Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 9 - Opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza.

Rosaria Giordano

Opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza.

1. Contro la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza può essere proposta opposizione da qualunque interessato, davanti al tribunale che l'ha pronunciata, nel termine di trenta giorni. Il termine decorre per l'imprenditore dalla data della comunicazione e, per ogni altro interessato, dalla data dell'affissione.

2. L'opposizione è proposta con atto di citazione notificato al commissario giudiziale e a chi ha richiesto la dichiarazione dell'insolvenza, nonché all'imprenditore dichiarato insolvente, se l'opponente è soggetto diverso da quest'ultimo.

3. L'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza.

Inquadramento

Contro la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza può essere proposta opposizione da parte di qualunque interessato davanti al tribunale che l'ha pronunciata nel termine di trenta giorni. L'opposizione può essere proposta da qualunque soggetto interessato, ossia da chiunque sia portatore di un interesse, anche solo morale (Cavalaglio 639).

Quanto ai motivi di opposizione, mutuando anche sotto tale profilo l'impostazione consolidata nella stessa giurisprudenza della S.C. in ordine all'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, gli stessi non possono investire fatti sopravvenuti alla dichiarazione dello stato di insolvenza afferendo esclusivamente alla sussistenza dei presupposti per la pronuncia al momento dell'emanazione della stessa (cfr. Cass. I, n. 16658/2002).

L'opposizione non sospende la esecutività della sentenza e non può nemmeno essere richiesta la sospensione in corso di causa: gli effetti della decisione vengono meno, infatti, solo con il passaggio in giudicato della pronuncia di accoglimento dell'opposizione.

Competenza, legittimazione e termini di proposizione dell'opposizione

Contro la sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza può essere proposta opposizione da parte di qualunque interessato davanti al tribunale che l'ha pronunciata nel termine di trenta giorni.

Detto termine decorre dalla comunicazione della sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza per il debitore e dalla sua affissione per gli altri interessati (Trib. Roma 10 marzo 2008, n. 5382, in Riv. dir. proc. 2009, 1747, con nota di Tiscini).

L'opposizione può essere proposta da qualunque soggetto interessato: siffatta nozione può essere mutuata dagli stessi concetti elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina con riguardo all'art. 18 l. fall., con ciò, intendendosi chiunque sia portatore di un interesse anche morale (Cavalaglio 639).

È invero consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'assunto per il quale secondo l'ampia dizione dell'art. 18 l.fall., è legittimato ad impugnare la dichiarazione di fallimento «qualunque interessato» e, perciò, ogni soggetto che ne abbia ricevuto o possa riceverne un pregiudizio specifico, di qualsiasi natura, anche solo morale (Cass. I, n. 21681/2012).

Il regime è caratterizzato dalla circostanza che hanno la legittimazione attiva, in via esclusiva, anche soggetti che non hanno partecipato alla fase precedente alla dichiarazione dello stato di insolvenza (Fabiani, 356).

Legittimato, in primo luogo, è il debitore dichiarato insolvente, che non abbia chiesto egli stesso la dichiarazione di insolvenza. Invero, il debitore è il primo soggetto interessato a rimuovere gli effetti della dichiarazione di insolvenza, siccome incidenti non solo sul suo patrimonio ma anche nella sfera dei suoi diritti personali. Oltre al debitore sono da intendersi legittimati tutti quei soggetti che variamente possono subire gli effetti pregiudizievoli conseguenti agli effetti erga omnes dall'apertura della procedura (Fabiani 357). Come per l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, legittimati sono anche i parenti del debitore, il figlio, il padre, il fratello, il coniuge, purché abbiano un apprezzabile interesse morale alla rimozione della dichiarazione di insolvenza (Tedeschi, 476).

Pur con riguardo ad un differente mezzo di gravame, la S.C. ha evidenziato che il socio di una società di capitali ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, nei confronti della quale sia stato dichiarato lo stato d'insolvenza, non è legittimato a proporre regolamento di competenza avverso la decisione adottata, posto che il regolamento di competenza può essere proposto dagli stessi soggetti legittimati ad opporsi alla dichiarazione di fallimento, ai sensi dell'art. 18 l.fall. e ai sensi dell'art. 9 d.lgs. n. 270/1999, che da tale novero è escluso colui che abbia chiesto il proprio fallimento (ed egualmente colui che ha chiesto l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria). In tal caso, infatti, il socio — pur potendo ricoprire la posizione di creditore verso la stessa società — non può essere considerato portatore di un autonomo interesse, poiché la delibera assembleare che esprimeva la volontà societaria di chiedere l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ha efficacia vincolante per tutti i soci, a meno che lo stesso abbia proposto opposizione avverso tale delibera, manifestando in tal modo il proprio dissenso (Cass. I, n. 19923/2006).

Sono invece legittimati passivamente il commissario ed i creditori ricorrenti, la loro partecipazione al giudizio ha carattere di litisconsorzio necessario, poiché quest'ultimi sono direttamente interessati alla decisione, la quale sarebbe inutiliter data se non fosse pronunciata in confronto di entrambi (Cass. n. 21721/2005).

È stato chiarito che l'impugnazione di una sentenza che dichiara lo stato di insolvenza di una impresa in amministrazione straordinaria (o, comunque, con i requisiti per l'ammissione a detta procedura) deve avvenire — ai sensi dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 270/1999, applicabile anche alle procedure previste dal d.l. n. 347/2003 in forza del richiamo previsto dall'art. 8, comma 1, del medesimo d.l. — mediante opposizione proposta innanzi allo stesso tribunale che ha pronunciato la sentenza, determinandosi, ove l'impugnazione sia stata invece proposta innanzi ad un diverso giudice, il passaggio in giudicato della sentenza, che può essere rilevato d'ufficio sia dallo stesso giudice erroneamente adito, sia, qualora quest'ultimo abbia pronunciato senza rilevare la propria carenza di legittimazione a ricevere l'atto, in sede di legittimità (Cass. I, n. 8248/2013).

Procedimento e decisione

Il secondo comma della disposizione in esame stabilisce che l'opposizione è proposta con atto di citazione notificato al commissario giudiziale e a chi ha richiesto la dichiarazione dell'insolvenza, nonché all'imprenditore dichiarato insolvente, se l'opponente è soggetto diverso da quest'ultimo.

Quanto ai motivi di opposizione, recependo anche sotto tale profilo l'impostazione consolidata nella stessa giurisprudenza della S.C. in ordine all'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, gli stessi non possono investire fatti sopravvenuti alla dichiarazione dello stato di insolvenza afferendo esclusivamente alla sussistenza dei presupposti per la pronuncia al momento dell'emanazione della stessa (cfr. Cass. I, n. 16658/2002). Dovrebbe peraltro valere la precisazione secondo cui, sebbene nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento l'accertamento dello stato di insolvenza va compiuto con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, la stessa può fondarsi anche su fatti diversi da quelli in base ai quali il fallimento è stato dichiarato, purché si tratti di fatti anteriori alla pronuncia, anche se conosciuti successivamente in sede di gravame e desunti da circostanze non contestate dello stato passivo (Cass. I, n. 10952/2015).

Poiché la sentenza dichiarativa dell'insolvenza provvisoriamente esecutiva, l'opposizione non ne sospende la esecutività e non può nemmeno essere richiesta la sospensione in corso di causa. Si ritiene, invero, che l'esecutività permanga sino al passaggio in giudicato di un' eventuale sentenza di revoca, in analogia con quanto previsto per il fallimento. A quest'ultimo riguardo, infatti, anche di recente è stato ribadito che gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento, la cui esecutività in via provvisoria, disposta dall'art. 16, comma 2, l.fall., non è suscettibile di sospensione, in considerazione della finalità della procedura fallimentare, diretta a privilegiare gli interessi generali dei creditori rispetto all'interesse del debitore, possono essere rimossi, sia quanto alla determinazione dello «status» di fallito e sia quanto agli aspetti conservativi che al medesimo si ricollegano, soltanto col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca resa in sede di opposizione (Cass. I, n. 13100/2013, in Fall. 2014, n. 2, 164, con nota di Bettazzi).

Sul piano dei mezzi istruttori che il Tribunale può acquisire ai fini della decisione, può ritenersi, in analogia con quanto previsto in materia fallimentare, che il giudice dell'opposizione può acquisire dal fascicolo fallimentare, anche d'ufficio, ogni elemento utile ai fini della decisione (Cass. n. 17698/2005).

Più in generale, almeno in giurisprudenza, è stato più volte enunciato il principio in virtù del quale in sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento, ferma restando l'applicabilità del principio generale sull'onere delle parti di fornire la prova delle rispettive allegazioni, sussiste il potere-dovere del giudice di riscontrare, anche d'ufficio, la sussistenza dello stato d'insolvenza e di ogni altro presupposto del fallimento medesimo, avvalendosi di tutti gli elementi comunque acquisiti, inclusi quelli relativi alla fase processuale conclusasi con detta dichiarazione (Cass. I, n. 24310/2011).

Bibliografia

Cannone, L'apertura della procedura di amministrazione straordinaria: i profili processuali, in Costa (a cura di), L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008; Cultrera, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Potere od obbligo del Tribunale di aprire la procedura?, in Giust. civ. n. 3, 2005; Di Marzio, Appunti sull'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, in ilfallimentarista.it, 22 maggio 2012; Di Marzio – Macario, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Trattato di diritto fallimentare a cura di Jorio - Sassani, Milano 2017; Fabiani, Profili processuali della nuova amministrazione straordinaria, in Fall. 2000, 10; Guglielmucci, Una procedura concorsuale amministrativa sotto il controllo giudiziario, in Fall. 2000, 2; La Malfa, L'apertura della procedura, in Bonfatti-Falcone (a cura di), La riforma dell'amministrazione straordinaria, Roma, 2000; Tiscini, Opposizione allo stato di insolvenza nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: gli inutili tentativi di superare il muro della tardività, in Riv. dir. proc. civ. 2009.

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