Legge - 27/01/2012 - n. 3 art. 12 bis - (Procedimento di omologazione del piano del consumatore).1(Procedimento di omologazione del piano del consumatore).1 1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo, a cura dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno trenta giorni prima, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Tra il giorno del deposito della documentazione di cui all'articolo 9 e l'udienza non devono decorrere piu' di sessanta giorni. 2. Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilita' del piano, il giudice, con lo stesso decreto, puo' disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo. 3. Verificate l'ammissibilita' e la fattibilita' del piano nonche' l'idoneita' dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e risolta ogni altra contestazione anche in ordine all'effettivo ammontare dei crediti, il giudice omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicita'. Quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell'organismo di composizione della crisi. Con l'ordinanza di rigetto il giudice dichiara l'inefficacia del provvedimento di sospensione di cui al comma 2, ove adottato 2. 3-bis. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all'articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non puo' presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, ne' far valere cause di inammissibilita' che non derivino da comportamenti dolosi del debitore 3. 4. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo. 5. Si applica l'articolo 12, comma 2, terzo e quarto periodo, e comma 3-bis 4. 6. L'omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione della proposta. 7. Il decreto di cui al comma 3 deve intendersi equiparato all'atto di pignoramento. [1] Articolo inserito dall'articolo 18, comma 1, lettera n), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, in legge 17 dicembre 2012, n. 221. [2] Comma sostituito dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera g), numero 1), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [3] Comma inserito dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera g), numero 2), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. [4] Comma modificato dall'articolo 4-ter, comma 1, lettera g), numero 3), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176. Vedi anche l'articolo 4-ter, comma 2, del D.L. 137/2020 medesimo. InquadramentoUn'altra opportunità offerta al debitore, che possegga i requisiti per proporre l'accordo di composizione della crisi e che rivesta, altresì, anche la qualità di consumatore, è di proporre direttamente al giudice un piano di risanamento dei propri debiti, anziché ricercare l'accordo con i propri creditori. Il consumatore che si trova in stato di sovraindebitamento, non provocato colposamente, può scegliere, in particolare, la più favorevole procedura di omologazione del piano, che si distingue dall'accordo sotto il profilo procedurale, essenzialmente in quanto l'omologazione della proposta prescinde dal consenso qualificato dei creditori, essendo rimessa esclusivamente al giudizio del tribunale. La norma disciplina, come da rubrica, la fase dell'omologazione del piano del consumatore. Il giudice è chiamato, essenzialmente, a verificare i medesimi requisiti previsti per l'ammissibilità dell'accordo, ma è tenuto a fissare immediatamente con decreto l'udienza, nel cui contesto verificherà la fattibilità e l'idoneità del piano, la meritevolezza e l'affidabilità del debitore e, se constino contestazioni al riguardo, anche la convenienza del piano medesimo. L'inibitoria dei procedimenti esecutivi, che nell'ipotesi di accordo è generalizzata, qui è, non solo discrezionale, ma selettivamente limitata alle espropriazioni in grado di ridondare in negativo sulla fattibilità. Disciplina generaleAl netto dei tratti differenziali basilari della procedura di piano – costituiti, dalla legittimazione attiva «qualificata» in capo al solo debitore-consumatore, dall'assenza di una fase di votazione dei creditori e, correlativamente, dall'omologa del piano, da parte del tribunale, all'esito di un giudizio fondato sulla fattibilità del piano e sulla meritevolezza del debitore valutata con riguardo alle cause del sovraindebitamento (art. 12-bis, comma 3) – vi è una sostanziale coincidenza di disciplina rispetto all'istituto dell'accordo di composizione, per quanto concerne i presupposti di ammissibilità (art. 7 l. n. 3/2012) e il contenuto della proposta (art. 8 l. n. 3/2012). La verifica del requisito di cui all'art. 6 della l. n. 3/2012 relativo alla qualifica di consumatore deve essere effettuata interpretando in senso stretto e rigoroso il rapporto di funzionalità al privato consumo delle obbligazioni contratte, poiché diversamente non potrebbero giustificarsi i benefici procedimentali riconosciuti alla procedura del piano, caratterizzata dalla maggiore semplicità del procedimento rispetto a quello degli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento e dalla soggezione al solo controllo del tribunale e non alla approvazione dell'accordo da parte della maggioranza dei creditori (Trib. Milano, 16 maggio 2015). Il piano del consumatore soggiace, in linea di principio, ad una disciplina per molti versi analoga a quella dell'accordo di composizione. Del resto, il nuovo comma 1-bis dell'art. 7 dispone che, fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo, il consumatore in stato di sovraindebitamento può prospettare, con l'ausilio degli Organismi di composizione della crisi, un piano contenente le previsioni di cui al comma 1 dell'art. 7 della l. n. 3/2012, il quale disciplina giustappunto il contenuto del piano oggetto dell'accordo di composizione. Se ne ricava che il piano del consumatore assume a proprio oggetto i medesimi elementi prescritti per l'accordo del debitore, essendo operato un mero ed assorbente rinvio alle previsioni relative all'accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti concernente il debitore generico. In buona sostanza, il procedimento di composizione della crisi specificamente riservato al consumatore è regolato, in via tendenziale, dalle stesse disposizioni che regolano la procedura concordataria generale, ovvero dagli artt. 7, 8, 9, al cui interno sono presenti anche previsioni specificamente indirizzate al sovraindebitamento del consumatore, quali il richiamato art. 7, comma 1-bis e l'art. 9, comma 3-bis l. n. 3/2012. Assenza del meccanismo di votoUna divaricazione di regole tra l'accordo di composizione e il piano del consumatore afferisce, all'evidenza e in misura saliente, le «regole» per l'omologazione, che, per quanto attiene al piano anzidetto sono contemplate proprio nella norma in commento. Il procedimento di omologazione del piano del consumatore è regolato in modo nettamente diverso rispetto a quello dell'accordo. In effetti, il legislatore non ha previsto, come per quest'ultimo, l'adesione della maggioranza dei creditori, ritenendo che difficilmente costoro possano essere animati da un particolare interesse traducibile in un'attiva partecipazione, reputando più opportuno sostituire al loro voto, un penetrante giudizio del tribunale afferente, per un verso, la mancanza di colpa del consumatore, per altro verso, la fattibilità del piano. Si tratta di un congegno significativamente distante dai principi invalsi nelle altre procedure concorsuali, nel cui contesto partecipazione e approvazione dei creditori rappresentano un polo basilare, nel quale risalta la natura prettamente privatistica degli istituti che regolano la crisi e l'insolvenza delle imprese. I creditori, dunque, non devono approvare o rifiutare la proposta, che si rivolge in via unilaterale all'autorità giudiziale; essi possono soltanto opporre delle contestazioni al piano, non vincolanti per il magistrato, ai fini della decisione finale nel senso dell'omologa o del suo diniego. In virtù delle descritte caratteristiche procedurali, il piano costituisce indubbiamente uno strumento molto forte a sostegno della crisi debitoria dei consumatori. Il piano del consumatore ha avuto fin dalla sua entrata in vigore una vasta applicazione (basti qui citare: Trib. Pistoia, 27 dicembre 2013, 8 gennaio 2014 e 28 febbraio 2014; Trib. Bergamo, 16 dicembre 2014; Trib. Ascoli Piceno, 4 aprile 2014; Trib. Vicenza, 29 aprile 2014; Trib. Catania, 17 giugno 2014; Trib. Lucca, 14 agosto 2014; Trib. Asti, 18 novembre 2014; Trib. Ravenna, 17 dicembre 2014; Trib. Reggio Emilia, 11 marzo 2015), proprio in quanto mostra un corso tendenzialmente agevolato, per la mancanza di un momento di raccolta necessaria delle adesioni. L'omologa si fonda, infatti, su una valutazione giudiziale della fattibilità del piano e della meritevolezza della condotta del consumatore, al tempo della assunzione delle obbligazioni che si intende fronteggiare. Decreto di fissazione d'udienzaL'articolazione del piano del consumatore in una sequenza procedimentale dalla quale rimane avulso l'aspetto dell'accordo con i creditori implica importanti risvolti processuali, posto che il decreto d'apertura della procedura è emesso senza previa instaurazione del contraddittorio con i creditori, mediante la fissazione immediata di un'udienza destinata all'omologazione. Due salienti particolarità riguardano il termine per la comunicazione della proposta e del decreto ai creditori a cura dell'organismo (trenta giorni) e quello intercorrente tra il deposito da parte del debitore della documentazione allegata alla proposta e l'udienza (non superiore a sessanta giorni) (cfr. art. 12-bis, comma 1). Dal punto di vista procedimentale, la principale differenza del piano del consumatore rispetto all'accordo di composizione della crisi si concreta, poi, nel fatto che (cfr. art. 12-bis) il giudice, presentata la proposta, fissa con decreto l'udienza di comparizione dei creditori, ma non adotta i provvedimenti relativi alla pubblicità della medesima e alla sospensione delle azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 10, comma 2, l. n. 3/2012. Con decreto il giudice può, peraltro, disporre la sospensione, sino alla definitività del provvedimento di omologazione, di specifici procedimenti di esecuzione forzata che possono pregiudicare la fattibilità del piano (art. 12-bis, comma 2). Più nello specifico, va osservato che il decreto di fissazione dell'udienza, che il giudice emette ai sensi del comma 1, ha qui un contenuto più ampio di quello passato in rassegna con riferimento all'accordo di composizione (v. art. 10 l. n. 3/2012), potendo il magistrato verificare, non solo che la proposta soddisfi i requisiti previsti dagli artt. 7, 8, e 9, ma anche che non vi siano atti in frode dei creditori (verifica quest'ultima che nella proposta di accordo è posticipata all'udienza). In presenza di entrambi i presupposti il giudice «fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo, a cura dell'organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno trenta giorni prima a tutti i creditori della proposta e del decreto» (art. 12-bis, comma 1). Per quanto concerne il piano del consumatore, si è ritenuto in giurisprudenza che il giudice può rigettare prima facie l'istanza di ammissione alla procedura, senza nemmeno fissare un'apposita udienza per l'instaurazione del contradditorio, qualora nel corso dell'esame preventivo accerti la carenza dei requisiti di ammissibilità della domanda di cui agli artt. 7, 8 e 9 (Trib. Ravenna, 17 dicembre 2014). Inibitoria dei procedimenti esecutivi Il decreto di ammissione, peraltro, non dispiega effetti protettivi del patrimonio del consumatore, salva la facoltà discrezionale del giudice, ai sensi dell'art. 12-bis, comma 2, di disporre con il decreto di apertura la sospensione di specifici procedimenti esecutivi in corso, qualora, nelle more della convocazione dei creditori, la loro prosecuzione possa pregiudicare la fattibilità del piano (comma 2). In definitiva, a differenza che nel caso di accordo di ristrutturazione dei debiti previsto dall'art. 10 l. n. 3/2012 (in cui il giudice sospende le azioni esecutive e cautelari individuali), nel caso di piano del consumatore ex art. 12-bis l'inibitoria tesa a sospendere i procedimenti di esecuzione forzata individuali (o anche soltanto di alcuni, atteso il riferimento testuale a «specifici» procedimenti) fino alla definitività dell'omologa rappresenta, rappresenta, di converso, soltanto l'esercizio di una facoltà discrezionale del magistrato, il quale, con lo stesso decreto che fissa l'udienza, valuterà se la prosecuzione delle procedure esecutive possa o meno «pregiudicare la fattibilità del piano» (art. 12-bis, comma 2). Si coglie con ogni evidenza una correlazione di funzionamento rispetto al paradigma operativo del piano di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d) l.fall.). Con ogni evidenza, l'automaticità dei provvedimenti protettivi sul patrimonio dei creditori è qui affievolita, ove si consideri che a tenore dell'art. 12-bis, comma 2, «quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo». Quattro sono le divergenze rispetto all'inibitoria afferente l'accordo di composizione: in primo luogo, risalta l'attinenza del provvedimento di cui alla norma in commento ai soli provvedimenti di esecuzione individuale già pendenti (i quali peraltro devono essere «specifici»), non anche il divieto di avviarne di nuovi; in secondo luogo, emerge la non inerenza dell'inibitoria ai sequestri conservativi e alla costituzione di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore; in terzo luogo viene in evidenza la provvisorietà intrinseca del provvedimento ora in esame, concesso solo «nelle more della convocazione dei creditori»; in quarto luogo, si pone in luce la rilevanza del periculum, dovendosi in concreto stimare, a fini sospensivi, la concretezza del rischio di pregiudicare la fattibilità del piano, ravvisabile in ciascuna esecuzione. Con l'ordinanza di diniego del piano del consumatore il giudice dichiara, peraltro, l'inefficacia del provvedimento di sospensione delle azioni esecutive individuali, ove adottato (comma 3, ultimo periodo). Giudizio di omologaVa rammentato che la proposta di piano del consumatore deve essere accompagnata da una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi, il cui contenuto è stabilito nel dettaglio dall'art. 9, comma 3-bis, l. n. 3/2012. I peculiari contenuti della relazione dell'organismo sono strumentali alla valutazione sulla fattibilità e sulla meritevolezza che il giudice è tenuto a compiere ai fini dell'omologazione del piano. La relazione, oltre a contenere una valutazione sul comportamento pregresso del consumatore, dovrà pronunciare anche un giudizio, sia sulla completezza e attendibilità della documentazione prodotta dal debitore a corredo della proposta, sia sulla (probabile) convenienza del piano proposto rispetto all'alternativa liquidatoria. Ora, ai sensi del comma 3 dell'art. 12-bis, verificata la fattibilità del piano e l'idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di natura tributaria di cui all'art. 7, comma 1, terzo periodo (tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate), e risolta ogni altra contestazione pure in ordine all'effettivo ammontare dei crediti, il giudice omologa il piano, quando esclude che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. L'assenza di colpa e la fattibilità del piano sono i poli del duplice giudizio rimesso al tribunale. Il primo giudizio è senz'altro vincolante per la prosecuzione della procedura, atteso che, in ipotesi in cui sia di segno negativo, esso escluderà che il tribunale possa procedere all'omologazione, dovendo, piuttosto, ritenere la proposta inammissibile ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. d) l. n. 3/2012 (v. commento). Nulla osta, peraltro, a che l'Organismo di composizione della crisi, nell'esercizio di un'attività di consulenza a favore del debitore, gli prescriva di integrare le informazioni e la documentazione, nell'ottica di evitare un giudizio negativo finale sulla loro attendibilità. Al netto delle verifiche documentali, in linea di principio il controllo giudiziale, comprendendo la convenienza, ha una latitudine estremamente estesa, posto che esso contempla l'esame della fattibilità del piano e dell'idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e di quelli fiscali nonché l'accertamento della mancata assunzione, da parte del debitore, di obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e dell'assenza di una colposa determinazione del sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. La giurisprudenza di merito ha osservato che è omologabile il piano del consumatore redatto con l'ausilio dell'organismo di composizione della crisi, quando risultino la non colpevolezza del sovraindebitamento, la fattibilità e sostenibilità del piano, nonché la sua convenienza per i creditori, sia rispetto all'alternativa liquidatoria sia in relazione alla durata (Trib. Pistoia, 7 gennaio 2014: nella specie, si trattava di graduale sovraindebitamento generato da contratti di finanziamento stipulati per far fronte a spese correnti necessarie per la vita quotidiana, a spese mediche, al sostegno a familiare in difficoltà). In presenza di specifica contestazione, il giudice è tenuto ad accertare l'effettivo ammontare dei crediti, nonché la convenienza del piano, rispetto all'alternativa liquidatoria disciplinata dagli artt. 14-ter ss l. n. 3/2012. In altri termini, anche in questo caso, come per omologazione dell'accordo, se qualsiasi interessato contesta la convenienza del piano, il giudice procede ugualmente all'omologazione, allorché ritiene che il credito possa essere soddisfatto in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria. Segnatamente il comma 4 dell'art. 12-bis in commento prevede che, quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore alla procedura di liquidazione del patrimonio disciplinata dalla legge in esame. In buona sostanza, in caso di contestazioni circa la convenienza del piano (da parte dei creditori o di qualunque altro interessato), è, dunque, previsto il cram down, per cui il giudice omologa, comunque, il piano qualora ritenga che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non meno satisfattiva di quanto la liquidazione del patrimonio non assicurerebbe. Diversamente, quindi, dall'accordo in rimedio, il piano del consumatore rivela una connotazione non negoziale, prescindendo per definizione dal consenso dei creditori e mostrando, anzi, una peculiare fisionomia di «concordato coattivo», sul modello di quello previsto dall'art. 78 l. n. 270/1999 sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, o di quello delineato dall'art. 214, commi 2, ss. l.fall. nel quadro delle procedure di liquidazione coatta amministrativa. Vaglio di meritevolezza del debitore La mancanza di una votazione tesa ad acquisire i consensi in merito a una specifica proposta è, certamente, un aspetto originale e insolito, ove si abbia riguardo al contesto delle procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare. La ratio di questa scelta di sistema va rintracciata nell'intento di eludere l'indifferenza endemica dei creditori rispetto ad un'ipotesi di salvataggio del consumatore che, in linea generale, finisce per risultare, se non antitetica, perlomeno del tutto neutra rispetto alla cifra dei loro reali interessi e alle dinamiche proprie del mercato. In tal senso, nel quadro della l. n. 3/2012 si è ritenuto che, in a prospettiva di favor per il percorso esdebitatorio, il congegno maggioritario e la raccolta delle adesioni dei creditori possa essere rimpiazzata da un approfondito giudizio del tribunale in punto di meritevolezza del debitore e della sua proposta, meritevolezza da cogliersi necessariamente, sotto il primo profilo, nell'assenza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento, sotto il secondo profilo, nella fattibilità del piano. È in quest'ottica che il nuovo comma 3-bis dell'art. 9 l. n. 3/2012 – diversamente che per l'accordo di composizione – impone all'Organismo di composizione della crisi, in riferimento al piano del consumatore, di allegare alla proposta di piano una relazione dettagliata sulle cause dell'indebitamento, sulla diligenza adoperata dal consumatore nell'assumere le obbligazioni, e sulle ragioni della sua incapacità di adempiervi, al fine di accertare che l'accesso al credito da parte di quest'ultimo non sia stato perseguito nella consapevolezza di non poter fare fronte agli impegni presi o in misura non proporzionata alle sue capacità patrimoniali (v. commento art. 9, comma 3-bis, l. n. 3/2012). La scelta del legislatore è andata, in altri termini, nel senso di introdurre un presupposto soggettivo ulteriore e filtrante. L'accesso alla procedura del piano è invero preclusa laddove si riscontri l'assunzione delle obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e laddove si constati la colpa nella determinazione del sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non commisurato alle proprie capacità patrimoniali. È meritevole il soggetto che, confidando sull'entità di reddito e patrimonio, ha ritenuto di poter pagare alla scadenza; è, del pari, meritevole il soggetto che subisce la sproporzione tra patrimonio ed esposizione debitoria quale effetto non conseguente ad una propria condotta colposa. È da dire che il consumatore sovente si indebita in modo irrazionale in ragione delle caratteristiche dei nuovi mezzi di pagamento elettronico, che non gli permettono di avere reale contezza delle spese effettuate, oppure nel tentativo disperato di sanare la propria situazione debitoria oramai irrecuperabile, ma senza alcun intento fraudolento nei confronti dei propri creditori. Nondimeno, il debitore può percorrere la soluzione rimediale del piano del consumatore ogni volta che la consistenza del patrimonio avrebbe ragionevolmente consentito l'assunzione dei debiti, essendo risultato il sovraindebitamento il portato di eventi imprevedibili. Esemplificativamente, è legittimato al piano, in quanto meritevole, un soggetto vittima dell'usura, una persona licenziata, la vittima di una ludopatìa (Trib. Catania, 7 febbraio 2015), oppure colui che sopporta un aggravio dei costi di mantenimento della famiglia determinato da una crisi coniugale. È immeritevole, di contro, chi abbia assunto un tenore di vita palesemente eccessivo rispetto ai propri mezzi. Anche una sola obbligazione assunta in modo incongruo ed eccentrico rispetto alla misura delle proprie risorse può, peraltro, determinare l'esito negativo della procedura concorsuale: si è osservato, infatti, che posto che la normativa sul sovraindebitamento del consumatore introduce una griglia di selezione etica, non può essere omologato il relativo piano, qualora anche una delle obbligazioni sia stata assunta senza la ragionevole prospettiva di poterla adempiere o, comunque, nella consapevolezza di determinare, nel caso del suo adempimento, l'inadempimento di quelle pregresse (Trib. Pistoia, 28 febbraio 2014). Decreto di omologa e ordinanza di diniegoL'ipotesi di diniego di omologazione è regolata dall'art. 12-bis, comma 3, ultima parte, che prevede – il che è singolare, posto che l'omologazione è invece disposta con decreto – la forma dell'ordinanza, con la quale il giudice indefettibilmente pronuncia pure la declaratoria di inefficacia del provvedimento di sospensione delle procedure esecutive, che fosse stato eventualmente adottato. Il comma 3 prevede anche che, con l'omologa del piano, è fissata una forma idonea di pubblicità, disponendo pure che, come per l'accordo del debitore, quando il piano prevede la cessione o l'affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il decreto deve essere trascritto, a cura dell'Organismo di composizione della crisi. Il decreto di omologazione è equiparato al pignoramento (art. 12-bis, comma 7). Nel caso di piano del consumatore, dunque, è prevista l'equiparazione al pignoramento del decreto di omologazione, anziché – come avviene per l'accordo del debitore – del decreto di fissazione dell'udienza. 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