Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 82 - Contratto di assicurazione.

Alessandro Farolfi

Contratto di assicurazione.

 

Il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l'applicazione dell'art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.

Se il contratto continua, il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Inquadramento

La precedente formulazione dell'art. 82 è rimasta inalterata, stabilendo la regola fondamentale per cui il contratto di assicurazione non si scioglie a causa del fallimento dell'assicurato. Il contratto di assicurazione è definito dall'art. 1882 c.c. come quel contratto con il quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente la vita umana. La disposizione in esame disciplina il caso dell'assicurazione contro i danni ed è altresì applicabile all'assicurazione della responsabilità civile, che della prima costituisce un sottotipo (cfr. art. 1917 c.c.). Non è invece applicabile all'assicurazione sulla vita e contro gli infortuni, che sono rette dal principio previdenziale piuttosto che da quello indennitario e che, in caso di verificazione del sinistro dedotto in contratto (morte, sopravvivenza certo tempo, infortunio) danno luogo ad un credito dell'assicurato o degli eredi non pignorabile (cfr. art. 1923 comma 1). È invece assoggettabile a revocatoria da parte del curatore, qualora compiuto in frode ai creditori, il pagamento dei premi nei limiti di legge.

In termini generali, con riferimento all'influenza che il fallimento del danneggiante può determinare sulla pretesa risarcitoria da circolazione stradale, atteso il carattere litisconsortile del relativo procedimento, si è osservato che quando sia proposta una domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti del proprietario del veicolo che ha causato il danno e del suo assicuratore della responsabilità civile, il fallimento del primo comporta l'improseguibilità di qualsiasi domanda di condanna sia nei suoi confronti, sia nei confronti del suo assicuratore, con conseguente devoluzione al tribunale fallimentare, mediante istanza di ammissione al passivo, a meno che il danneggiato, dopo l'interruzione e la riassunzione del giudizio nei confronti della curatela, non rinunci ad ogni pretesa verso questa, ovvero dichiari formalmente che la richiesta condanna nei confronti del fallito debba intendersi eseguibile solo nell'ipotesi di ritorno «in bonis». (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto proseguibile sino al suo naturale epilogo un giudizio nel corso del quale la domanda risarcitoria, pur originariamente proposta in via cumulativa nei confronti della società assicurata, poi sottoposta a procedura concorsuale, e della sua assicuratrice, era stata validamente limitata alla sola richiesta di risarcimento verso quest'ultima) (Cass. n. 128/2016). Tale assetto ha superato positivamente il vaglio della Consulta, la quale a propria volta ha stabilito che è manifestamente inammissibile la q.l.c., sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 cost., dell'art. 1917, comma 2, c.c. e dell'art. 52 l.fall., nella parte in cui, nel loro congiunto operare, impongono ai titolari di crediti di risarcimento del danno connessi a lesioni del diritto alla salute o di diritti strettamente personali la partecipazione al concorso fallimentare, non consentendo loro il realizzo diretto sull'indennità dovuta dall'assicuratore, in relazione al contratto di assicurazione per i danni a terzi stipulato dal fallito quando era «in bonis»: la sollecitata introduzione nell'ordinamento di un'azione diretta — quella per il pagamento dell'indennità dovuta dall'assicuratore — è riservata alla discrezionalità del legislatore, a ragione del carattere eccezionale della materia fallimentare e della necessità di effettuare un bilanciamento tra valori contrapposti (Corte cost. n. 61/2010). Pur se la norma non è applicabile alle figure dell'assicurazione sulla vita e contro gli infortuni, occorre distinguere, secondo la giurisprudenza, fra verificazione del rischio dedotto in assicurazione, che dà luogo ad un pagamento sottratto all'attivo fallimentare, ex art. 46 n. 1) e 5) l.fall., dall'ipotesi di riscatto parziale o anticipato: qualora la compagnia assicuratrice abbia versato al fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, gli importi dovuti a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dallo stesso «in bonis», il pagamento così effettuato non assume funzione previdenziale e non rientra, pertanto, tra i crediti impignorabili ex art. 1923, primo comma, cod. civ., non compresi nel fallimento ai sensi dell'art. 46, primo comma, n. 5, l.fall., ma soggiace alla sanzione di inefficacia di cui all'art. 44, secondo comma, l.fall. (Cass. n. 2256/2015).

Fallimento dell'assicurato

Afferma l'art. 82 che il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario. Secondo l'opinione preferibile, quest'ultima espressione non corrisponde oggi ad un dato normativo realmente applicabile, rappresentando piuttosto un difetto di coordinamento con il nuovo art. 72, comma 6, secondo cui sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento. La norma, tuttavia, fa salva l'applicabilità dell'art. 1898 c.c. se dal fallimento deriva un aggravamento del rischio: l'assicuratore avrà quindi facoltà di recesso entro un mese dal giorno in cui ha avuto effettiva conoscenza dell'aggravamento del rischio, con effetto diretto o differito di 15 giorni a seconda che l'aggravamento del rischio sia determinante (ossia tale per cui la compagnia non avrebbe concluso il contratto), oppure semplicemente incidente (ossia tale per cui la compagnia avrebbe comunque concluso il contratto ma a condizioni diverse). La norma stabilisce che in caso di continuazione del rapporto, il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento. La norma riconosce un diritto prededucibile alla compagnia assicuratrice, stante il rapporto di durata del contratto non frazionabile nel suo adempimento e salvo che il rapporto contrattuale non si fosse già risolto ante fallimento ex art. 1901 c.c.

In tema di fallimento e di contratti pendenti, il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni salvo quanto disposto nell'art. 82 (Trib. Milano, 20 luglio 2010).

Fallimento dell'assicuratore

La norma non disciplina il caso del fallimento dell'assicuratore, posto che le imprese di assicurazione sono sottoposte a liquidazione coatta amministrativa.

Si è ritenuto che in materia di assicurazione della responsabilità civile, finché perduri lo stato di liquidazione coatta amministrativa dell'assicuratore, è inammissibile qualsiasi azione di condanna al pagamento di indennizzi assicurativi, proposta dinanzi al giudice ordinario, in quanto i crediti verso il sottoposto a tale procedura concorsuale vanno in seno ad essa accertati, concorrendo i relativi creditori al riparto dell'attivo (Cass. n. 2995/2016). Sull'ambito applicativo della tutela offerta attraverso l'impresa assicuratrice designata dal Fondo vittime della strada: in tema di risarcimento dei danni da circolazione stradale, la disciplina prevista dagli artt. 19 e 25 l. n. 990/1969 (ora art. 283 del d.lgs. n. 209/2005) concerne i soli casi in cui il sinistro sia stato cagionato o da veicolo non identificato, o da veicolo non coperto da assicurazione, oppure, ancora, da veicolo assicurato presso impresa che si trovi in stato di liquidazione coatta amministrativa al momento del sinistro, o vi venga posta successivamente. Ne deriva che, ove il danneggiato agisca in forza di polizza accessoria per danni al conducente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, e questa sia in seguito posta in liquidazione coatta amministrativa, l'azione non può essere proseguita né nei suoi confronti, né verso l'impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, occorrendo piuttosto che lo stesso danneggiato si insinui al passivo della procedura liquidatoria ed eserciti il proprio diritto in sede concorsuale (Cass. n. 5595/2015).

Bibliografia

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