Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 48 - Divieto di azioni esecutive individuali.Divieto di azioni esecutive individuali. 1. Sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali. InquadramentoIl divieto sancito dalla norma in esame in ordine alla possibilità, aperta la procedura di amministrazione straordinaria, per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, ha carattere generale ed è più esteso, peraltro, di quello previsto dall'art. 51 l.fall., poiché riguarda anche le azioni esecutive speciali (ad esempio, quella del creditore fondiario). La disposizione resta invece silente circa la possibilità per i creditori di incardinare azioni cautelari, una volta iniziata la procedura di amministrazione straordinaria, a differenza dell'art. 51 l. fall. che nella formulazione attuale prevede questo divieto, il che, per alcuni, costituisce argomento per sostenere analoga tesi in relazione all'amministrazione straordinaria. Effetti per i creditori. Divieto di iniziare e proseguire azioni esecutive individualiNel sistema delineato dalla legge c.d. Prodi operavano le norme dettate in tema di liquidazione coatta amministrativa: come è noto, dalla data del provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa si applica la disciplina prevista per gli effetti per i creditori nel fallimento, ossia il divieto, previsto dall'art. 51 nella formulazione vigente ratione temporis, di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, salve le eccezioni previste dalla legge (Cass. I, n. 1335/1995). La norma in esame stabilisce che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali, anche speciali (v., sulla portata del divieto, Trib. Bari 6 novembre 2007, n. 2475). Specificamente in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, è stato ribadito che per i crediti di massa sorti prima dell'instaurazione della procedura non è possibile far ricorso alla tutela esecutiva ordinaria, ma si deve seguire lo speciale procedimento di verifica del passivo, attesa la natura concorsuale della detta procedura (Cass. III, n. 2912/1996). Il divieto posto dalla norma in commento si estende anche alle procedure esecutive già iniziate alla data di apertura della procedura ed ancora pendenti, in quanto non giunte alla fase di soddisfazione del credito attivato mediante la liquidazione dei beni aggrediti o l'assegnazione degli stessi al creditore procedente: tali procedure, aperta l'amministrazione straordinaria, dovranno essere dichiarate improcedibili (cfr. Coppola, 361). I creditori, in caso di violazione del divieto, sono tenuti a restituire alla procedura quanto indebitamente conseguito (v., in sede applicativa, Trib. Roma, 11 luglio 2011, n. 14754). A differenza di quanto previsto per il fallimento, il divieto opera anche per l'inizio e la prosecuzione delle azioni esecutive speciali: ciò comporta, essenzialmente, che, dalla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria, non puo' sussistere il privilegio processuale attribuito agli istituti di credito fondiario. Questa diversa disciplina si giustifica in ragione delle finalità conservative della procedura in esame che difficilmente si conciliano con qualsiasi tipo di esecuzione individuale (cfr. Coppola, 355). In relazione al fallimento, è stato precisato che nel divieto di cui all'art. 51 l.fall. rientra sono ricomprese tutte le azioni di carattere esecutivo, sia di pignoramento diretto anche presso terzi sia di esecuzione per consegna e rilascio; sono ricomprese nel divieto anche la procedura esecutiva fiscale, di cui al r.d. n. 639/1910, nonché l'esecuzione speciale prevista per le sanzioni amministrative, di cui alla l. 689/1981 (Trib. Bari III, 24 febbraio 2016, n. 1030). Sotto altro profilo, occorre evidenziare, che, con riguardo alla procedura in esame, è stato affermato che i crediti prededucibili non possono farsi valere in via ordinaria mediante azioni di condanna o di accertamento, a quella prodromico, atteso che la previsione di un'unica sede concorsuale comporta la necessaria concentrazione presso un solo organo giudiziario delle azioni dirette all'accertamento del passivo, e l'inderogabile osservanza di un rito funzionale alla realizzazione del concorso di tutti i creditori, e, perciò, anche di coloro la cui pretesa trovi titolo nell'amministrazione della procedura, cui è assegnato il primo posto nell'ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, in qualità di crediti prededucibili ex art. 111 (Cass. I, n. 339/2013). Segue. Le azioni cautelariLa disposizione in esame resta silente quanto all'operare del divieto anche in ordine all'inizio ovvero alla prosecuzione di azioni cautelari. Come noto, mediante la riforma del 2006, per il fallimento, l'art. 51 è stato invece espressamente novellato nel senso di estendere espressamente il divieto già dettato per le azioni esecutive individuali anche alle azioni cautelari. Tale modifica costituisce un significativo argomento per ritenere che il divieto operi anche nella procedura di amministrazione straordinaria poiché, come evidenziato nella Relazione illustrativa al decreto in commento, possono essere seguiti gli orientamenti giurisprudenziali enunciati in materia fallimentare, secondo cui la misura cautelare concessa prima dell'inizio della procedura deve ritenersi inefficace né possono essere incardinati, dopo l'apertura della stessa, procedimenti cautelari. Nell'indicata prospettiva è stato affermato, in sede di merito, che il fatto che l'art. 48, d.lgs. n. 270/1999 e l'art. 51 ante d.lgs. n. 5/2006 non facciano riferimento alle azioni cautelari non deve far ritenere inapplicabile alla procedura di amministrazione straordinaria quanto oggi è invece espressamente previsto dall'art. 51: invero, il sequestro conservativo rappresentando una misura strumentale e prodromica all'azione esecutiva, non può non ritenersi ricompreso nel divieto di cui all'art. 48, d.lgs. n. 270/1999 (Trib. Mantova 16 agosto 2011, in Riv. dott. comm 2012, 1, 183). Nel divieto dovrebbero rientrare il sequestro conservativo (Cass. I, n. 520/1995, cui adde Trib. Nocera Inferiore, sez. I, 23 febbraio 2006, in Giur. mer. 2006, n. 12, 2659), il sequestro giudiziario (Cass. I, n. 1335/1995; Cass. I, n. 10558/1993), il sequestro penale (Cass., n. 5175/1997; App. Roma ord. 14 settembre 1992, in Fall. 1993, 626, con nota di Napoleoni). Con riguardo al sequestro conservativo, in una recente decisione la S.C. ha sottolineato, sull'assunto per il quale l'art. 107, comma 1, va interpretato nel senso che la disposizione sancisce inderogabilmente la perdita da parte del creditore istante del potere di impulso della procedura da questi iniziata, e il correlativo acquisto del potere stesso da parte del curatore, perdita e acquisto che si verificano come conseguenza automatica necessaria della dichiarazione di fallimento, attesa l'incontestabile opportunità di utilizzare le attività processuali complesse dispendiose già poste in essere per l'instaurazione della procedura esecutiva individuale e risparmiare così tempo, che poiché il sequestro conservativo comporta, come suo effetto tipico, un vincolo d'indisponibilità sul bene, destinata ad avvantaggiare soltanto il creditore sequestrante, tale vincolo non può come tale sopravvivere alla dichiarazione di fallimento, con la quale si determina un vincolo di indisponibilità destinato ad avvantaggiare tutti i creditori, ex art. 52 (Cass. I, n. 8425/2013). Strumenti esperibili nell'ipotesi di violazione del divietoCon riferimento al fallimento, è stato chiarito che la contestazione della possibilità per il creditore di iniziare o proseguire l'esecuzione forzata individuale in costanza del fallimento del debitore, ai sensi dell'art. 51 l. fall., configura una vera e propria contestazione del diritto di questi a procedere a esecuzione forzata (individuale), e non attiene semplicemente alla regolarità di uno o più atti di esecuzione ovvero alle modalità di esercizio dell'azione esecutiva. Di conseguenza essa va qualificata come opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e non può dirsi assoggettata al regime, anche di decadenza, di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. III, n. 14449/2016). 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