Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 41 - Funzioni del comitato 1Funzioni del comitato 1
Il comitato dei creditori vigila sull'operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni. Il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza dei votanti, nel termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta è pervenuta al presidente. Il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto. In caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilita' dei creditori, o di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato 2. Il comitato ed ogni componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito. I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all'eventuale compenso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all'articolo 37-bis, terzo comma. Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2407 , primo e terzo comma, del codice civile 3. L'azione di responsabilita' puo' essere proposta dal curatore durante lo svolgimento della procedura. Con il decreto di autorizzazione il giudice delegato sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha autorizzato l'azione4. [1] Articolo sostituito dall'articolo 39 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. [2] Comma modificato dall'articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [3] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [4] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 10, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. InquadramentoSi è già detto nel commento all'articolo precedente che il potenziamento del ruolo e delle funzioni del comitato dei creditori rappresenta una delle novità più rilevanti della riforma del 2006-2007, la quale ha «scommesso» su un diverso equilibrio fra gli organi della procedura fallimentare basato su di una vera e propria tripartizione di «poteri»: il controllo di legalità al g.d., l'attività di gestione ed amministrazione della procedura al curatore (così svincolato dal potere dirigistico del giudice) e la valutazione di convenienza ed integrazione dei poteri del curatore, per gli atti di maggior rilievo, al comitato dei creditori. Restano, come notano i principali autori, alcune contraddizioni, come la nomina da parte del g.d., che può altresì provvedere alla sostituzione dei suoi membri, nonché, come si vedrà al par. 4, il potere del g.d. di surrogarsi nei compiti del comitato stesso, in caso di mancanza di tale organo, mancato funzionamento o ragioni d'urgenza (cfr. art. 41 comma 4). L'elevato livello di complessità raggiunto dallo svolgimento delle funzioni di componente del comitato dei creditori si è accompagnato, da un lato, ad un pari innalzamento del livello di responsabilizzazione (si pensi al richiamo che il comma 7 della norma in esame compie alla responsabilità dell'organo di controllo ex art. 2407 c.c.), ma, dall'altro, nessun aumento dei vantaggi economici ne è derivato. È ancora da notare che l'art. 2407 c.c. richiede un livello di diligenza connaturato alla natura dell'incarico (così come per il curatore l'art. 38), con una scelta che è comprensibile se si pensa al fatto che il sindaco deve essere un professionista, mentre molto meno coerente appare in questo caso, in cui il creditore normalmente sarà un soggetto non iscritto ad un ordine professionale, salvo che non eserciti la delega di funzioni di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente. Più coerente, forse, poteva essere il richiamo all'art. 2392 c.c. che per l'organo gestorio impone un dovere di diligenza commisurato sia alla natura dell'incarico espletato, ma anche alle specifiche competenze possedute. Inoltre, appare dubbio che al comitato possa applicarsi la regola in tema di mandato (vds. art. 1710 c.c.) che giudica con minor rigore il caso del mandato gratuito (come di fatto è quasi sempre lo svolgimento delle funzioni di membro del C.d.c.). Nel corso della procedura l'azione di responsabilità nei confronti del comitato dei creditori può essere esercitata unicamente dal curatore. Nel procedimento introdotto dal creditore con il reclamo avverso il progetto di riparto reso esecutivo dal giudice delegato sono contraddittori necessari solo il curatore e quei creditori la cui quota di ripartizione subisca variazioni per effetto dell'accoglimento del reclamo, non già il fallito e il comitato dei creditori (Cass. n. 17270/2014). Più in generale si è affermato che in tema di fallimento, il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso gli atti del comitato dei creditori e del curatore deve essere limitato alle ipotesi in cui gli stessi rivestono efficacia esterna ed abbiano natura provvedimentale o decisoria e, come tali, siano idonei ad incidere sulle posizioni dei soggetti interessati (Trib. Monza, 10 dicembre 2015) ma la possibilità di impugnazione, comprendendo altresì comportamenti omissivi, deve in realtà ammettersi ogni qual volta l'atto od il parere, pur se endo-procedimentale rispetto alla esternazione della volontà della procedura, costituisce un passaggio necessario del processo di formazione di detta volontà, purché fonte di un pregiudizio diretto ed attuale (così ad esempio il curatore cui si veda illegittimamente negata una richiesta, ma non chi, del tutto terzo, abbia una posizione di mera aspettativa nei riguardi di un certo comportamento della curatela). Sia pure con riferimento al reclamo ex art. 26, ma con argomentazione estensibile al caso in esame, si è osservato che l'elenco dei soggetti legittimati a proporre reclamo avverso i decreti del giudice delegato e del tribunale contiene l'indicazione di chiusura «chiunque vi abbia interesse»; in tal modo la legittimazione attiva viene ampliata, con una formulazione che riecheggia quella dell'art. 1421 c.c., ricomprendendo anche terzi rimasti estranei al provvedimento impugnato; l'interesse a reclamare, peraltro, deve essere qualificato, ai sensi dell'art. 100 c.p.c. Ove, per l'effetto, non riguardi il fallito, o il curatore o il comitato dei creditori (cui sempre compete la legittimazione attiva) deve consistere nella minaccia di un pregiudizio scaturente direttamente dal provvedimento emesso; deriva da quanto precede, pertanto, che qualora sia stata negata la sospensione della vendita coattiva del complesso aziendale (invocata ai sensi dell'art. 20 l. n. 44 del 1999, in tema di usura) la legittimazione al reclamo non può essere riconosciuta ai soci della società di capitali fallita, portatori di un mero interesse di fatto alla conservazione della consistenza economica del patrimonio sociale (Cass. n. 8434/2012). Funzioni e deliberazioni del comitatoLe funzioni del comitato dei creditori appaiono molto ampie e variegate: a) condivide con il g.d. un generico compito di controllo sull'operato del curatore; b) ha il compito fondamentale di integrare la volontà negoziale del curatore, nel caso di autorizzazioni al compimento di atti di straordinaria amministrazione (art. 35), nomina di collaboratori (art. 32), scioglimento da rapporti contrattuali pendenti (art. 72) e derelizione di beni (art. 42); c) ha funzioni di controllo e valutative nel corso dell'esercizio provvisorio (art. 104) nonché nel procedimento di concordato fallimentare (art. 125); d) partecipa alla pianificazione ed alla determinazione dell'indirizzo del fallimento in sede di approvazione del programma di liquidazione (art. 104-ter); e) possiede funzioni ispettive, in quanto il comitato nel suo complesso, ma anche i singoli membri possono sempre ispezionare le scritture contabili e i documenti della procedura e chiedere notizie al curatore ed al fallito; collegato a tale ambito di attività è la possibilità di autorizzare l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti del precedente curatore (art. 38) f) ha compiti certificativi, come risulta dal potere dovere di vidimazione del libro giornale del fallimento (art. 38). Come si vede, il comitato dei creditori è stato previsto dalla legge come dotato di un ruolo particolarmente incisivo sull'andamento della procedura, prevedendosi altresì la necessità che esso si esprima mediante pareri e provvedimenti almeno succintamente motivati. Ciò comporta (o meglio dovrebbe comportare) l'esclusione di prassi fondate sull'utilizzo del silenzio-assenso rispetto alle iniziative comunicate dal curatore, come pure una necessaria collegialità, che nei fatti è spesso tradita a vantaggio della praticità di comunicazioni telematiche bilaterali fra curatore e singolo membro del c.d.c. Al fine di dare impulso all'attività di questo organo della procedura, la norma prevede il termine di 15 giorni affinché il c.d.c. si esprima sulle richieste avanzate dal curatore e comunicate al presidente del comitato. Si tratta tuttavia di un termine acceleratorio e che non ha carattere perentorio. La norma richiede che le delibere vengano adottate con la maggioranza dei votanti e non dei partecipanti al comitato stesso. Come si è visto all'articolo precedente, il legislatore del 2016 ha inteso ulteriormente semplificare le formalità della costituzione del comitato, anche in assenza di nomina del presidente, di fatto legittimando le consultazioni telematiche fra il curatore ed i suoi membri. Le riunioni del comitato (del tutto rare nella prassi) sono fissate dal presidente (evidentemente quando gli sia pervenuta una qualche richiesta del curatore o quando almeno un terzo dei membri lo richieda) ovvero su convocazione del tribunale (art. 23) oppure del g.d. (art. 25 comma 1 n. 3). I pareri ed i provvedimenti, positivi o negativi, ma anche i contegni omissivi del comitato sono reclamabili per violazione di legge, ex art. 36 l.fall., avanti al g.d. Molteplici appaiono le funzioni del c.d.c. In tema di apprensione o meno di beni all'attivo fallimentare si è osservato (anche al fine di distinguere i casi in cui il terzo deve avanzare domanda di rivendicazione ex art. 103 l.fall.) che la scelta del giudice delegato in materia di restituzione di beni mobili sui quali terzi soggetti vantino diritti reali o personali chiaramente riconoscibili è di fatto obbligata e vincolata al parere del Curatore e del Comitato dei creditori, e non permette alcun sindacato e/o apprezzamento valutativo per cui, in presenza di una situazione di evidente fondatezza della pretesa, e in presenza del consenso da parte dei soggetti aventi un interesse contrario (i creditori) o un dovere di verifica (il curatore), va intesa come giustificata la deroga alle norme altrimenti vigenti, stabilita dall'art. 87-bis l.fall.; ma in presenza di una situazione nella quale la fondatezza della pretesa sia anche solo contestata dal curatore e dai creditori, deve ritenersi che non vi sia spazio per una decisione in deroga alle forme processuali e alle regole probatorie vigenti per qualunque accertamento rientrate nell'ambito applicativo dell'art. 52 l.fall. (Trib. Foggia, 3 marzo 2015); del pari l'approvazione del programma di liquidazione ad opera del C.d.c. può incidere sulle modalità delle vendite, come si desume dal seguente arresto: è immune da censure, ai sensi dell'art. 107, comma 1, l.fall., la condotta del curatore il quale proceda alla vendita in sede fallimentare senza valersi di intermediari specializzati, qualora l'ausilio di tali soggetti non sia previsto nel programma di liquidazione regolarmente approvato dal comitato dei creditori, e adottando le forme di pubblicità previste nel medesimo programma di liquidazione (nella specie, avviso su due primari siti internet, pubblicazione su un quotidiano a tiratura nazionale e affissione di un adeguato numero di manifesti nel comune in cui si trovano i beni oggetto di vendita) (Trib. Taranto, 2 maggio 2012); ed in materia di concordato fallimentare con proposte plurime, si è opinato che ove siano presentate più proposte di concordato fallimentare, la scelta di quella da sottoporre all'approvazione dei creditori spetta al comitato dei creditori (art. 125 l.fall.). Pertanto, il termine ultimo affinché una nuova proposta possa essere comunicata ai creditori è individuato dall'ordinanza con la quale il giudice delegato dispone la comunicazione ai creditori della proposta, sia questa l'unica pervenuta o quella prescelta dal comitato dei creditori tra le plurime depositate (salvo il potere dello stesso giudice delegato, su richiesta del curatore, di ordinare la comunicazione ai creditori di una o di altre proposte, tra quelle non scelte – ma pur sempre pervenute prima di tale momento — ritenute parimenti convenienti). A partire dall'emissione di tale provvedimento la proposta non può più essere modificata, né possono essere depositate nuove proposte, giacché la rilevanza di queste è subordinata ad una regressione del procedimento a seguito di un evento sopravvenuto, quale la mancata approvazione od omologazione della proposta sottoposta al voto dei creditori, o l'annullamento a seguito di reclamo ex art. 26 l.fall. del decreto che, per quanto sopra, ha avviato l'iter di approvazione (Trib. Pordenone, 8 novembre 2010). Rimborso delle speseL'espletamento delle funzioni di componente del comitato dei creditori è di regola gratuito. I membri hanno unicamente diritto al rimborso delle spese (art. 41, comma 6). Solo eccezionalmente maturano un diritto al compenso qualora i creditori lo deliberino con le forme previste dall'art. 37-bis. Nell'adunanza di verifica dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutorietà, infatti, la maggioranza dei creditori (indipendentemente dall'entità dei crediti di cui sono portatori a questo fine) può prevedere che ai membri del Comitato dei creditori venga riconosciuto un compenso aggiuntivo rispetto al semplice rimborso delle spese, ma tale compenso non può superare il 10 per cento di quello liquidato al curatore. La norma, pur di rara applicazione, determina un effetto vincolante per il g.d. e pare consentire che la misura così indicata valga per ciascun componente singolarmente considerato e non per tutti i componenti nel loro insieme; deve inoltre ritenersi che questo compenso si aggiunga a quello del curatore, non dovendolo portare in detrazione da quest'ultimo, stante la diversità dei compiti in concreto svolti. Surrogazione del comitato da parte del g.d..Una norma di rilievo pratico notevole è contenuta al comma 4 della disposizione in commento, laddove prevede che in caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori o di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato. Se normalmente, quindi, è il c.d.c. a dover svolgere compiti prodromici fondamentali, quali pareri ed autorizzazioni, rispetto al compimento di atti gestori o programmatici della procedura fallimentare, la norma consente al g.d. non soltanto di svolgere compiti di controllo e vigilanza ma, in situazioni diverse fra loro e tutte riconducibili ad una situazione di impasse (Scarafoni, 319), di aggiungere alle proprie funzioni quelle proprie del comitato mancante e non funzionante, potendo così esprimere valutazioni economiche e di merito, concedere autorizzazioni e concorrere alla programmazione dell'attività liquidatoria della procedura. Considerate le difficoltà di individuare creditori disponibili ad assumere le responsabilità connesse alla partecipazione al C.d.c., la norma appare di frequente applicazione, soprattutto nelle procedure che abbiano almeno inizialmente uno scarso attivo. Questa previsione, secondo alcuni, rappresenta un vero e proprio vulnus per la buona riuscita della riforma, mentre secondo altri costituisce una inevitabile valvola di sicurezza per evitare il possibile «blocco» della procedura. Sta di fatto che in sede di correzione, con il d.lgs. n. 169/2007, il legislatore ha incrementato l'area di possibile intervento del g.d., aggiungendo il caso dell'impossibilità di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori, che costituisce un caso tutt'altro che infrequente nella pratica. Tale addendum ha altresì avuto l'effetto di confermare che la costituzione del c.d.c. non è automatica, ma oltre alla nomina da parte del g.d. occorre, altresì, l'accettazione da parte dei soggetti individuati dal giudice. Discusso è il concetto di inerzia, dovendosi ritenere che almeno i 15 giorni canonici previsti per ogni deliberazione dall'art. 41 comma 3 debbano essere comunque riservati all'intervento del comitato e che, soltanto con il decorso di tale termine, allora sia consentito l'intervento surrogatorio del g.d. Discusso è altresì il concetto di urgenza, posto che una nozione troppo ampia finirebbe nei fatti per snaturare il ruolo del comitato anche laddove presente. Deve probabilmente ritenersi che tale concetto sottenda il compimento di atti conservativi o liquidatori da parte del curatore in cui anche una limitata attesa temporale (non necessariamente di 15 gg. ma deve ritenersi anche un termine inferiore) produrrebbe la non ripetibilità dell'atto o comunque un pregiudizio rilevante per la procedura. Discusso, infine, è il regime giuridico della impugnazione dell'atto compiuto dal g.d. al posto del comitato mancante o inerte. Secondo un indirizzo, la prevalenza della forma (un decreto giudiziario) rispetto alla sostanza (una valutazione economica o di opportunità) dovrebbe comportare l'applicabilità del rimedio del reclamo ex art. 26 l.fall. Secondo una diversa tesi, dovendosi dare maggior rilievo alla natura sostanziale dell'atto, questo sarebbe impugnabile unicamente ex art. 36 l.fall. A parere di chi scrive la prima tesi ha dalla sua non solo il dato formale che il provvedimento da impugnare è un decreto del g.d., ma un importante elemento di maggior tutela, posto che solo in sede di reclamo ex art. 26 è possibile dedurre sia doglianze di legittimità che di merito; altresì dal punto di vista letterale la norma indica dei casi in cui «provvede il g.d.» ponendo cioè l'accento sull'organo che provvede e non su quello che è sostituito; inoltre nella pratica è spesso difficile distinguere l'atto che il g.d. compie al posto del comitato (una valutazione) e quella che comunque sarebbe chiamato ad operare (ad es. come visto di conformità o di autorizzazione al pagamento della spesa che ne consegue, ex art. 34), sì che spesso i due atti sono unitariamente confusi in un unico decreto. In tema di esercizio provvisorio in corso di procedura, ex art. 104 comma 2 l.fall., di una impresa fallita esercente l'attività di raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti in impianto di valorizzazione, il pericolo che la sospensione della decisione, nel tempo necessario per la costituzione del comitato dei creditori, ai fini del prescritto parere obbligatorio, possa rivelarsi pregiudizievole alla massa (tenuto conto della presenza di numerose clausole contrattuali che legittimano la risoluzione per un singolo inadempimento o per una cessazione del servizio prestato anche per pochi giorni), rende ammissibile l'intervento surrogatorio del giudice ex art. 41 comma 4 l.fall., fermo restando l'obbligo del curatore di attivarsi immediatamente per la costituzione dell'organo rappresentativo del ceto creditorio, in considerazione dei suoi diritti di informazione e poteri decisionali previsti dall'art. 104 comma 3 e 4 l.fall. (Trib. Terni, 28 ottobre 2010). Ancora, la giurisprudenza prevalente ritiene che il provvedimento reso dal giudice delegato ai sensi dell'art. 41, comma 4, l.fall., in sostituzione del comitato dei creditori, sia attratto al regime proprio degli atti del magistrato e non dell'organo gestorio, pertanto soggetto al reclamo ai sensi dell'art. 26 l.fall. per ragioni sia di legittimità sia di merito, non applicandosi il limite della (sola) violazione di legge ai sensi dell'art. 36 l.fall. (Trib. Monza 11 aprile 2012). In linea con tale orientamento, si è ritenuto che con riferimento ad un reclamo ex art. 36 l.fall. proposto successivamente all'autorizzazione del giudice delegato (in un caso di affitto d'azienda successiva a sua volta alla scelta dell'affittuario già operata dal curatore), l'interpretazione della norma di cui all'art. 104-bis l.fall. che appare preferibile impone di ritenere che l'unico reclamo esperibile è quello di cui all'art. 26 l.fall. avverso il provvedimento del giudice delegato che, autorizzando l'affitto dell'azienda al soggetto prescelto, necessariamente conferma la correttezza della scelta operata dal curatore (Trib. Brescia, 11 giugno 2015). In termini più generali si è osservato che se è vero che la revoca del curatore può intervenire non solo su proposta del giudice delegato o ad iniziativa d'ufficio dello stesso tribunale, ma anche su proposta del comitato dei creditori, il fatto che il quarto comma dell'articolo 41 l.fall. affidi al giudice delegato, in via generale, il compito di provvedere in luogo del comitato rimasto inerte od impossibilitato a funzionare, induce a ritenere che anche il comitato dei creditori sia tenuto ad operare nell'interesse del corretto andamento e del buon esito della procedura, non necessariamente coincidente con quello del ceto creditorio (Cass. 13 marzo 2015). Distingue fra potere di surroga decisoria e potere di surroga meramente valutativa (che non sarebbe consentita o comunque assorbita dalla prima) la seguente decisione: la sostituzione del giudice delegato al comitato dei creditori nelle ipotesi previste dall'art. 41 comma 4 l.fall. è prevista soltanto al fine di «provvedere» in sua vece, ed il potere surrogatorio del giudice delegato deve quindi intendersi limitato alla concessione o al diniego di autorizzazioni e all'approvazione o alla richiesta di modifica del programma di liquidazione, e non può essere esteso, invece al rilascio di pareri; ne consegue che, in assenza del comitato dei creditori, il giudice delegato può autorizzare, ai sensi dell'art. 104-bis comma 5 l.fall., la concessione del diritto di prelazione all'affittuario di ramo di azienda, senza necessità di esprimere, in surroga del comitato stesso, il parere favorevole previsto dall'art. 104-bis comma 5 l.fall. (Trib. Milano, 23 luglio 2014). Si è altresì osservato che nella impossibilità di costituire il comitato dei creditori, il cui parere è richiesto (inter alia) dal primo comma dell'art. 102, l.fall. ai fini del decreto con cui il tribunale disponga di non farsi luogo all'accertamento del passivo, provvede in via vicaria il giudice delegato ex art. 41, comma 4, legge fallimentare (App. Venezia, 14 maggio 2012). BibliografiaBonfatti – Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011; Bottai – Crivellari, Il comitato dei creditori, in Tratt. delle procedure concorsuali, Ghia – Piccininni – Severini, Torino, 2010; Cavalli, Gli organi del fallimento, in Il fallimento. 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