Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 81 - Amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo.

Alessandro Nastri

Amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo.

1. Dalla data del decreto che dichiara aperta la procedura madre, e fino a quando la stessa è in corso, le imprese del gruppo soggette alle disposizioni sul fallimento, che si trovano in stato di insolvenza, possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti nell'articolo 2.

2. Le imprese del gruppo sono ammesse all'amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, nei modi indicati dall'articolo 27, ovvero quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura.

Inquadramento

La norma detta i presupposti oggettivi e temporali per l'estensione della procedura madre alle altre imprese del gruppo.

La funzione dell'estensione, esattamente come nell'art. 3 d.l. n. 26/1979 (c.d. «decreto Prodi»), è quella di attuare la migliore gestione unitaria del dissesto economico nell'ambito del gruppo di imprese, ottenendo una più proficua liquidazione delle imprese insolventi (Pajardi, Paluchowski, 1134; Di Majo, 441) o una più efficace tutela dell'interesse di ordine pubblico economico costituito dalla salvaguardia dei livelli occupazionali (Ivone, 243). Rispetto alla vecchia legge, tuttavia, è stato abbandonato il meccanismo dell'estensione automatica a tutte le imprese insolventi del gruppo, mediante l'introduzione delle condizioni previste in via alternativa dal comma 2 (Dal Soglio, 1884-1885; Daccò, 430; Bonfatti, Censoni, 745; Galioto, 140-141; Di Majo, 443, nt. 24).

Con riguardo all'opzione tra fallimento e amministrazione straordinaria, solo la comprovata sussistenza di concrete prospettive di riequilibrio economico mediante cessione dei complessi aziendali o ristrutturazione preordinata al risanamento giustifica una preferenza per la procedura conservativa (App. Torino, 20 gennaio 2012).

Il limite temporale per l'estensione della procedura

Sotto il profilo cronologico, viene stabilito che l'estensione può avvenire dal momento dell'apertura della procedura madre e fin quando la stessa sia ancora in corso.

La possibilità di estendere la procedura è dunque temporalmente connessa alla durata della procedura madre (Pajardi, Paluchowski, 1135; Di Majo, 443; Gualandi, 620). Se nessun dubbio sussiste in merito al limite temporale iniziale per l'estensione dell'amministrazione straordinaria, che coincide con il momento della pubblicazione del decreto di apertura della procedura madre emesso dal Tribunale ai sensi dell'art. 30 (Dal Soglio, 1884), si è posto il problema, già sollevato nel vigore del decreto Prodi, della possibilità o meno di dichiarare l'insolvenza dell'impresa del gruppo non avente i requisiti di cui all'art. 2 d.lgs. n. 270/1999 in via anticipata rispetto a tale momento: in dottrina è stata data risposta negativa, sull'assunto che, se è vero che la lettera dell'art. 81 condiziona alla preventiva apertura della procedura madre solo l'ammissione all'amministrazione straordinaria dell'impresa del gruppo e non anche la dichiarazione della sua insolvenza, la ratio della disposizione, che consente l'estensione unicamente nell'ottica del risanamento di un'impresa di particolari dimensioni (qual è quella soggetta alla procedura madre), induce a ritenere che l'attrazione alla procedura di imprese non aventi il requisito dimensionale debba necessariamente seguire l'accertamento delle condizioni per l'ammissione all'amministrazione straordinaria dell'impresa che determinerebbe l'attrazione, il che avviene solo con il decreto di cui all'art. 30 d.lgs. n. 270/99 (Zanichelli, 1848; contra Alessi, 121, secondo il quale l'unica accortezza necessaria sta nel procedere alla pubblicazione del successivo decreto di ammissione alla procedura prima nei confronti della società madre; sul tema v. anche Pajardi, Paluchowski, 1136).

Diversa soluzione è stata data dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale, stanti la ratio dell'intera disciplina sull'amministrazione straordinaria e le finalità tese al raggiungimento di un'operazione di risanamento che riguardi l'intera compagine delle società comprese nel gruppo, la valutazione di una procedura unitaria deve essere anticipata sin dal momento della cosiddetta fase giudiziaria, e cioè allorquando il Tribunale adito debba affrontare la preliminare e fondamentale questione dell'esistenza dello stato di insolvenza (Trib. Nuoro, 22 settembre 2008, in Giur. comm. 2009, II, 1070; Trib. Roma, 7 agosto 2003, in Dir. fall. 2003, II, 1000, e in Giur. mer. 2004, 685). Può dunque essere dichiarato ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 270/99 lo stato di insolvenza di una delle società facenti parte del gruppo quando risulti in capo ad altra società del gruppo, già dichiarata insolvente, il possesso dei requisiti di cui all'art. 2 d.lgs. n. 270/1999 e possa quindi formularsi un giudizio prognostico positivo circa l'assoggettamento di tale società all'amministrazione straordinaria (Trib. Rimini, 9 ottobre 2003, in Dir. fall. 2003, II, 999).

I presupposti oggettivi dell'estensione

In base al comma 1 possono essere ammesse all'amministrazione straordinaria in estensione della procedura madre le imprese del gruppo che, indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti nell'art. 2 d.lgs. n. 270/1999, siano soggette alle disposizioni sul fallimento e si trovino in stato di insolvenza. Il comma 2 aggiunge, tuttavia, che la predetta ammissione può operare solo se tali imprese presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, nei modi indicati dall'art. 27 d.lgs. n. 270/1999, oppure, in alternativa, risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura. Ciò significa che, oltre alla circostanza temporale della pendenza della procedura madre (sulla quale v. il precedente paragrafo), devono ricorrere le seguenti condizioni: 1) il soggetto cui va estesa la procedura deve essere titolare di un'impresa del gruppo (per la nozione, si veda il commento all'art. 80); 2) deve trattarsi di un imprenditore fallibile; 3) tale imprenditore deve versare in stato di insolvenza; 4) deve sussistere una delle due situazioni alternativamente indicate dal comma 2. In presenza della circostanza e delle condizioni sopra indicate, l'imprenditore può entrare in amministrazione straordinaria anche se non possiede i requisiti di cui all'art. 2 d.lgs n. 270/1999.

Poiché l'estensione può operare solo nei confronti di imprenditori soggetti alle disposizioni sul fallimento, ne restano esclusi, oltre agli enti pubblici, gli imprenditori dotati dei requisiti di cui all'art. 1, comma 2, l.fall. (Costa, Pappalardo, 673; Dal Soglio, 1884; v. altresì Fabiani, 780, il quale sottolinea la portata dell'esclusione rilevando che a ciascuna procedura madre, mediamente, corrispondono due imprese del gruppo insolventi ma al di sotto delle soglie di cui all'art. 1 l.fall.) e quelli sottoposti in via esclusiva alla liquidazione coatta amministrativa, come le banche (Santoni, 98 ss.), le fondazioni bancarie (Bonfatti, 304) e le assicurazioni (Farenga, 23), mentre vi rientrano gli imprenditori soggetti alternativamente a liquidazione coatta amministrativa e fallimento (Costa, Pappalardo, 674), sempre che non sia già intervenuto il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, essendo in tal caso preclusa ai sensi dell'art. 196 l.fall. l'assoggettabilità a fallimento (Zanichelli, 1849). Nessuna incidenza sull'ammissione alla procedura può avere invece il disposto dell'art. 15, comma 9, l.fall., trattandosi di una norma di natura processuale che nulla ha a che vedere con l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza e (Zanichelli, 1849). Quanto al presupposto in base al quale l'imprenditore del gruppo deve trovarsi in stato di insolvenza, esso è dettato dall'inopportunità di coinvolgere nella gestione della crisi imprese in bonis, dotate dunque di strutture efficienti, poiché tale coinvolgimento pregiudicherebbe ingiustificatamente gli interessi dei titolari delle imprese e dei soci delle società non insolventi e ancor più gli interessi dei loro creditori (Dal Soglio, 1884; Costa, Pappalardo, 667; Fauceglia, 119, nt. 11; v. altresì Mazzocca, 83, secondo il quale «a ragione s'è escluso che al risanamento di una società si potesse provvedere con i mezzi di una società non insolvente»). Si è peraltro evidenziato che anche le imprese non insolventi del gruppo subiscono conseguenze dall'ammissione di altre società del gruppo alla procedura madre, poiché il commissario straordinario, ai sensi dell'art. 89 d.lgs. n. 270/1999, può presentare denuncia ex art. 2409 c.c. per gravi irregolarità nei confronti degli amministratori e dei sindaci delle società del gruppo in bonis (con eventuale nomina del commissario ad amministratore giudiziario della società del gruppo, in forza del terzo comma del medesimo art. 2409 c.c.), e ai sensi dell'art. 90 d.lgs. n. 270/1999 può proporre azione di responsabilità nei confronti degli amministratori delle società in bonis che abbiano abusato della direzione unitaria (Caiafa, D'Orazio, 1480-1488; Dal Soglio, 1884; Meo, 1107; Nigro, 233); inoltre l'azione revocatoria di cui all'art. 91 è esperibile nei confronti di tutte le società del gruppo, a prescindere dalla loro solvibilità (Daccò, 429; Meo, 1107; Nigro, 233). L'accertamento dell'insolvenza deve essere compiuto separatamente per ogni impresa del gruppo, in ragione della distinta soggettività giuridica e dell'autonoma qualità di imprenditore commerciale di ogni soggetto coinvolto (Daccò, 428-429; Alessi, 129; Marraffa, 138; Dal Soglio, 1884; Pajardi, Paluchowski, 1134; Zanichelli, 1850;). Ciò non toglie che l'insolvenza di un'impresa del gruppo costituisca un indizio, sia pure di per sé insufficiente, dell'insolvenza delle altre società del gruppo (Guglielmucci, 46-47; Nigro, 233). Secondo una parte della dottrina, la nozione di insolvenza richiamata dalla norma sarebbe diversa da quella di cui all'art. 5 l.fall., non solo perché riferita all'impresa e non all'imprenditore, ma anche in ragione della funzione conservativa che caratterizza la procedura di amministrazione straordinaria a differenza del fallimento, per cui dovrebbe aversi riguardo, più che alle difficoltà nei pagamenti, alla capacità dell'impresa di permanere utilmente nel contesto economico e produttivo (Schiavon, 240; Daccò, 429-430; contra De Angelis, 276, Lo Cascio, 453, Di Majo, 442, e Zanichelli, 1851-1852). Di certo non conta il rapporto tra debiti e attivo e ricavi indicato dall'art. 2 d.lgs. n. 270/99, trattandosi di requisito la cui rilevanza è espressamente esclusa dalla norma (Di Majo, 443). Quanto, infine, alla previsione del comma 2, si tratta di una norma di chiusura (Zanichelli, 1852) con la quale si è inteso consentire l'assoggettamento dell'impresa del gruppo all'amministrazione straordinaria anche in mancanza delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali (sulle quali si veda il commento all'art. 27), indefettibili per l'apertura della procedura madre, ammettendo l'estensione a quelle imprese del gruppo che, pur prive di ogni concreta prospettiva di recupero imprenditoriale, siano tuttavia avvinte all'impresa soggetta alla procedura madre da collegamenti di natura economica o produttiva idonei ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura, così che risulti opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza (Daccò, 432; Jorio, 102; Mucciarelli, 945; Dal Soglio, 1885; v. altresì Mazzocca, 83, che parla di «attrazione strumentale», e Zanichelli, 1852, secondo cui, in tal caso, le imprese cui si estende la procedura sono «imprese mezzo» e non «imprese fine», in quanto non è la loro sorte che interessa, bensì il loro utilizzo). Tali collegamenti non devono necessariamente sussistere con tutte le imprese del gruppo, come reso palese dalla proposizione «tra le singole imprese» (Mazzocca, 86; Pajardi, Paluchowski, 1135). I collegamenti di natura economica possono essere di natura partecipativa (tra impresa controllante e società controllata: Farenga, 115; Dal Soglio, 1885), finanziaria (inerenti a prestiti o prestazioni di garanzie: Farenga, 116; Caiafa, D'Orazio, 1488; contra Mucciarelli, 947) o contrattuale (relativi, ad esempio, agli immobili nei quali sia esercitata l'attività produttiva risanabile: Costa, Pappalardo, 674). Tra i collegamenti di natura produttiva sono stati esemplificativamente indicati quelli derivanti dalla produzione di una specifica componentistica o dall'erogazione di determinati servizi necessari al processo produttivo dell'impresa assoggettata alla procedura madre (Dal Soglio, 1885; Zanichelli, 1853; Caiafa, D'Orazio, 1488). Non necessariamente i collegamenti di natura economica o finanziaria coincidono con i vincoli contrattuali che determinano il rapporto di controllo esterno ai sensi dell'art. 2359, comma 1, n. 3), c.c. (Alessi, 118). Vi è chi afferma che l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo andrebbe ponderata con il sacrificio imposto ai creditori dell'impresa non risanabile attratta alla procedura, i quali, non potendo attendersi che il possibile miglioramento della situazione complessiva del gruppo si riverberi positivamente sulla condizione dell'impresa loro debitrice (e subendo la maturazione di crediti prededucibili che possono incidere notevolmente sull'attivo loro distribuibile: Dal Soglio, 1886), vedono sacrificati i propri interessi senza alcuna contropartita, per cui, in definitiva, potrebbe procedersi all'estensione solo nel caso in cui il risultato prospettabile per tali creditori non sia sensibilmente deteriore rispetto a quello che essi conseguirebbero in caso di fallimento (Zanichelli, 1853).

Ai fini dell'estensione della procedura di amministrazione straordinaria sono richieste, oltre all'esistenza di un gruppo di imprese, la sussistenza dello stato d'insolvenza e l'esistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico o l'opportunità della gestione unitaria del gruppo (Trib. Bari, 15 luglio 2004, in Soc., 2005, 5, 636, e in Foro it. 2005, I, 234). Soltanto la comprovata sussistenza di concrete prospettive di riequilibrio economico mediante cessione dei complessi aziendali o la ristrutturazione preordinata al risanamento giustifica, nell'ottica del legislatore, la preferenza per la procedura conservativa dell'amministrazione straordinaria rispetto a quella di fallimento (App. Torino, 20 gennaio 2012, in Fall. 2013, 329). Nel d.lgs. n. 270/1999 l'insolvenza costituisce una situazione diversa da quella definita dall'art. 5 l.fall., potendo sostanziarsi anche in una situazione di crisi reversibile e superabile mediante un piano che consenta all'impresa di riposizionarsi sul mercato in termini di normalità dell'attività imprenditoriale, mediante il recupero di un rapporto fisiologico fra costi e ricavi (Trib. Torre Annunziata, 14 novembre 2001, in Fall. 2002, 1099; Trib. Palermo, 24 maggio 2001, in Giur. mer. 2001, 976, e in Giur. comm. 2002, II, 389). Sussiste l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito di un gruppo in considerazione dei collegamenti di natura economica, strategica e produttiva esistenti tra le singole imprese del gruppo, posto che essa può favorire una dismissione delle attività nella loro organica composizione operativa e dunque in condizioni da presumersi di maggiore interesse per gli operatori del mercato rilevante (Trib. Roma, 7 giugno 2007, in Fall. 2008, 218).

Bibliografia

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