Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 81 - Contratto di appalto 1.Contratto di appalto 1.
Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. Nel caso di fallimento dell'appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche. [1] Articolo sostituito dall'articolo 68 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. InquadramentoIl contratto d'appalto è definito dall'art. 1655 c.c. come quel negozio attraverso il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso il corrispettivo di un prezzo. Si tratta in effetti di uno dei contratti più diffusi nello svolgimento delle attività economiche, in particolare nei settori tradizionali dell'edilizia ma anche nell'erogazione dei più svariati ed innovativi servizi, come pure nel campo degli appalti pubblici, al cui disciplina speciale è, appunto, giustificata dalla circostanza che la parte committente, che quindi affida l'esecuzione dell'opera o del servizio, è una pubblica amministrazione. La dimensione organizzativa e gestionale che implica l'esecuzione di lavori in appalto esclude, tradizionalmente, la possibilità di veder riconosciuto al credito dell'appaltatore il privilegio artigiano, di cui all'art. 2751-bis n. 5 c.c. Fallimento del committenteLa regola fondamentale posta dall'art. 81 è che il fallimento determina lo scioglimento del contratto d'appalto, salvo che il curatore non dichiari alla controparte, entro 60 giorni dall'apertura della procedura concorsuale, che intende subentrare nel rapporto contrattuale, offrendo idonea garanzia. Da notare che il testo modificato dal d.lgs. n. 5/2006 ha allungato il termine per la decisione del curatore da 20 a 60 giorni. La regola dello scioglimento ha come ratio, quando il fallimento riguarda il committente, che nella maggior parte dei casi l'esecuzione dell'opera o del servizio è previa di utilità per il committente orami fallito. Se il curatore decide di non subentrare nel rapporto lo scioglimento contrattuale opera ex nunc, dal momento della pubblicazione della dichiarazione di fallimento e l'appaltatore non avrà diritto ad alcun risarcimento o indennizzo; avrà unicamente diritto di insinuarsi nello stato passivo fallimentare per il prezzo dell'opera, se e nella parte in cui questa risulti di una qualche utilità (ad es. relativamente ai S.A.L. già verificati ed autorizzati in epoca antecedente al fallimento). La retroattività del recesso esclude che l'appaltatore, che non ha alcun legittimo affidamento, possa invocare la prededuzione per eventuali attività che abbia continuato ad eseguire dopo la dichiarazione di fallimento e sino allo spirare del termine di 60 gg. con il quale, senza alcuna dichiarazione contraria del curatore, matura la certezza dell'avvenuto scioglimento del rapporto. Si deve ritenere che la dichiarazione di subentro del curatore vada autorizzata dal comitato dei creditori o dal g.d., nel caso previsto dall'art. 41 comma 4. Si può altresì ritenere che l'idonea garanzia, nel caso di fallimento del committente, sia data dall'idoneità dell'attivo fallimentare a far fronte alla pretesa creditoria dell'appaltatore, mentre appare più problematico il rilascio di garanzie da parte di terzi. In caso di contrasto sulla garanzia offerta dal curatore, nel silenzio della norma si discute se il contraente in bonis possa contestarla attraverso il reclamo ex art. 36 l.fall. o se la questione debba esercitarsi con un giudizio di cognizione ordinaria davanti al tribunale fallimentare, competente ex art. 24 l.fall. Rispetto al fallimento del committente può porsi il problema della natura del credito degli appaltatori: in proposito si è osservato che il privilegio di cui all'art. 2751-bis n. 5, c.c. può riconoscersi solo ai crediti per corrispettivi di servizi prestati e vendite effettuate, ad esclusione dunque dei crediti derivanti da contratti d'appalto d'opera, attesa l'assenza della prevalenza dell'attività lavorativa rispetto ad altri fattori produttivi dell'impresa (Trib. Venezia, 17 maggio 2016). Fallimento dell'appaltatoreAnche nel caso di fallimento dell'appaltatore la regola generale è che il fallimento produce lo scioglimento del contratto, con effetto retroattivo, salvo che il curatore non dichiari di voler subentrare nel rapporto e che il committente non consenta detta prosecuzione se la considerazione soggettiva dell'appaltatore è stata la motivazione determinante del contratto. Coordinando il secondo comma con il primo deve quindi ritenersi che: a) il curatore abbia la facoltà esclusiva di determinare la continuazione del rapporto, senza la cui dichiarazione la procedura non può ritenersi vincolata a proseguire nella costruzione dell'opera o nella erogazione del servizio; b) nel caso in cui il contratto d'appalto si fondi su un rapporto fiduciario determinante, la volontà del curatore di proseguire il rapporto, dando garanzie, non è comunque sufficiente a consentire l'effettiva continuazione del rapporto, occorrendo il concorso della volontà del committente. Le idonee garanzie di cui parla la norma, attenendo in questo caso al lato appaltatore, sembrano più che di carattere finanziario di carattere tecnico, potendo ad esempio richiedersi ad un terzo imprenditore l'impegno a proseguire i lavori od a contribuire agli stessi per alcune fasi specialistiche in caso di incapacità della procedura fallimentare di portarli a termine (questa del resto è l'opzione tipica in materia di appalto pubblico dove si conosce la figura del c.d. avvalimento). Per il caso di contestazione dell'idoneità delle garanzie fornite dal curatore si pongono le medesime problematiche toccate precedentemente (reclamo ex art. 36 o giudizio ordinario davanti al tribunale fallimentare). Si è ritenuto che una volta che il contratto si sia sciolto, per qualsiasi causa, non può più essere invocata l'eccezione di inadempimento di cui all'articolo 1460 c.c., la quale presuppone l'esistenza di un contratto ancora in vigore; qualora, pertanto, si sia verificato lo scioglimento dell'appalto, anche di opera pubblica, per effetto della dichiarazione di fallimento dell'appaltatore, poiché, ai sensi dell'articolo 81, lo scioglimento ha efficacia ex nunc, dovranno essere fatti salvi gli effetti contrattuali già prodottisi ed all'appaltatore — e per esso al curatore fallimentare — spetterà il corrispettivo maturato per le opere eseguite, salvo ovviamente di risarcimento degli eventuali danni conseguenti al ritardo o al non corretto adempimento dell'appaltatore stesso (Cass. n. 4616/2015). Del pari, lo scioglimento del contratto di appalto in conseguenza del fallimento dell'appaltatore, a norma dell'art. 81 legge fall., costituisce un effetto legale «ex nunc» della sentenza dichiarativa e non é, quindi, causa di responsabilità della procedura nei confronti del committente, il quale, pertanto, è tenuto, a norma dell'art. 1672 c.c., al pagamento in proporzione, nei limiti in cui è per lui utile, del prezzo pattuito per l'intera opera, da determinare, specie nel caso in cui il corrispettivo sia stato pattuito a corpo anche con il ricorso a criteri equitativi, che il giudice può sempre utilizzare, anche d'ufficio, ove dia conto dei dati obiettivi utilizzati e del processo logico seguito (Cass. n. 21411/2013). In termini più generali, con riferimento agli eventuali crediti risarcitori del committente verso l'appaltatore fallito, si è osservato che la stipulazione del contratto d'appalto non richiede la forma scritta «ad substantiam», né «ad probationem», potendo lo stesso essere concluso anche «per facta concludentia», sicché, con riguardo all'effettiva esecuzione delle prestazioni per il cui corrispettivo la parte committente, che se ne assuma creditrice, chieda l'ammissione al passivo del fallimento dell'appaltatore, ben possono assumere rilevanza la prova testimoniale e il verbale «informale» di ricognizione delle opere incompiute dal fallito, se non specificamente contestato dalla curatela (che, nella specie, se ne è servita per l'autonoma quantificazione dei lavori incompiuti), neppure quanto alla sua opponibilità per carenza di data certa (Cass. n. 16530/2016). Problema pratico di rilievo attiene, inoltre, alla responsabilità solidale del committente per determinati debiti dell'appaltatore; sul punto si è rilevato che in materia di appalto, l'apertura del procedimento fallimentare nei confronti dell'appaltatore non comporta l'improcedibilità dell'azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell'art. 1676 c.c., per il recupero dei loro crediti verso l'appaltatore-datore di lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde all'esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell'insolvenza del debitore e, d'altra parte, si tratta di un'azione «diretta», incidente direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito (Cass. n. 515/2016). Appalto pubblicoIl tema non può che essere unicamente accennato in questa sede, stante la sua complessità e la recente riscrittura del T.U. Appalti. Si riporta il testo dell'art. 110 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il quale recita: «1. Le stazioni appaltanti, in caso di fallimento, di liquidazione coatta e concordato preventivo, ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione dell'appaltatore, o di risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 108 ovvero di recesso dal contratto ai sensi dell'articolo 88, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011,n. 159, ovvero in caso di dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto, interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori. 2. L'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta. 3. Il curatore del fallimento, autorizzato all'esercizio provvisorio, ovvero l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, sentita l'ANAC, possono: a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto; b) eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita o ammessa al concordato con continuità aziendale. 4. L'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto. L'impresa ammessa al concordato con cessione di beni o che ha presentato domanda di concordato a norma dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può eseguire i contratti già stipulati, su autorizzazione del giudice delegato, sentita l'ANAC. 5. L'ANAC, sentito il giudice delegato, può subordinare la partecipazione, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla necessità che il curatore o l'impresa in concordato si avvalgano di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, che si impegni nei confronti dell'impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto o alla concessione, nei seguenti casi: a) se l'impresa non è in regola con i pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti e dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali; b) se l'impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l'ANAC individua con apposite linee guida. 6. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo 32 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in materia di misure straordinarie di gestione di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione». Di interesse la seguente affermazione: è inopponibile alla massa il credito di regresso vantato dall'impresa di assicurazione, precedentemente escussa dalla P.A. appaltatrice, la quale non aveva però attivato il procedimento di rescissione in danno prima della dichiarazione di fallimento (App. Roma, 27 gennaio 2015). Il tema è discusso, in quanto altro indirizzo ritiene ammissibile l'insinuazione dell'impresa assicuratrice (o della banca garante) in caso di escussione della garanzia da parte della stazione appaltante, in caso di fallimento dell'appaltatore, ma colloca il relativo credito di regresso in sede chirografaria. Altro tema estremamente combattuto è quello della natura del credito spettante ai subappaltatori. Accanto, infatti, ad una posizione del S.C. estremamente liberale, che valorizza il dato testuale dell'art. 118 T.U. Appalti per ritenere che al pagamento corrisponda una utilità per la procedura e, quindi, ritiene prededucibile il credito del subappaltatore, si pone un indirizzo prevalente nella giurisprudenza di merito che nega tale qualità. Per il primo indirizzo: «...ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dall'art. 111 l.fall., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare» (nella specie, è stato ammesso in prededuzione il credito, sorto in periodo anteriore al fallimento, relativo al corrispettivo di un subappalto per il quale si è ritenuto applicabile l'art. 118 comma 3 TU Appalti) (Cass. n. 3402/2012). Per il secondo orientamento: in caso di fallimento della impresa affidataria al credito del subappaltatore non si applica l'art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 ostandovi l'art. 81, comma 2; non spetta quindi ai subappaltatori dell'affidataria fallita l'ammissione in prededuzione (Trib. Milano, 5 settembre 2014). Ed ancora, si è ritenuto che una corretta interpretazione dell'articolo 38 del d.lgs n. 163 del 2006 consente di affermare che, così come non possono essere stipulati contratti relativi ad opere pubbliche con imprese soggette a procedura concorsuale (salvo la specifica deroga relativa ai concordati con continuità aziendale), allo stesso modo detti contratti non potranno proseguire qualora le imprese contraenti vengano successivamente sottoposte a procedura concorsuale. Lo scioglimento del contratto di appalto pubblico conseguente alla sottoposizione del contraente a procedura concorsuale comporta l'impossibilità di applicare la disciplina dettata in tema di pagamento delle imprese affidatarie e subappaltatrici con particolare riferimento alla prededucibilità del credito del subappaltatore (Trib. Milano, 17 luglio 2014). Va dato conto che il nuovo testo unico dell'aprile 2016, in tema di appalti pubblici, ha abrogato il previgente testo dell'art. 118, togliendo così uno dei principali argomenti a favore della prededucibilità del credito del subappaltatore del fallito. Sul punto, per le interferenze in tema di concordato preventivo, si è ritenuto che in ambito concordatario, ove l'istanza di pagamento diretto formulata verso la stazione appaltante riguardi crediti concorsualizzati ed anteriori al deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall., non trova applicazione l'art. 118, comma 3-bis codice appalti (peraltro ormai abrogato per effetto del nuovo t.u. Appalti), bensì l'art. 182-quinquies l.fall. che costituisce norma speciale e consente al solo debitore in concordato con continuità di chiedere l'autorizzazione ad eseguire il suddetto pagamento, purché sia presentata un'attestazione «rafforzata» relativa a due concorrenti requisiti: a) che il pagamento attiene a prestazioni di beni o servizi essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa; b) e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori (Trib. Ravenna, 30 giugno 2016). Per le conseguenze del fallimento in tema di associazione temporanee di imprese, v. commento all'art. 78, sul mandato. BibliografiaAbete, Il curatore, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Panzani (a cura di), III, Torino, 2012; Bonfatti – Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011; D'Aquino – Delladio – Fontana – Mammone, Guida alla legge fallimentare, Milano, 2016; Di Marzio, Il contratto preliminare immobiliare nel fallimento, in Contratti in esecuzione e fallimento, a cura di Di Marzio, Milano, 2007; Dimundo, Sub art. 72, in Codice Commentato del Fallimento, Lo Cascio (diretto da), Milano, 2008; Fichera, I rapporti giuridici pendenti nel fallimento, in ilcaso.it, 14 febbraio 2014; Finardi, Facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare e aspetti innovativi dell'art. 72 l.fall., in Fall. 2008, 771; Genovese, Effetti del fallimento sui contratti in corso di esecuzione. 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