse 1

Alessandro Farolfi

Deposito delle somme riscosse 1

 

Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore.[ Su proposta del curatore il comitato dei creditori puo' autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purche' sia garantita l'integrita' del capitale ] 23

La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto è valutata dal tribunale ai fini della revoca del curatore.

[ Se è prevedibile che le somme disponibili non possano essere immediatamente destinate ai creditori, su richiesta del curatore e previa approvazione del comitato dei creditori, il giudice delegato può ordinare che le disponibilità liquide siano impiegate nell'acquisto di titoli emessi dallo Stato. ] 4

Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato e, nel periodo di intestazione "Fondo unico giustizia" del conto corrente, su disposizione di Equitalia Giustizia SpA 5.

 

[1] Articolo sostituito dall'articolo 30 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

[3] Periodo soppresso dall'articolo 1 comma 472 , lettera a) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 a  decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 2, comma 6-ter, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181

[5] Comma modificato dall'articolo 1 comma 472 , lettera b) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 a  decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 2, comma 6-ter, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181

Inquadramento

La norma dell'art. 34 l.fall. è espressione particolare del più generale principio ricavabile dall'art. 31 l.fall., secondo cui il curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. Le particolari caratteristiche del bene denaro, la sua immediata liquidità e fungibilità, giustificano però alcuni accorgimenti. Da un lato il curatore ha il dovere di depositare su un conto postale o bancario il denaro contante rinvenuto, ma anche ottenuto a seguito di atti di liquidazione o dell'incasso di crediti (spontaneo od ottenuto in sede giudiziale). La maggiore autonomia della figura del curatore, da questo punto di vista si manifesta nel fatto che egli stesso può individuare l'istituto di credito deputato alla tenuta del conto della procedura, senza che occorra una preventiva indicazione del g.d. (le autorizzazioni che ancora nella pratica si richiedono vanno più correttamente intese come semplici prese d'atto sull'operato e sulla scelta già compiuta dal curatore, che dovrà però auspicabilmente allegare copia del contratto e delle condizioni economiche applicate al fine di poterne valutare la conformità a quelle che sovente sono oggetto di periodica comunicazione alla cancelleria fallimentare del tribunale). Va notato che la precedente formulazione invece prevedeva che fosse il g.d. ad indicare l'istituto di credito, ma tale aspetto è oggi superato dalla inequivocabile lettera della norma. Ancora, il deposito deve avvenire pressoché immediatamente (la norma indica in 10 giorni massimi il tempo intercorrente fra la riscossione ed il deposito delle somme da parte del curatore). Particolare attenzione va prestata da parte del curatore, nel caso di procedure dotate di ingente liquidità, nella ripartizione del rischio di possibili insolvenze bancarie, anche suddividendo i conti della procedura, alla luce della disciplina recente sul c.d. bail in (cfr. d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180, di attuazione della direttiva 2014/59/UE c.d. direttiva BRRD). Da questo punto di vista va comunque sottolineata la maggiore attenzione del legislatore alla predisposizione di riparti parziali, condizionando in linea di principio il rilascio di acconti sul compenso del curatore proprio alla loro esecuzione (come si vedrà all'art. 39 l.fall.) nonché costituendo il mancato rispetto dell'art. 110 l.fall., in presenza di somme disponibili per la ripartizione, una nuova causa di revoca del curatore (vds. art. 104-ter ult. comma l.fall.). La scelta dell'istituto presso cui procedere all'apertura del conto deve ritenersi libera, sia pure necessariamente tempestiva rispetto al momento in cui si verifica la disponibilità di risorse finanziarie, ed oggetto di immediata comunicazione al g.d.

La recentissima Legge di Bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205, pubblicata sulla G.U. del 29 dicembre 2017) ha soppresso il secondo periodo del comma 1 della norma in commento: è pertanto cessata la possibilità di investimento della liquidità della procedura in strumenti finanziari diversi. Il comma 471 della manovra, inoltre, modificando l'art. 2 del d.l. 16 settembre 2008, n. 143, ha inserito dopo il secondo comma il seguente: “2 bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 ter del presente articolo rientrano in apposite gestioni separate del “Fondo unico giustizia: a) salvo che nei casi di cui all'articolo 104, primo e secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e fino al riparto finale dell'attivo fallimentare, le somme giacenti in conti correnti accesi a norma dell'art. 34, primo comma, dello stesso regio decreto n. 267 del 1942; b) fino al momento della distribuzione, le somme giacenti in conti correnti e in depositi a risparmio ricavate nel corso di procedure esecutive per espropriazione immobiliare; c) le somme, giacenti in conti correnti e in depositi a risparmio, oggetto di sequestro conservativo ai sensi dell'articolo 671 del codice di procedura civile; d) le somme a qualunque titolo depositate presso Poste Italiane s.p.a., banche e altri operatori finanziari in relazione a procedimenti civili contenziosi”.

La nuova disposizione non è di agevole lettura e si collega all'ulteriore modifica del terzo comma dell'art. 34 in esame, che oggi prevede che “il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato e, nel periodo di intestazione “Fondo unico giustizia” del conto corrente, su disposizione di Equitalia Giustizia s.p.a.”.

Secondo una prima opzione puramente letterale, la norma dovrebbe imporre un trasferimento “fisico” delle somme giacenti sui conti correnti fallimentari (escluse unicamente quelle deputate alla gestione dell'esercizio provvisorio di cui all'art, 104 l.f.) in uno o più conti “centralizzati” e gestiti da Equitalia Giustizia s.p.a., quale ente gestore del FUG (si noti che il Fondo unico Giustizia, istituito con l'art. 61 comma 23 del d.l. n. 112/2008 convertito con mod, in legge  n. 133/2008, era inizialmente finalizzato a ricevere le somme a qualunque titolo sequestrate o confiscate nell'ambito di procedimenti penali, ovvero derivanti da misure di prevenzione, sanzioni amministrative, depositi “dormienti” ultraquinquennali, ecc…”.

Tale opzione, per le inaccettabili conseguenze e complicazioni operative, non pare tuttavia perseguibile. Più persuasiva, quindi, la tesi che la intestazione al FUG dei depositi avvenga in modo esclusivamente “formale” ad opera delle banche interessate che continueranno a svolgere la funzione di depositarie (sia pure anche nell'interesse dell'ente pubblico) e sotto la vigilanza di Equitalia Giustizia s.p.a. Mentre anche i singoli pagamenti dovranno continuare a svolgersi su mandato del Giudice delegato. La ratio della norma diventa invece evidente se si considera che l'eventuale spread positivo fra rendimento determinato a seguito di un emanando decreto del MEF di concerto con il Ministero della giustizia ed interessi ordinariamente riconosciuti dalla banca o dall'ufficio postale sarà destinato ad essere incamerato quale entrata dello Stato (per il 50% riassegnato al Ministero della giustizia). In ultima analisi, come osservato dal primo commentatore della riforma (LAMANNA) si è così realizzato una sorta di prelievo forzoso su una porzione degli interessi attivi - altrimenti destinati ai creditori – prodotti dai depositi fallimentari sino al momento del riparto finale.

Mandato di pagamento

Ogni prelievo dal conto della procedura non può avvenire se non previa emissione di un mandato di pagamento firmato dal giudice. Si tratta di un potere indiretto di controllo, dovendosi ricorrere alla previa emissione del mandato, al fine di dar corso al pagamento, sia nei casi in cui lo stesso segua un'operazione già autorizzata dallo stesso g.d., sia nei casi in cui l'autorizzazione promani dal C.d.c., nonché nelle ipotesi in cui il pagamento sia comunque legalmente dovuto (si pensi al versamento del c.d. campione o ai periodi versamenti dell'IVA maturata a carico della procedura). L'assetto complessivo della riforma deve tuttavia portare a ritenere che in sede di emissione del mandato di pagamento il g.d. possa unicamente vigilare sulla legalità dell'atto richiesto o sulla conformità del mandato a quanto già in precedenza autorizzato, non potendo ripercorrere in tale sede il percorso motivazionale e valutativo sul merito dell'atto.

Come si è accennato, appare doversi escludere la necessità di un doppio mandato di pagamento, a seguito dell'attribuzione figurativa al FUG, delle somme giacenti sui conti delle procedure fallimentari, così come disposto dalla Legge di  Bilancio 2018 (l. n. 205/2017). Piuttosto, a seguito dell'emanazione di un previsto decreto attuativo, sembra invece introdotto un nuovo dovere del curatore di evidenziare un eventuale saldo positivo degli interessi prodotti dal deposito da devolvere, al momento in cui viene operato il riparto, direttamente a favore dell'Erario.

Responsabilità del curatore

Prima della riforma la norma prevedeva testualmente che in caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il tribunale disponesse la revoca del curatore. La nuova formulazione della disposizione, invece, prevede che simile omissione «è valutata» dal tribunale ai fini della revoca del curatore. Tale affermazione recepisce, peraltro, quell'orientamento giurisprudenziale che si era formato sul testo previgente, il quale aveva comunque osservato che la revoca non poteva essere una conseguenza automatica dell'omissione e che tale sanzione avrebbe dovuto evitarsi in presenza di giustificati motivi esposti e documentati dal curatore. Il dato testuale ribadisce, quindi, l'ambito valutativo discrezionale spettante al tribunale. Si è anche osservato che nel caso di ingiustificato ritardo, oltre alla revoca, il curatore negligente potrebbe essere condannato a restituire alla procedura, a titolo di danno, ad es. l'importo relativo agli interessi che la massa ha così mancato di percepire.

Il curatore risponde personalmente di eventuali ammanchi risultanti sul conto corrente e dei prelievi non autorizzati dal g.d., eventualmente in concorso con la banca depositaria che abbia permesso in modo negligente i prelievi al curatore infedele. Si è ritenuto al riguardo, che la responsabilità della banca va limitata ai soli casi in cui l'alterazione sia rilevabile «ictu oculi», in base alle conoscenze del funzionario di media competenza o esperienza, in quanto quest'ultimo «non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né deve essere un esperto grafologo» (Trib. Bari, 16 giugno2016); ma con la precisazione che nel caso in cui la banca, depositaria ex art. 34 l.fall. delle liquidità della procedura, consenta il prelievo del denaro sulla base di un mandato di pagamento contraffatto, senza aver preventivamente preteso il deposito delle firme del giudice delegato e del cancelliere (allo scopo di poterne operare il raffronto con le sottoscrizioni che i medesimi devono apporre sul mandato) la responsabilità per la sottrazione dei fondi va imputata alla banca, oltre che al curatore che ha materialmente operato il prelievo abusivo, per non aver agito con la diligenza richiesta dalla natura del contratto. La relativa azione ha carattere contrattuale e la curatela creditrice che agisce per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre sul debitore convenuto incombe l'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa (Trib. Lecce, 1° ottobre 2008). L'azione è normalmente esercitata dal nuovo curatore dopo la revoca del curatore infedele e può anche essere diretta esclusivamente nei confronti dell'istituto di credito, salvo regresso di quest'ultimo verso il precedente curatore: l'azione di risarcimento del danno per indebiti prelievi effettuati dal libretto di deposito bancario fallimentare, esercitata dalla curatela unicamente nei confronti della banca e non anche di tutti i soggetti solidalmente responsabili dell'ammanco, non preclude all'ente creditizio di agire, in via di regresso, nei confronti del curatore surrogato, al fine di far constare la sua condotta illecita, che ha contribuito alla produzione del danno; in tal modo, la banca fa valere, sia pure al limitato fine dell'accoglimento dell'azione di regresso, non già una propria pretesa verso il curatore nascente dalla scorretta gestione del rapporto di deposito, ma una pretesa di credito della stessa procedura, derivante dal mancato rispetto delle regole cui il curatore medesimo si sarebbe dovuto attenere nell'esercizio delle proprie funzioni (Cass. n. 8233/2013). Per converso la responsabilità del curatore non cessa neppure nel caso in cui egli abbia affidato il libretto di risparmio ad un terzo, in deposito fiduciario: in tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, l'intervenuta delega a terzi di custodia del libretto bancario intestato alla curatela e l'omissione di ogni controllo sulle relative operazioni bancarie costituiscono violazione del principio di in trasmissibilità delle funzioni di curatore e dell'obbligo di custodia del libretto; in tal caso, pertanto, eventuali indebiti prelievi da parte di terzi o di dipendenti della banca non costituiscono evento interruttivo del nesso di causalità tra la condotta negligente del curatore e l'evento dannoso (Cass. n. 710/2011).

Bibliografia

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