Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 32 - Esercizio delle attribuzioni del curatore.1Esercizio delle attribuzioni del curatore.1 Art. 32 Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del comitato dei creditori, con esclusione degli adempimenti di cui agli articoli 89, 92, 95, 97 e 104-ter. L'onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore 2. Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore. [1] Articolo sostituito dall'articolo 28 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. [2] Comma modificato dall'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. InquadramentoLa norma pone in linea di principio il divieto di subdelega delle funzioni di curatore, affermando che egli deve esercitare personalmente le proprie funzioni. Le funzioni di curatore sono quindi intrasmissibili e non vi fa eccezione neppure la particolare disciplina prevista dall'art. 28 comma 1 lett. b), laddove la nomina a curatore riguardi uno studio associato o una società tra professionisti, posto che in questo caso, ferma l'unicità della nomina, il legale rappresentante dello studio o associazione si limita a comunicare lo specifico nominativo del soggetto, pur sempre appartenente ad essi, del responsabile della procedura, che deve infatti essere una persona fisica. Peraltro la medesima norma non nasconde come, nella pratica, soprattutto a fronte di procedure particolarmente complesse, il curatore possa delegare a terzi alcuni specifici compiti ad esso pertinenti. Secondo la giurisprudenza la delega di funzioni a terzi lascia inalterata la responsabilità personale del curatore, infatti si è ritenuto che in tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, l'intervenuta delega a terzi di custodia del libretto bancario intestato alla curatela e l'omissione di ogni controllo sulle relative operazioni bancarie costituiscono violazione del principio di intrasmissibilità delle funzioni di curatore e dell'obbligo di custodia del libretto; in tal caso, pertanto, eventuali indebiti prelievi da parte di terzi o di dipendenti della banca non costituiscono evento interruttivo del nesso di causalità tra la condotta negligente del curatore e l'evento dannoso (Cass. n. 710/2011). Il delegatoLa nomina del delegato, così come quella del coadiutore, deve essere autorizzata dal comitato dei creditori. Nei casi in cui questo non sia stato costituito, risulti inerte o vi siano ragioni d'urgenza, la relativa autorizzazione potrà essere surrogata con decreto del g.d., ex art. 41 comma 4 l.fall. Va evidenziato che la nomina del delegato del curatore non è peraltro frequente: egli infatti viene investito dell'espletamento di alcune funzioni che restano tuttavia imputabili al curatore, che ne mantiene quindi anche la responsabilità. Va peraltro rimarcato che la norma vuole evitare una spersonalizzazione dell'incarico, che potrebbe portare ad una delega di responsabilità verso soggetti privi di un rapporto fiduciario nei confronti del tribunale o, addirittura, privi di competenze adeguate (o degli stessi specifici requisiti richiesti dall'art. 28). Anche in questo caso si deve perciò ritenere che il curatore resti responsabile delle attività compiute da questi soggetti delegati, avendo in ogni caso il dovere di vigilare sulla loro condotta. Del pari, la norma vuole evitare che attraverso lo strumento della delega si possa realizzare un appesantimento dei costi della procedura: infatti il compenso dovuto al delegato va detratto da quello spettante al curatore (soluzione del resto ragionevole se si pensa che il compenso del curatore è parametrato alla complessità dei compiti che egli è chiamato a svolgere, per cui ove ne deleghi alcuni, del pari il suo compenso dovrà essere corrispondentemente diminuito di quanto invece liquidato a favore del delegato: principio di onnicomprensività del compenso del curatore). I criteri di liquidazione del compenso del delegato devono far riferimenti ai parametri previsti per la commisurazione del compenso del curatore (oggi contenuti del d.m. 25 gennaio 2012, n. 30) e rapportati in prima battuta ai compiti effettivamente svolti. Tali parametri, poi, non possono essere applicati in quanto tali, ma vanno adattati al tempo effettivamente impiegato per lo svolgimento dei compiti delegati, secondo parametri di riduzione proporzionale (Cass. n. 8022/1992). Trattandosi di un compenso che va detratto da quello del curatore si ritiene che, in modo corrispondente, la liquidazione non spetti al g.d. ma al Tribunale in composizione collegiale. Attività non delegabiliLa disposizione prevede che alcune attività, per la loro inerenza essenziali al ruolo di curatore, non possano da questi essere delegate a terzi. Si tratta di attività non delegabili, che ineriscono alle funzioni di pubblico ufficiale del curatore ovvero a quella fase fondamentale che è rappresentata dalla verifica e formazione dello stato passivo: a. Analisi delle scritture contabili e predisposizione degli elenchi dei creditori, nonché di coloro che vantino diritti perso0nali o reali su beni acquisiti al fallimento; b. Predisposizione dell'ultimo bilancio di esercizio, qualora non sia stato presentato dal fallito, apportando altresì le dovute rettifiche e integrazioni alla contabilità che il fallito abbia presentato ai sensi dell'art. 14 l.fall. (c.d. fallimento in proprio); c. Invio della comunicazione ai creditori ed a coloro che vantino diritti reali o personali su beni del fallimento, ai sensi dell'art. 92 e successiva formazione dello stato passivo e comunicazione ai soggetti istanti del risultato della verifica condotta dal g.d.; d. Predisposizione del programma di liquidazione ex art. 104-ter l.fall. La norma non contempla la relazione ex art. 33 comma 1 l.fall., ma deve ritenersi che anche tale fondamentale documento, nel quale sono indicate le cause dell'insolvenza e le responsabilità dell'imprenditore fallito, anche ai fini delle indagini penali, non possa essere delegato a terzi. Coadiutore, esperti, consulentiMolto diffuso nella prassi è, invece, il ricorso all'attività di consulenti o coadiutori da parte del curatore. Un caso testualmente previsto, ad esempio, è quello dello stimatore, che viene infatti scelto dal curatore, ex art. 87 l.fall., ma non mancano altre ipotesi (es. consulenti tributari o relativi alla predisposizione di buste paga, esperti, legali, ecc.). In tutti questi casi i coadiutori non svolgono compiti propri del curatore, ma attività ausiliare al miglior svolgimento dell'incarico del curatore o integrative. Ragion per cui il compenso riconosciuto a questi ausiliari non è automaticamente detratto da quello spettante al curatore, ma nella liquidazione di quest'ultimo si deve «tenere conto» dei compensi liquidati a detti ausiliari. L'espressione «tenere conto» è sufficientemente ambigua: certamente essa esprime l'idea che il curatore non possa, anche in questo caso, appesantire i costi della procedura attraverso l'intervento di un numero non confacente o sproporzionato di esperti e, pertanto, nella valutazione del compenso dovuto al curatore si dovrà comunque considerare, pur senza automatica falcidia, quanto complessivamente erogato in favore di consulenti ed esperti. A tale riguardo si dovrà naturalmente verificare se il loro intervento sia stato utile per la massa ed opportuno per una maggiore efficienza della procedura, tenendo conto che essi non svolgono compiti propri del curatore, ma appunto integrativi e in alcuni casi ineliminabili (si pensi allo stimatore o ai difensori utilizzati nei giudizi per cui si è ottenuta l'autorizzazione a costituirsi in giudizio). La liquidazione del compenso dei coadiutori spetta al g.d., come può evincersi dall'art. 25 l.fall. ed in linea generale dovrà essere effettuata facendo ricorso alle tariffe previste per la specifica attività esercitata: ad es. per i difensori i parametri contenuti nel d.m. 55/2014). Il coadiutore del curatore fallimentare (figura prevista dal comma 2 dell'art. 32 l.fall.), la cui opera è integrativa dell'attività del curatore, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell'ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, assume la veste di ausiliario del giudice. Ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato in base alla tariffa giudiziale prevista per i periti e i consulenti tecnici, e non alla tariffa professionale (nella specie, quella dei consulenti del lavoro), la quale va invece applicata allorché si sia instaurato un vero e proprio rapporto di lavoro autonomo, essendo stato il professionista officiato dal fallimento per svolgere la propria opera in determinate attività ed operazioni (Cass. n. 10143/2011). Tale affermazione è stata più recentemente ribadita con riguardo all'opera svolta dal consulente del lavoro nominato allo scopo di provvedere agli adempimenti connessi alla gestione dell'azienda dichiarata fallita durante il periodo di esercizio provvisorio (Cass. n. 9781/2016). Si è invece ritenuto che mentre al delegato spetta un compenso determinato con gli stessi criteri previsti per la liquidazione dei compensi del curatore, il compenso del coaudiutore deve essere determinato in base alla tariffa giudiziale prevista per periti e consulenti tecnici, corrispondendo ad un'obbligazione di massa (Trib. Novara, 11 novembre 2010). Sia pure con riferimento ad una diversa disciplina dei compensi, ma con principi ancora oggi attuali, si è ritenuto che l'opera prestata dal professionista (nella specie, architetto) su incarico del curatore fallimentare, nella qualità di consulente tecnico di parte in un procedimento civile per regolamento di confini, esula da quella pertinente alla figura del coadiutore di cui all'art. 32, comma 2, l.fall. — alla quale è applicabile, in sede di liquidazione dei compensi, la l. 8 luglio 1980 n. 319 ed il d.P.R. 27 luglio 1988 n. 352 — e si inquadra, invece, in quella relativa alla vera e propria prestazione d'opera professionale, atteso che la curatela fallimentare si avvale del professionista non già per riceverne un contributo tecnico al perseguimento di finalità istituzionali della procedura, bensì, non diversamente dall'avvocato cui sia affidata la rappresentanza e difesa giudiziale, per la difesa della massa in un procedimento extrafallimentare che vede la curatela costituita quale parte in causa (Cass. n. 2572/1996). 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