Legge - 27/01/2012 - n. 3 art. 14 octies - Formazione del passivo1

Salvo Leuzzi

Formazione del passivo1

 

1. Il liquidatore esamina le domande di cui all'articolo 14-septies e, predisposto un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore, lo comunica agli interessati, assegnando un termine di quindici giorni per le eventuali osservazioni da comunicare con le modalità dell'articolo 14-sexies, comma 1, lettera a).

2. In assenza di osservazioni, il liquidatore approva lo stato passivo dandone comunicazione alle parti.

3. Quando sono formulate osservazioni e il liquidatore le ritiene fondate, entro il termine di quindici giorni dalla ricezione dell'ultima osservazione, predispone un nuovo progetto e lo comunica ai sensi del comma 1.

4. In presenza di contestazioni non superabili ai sensi del comma 3, il liquidatore rimette gli atti al giudice che lo ha nominato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo. Si applica l'articolo 10, comma 6.

[1] Articolo inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera s), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Inquadramento

La norma disciplina l'accertamento del passivo, che assume una configurazione peculiare, sol che si consideri che, a svolgerlo, nell'esercizio di una competenza pressoché esclusiva – e tendenzialmente esonerativa dell'autorità giudiziaria – è lo stesso liquidatore (commi da 1 a 3). L'intervento del giudice è circoscritto ai soli casi di contestazioni dei creditori non superabili dal liquidatore (comma 4). In altri termini, la verifica dei crediti non è giurisdizionalizzata, essendo previsto l'intervento del giudice nel solo caso in cui tra creditore e liquidatore non vi sia accordo sul riconoscimento del credito.

Il liquidatore assolve, in definitiva, a vere e proprie funzioni processuali, che evocano mutatis mutandis quelle del commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa.

Predisposizione del progetto e osservazioni dei creditori

Ai sensi del comma 1 della norma ora in commento, il liquidatore, ricevute le domande dei singoli creditori, si occupa di predisporre un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore. Detto stato passivo provvisorio viene comunicato, a tenore del medesimo comma, agli interessati, ai quali è assegnato un termine di quindici giorni in funzione di eventuali osservazioni, suscettibili d'essere formulate con le modalità di cui all'art. 14-sexies, comma 1, lett. a), l. n. 3/2012, che sono quelle di proposizione della domanda di insinuazione.

Qualora non pervengano osservazioni, il liquidatore motu proprio e d'autorità approva lo stato passivo e ne dà ulteriore comunicazione alle parti (comma 2). In altri termini, se non constano osservazioni al progetto, ciò implica che questo è accettato e può essere approvato de plano dal liquidatore.

Qualora il progetto di stato passivo sia reso, viceversa, oggetto di osservazioni, queste ultime, qualora condivise dal liquidatore, saranno, entro il termine (ordinatorio) di quindici giorni dall'ultima, da costui recepite e trasfuse in un nuovo progetto di stato passivo che verrà, del pari, comunicato ai creditori (comma 3).

In buona sostanza, non è disciplinato un momento di discussione del progetto in contraddittorio tra tutte le parti, condensandosi la fase di risoluzione delle contestazioni in un mero scambio di atti tra liquidatore e creditori. Il singolo creditore non è posto in condizione di conoscere le osservazioni formulate dagli altri interessati, né è messo in grado di contraddire al riguardo. Piuttosto, il liquidatore dovrà comunicare il progetto modificato, dando conto delle modifiche apportate in ragione delle contestazioni, nonché fissando un supplementare termine di quindici giorni per consentire ulteriori contestazioni in replica da parte dei soggetti interessati. In questo senso va interpretato il rinvio al comma 1 operato dal terzo: si rinnova la sequenza procedimentale. Se non vi sono contestazioni aggiuntive, la situazione che si concretizza è quella prevista dal comma 2, con la conseguenza che il liquidatore è tenuto ad approvare il piano.

Contestazioni non superabili e stato passivo definitivo

Diversamente, occorrerà fare riferimento al successivo comma 4, secondo cui, in presenza di contestazioni non superabili ai sensi del comma 3, il liquidatore rimette gli atti al giudice che lo ha nominato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo. In altri termini, allorché il liquidatore non riesca a definire egli stesso le contestazioni – secondo lo schema or ora illustrato – le rimetterà al giudice che lo ha nominato, il quale provvederà lui ad elaborare lo stato passivo definitivo, ricorrendo – stavolta – alle forme camerali di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c., appositamente richiamate per il tramite del riferimento esplicito all'applicazione dell'art. 10, comma 6, l. n. 3/2012. Il giudice deciderà, dunque, sulle sole contestazioni insolute dal liquidatore, sempre secondo un modello semplificato (comma 4).

Non diversamente da quanto accade nel contesto dell'art. 96 l.fall., il giudice, concluso l'esame delle domande, sarà chiamato a pronunciarsi su di esse, provvedendo a formare lo stato passivo e a renderlo esecutivo, con decreto reclamabile al collegio del quale non fa parte il giudice che ha pronunciato il decreto e poi ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

La norma ora in commento non regola espressamente il caso in cui il liquidatore non ritenga fondate le contestazioni mosse al progetto. Tuttavia, la lettura che sopra si è svolta con riferimento ai commi 2 e 4 mette in chiara evidenza che il liquidatore non è titolare di un potere di soluzione finale dei conflitti, laddove le contestazioni, per un verso permangano, per altro verso non siano superate in ragione di un loro recepimento da parte del predetto organo concorsuale.

Che appannaggio del liquidatore non possa ravvisarsi un potere di definizione autonoma delle contestazioni se non in via di recepimento, è evincibile anche dalla mancanza, nel sistema, di uno strumento di impugnazione del progetto di riparto da costui predisposto. Ciò finisce per comportare che, in presenza di contestazioni alle quali non segua la modificazione del progetto e la susseguente tacita approvazione dei creditori, la via obbligata è quella della rimessione degli atti al giudice, che risolverà la controversia germinata dalla contestazione, mediante le forme camerali, quindi fissando apposita udienza per l'esame dello stato passivo.

Parti del procedimento

Al procedimento camerale ex art. 10, comma 6, l. n. 3/2012 potranno prendere parte i creditori ed i titolari dei diritti sui beni, nonché il debitore. Varrà l'obbligo della difesa tecnica, attesa la natura contenziosa del procedimento e la sua idoneità ad incidere su diritti soggettivi. Del resto, come tutte le procedure concorsuali, anche quella ora in esame è strutturata in fasi almeno potenzialmente contenziose, scandite dalla pronuncia sull'ammissibilità, dalla decisione di merito, oltre che da contestazioni in sede di omologa e/o da conseguenti reclami. Senza trascurare che il richiamo agli schemi del procedimento camerale implica per ciò stesso la necessità della difesa tecnica, in applicazione dei principi generali sanciti dagli artt. 82 e 83 c.p.c.

Domande tardive

Il legislatore non ha previsto una disciplina specifica per le domande tardive di credito, ma sembra doversi ritenere l'applicabilità del relativo istituto della legge fallimentare, secondo le regole ivi contemplate, sia con riguardo alla partecipazione ai riparti, sia in riferimento alla deroga stabilita per i creditori privilegiati o tardivi per causa loro non imputabile.

Fa difetto, inoltre, la previsione di un termine entro il quale le tardive possono essere fatte valere, ma dovrebbe essere nella titolarità del giudice il potere di fissazione di un termine entro il quale decidere l'ammissione tardiva nel contraddittorio tra le parti.

Cristallizzazione dei crediti e stabilità dell'accertamento

Dalla affinità strutturale al fallimento sembra certamente derivare la possibilità, in astratto, di applicare, in via analogica, alla procedura le regole del concorso connesse all'esigenza di «collettivizzare» la tutela del credito e, segnatamente, quelle che cristallizzano il valore dei crediti al momento dell'apertura della procedura impedendo ai singoli di conseguire posizioni di vantaggio nel concorso nonché quelle che regolano gli effetti degli atti dispositivi compiuti dal debitore dopo l'ammissione alla procedura.

Non è stato stabilito se l'efficacia dell'accertamento dei crediti debba essere ritenuta di natura endo o extraconcorsuale. Sembra, tuttavia, doversi ritenere che gli accertamenti relativi ai diritti fatti valere all'interno del giudizio di liquidazione sono assistiti da piena stabilità ai sensi dell'art. 2909 c.c.

Bibliografia

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