Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 83 - Contratto di edizione.

Alessandro Farolfi

Contratto di edizione.

 

Gli effetti del fallimento dell'editore sul contratto di edizione sono regolati dalla legge speciale.

Inquadramento

La norma in commento si limita a rinviare alle disposizioni speciali in tema di contratto di edizione. Si tratta della normativa inerente il diritto d'autore, disciplinato dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, da ultimo modificata con legge n. 208/2015 e dal d.lgs. n. 8/2016, il cui art. 118 definisce il contratto di edizione come quel contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell'editore stesso, un'opera dell'ingegno. Detto accordo negoziale può avere per oggetto tutti i diritti di utilizzazione che spettano all'autore nel caso dell'edizione, o taluni di essi, con il contenuto e per la durata che sono determinati dalla legge vigente al momento del contratto. Se non risulta diversamente si presumono trasferiti i diritti esclusivi. Gli obblighi principali gravanti sull'autore sono i seguenti: a) consegnare l'opera nelle condizioni stabilite dal contratto e in forma che non ne renda troppo difficile o costosa la stampa; b) garantire il pacifico godimento dei diritti ceduti per tutta la durata del contratto; c) correggere le bozze. L'editore è a sua volta obbligato: i) a riprodurre e porre in vendita l'opera col nome dell'autore, ovvero in forma anonima o pseudonima se ciò è previsto nel contratto, in conformità dell'originale e nel rispetto della tecnica editoriale; ii) pagare all'autore i compensi pattuiti. Il contratto può essere a edizione o a termine, quest'ultimo non eccedente i venti anni (cfr. artt. 122, 125 e 126 l. n. 633/1941). Importante per la tematica in oggetto è l'art. 135, secondo cui il fallimento dell'editore non determina la risoluzione del contratto di edizione. Il contratto di edizione è tuttavia risolto se il curatore, entro un anno dalla dichiarazione del fallimento, non continua l'esercizio dell'azienda editoriale o non la cede ad un altro editore. Non viene disciplinato il caso del fallimento dell'autore: deve ritenersi che il curatore possa esercitare i diritti economici che derivano dal contratto (es. far valere i compensi maturati e maturandi), mentre all'autore resta il diritto esclusivo di pubblicare l'opera e di utilizzarla economicamente. Tale distinzione si desume dall'art. 111 della citata legge n. 633/1941, secondo cui i diritti di pubblicazione dell'opera dell'ingegno e di utilizzazione dell'opera pubblicata non possono formare oggetto di pegno, pignoramento e sequestro né per atto contrattuale, né per via di esecuzione forzata, finché spettano personalmente all'autore. Possono invece essere dati in pegno o essere pignorati o sequestrati i proventi dell'utilizzazione e gli esemplari dell'opera, secondo le norme del codice di procedura civile.

Con riferimento al riparto di competenze in questa materia si è osservato che sono azioni derivanti dal fallimento, ai sensi dell'art. 24 l.fall., quelle che comunque incidono sul patrimonio del fallito, compresi gli accertamenti che costituiscono premessa di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna; ne consegue che non rientra invece nella competenza funzionale del foro fallimentare, prevista dalla predetta norma, la domanda del terzo che, volta alla declaratoria di nullità di un contratto (nella specie, di edizione) stipulato dalla società fallita, abbia come scopo solo tale accertamento, sia pur ai fini di ottenere — mediante l'inibizione ad effettuare lo sfruttamento delle opere — la libera disponibilità dei relativi diritti, non assumendo, al riguardo, alcun rilievo che essi siano stati nel frattempo inventariati nell'attivo del fallimento, sia perché, comunque, in caso di nullità del contratto la società fallita non aveva acquisito alcun diritto, sia perché l'art. 103 l.fall. prevede l'obbligo di insinuare al passivo la domanda di rivendica dei beni in possesso del fallimento, ma non che tale forma sia da utilizzarsi per le domande di inibitoria che non comportino anche una riconsegna dei beni (Cass. n. 17279/2010).

Bibliografia

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