Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 65 - Impugnazione degli atti di liquidazione.Impugnazione degli atti di liquidazione. 1. Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati. 2. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto soggetto a reclamo a norma dell'articolo 739 del codice di procedura civile. 3. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 4. Nel caso di accoglimento dell'impugnazione proposta contro i decreti di cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni, previsti dall'articolo 64, il tribunale ordina al conservatore dei registri le rettifiche e le integrazioni conseguenti alla decisione assunta. InquadramentoLe situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel caso di impugnazioni delle vendite o di singoli atti preparatori sono diritti soggettivi. La competenza è del tribunale civile che segue il rito camerale di cui agli artt. 739 e ss. c.p.c.. La dottrina maggioritaria non ritiene necessaria, per radicare la competenza del giudice ordinario, la preventiva impugnazione dei provvedimenti amministrativi ministeriali che ne costituiscono il presupposto (Marelli, 309). È stata abolita la l. 23 agosto 1988, n. 391 che aveva trasferito la competenza al tribunale amministrativo e, tuttavia, dalla lettura della relazione che accompagna la nuova normativa si ricava che questa si presenta speculare a quella introdotta dalla l. n. 391/1988 e risponde ai principi generali in materia di ripartizione di giurisdizione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. E così tutte le volte in cui l'iniziativa del commissario straordinario rientra nel suo potere discrezionale la tutela è quella riservata agli interessi legittimi, mentre nei casi in cui l'esercizio di tale potere non è previsto dalla legge e, quindi, è esercitato al di fuori dello schema legale tipico oppure è fatto valere in violazione di norme che non ammettono alcuna limitazione dei diritti dei terzi, la tutela è quella dinanzi al giudice ordinario. Impugnazione degli atti di liquidazioneContro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale nei confronti del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto soggetto a reclamo a norma dell'articolo 739 c.p.c. Nonostante il richiamo all'art. 739 c.p.c., si applicano le regole previste per i decreti del giudice delegato nel fallimento, per l'espresso richiamo contenuto nell'art. 14 del d.lgs. n. 270/1999, con il conseguente corollario che la sfera di operatività del procedimento endofallimentare è limitata all'ipotesi di provvedimenti che incidono in modo diretto e immediato sulle posizioni dei soggetti tra i quali si svolge la procedura fallimentare, ma non riguarda i provvedimenti che attengono a terzi estranei. Questi ultimi, se assumono di essere lesi, trovano tutela nella sede contenziosa ordinaria, quindi possono proporre le azioni di cognizione e non lo strumento fallimentare del reclamo. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Nel caso di accoglimento dell'impugnazione proposta contro i decreti di cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni, previsti dall'articolo 64, il tribunale ordina al conservatore dei registri le rettifiche e le integrazioni conseguenti alla decisione assunta. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo. I soggetti legittimati al reclamo sono le parti in senso formale ossia il ricorrente del giudizio di primo grado, nonché tutti coloro che si sono costituiti o sono comunque intervenuti in tale giudizio. Si precisa che la legittimazione viene riconosciuta anche a coloro che subiscono direttamente o indirettamente gli effetti del procedimento e ne risultano pregiudicati. Più specificamente sono legittimati i soggetti che lamentano la lesione del diritto soggettivo nei confronti dell'amministrazione straordinaria venditrice (Cass. n. 12247/2009). È prevista la facoltà di intervento del Ministero delle attività produttive. Strumenti di tutela dei creditori e riparto di giurisdizioneLaddove un creditore reputi di essere stato leso da atti di liquidazione ed intende tutelare i propri interessi, quindi, l'ordinamento giuridico gli offre sia strumenti a tutela di diritti soggettivi (dinanzi al giudice ordinario) sia a tutela di interessi legittimi (davanti al giudice amministrativo). Quanto al riparto di giurisdizione, con l'art. 65 d.lgs. n. 270/1999 è stata dettata una disposizione diversa rispetto a quella previgente ai sensi della l. 23 agosto 1988, n. 391, che attribuiva al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine alla impugnazione degli atti di autorizzazione alla vendita e ad ogni atto adottato in seno alla procedura di vendita, prevedendo quindi una ipotesi di giurisdizione esclusiva, avente ad oggetto diritti soggettivi ed interessi legittimi; la norma, tuttavia, veniva interpretata dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che la stessa doveva ritenersi conforme al tradizionale criterio di riparto di giurisdizione affidando al giudice ordinario la tutela dei diritti soggettivi ed al giudice amministrativo la tutela degli interessi legittimi (cfr. Cass. S.U., n. 2758/1989). Tale principio è stato successivamente codificato con la previsione di cui all'art. 65 d.lgs. n. 270/1999, che attribuisce al giudice ordinario la giurisdizione in materia di atti lesivi di diritti soggettivi, residuando, in base ai principi generali, al giudice amministrativo la giurisdizione in materia di atti lesivi di interessi legittimi. Fermo il riparto di giurisdizione, la norma in commento non indica chi sia il soggetto legittimato attivamente all'impugnazione degli atti di liquidazione. La dottrina maggioritaria e la giurisprudenza di merito fanno riferimento sia all'aggiudicatario, sia ai terzi coinvolti nella liquidazione, sia all'imprenditore assoggettato alla liquidazione. Per quanto riguarda, invece, i soggetti legittimati ad agire dinanzi al giudice amministrativo, può considerarsi titolare di un interesse legittimo all'annullamento di atti amministrativi del procedimento anteriore alla vendita il terzo offerente pretermesso, lo stesso aggiudicatario o l'imprenditore (cfr. Marelli, 447). La procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza si propone non soltanto di tutelare la posizione dei creditori, ma anche di garantire il risanamento economico dell'impresa, al fine di salvaguardare i posti di lavoro. Per questa ragione, la valutazione del contemperamento degli interessi confliggenti rientra nella discrezionalità della pubblica amministrazione con conseguente affievolimento dei diritti soggettivi in interessi legittimi. I suddetti interessi si pongono in contrasto in quanto da una parte i creditori hanno interesse ad ottenere il massimo realizzo dalla liquidazione dei beni aziendali e dall'altra il potenziale acquirente non è in grado, dovendo mantenere i livelli occupazionali continuando a gestire l'impresa per almeno due anni, di garantire un prezzo adeguato al valore di mercato dei beni. In ogni caso, pur rientrando nella discrezionalità della pubblica amministrazione la scelta di sacrificare gli interessi dei creditori al fine di salvaguardare quanto più possibile i livelli occupazionali, ciò deve essere fatto nel rispetto della legge, offrendo l'ordinamento giuridico al creditore gli strumenti di tutela giurisdizionale previsti contro gli atti amministrativi illegittimi per violazione di legge ed eccesso di potere. Ci si è chiesti in dottrina se i creditori siano legittimati ai sensi dell'articolo in commento, al fine di far valere un proprio diritto soggettivo (cfr. Merelli, 1078). Infatti, se da una parte è riconosciuta la legittimazione dei creditori alle azioni di annullamento del contratto di vendita, d'altra parte sorgono delle perplessità sulla possibilità, per costoro, di contestare la scelta del contraente e delle condizioni di vendita. In ogni caso, laddove ad essere viziati siano gli atti di autorizzazione alla vendita, per effetto dei principi generali in tema di invalidità derivata, anche il contratto di vendita sarebbe affetto da nullità derivata. Peraltro, l'illegittimità degli atti amministrativi di autorizzazione alla vendita potrebbe costituire oggetto di cognizione, incidentale, del giudice ordinario chiamato a pronunciarsi su un motivo di nullità del contratto e potrebbero essere da quest'ultimo disapplicati ove ritenuti illegittimi. Per quanto riguarda, infine, i motivi che possono essere fatti valere dai creditori ai fini dell'annullamento degli atti di autorizzazione alla vendita, si annoverano (per ciò che concerne la violazione di legge): a) la violazione del programma di cessione dei complessi aziendali autorizzato ai sensi dell'art. 57, primo comma e 62, primo comma, d.lgs. n. 270/1999, quale condizione necessaria degli atti successivi diretti all'alienazione; b) l'inadeguatezza delle forme di vendita (art. 62, primo comma); c) in caso di complessi aziendali, la mancata osservanza dei criteri di determinazione del prezzo di alienazione dettati dall' art. 63 d.lgs. n. 270/99; d) la omessa scelta della forma di liquidazione dei beni più remunerativa (cfr. Patti, 263). In particolare, è suscettibile di ledere l'interesse legittimo dei creditori l'abbassamento ingiustificato del prezzo di vendita in quanto espressione di eccesso di potere; il suddetto profilo potrebbe costituire anche oggetto di sindacato incidentale da parte del giudice ordinario il quale, chiamato a pronunciarsi sulla validità del contratto di vendita, potrebbe disapplicare gli atti amministrativi di autorizzazione alla stessa ritenuti illegittimi. Per altro verso, non si può però trascurare che la legge richiede che venga effettuata la stima dei beni ma non impone che la vendita venga fatta ad un prezzo uguale al valore di stima. Quindi, pur non essendo direttamente applicabili le disposizioni di cui all'art. 591 c.p.c., deve ritenersi non necessaria una nuova stima al fine di stabilire un prezzo inferiore, ben potendo il giudice prendere atto della inadeguatezza, avuto riguardo alle esigenze riscontrate nel mercato, dell'originaria valutazione del bene (cfr. Marelli, 447). CasisticaLa Corte di Cassazione, in un caso in cui il Ministero dello sviluppo economico aveva autorizzato la cessione di un complesso con le modalità di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 270/1999, dettate per le aziende in esercizio, ancorché l'attività non era più svolta e l'azienda non era più in funzione, ha ritenuto che fossero stati travalicati i limiti del potere discrezionale spettante alla pubblica amministrazione, con la conseguenza che l'atto di autorizzazione posto in essere risultava viziato per violazione di legge e la relativa autorizzazione andava disapplicata ai sensi dell'art. 5 della l. n. 2248/1865, allegato E, restando escluso che i diritti soggettivi illesi dall'atto di liquidazione potessero ritenersi degradati ad interessi legittimi (Cass. S.U., n. 12247/2009). In particolare, i giudici di legittimità, nella sentenza richiamata, hanno affermato che in tema di cessione dei complessi aziendali nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, le disposizioni di cui agli artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 270/1999, disciplinando le attività preparatorie ed autorizzatorie, pongono al commissario straordinario ed al Ministro dello Sviluppo Economico una serie di vincoli diretti a salvaguardare una pluralità di interessi, tra cui quello dei creditori, dei lavoratori, nonché quello generale alla salvaguardia delle unità produttive; tali disposizioni hanno il carattere di norme imperative, alla cui violazione consegue la nullità, e non la mera inefficacia, dell'attività negoziale conclusiva della procedura di vendita (nella specie, il contratto di compravendita di azienda) e la illegittimità degli atti prodromici (il programma di cessione del complesso aziendale e le autorizzazioni ministeriali alla sua esecuzione ed alle vendite collegate). Ancora la Corte di Cassazione ha affermato che gli artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 270/1999 disciplinano le attività preparatorie e autorizzatorie alla cessione dei complessi aziendali e pongono una serie di vincoli diretti a salvaguardare una pluralità di interessi, tra cui quello dei creditori, dei lavoratori e quello generale alla salvaguardia delle unità produttive, con la conseguenza che tali disposizioni hanno il carattere di norme imperative alla cui violazione consegue la nullità e non la mera inefficacia dell'attività negoziale conclusiva della procedura di vendita (Cass. S.U., n. 12247/2009). In tema di impugnazione degli atti di liquidazione compiuti nella procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, il procedimento di cui all'art. 65 del d.lgs. n. 270/1999 va promosso, davanti al tribunale, dal soggetto che lamenta la lesione di un proprio diritto soggettivo, e nei confronti del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati, e pertanto, nel caso in cui si tratti della cessione di un complesso aziendale, nei confronti dell'amministrazione straordinaria dell'impresa insolvente (quale venditrice) e dell'acquirente del complesso venduto; la partecipazione al giudizio anche del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha emanato gli atti di autorizzazione all'esecuzione del programma di vendita, non è di ostacolo alla disapplicazione incidentale di tali atti, ex art. 5 della l. n. 2248/1865, all. E, quando il giudice sia chiamato ad indagare, sulla base della domanda e delle difese, se il comportamento lesivo del diritto soggettivo trovi una valida giustificazione nelle autorizzazioni rilasciate dal Ministero (cfr. Cass. S.U., n. 12247/2009). In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, le norme procedimentali che disciplinano la liquidazione dei beni tutelano i diritti soggettivi dei creditori accertati in sede di verifica dello stato passivo ove successivamente non degradati ad interessi legittimi a fronte di valutazioni discrezionali delle autorità competenti circa la decisione di vendere i cespiti e la scelta degli acquirenti. Ne consegue che spettano alla cognizione del giudice ordinario le controversie riguardanti l'asserita violazione di quelle norme, giusta l'art. 65 del d.lgs. n. 270/1999, attesa anche l'appartenenza ad imprese private dei beni da liquidarsi, sicché i contratti con cui se ne dispone, stipulati dai commissari per conto dell'impresa, sono regolati, a tutti gli effetti, dalla disciplina civilistica, non essendo equiparabili, né assimilabili, a quelli ad evidenza pubblica (cfr. Cass. S.U., n. 23894/2015). Nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, la valutazione dei complessi aziendali oggetto di cessione si effettua alla stregua delle inderogabili disposizioni contenute negli artt. 62 e 63 del d.lgs. n. 270/1999, aventi carattere imperativo, tanto più che l'art. 11, comma 3 —quinquies, del d.l. n. 145/2013, conv., con modif., dalla l. n. 9 del 2014, di interpretazione autentica del menzionato art. 63, ha inteso chiarire che il prezzo di cessione dell'azienda non deriva dal suo valore di stima — la cui eventuale erroneità non ha, dunque, carattere decisivo — bensì da quello attribuito al bene dal mercato, determinato in ragione dell'interesse manifestato dai suoi potenziali acquirenti e dalle loro offerte di prezzo (cfr. Cass. S.U., n. 23894/2015). Bibliografiav. sub art. 54. |