Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 14 - Giudice delegato.Giudice delegato. 1. Il giudice delegato adotta i provvedimenti di sua competenza con decreto. 2. I decreti sono impugnabili nei modi consentiti per i decreti del giudice delegato al fallimento. InquadramentoLa figura del giudice delegato rappresenta una significativa novità introdotta con il d.lgs. n. 270/ 1999, poiché non esisteva nella disciplina prevista dalla legge Prodi. Il potere del giudice delegato risulta fisiologicamente più ampio se il Tribunale affida la gestione dell'impresa al commissario giudiziale; anche se non può essere sottaciuto che la fase giurisdizionale che concerne il procedimento d'insolvenza non è particolarmente estesa, e quindi l'attività del giudice delegato risulta piuttosto contenuta. In dottrina si è a lungo discusso sulla posizione del giudice delegato nella fase della dichiarazione dello stato d'insolvenza, atteso che, da una parte, il suo compito precipuo è quello di direzione della procedura e che, dall'altra parte, tale ruolo assume sfaccettature diverse a seconda se l'esercizio dell'impresa rimanga all'imprenditore o se, invece, questi venga sostituito dal commissario giudiziale. Il giudice delegato è chiamato ad esercitare, durante la procedura di risanamento, specifici compiti giurisdizionali. Tale organo, nominato con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, assume un ruolo di rilievo nella fase dell'accertamento del passivo, nella quale la tutela dei diritti è riservata al giudice ordinario. Ma diventa anche il referente del commissario giudiziale, così come nell'ambito fallimentare è il referente del curatore ed ha potere autorizzatorio con riguardo agli atti di straordinaria amministrazione posti in essere dal commissario giudiziale. Importante è anche il potere riconosciuto al giudice delegato, avuto riguardo al principio della par condicio creditorum, di autorizzare i pagamenti di debiti anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza. Competenza del Giudice delegatoIl giudice delegato procede all'accertamento dello stato passivo, fase che si protrarrà oltre il termine di 30 giorni destinato al periodo di osservazione. È previsto, quindi, che l'esame dello stato passivo si concluda dopo la scelta tra conservazione o liquidazione dell'impresa. Con specifico riguardo all'accertamento del passivo, con la nuova normativa è stata eliminata la verifica dei crediti ad opera del commissario straordinario e tale accertamento, ora di competenza del giudice delegato, è stato anticipato al momento della dichiarazione dello stato d'insolvenza. In questa disposizione è stata configurata l'ennesima connotazione della presente procedura come procedura mista, sia giurisdizionale sia amministrativa, attenuando, così il profilo amministrativo. In virtù del richiamo espresso di cui all'art. 18, il giudice delegato ha il compito di autorizzare tutti gli atti tipici di cui all'art. 167 l.fall. e gli atti di straordinaria amministrazione. Quindi, i mutui (anche sotto forma cambiaria), le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza. Si tratta in ogni caso di atti i cui effetti sul piano economico-finanziario esulano dalla normalità dell'esercizio dell'impresa. Ai sensi dell'art. 168 l.fall., anch'esso richiamato dall'art. 18, il giudice delegato deve anche autorizzare l'eventuale riconoscimento di cause di prelazione in favore dei creditori. È noto infatti che, sulla base della norma menzionata, i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. L'art. 18 comma 2, inoltre, dispone l'inefficacia rispetto ai creditori dei pagamenti di debiti anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza eseguiti dall'imprenditore dopo la dichiarazione stessa senza l'autorizzazione del Giudice delegato. Già in sede di concordato preventivo il giudice delegato autorizza il pagamento di debiti che troveranno capienza in sede fallimentare che consentono un certo risparmio come i crediti di lavoro (che non maturano interessi e rivalutazione) o i crediti previdenziali (che consentono di risparmiare sanzioni ed interessi). Anche nell'amministrazione controllata il giudice delegato autorizzava i pagamenti dei debiti che erano funzionali alla prosecuzione dell'attività e che, se non pagati, avrebbero arrecato gravi danni alla gestione dell'impresa soprattutto sotto il profilo finanziario. Si discute in dottrina della compatibilità di tali disposizioni con il principio della par condicio creditorum. Anche se alcuni autori guardano con sfavore a detta eccezione al principio della par condicio, altri ritengono che la stessa debba essere preferita rispetto alla prassi operante di ricorrere a finte prededucibilità (Maffei Alberti, 1070). Peraltro, la nuova formulazione dell'art. 167 l.fall. prevede che il Tribunale possa stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l'autorizzazione del giudice delegato. Tale limite ben potrebbe essere previsto dal Tribunale anche in tema di amministrazione straordinaria o con il decreto di ammissione o con successivo decreto destinato specificamente a determinare tale valore. L'autorizzazione riguarda i pagamenti eseguiti sia dall'imprenditore sia dal commissario giudiziale, se costui gestisce direttamente l'impresa. Il provvedimento autorizzatorio deve essere preventivo e dato per iscritto e non deve intervenire come ratifica di pagamenti già eseguiti. Il giudice delegato, quindi, provvede all'accertamento del passivo, esamina i piani di riparto parziali dell'attivo che il commissario straordinario gli sottopone e li rende esecutivi; dispone la distribuzione delle somme, secondo l'ordine stabilito tra i creditori; decide sulla partecipazione dei creditori ammessi tardivamente; provvede a far eseguire dal commissario straordinario i pagamenti ed, inoltre, come già detto, svolge una particolare funzione non prevista nel fallimento, ovvero autorizza la distribuzione di acconti parziali ad alcune categorie di creditori (sulle somme che saranno prevedibilmente attribuite in via definitiva nel rispetto delle cause legittime di prelazione). Il giudice delegato ha anche il compito di riesaminare gli atti del commissario giudiziale e provvede con decreto motivato, ai sensi dell'art. 17, impugnabile dinanzi al tribunale ex art. 14. Infine, la figura del giudice delegato assume rilievo, oltre che per il potere di autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione e per il riconoscimento delle cause di prelazione, di cui si è già detto, anche perché può richiedere ulteriori accertamenti, tramite il tribunale, in vista dell'udienza camerale collegiale ex art. 30, ai fini della decisione sull'apertura della procedura di amministrazione straordinaria o della dichiarazione di fallimento. I poteri del Giudice delegato e il procedimento di verifica dei creditiIn dottrina ci si è chiesti su quale sia il ruolo del giudice delegato a seguito della riforma attuata con la legge Prodi (cfr. Patti, 990). Il Giudice, infatti, da una parte, è organo «di gestione» che dirige le operazioni attuando delle scelte di opportunità, dall'altra parte è organo «di giurisdizione» che svolge un ruolo di controllo a tutela dei diritti soggettivi delle parti e dei terzi. Per ciò che concerne il ruolo del Giudice delegato nella procedura fallimentare, occorre evidenziare che allo stesso vengono attribuiti sia compiti di amministrazione (si fa riferimento, in particolare, alla gestione del patrimonio del fallito, attraverso la sua acquisizione e conservazione, custodia, direzione), sia compiti di gestione dei rapporti giuridici preesistenti (rispetto ai quali occorre valutare la convenienza ovvero l'opportunità della continuazione). Attraverso l'autorizzazione delle azioni revocatorie e recuperatorie, inoltre, svolge un compito di ripristino del patrimonio del fallito. Ancora, il giudice delegato si occupa della liquidazione e della ripartizione dell'attivo. Infine, vigila sull'attività del curatore, autorizzando gli atti di straordinaria amministrazione, e svolge una funzione di controllo attraverso le relazioni ed il rendiconto. Non meno importante è il ruolo di garanzia svolto dal giudice delegato nei confronti dei soggetti terzi che in qualche modo sono stati coinvolti nel fallimento, sia come creditori (in sede di accertamento del passivo e ripartizione dell'attivo), sia come terzi. Si pone, quindi, un problema di imparzialità, essendo tali funzioni concentrate in capo ad un'unica persona. Nell'amministrazione straordinaria, il legislatore ha optato per una soluzione diversa. Il d.lgs. n. 270/1999 ha introdotto un sistema bifasico in quanto le scelte gestionali sono attribuite alla autorità amministrativa e all'autorità giudiziaria è riservata la tutela giurisdizionale. Nella cd. fase di osservazione il giudice delegato assume funzioni simili rispetto a quelli del giudice delegato nel concordato preventivo, sulla base del richiamo contenuto nell'art. 18 del d.lgs. n. 270/1999 all'art. 167 l.fall. e funzioni di gestione dell'impresa, sulla base di quanto previsto nell'art. 19, laddove la stessa venga affidata al commissario giudiziale; nel momento in cui viene aperta la procedura di amministrazione straordinaria, si accentua invece il ruolo giurisdizionale in quanto il giudice delegato si occupa dell'accertamento del passivo, delle impugnazioni avverso gli atti di liquidazione, della ripartizione dell'attivo e della distribuzione degli acconti. In particolare, la procedura di accertamento del passivo, per espresso richiamo dell'art. 53 del d.lgs. n. 270/1999 è regolata dagli artt. 93 e seguenti della legge fallimentare. L'art. 65 del d.lgs. n. 270/1999 prevede che contro gli atti e i provvedimenti lesivi dei diritti soggettivi relativi alla liquidazione dei beni è ammesso il ricorso al tribunale (che decide in camera di consiglio con decreto soggetto a reclamo ai sensi dell'art. 739 c.p.c.). L'art. 67 del d.lgs. n. 270/1999 riproduce la disciplina contenuta nella legge fallimentare in tema di ripartizione dell'attivo. Il successivo art. 68 prevede la possibilità di distribuire acconti provvisori, previa autorizzazione del giudice delegato. Le autorizzazioni verranno concesse dal giudice delegato dopo avere operato un sindacato di legittimità e di merito, tenendo conto della compatibilità delle scelte con gli obiettivi della ristrutturazione del patrimonio e della par condicio creditorum. Volendo approfondire l'analisi della disciplina dell'accertamento dei crediti nella nuova procedura, va osservato che l'avvio del procedimento è contenuto in alcune disposizioni dell'art. 8, d.lgs. n. 270/1999 relative alla sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza. Il primo comma prevede che con la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza il tribunale (tra l'altro) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari sui beni in possesso dell'imprenditore, un termine non inferiore a novanta giorni e non superiore a centoventi giorni dalla data di affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande; stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel termine di trenta giorni da quello sopra indicato, si procederà all'esame dello stato passivo davanti al giudice delegato. Confrontando tali disposizioni con quelle contenute nell'art. 16, primo comma, nn. 4 e 5, l.fall., relativo alla sentenza dichiarativa di fallimento, emerge un'unica differenza costituita dal fatto che i termini per la presentazione delle domande di ammissione al passivo sono più lunghi in virtù delle maggiori complessità riconducibili altresì alle maggiori dimensioni delle imprese. Sia nella procedura di amministrazione straordinaria, sia nel fallimento i termini hanno comunque natura ordinatoria. A norma dell'art. 18 del d.lgs. n. 270/1999 la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dall'art. 52 legge fallimentare, da ciò consegue che deve ritenersi applicabile la disciplina prevista in materia di fallimento per l'accertamento dei crediti e per le domande di rivendica. Ancora, l'art. 22 del d.lgs. n. 270/1999 prevede che il commissario giudiziale comunichi ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza che riguardano l'accertamento del passivo. Rispetto alla disciplina contenuta negli artt. 92 e 89 l.fall. emergono alcune differenze: è previsto l'obbligo a carico del commissario giudiziale (anziché del curatore), i destinatari sono indicati espressamente e non mediante il rinvio all'art. 89 legge fallimentare, si fa riferimento oltre che alla lettera raccomandata ai mezzi telematici che diano certezza della ricezione. Altre disposizioni che si occupano dell'accertamento dei crediti sono contenute negli articoli 31 e 53 del d.lgs. in esame, da cui si desume che nella procedura di amministrazione straordinaria la verifica del passivo costituisce espressione di un procedimento unitario, trova il proprio impulso nella sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, prosegue sino a quando non venga definito, sia in caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, sia in caso di fallimento. La dottrina ha evidenziato che l'uso dell'espressione «prosegue», con il quale si è confermato che nell'amministrazione straordinaria non esiste un procedimento di verifica dei crediti diverso rispetto a quello iniziato sulla base della dichiarazione dello stato di insolvenza, non è stato superfluo, considerato che nella vecchia disciplina dell'amministrazione straordinaria il procedimento di verifica dei crediti veniva regolato dagli artt 207-209 della l.fall. (cfr. Dimundo, 1189). Per contro, non era necessario un rinvio al procedimento di verifica dei crediti in caso di fallimento in quanto per effetto della dichiarazione di fallimento l'intera procedura liquidatoria viene attratta. In sintesi, nell'amministrazione straordinaria l'accertamento del passivo è regolato dagli artt. 93-94 l.fall. per ciò che concerne la domanda di ammissione ed i suoi effetti, dall'art. 95 l.fall. per la formazione dello stato passivo, dagli artt. 96-97 l.fall. per la verificazione dello stato passivo, dagli artt. 98-100 e 102 l.fall. per i mezzi di impugnazione ordinari e straordinari; dall'art. 101 l.fall. per le domande tardive e dall'art. 103 l.fall. per le domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili. Una volta accertato lo stato passivo, sia in caso di dichiarazione di fallimento ai sensi degli artt. 30-31 del d.lgs. n. 270/1999, sia nel caso di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento ai sensi dell'art. 69 del d.lgs. n. 270/1999, si potrà procedere alla formazione del progetto di ripartizione dell'attivo. Inoltre, tali verifiche torneranno utili anche in caso di chiusura della procedura di amministrazione a seguito di cessione ai terzi dei complessi aziendali, al fine di ripartire il ricavo della cessione, oppure in caso di concordato ai sensi dell'art. 78 del d.lgs. n. 270/1999, oppure in caso di ritorno dell'impresa in bonis laddove sia stato portato a termine il programma di ristrutturazione economico- finanziaria. L'art. 53, n 2 prevede che ove sia ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria una società con soci illimitatamente responsabili si applicano le disposizioni di cui all'art. 148 comma terzo, quarto e quinto, secondo le quali i creditori sociali, ammessi nel fallimento della società, si intendono ammessi automaticamente nel fallimento dei singoli soci e partecipano a tutte le ripartizioni dell'attivo; i creditori particolari dei singoli soci partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori) ciascun creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori con i quali concorre. Sono stati evidenziati alcuni dubbi di legittimità costituzionale delle norme del d.lgs. n. 270/1999 che rinviano al procedimento di verifica dei crediti di cui alla legge fallimentare in quanto ritenute non coerenti con le disposizioni della legge delega secondo cui la disciplina dell'amministrazione straordinaria avrebbe dovuto essere ricalcata sulle norme relative alla liquidazione coatta e non al fallimento (con la conseguenza di dovere rinviare agli artt. 207 e seguenti). In realtà, la legge delega lascia ampi margini di discrezionalità al legislatore delegato, al quale è stato attribuito il potere di modificare e integrare le disposizioni della legge fallimentare relative alla liquidazione coatta amministrativa. Il legislatore delegato ha ritenuto maggiormente idoneo al soddisfacimento degli interessi dei creditori e del rispetto della par condicio il rinvio alle norme procedurali di verifica dei crediti contenute nella legge fallimentare. Considerando che tale soluzione non si allontana dalle direttive emanate dalla delega, anzi si pone maggiormente in linea con la più accentuata giurisdizionalizzazione della procedura, va condivisa l'opzione interpretativa secondo la quale il legislatore delegato ben avrebbe potuto modificare ovvero integrare le disposizioni della legge fallimentare in tale direzione. Peraltro, va apprezzata la soluzione unitaria in quanto prevedere una differenziazione nell'accertamento dei crediti avrebbe comportato un ingiustificato rallentamento della procedura. Diversamente, la scelta del modello seguito dalla liquidazione coatta amministrativa avrebbe comportato un vulnus agli interessi dei creditori. Va evidenziato, sul punto, che la suddetta procedura si caratterizza per una prima fase, di competenza del commissario giudiziale, in cui i creditori non hanno altro strumento per tutelare i propri diritti che formulare delle osservazioni dalle quali il commissario può discostarsi. Ogni azione giudiziaria rimane sospesa fino a quando il commissario non provveda al deposito dell'elenco dei crediti. Una parte della dottrina ha dubitato della compatibilità con la Costituzione di una tutela giurisdizionale dei diritti di credito differita in un secondo momento, essendo caratterizzata la controversia nella prima fase in quanto trattata esclusivamente in sede amministrativa. Altra parte della dottrina ha parlato di «difetto di giurisdizione» ovvero di «improponibilità» o «improcedibilità» della domanda. In realtà al giudice delegato non viene sottratta alcuna giurisdizione: semplicemente la tutela del credito viene affidata all'autorità giudiziaria in un momento successivo rispetto all'intervento del commissario. Inoltre, più che di improponibilità, che fa riferimento alla non proponibilità dell'azione, sarebbe corretto parlare di improcedibilità temporanea. Con il rinvio alle norme che regolano l'accertamento dello stato passivo in sede fallimentare, piuttosto che in materia di liquidazione fallimentare, non soltanto vengono superate le suddette difficoltà interpretative, ma si accentua la giurisdizionalizzazione dei diritti ed il ruolo di garanzia del giudice delegato. L'impugnazione dei decreti del Giudice delegatoA norma dell'art. 14 i decreti del giudice delegato sono impugnabili nei modi consentiti per i decreti del giudice delegato al fallimento. Il reclamo regolato dall'art. 26 ha subito, nel corso degli anni e in seguito all'intervento della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione, un procedimento di «costituzionalizzazione» che lo ha reso un rimedio di carattere generale, che si caratterizza per l'assenza di formalità e speditezza, con il quale risolvere tutte le controversie sorte all'interno della procedura concorsuale. La nuova normativa sull'amministrazione straordinaria non richiamato direttamente l'art. 26 l.fall. e dalla lettura della relazione emerge con chiarezza che questa scelta è stata dettata dalla volontà di recepire la norma così come interpretata dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità. Il termine per proporre reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato —avente contenuto decisorio- è di dieci giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento oggetto di impugnazione; sussiste l'obbligo del contraddittorio tra le parti e della loro audizione in camera di consiglio; il provvedimento del Tribunale deve essere motivato; avverso il provvedimento del tribunale si può proporre ricorso per cassazione ex art. 111 l.fall.. Avverso i provvedimenti del giudice delegato —che hanno contenuto ordinatorio- si può proporre reclamo nel termine di tre giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento impugnato. Contro il provvedimento emesso dal Tribunale relativo a diritti soggettivi è ammesso il ricorso straordinario per Cassazione entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione. Infine, anche per quanto concerne i diritti soggettivi di terzi estranei alla procedura concorsuale, eventualmente lesi da provvedimenti emessi dal giudice delegato, la loro tutela può essere fatta valere dinanzi al giudice in sede di cognizione ordinaria In dottrina alcuni autori hanno osservato che è stata perduta dal legislatore una occasione per dettare una normativa idonea a disciplinare in modo compiuto la tutela endo-concorsuale. Bibliografiavedi sub art. 13. |