Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 65 - Pagamenti.Pagamenti.
Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. InquadramentoCome l'art. 64, anche la previsione in esame non ha subito modifiche per effetto della Riforma 2006, nonostante la presenza di proposte in tal senso (Cavallini-Armeli, 77; Cultrera, 78; Vivaldi-Bosticco, 667; Patti, 883; Porzio, 339). Come nel caso dell'art. 64 ci si trova di fronte ad una ipotesi di inefficacia di diritto del pagamento (Bonfatti, 447; Vivaldi-Bosticco, 667), secondo un meccanismo automatico che prescinde dall'accertamento in concreto del carattere pregiudizievole dell'atto (Patti, 884; Vivaldi-Bosticco, 668). Per l'effetto la semplice effettuazione – nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento – di un pagamento avente scadenza, per convenzione o per legge, in epoca coincidente o successiva alla dichiarazione stessa viene a cadere nel meccanismo di inefficacia, indipendentemente dallo stato soggettivo dell'accipiens e della natura chirografaria o privilegiata del credito (Patti, 884; Vivaldi-Bosticco, 668; contra Sandulli, 902, che afferma la necessità di verificare la presenza di altri collaterali che giustifichino l'anticipazione). La ratio della previsione – che deve ritenersi riferita a tutte le obbligazioni e non alle sole obbligazioni pecuniarie (Porzio, 346) — viene individuata o nella operatività presuntiva di una condotta del debitore lesiva della par condicio (Cultrera, 78); oppure nella scelta coinvolgere nella falcidia fallimentare anche i creditori soddisfatti in anticipo, e quindi in modo contrario agli usi commerciali – anche se si osserva che il legislatore non sembra aver ritenuto l'anticipazione del pagamento quale indizio di una particolare anormalità dell'atto, considerato anche il regime di revocabilità del pagamento anticipato del debito scaduto anteriormente al fallimento ai sensi del secondo comma dell'art. 67 (Vivaldi-Bosticco, 668); oppure in una sorta di retrodatazione che scaturirebbe nella necessità di evitare che il meccanismo di inefficacia dell'art. 44 (inefficacia di tutti i pagamenti compiuti dopo la dichiarazione di fallimento), venga aggirato o ridimensionato dalla effettuazione di pagamenti anteriori (Cavallini-Armeli, 81; Cultrera, 79; Corsi, 555; Patti, 885; Vivaldi-Bosticco, 668; Jorio, 401). Ciò giustificherebbe la irrilevanza di qualunque profilo sia di convenienza dell'anticipazione del pagamento, sia dell'atteggiamento psicologico di solvens ed accipiens (Vivaldi-Bosticco, 668). La Cassazione, nell'affermare che l'inefficacia ex art. 65 opera automaticamente, in virtù della semplice circostanza oggettiva dell'anticipazione del pagamento rispetto alla sua scadenza, sembra ricondurre anche recentemente la ratio della norma nella lesione della par condicio creditorum, in relazione alla quale l'eventus damni sarebbe in re ipsa (Cass. I, n. 2284/2012). La nozione di pagamentoNella nozione di pagamento viene fatto rientrare qualsiasi atto estintivo di un debito (Vivaldi-Bosticco, 668; Corsi, 556), e quindi non solo il pagamento stricto sensu in denaro o con altri mezzi normali secondo la prassi commerciale — assegni bancari, assegni circolari, cambiali, vaglia cambiari, cambiali finanziarie ex lege n. 43/94 (Limitone, 818) — ma anche altre forme di soddisfacimento come compensazione volontaria, mandato all'incasso (anche in rem propriam), datio in solutum (Cavallini-Armeli, 86; Corsi, 556), la delegazione di pagamento, la cessione di credito (Cavallini-Armeli, 86; Corsi, 556), operazioni negoziali complesse che abbiano quale effetto l'estinzione di un debito (Cultrera, 80; Limitone, 819; Vivaldi-Bosticco, 668). Presupposto imprescindibile è che si tratti di un debito con scadenza al giorno della dichiarazione di fallimento, o successiva, perché in caso contrario alla fattispecie troverà, semmai, applicazione l'art. 67 nel suo primo (pagamenti anomali) o secondo (pagamenti normali) comma (Limitone, 819; Vivaldi-Bosticco, 668-669). In particolare, anche i pagamenti anticipati di crediti che sarebbero comunque scaduti in data anteriore al fallimento non rientreranno nella previsione in esame, ma in quella dell'art. 67 (Jorio, 401; Corsi, 554; Cultrera, 81; Vivaldi-Bosticco, 668). L'applicabilità della previsione anche ai pagamenti effettuati con mezzi anormali viene desunta dalla Suprema Corte dalla previsione dell'art. 67 (revocabilità degli adempimenti anormali di debiti scaduti), in quanto nel caso dei pagamenti anormali di debiti non ancora scaduti sarebbe ancora più fondato il sospetto della consapevolezza in capo al creditore del carattere pregiudizievole dell'atto (Cass. I, n. 8980/2004). Il regimeLa norma prevede l'inefficacia ex lege dei pagamenti anticipati (Corsi, 554; Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669), con un regime che rende evidente l'irrilevanza delle condizioni soggettive di solvens (poi fallito) ed accipiens (Bonfatti, 449; Corsi, 554; Cultrera, 80; Jorio, 401; Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669). La conseguenza è che il curatore che agisce ex art. 65 dovrà unicamente dare prova della data di scadenza dell'obbligazione e della data in cui è avvenuto il pagamento (Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669), senza che né le parti, né il giudice possano dare rilevanza alla presenza di eventuali ragioni giustificatrici dell'anticipazione (Bonfatti, 448; Cavallini-Armeli, 83; Cultrera, 80; Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669). L'azione è imprescrittibile e sfocia in una pronuncia di mero accertamento dichiarativo (Cultrera, 81; Corsi, 559; Jorio, 402; Limitone, 818; Riedi, 146; Vivaldi-Bosticco, 669), come tale sottratta – come l'art. 64 – sia al termine di decadenza di cui all'art. 69-bis (Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669; contra Bertacchini, 1398) sia alla operatività delle ipotesi di esenzione di cui all'art. 67 (Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669). Il pagamento dovrà considerarsi comunque anticipato anche nell'ipotesi in cui esso sia avvenuto in relazione ad un credito condizionato (Cavallini-Armeli, 86); per sollecitazione del creditore che abbia invocato la perdita del beneficio del termine ex art. 1186 c.c. (Limitone, 818; Porzio, 346; Vivaldi-Bosticco, 669; critico Bonfatti, 448); e persino se sia stato effettuato spontaneamente dal debitore avvalendosi del termine di scadenza stabilito a proprio favore (Porzio, 346; Vivaldi-Bosticco, 669). Si ritiene che rientrino nella previsione anche i rimborsi anticipati dei versamenti dei soci in conto finanziamento (Vivaldi-Bosticco, 669) – cui, tuttavia, deve applicarsi la previsione dell'art. 2467, ove i rimborsi vengano effettuati nell'anno anteriore al fallimento (Limitone, 818; Riedi, 145), con la peculiarità che l'art. 2467 parrebbe prescindere dall'eventuale scadenza espressamente o implicitamente attribuita al prestito (Cultrera, 87; Cavallini-Armeli, 101; Porzio, 348) — e l'estinzione anticipata del mutuo rispetto alla scadenza naturale del contratto (Vivaldi-Bosticco, 669). Irrilevante è, altresì, il fatto che oggetto dell'adempimento anticipato fosse un credito privilegiato (Cultrera, 79; Cavallini-Armeli, 85; Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 669), proprio perché la norma non mira semplicemente a ripristinare la par condicio creditorum ma sterilizza l'anticipazione del pagamento, trattandolo come se fosse un pagamento post-fallimento ex art. 44. Come ribadito anche di redente dalla Cassazione, l'operatività della previsione in commento è subordinata unicamente al fatto oggettivo dell'anticipazione del pagamento rispetto alla sua scadenza originaria, sia essa convenzionale o legale (Cass. I, n. 16618/2016; Cass. I, n. 17552/2009). L'irrilevanza in ordini a possibili ragioni di convenienza che hanno determinato l'anticipazione dei pagamenti è stata esclusa dalla giurisprudenza di merito (Trib. Mantova 15 aprile 2013). Nel caso in cui il debitore abbia rilasciato un titolo cambiario, la scadenza del credito si determina con riferimento al termine indicato nel titolo medesimo, e non con riferimento al termine originariamente stabilito per l'obbligazione causale (Cass. I, n. 3491/1972). Per l'ipotesi in cui il Curatore abbia agito ex art. 65 l.fall. in relazione a pagamenti effettuati dalla fallita, in restituzione ai soci per finanziamenti pregressi, la Suprema Corte ha affermato la posizione di terzietà del curatore medesimo, che quindi può utilizzare anche le scritture contabili provenienti dall'imprenditore, ancorché le controparti non siano a loro volta imprenditori (Cass. I, n. 15216/2010). Un precedente di merito ha respinto la domanda di inefficacia rispetto ad una restituzione di finanziamenti dei soci della fallita sul presupposto che, in assenza di prova della scadenza successiva al fallimento, poteva accogliersi la tesi proposta dall'accipiens che individuava nel momento della richiesta la scadenza, quindi coincidente con la data del pagamento in restituzione (Trib. Napoli 13 dicembre 2001). Il pagamento del terzo Nel caso in cui il pagamento sia stato effettuato da un terzo per conto del debitore poi fallito, occorre distinguere. Se il terzo ha pagato utilizzando denaro del fallito, e quindi come suo incaricato o adiectus solutionis causa, la fattispecie coincide con quella del pagamento diretto ad opera del debitore (Limitone, 819; Vivaldi-Bosticco, 669), ed il pagamento potrà essere dichiarato inefficace, purché il curatore provi che è avvenuto, appunto, con denaro del fallito (Limitone, 820; Vivaldi-Bosticco, 670). Se, invece, il terzo ha usato denaro proprio, vanno ulteriormente distinte due ipotesi. Qualora il terzo abbia agito in rivalsa nei confronti del fallito prima del fallimento recuperando da quest'ultimo la somma anticipata dal terzo, il pagamento sarà da considerarsi inefficace, ancora una volta come se fosse stato fatto direttamente dal fallito (Limitone, 819; Vivaldi-Bosticco, 669), ma ancora una volta sarà il curatore attore a dover dimostrare che il terzo abbia esercitato con successo la rivalsa (Limitone, 820; Vivaldi-Bosticco, 670). Qualora il terzo non abbia agito in rivalsa il pagamento resterà efficace, non essendosi realizzata alcuna fuoriuscita dal patrimonio del fallito (Limitone, 819; Vivaldi-Bosticco, 669). Il terzo, poi, potrebbe agire in rivalsa successivamente alla dichiarazione di fallimento, insinuandosi al passivo, esattamente come avrebbe potuto fare il creditore originario anche per le obbligazioni destinate a scadere post-fallimento, in virtù della previsione dell'art. 55, che prevede la scadenza di tutti i crediti alla data del fallimento (Limitone, 820; Vivaldi-Bosticco, 670). La possibilità per il terzo di sostituirsi al creditore originario, tuttavia, è subordinata alla presenza di presupposti stabiliti per la surrogazione volontaria ex art. 1201 c.c. (Limitone, 820; Vivaldi-Bosticco, 670). Il pagamento eseguito da un terzo al creditore dell'imprenditore poi fallito, e soggetto a revocatoria fallimentare, quando il terzo abbia effettuato il pagamento per conto del debitore in stato di insolvenza, rivalendosi verso lo stesso, risulta pacificamente assoggettato all'art. 65. La norma non opera, invece, quando il solvens, non avendo esercitato la rivalsa prima del fallimento del debitore, viene perciò a trovarsi rispetto al fallimento, nella identica situazione in cui si sarebbe trovato, se insoddisfatto, l'accipiens. In tale ipotesi non sussiste, infatti, il presupposto necessario dell'Azione revocatoria fallimentare, e cioè il danno della massa, inteso come possibilità di lesione della par condicio creditorum (Cass. I, n. 3110/1991; Cass. I, n. 3491/1972). L'anticipazione volontaria Il momento di scadenza del credito va individuato avendo riferimento alla sua fonte originaria (atto negoziale o previsione di legge), mentre, come detto, risultano irrilevanti il fatto che il creditore abbia ottenuto il pagamento anticipato avvalendosi dell'art. 1186 (Cavallini-Armeli, 85; Corsi, 557; Jorio, 401; Limitone, 818; Vivaldi-Bosticco, 670), e il fatto che il debitore abbia spontaneamente pagato in anticipo (Limitone, 818). Da ciò era stata desunta da alcuni la irrilevanza della presenza – nel titolo che è fonte dell'obbligazione o nella specifica previsione legale — di una clausola che consenta al debitore la facoltà di estinguere in via anticipata il proprio debito (Limitone, 818; Patti, 886; Porzio, 346; Cultrera, 85; Corsi, 557), essendosi argomentato che ci si troverebbe di fronte, non ad un'obbligazione alternativa, né ad un'obbligazione con facoltà alternativa, ma ad una mera modificazione a posteriori (resa possibile dalla presenza della clausola contrattuale) dell'originaria scadenza del debito, come tale pienamente rientrante nell'area operativa dell'art. 65. Farebbero eccezione i soli casi in cui la facoltà di pagamento anticipato sia prevista da specifiche disposizioni di legge come nel caso del diritto del mutuatario all'estinzione anticipata (Limitone, 819; cfr. anche Bonfatti, 449; Cultrera, 85). Tale tesi, tuttavia, non è unanimemente condivisa, obiettandosi che la modifica del termine avviene sulla base di una previsione pattizia che potrebbe essere, per di più, ben anteriore al biennio di cui all'art. 65; e che, in tal modo, verrebbe meno quel carattere di anomalia del pagamento che è alla base della previsione dell'art. 65 (Jorio, 401; Vivaldi-Bosticco, 671), residuando, semmai, spazio per la revocatoria del pagamento dei debiti scaduti (Bonfatti, 449; Cavallini-Armeli, 92). Nel caso, poi, in cui la modifica delle previsioni negoziali circa il termine di pagamento – e quindi il pagamento anticipato – sia frutto di una imposizione del creditore al debitore come condizione per proseguire il rapporto – pur non potendosi comunque parlare di credito non ancora scaduto, alla luce della modifica contrattuale – non solo il pagamento (di credito da considerarsi scaduto) dovrebbe ritenersi revocabile in base all'art. 67, comma secondo, ma anche si potrebbe desumere in via presuntiva la scientia decoctionis proprio dall'imposizione di una modifica in peius della scadenza del pagamento (Vivaldi-Bosticco, 672). In ordine all'anticipazione volontaria del pagamento la giurisprudenza della Suprema Corte ha segnato una marcata oscillazione, soprattutto con riferimento alla vicenda dei pagamenti anticipati dei mutui. In tempi remoti si era affermato che la facoltà convenzionalmente attribuita al mutuatario di non avvalersi della rateazione del pagamento costituiva un vero e proprio diritto potestativo rispetto al quale il mutuante risultava del tutto passivo, con la conseguenza che l'esercizio di tale facoltà anticipava la scadenza del pagamento, con esclusione dell'inefficacia ex art. 65 (Cass. I, n. 1153/1969). Successivamente la Cassazione optò per una concezione «oggettiva» dell'anticipazione, affermando l'irrilevanza delle clausole che, in deroga al disposto dell'art. 1816 c.c., attribuivano al mutuatario la facoltà di anticipare la restituzione di detta somma rispetto al termine originariamente pattuito (Cass. I, n. 4842/2002; Cass. I, n. 17552/2009; Cass. I, n. 15980/2010). L'introduzione delle previsioni legale che riconoscono la facoltà di estinzione anticipata in capo al mutuatario ha provocato, tuttavia, un dissenso all'interno della stessa Corte, nel momento in cui essa ha affermato che in questi casi il pagamento costituisce esercizio di un diritto potestativo di cui il mutuante non può che subire gli effetti, con il conseguente anticiparsi della scadenza del pagamento ed esclusione della inefficacia ex art. 65 (Cass. I, n. 19978/2008). La non revocabilità dei pagamenti effettuati dal debitore avvalendosi delle clausole contrattuali che tale facoltà prevedevano è stata, nel frattempo, affermata anche dalla giurisprudenza di merito (Trib. Milano 17 maggio 2004), ma va constatato che sul tema anche i più recenti orientamento della cassazione sembrano pronunciarsi in senso contrario (Cass. I, n. 16618/2016). 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II: L'inefficacia dei pagamenti anticipati, in Vassalli-Luiso-Gabrielli, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, II, Torino, 2014; Cultrera, I pagamenti anticipati, in Ghia-Piccininni-Severino (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, II, Torino, 2010; Jorio, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in Ambrosini, Cavalli, Jorio, Il Fallimento - Cottino (diretto da), Trattato di diritto commerciale, Padova, 2009; Limitone, Sub art. 65, in Ferro (a cura di), La legge fallimentare, Padova, 2014; Patti, Articolo 65 - Pagamenti, in Jorio-Fabiani (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006; Porzio, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in Buonocore-Bassi (diretto da), Trattato di diritto fallimentare, Padova, 2010; Riedi, Inefficacia degli atti a titolo gratuito nel fallimento. Gli artt. 64 e 65 L. Fall., in Vitalone, Patroni Griffi, Riedi (a cura di), Le azioni revocatorie: la disciplina, il processo, Milano, 2014; Sandulli, Sub art. 65, in Nigro-Sandulli-Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Milano, 2010; Vivaldi-Bosticco, Art. 65, in Lo Cascio (a cura di), Codice Commentato del Fallimento, Milano, 2015. |