Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 102 - Previsione di insufficiente realizzo1.Previsione di insufficiente realizzo1.
Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell'udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura 2. Le disposizioni di cui al primo comma si applicano, in quanto compatibili, ove la condizione di insufficiente realizzo emerge successivamente alla verifica dello stato passivo3. Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma trasmettendone copia ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito4. [1] Articolo sostituito dall'articolo 87 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, con effetto a decorrere dal 16 luglio 2006. [2] Comma modificato dall'articolo 6, comma 6, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [3] Comma sostituito dall'articolo 6, comma 6, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [4] Comma modificato dall'articolo 17, comma 1, lettera i), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17. InquadramentoLo scopo della previsione è quello di evitare un inutile dispendio di risorse (Spadaro, 1322), evitando di procedere alla verifica dei crediti concorsuali, allorquando non sussistano concrete prospettive di soddisfacimento dei medesimi. Non può, invece, dirsi, che la previsione abbia finalità dirette di accelerazione della procedura, in quanto, come si vedrà, permane la necessità di accertare i crediti prededucibili, e di liquidare i beni rispetto ai quali detti crediti siano capienti. È però indubbio che il mancato accertamento del passivo, evitando un procedimento complesso e dispendioso (Fabiani, 1256) contribuisce indubbiamente a snellire anche i tempi della procedura, operando una sua radicale semplificazione. Non può ravvisarsi nella norma alcun effetto concretamente negativo per i creditori, considerando che l'accertamento produce effetti ai soli fini del concorso, traducendosi nella constatazione della impossibilità di soddisfare le pretese di creditori nel concorso medesimo (Fabiani, 1256), senza però in alcun modo estinguere tali pretese, che potranno sempre essere fatte valere nei confronti del fallito tornato in bonis. Presupposti ed effettiPresupposto per l'applicazione della previsione è la constatazione della impossibilità di acquisire attivo sufficiente per essere ripartito tra i creditori concorsuali (Fabiani, 1256). La valutazione è anche prospettica, nel senso che deve poter essere riferita anche alle prospettive future, non potendosi arrestare alla mera mancata realizzazione di atti al momento in cui viene presentata l'istanza del curatore. Da questo punto di vista assume rilevanza la valutazione del curatore circa le possibilità di recuperare attivo sia dalla liquidazione dei beni eventualmente acquisiti sia dalle azioni proponibili, tenendo anche conto delle concrete possibilità che il loro accoglimento poi possa portare ad una concreta fruttuosa esecuzione (Fabiani, 1257; Spadaro, 1323); nonché – nel caso delle società con soci illimitatamente responsabili — la valutazione sia del patrimonio dei soci già dichiarati falliti, sia del patrimonio dei soggetti che ancora potrebbero essere dichiarati falliti in estensione (Rampini-Francioso, 2113). La valutazione concerne i soli crediti concorsuali già insinuati e non si estende né ai crediti prededucibili (nello specifico i crediti contestati, come tali attratti nel procedimento di accertamento del passivo) né alle rivendiche, per i quali, quindi, l'accertamento deve comunque essere svolto (Fabiani, 1257; Menchini-Motto, 637; Montanari, 1561, Tedeschi, 773). La valutazione può essere espressa anche dopo la verifica dello stato passivo (delle tempestive), ed anzi in questo caso potrà basarsi su dati conoscitivi più qualificati (Fabiani, 1256). Anzi l'introduzione dell'obbligo di presentare il programma di liquidazione entro 180 giorni dalla sentenza di fallimento (art. 104-ter) dovrebbe contribuire all'accelerazione delle valutazioni che il Curatore deve compiere sull'entità dell'attivo, individuando anche un momento decisivo in cui valutare se avvalersi o meno della norma in commento. Il tutto ferma restando la rilevanza che, da questo punto di vista, può essere assunta anche dalla relazione ex art. 33 e dai rapporti riepilogativi successivi (Spadaro, 1323; Montanari, 1562). In questo caso ad essere arrestata sarà la fase di esame delle insinuazioni tardive, fermo restando l'obbligo di esaminare anche in questo caso le domande di rivendiche e le insinuazioni per crediti prededucibili (Fabiani, 1258). L'adozione del provvedimento ex art. 102 non oblitera né priva di effetti lo stato passivo delle domande tempestive che sia stato precedentemente dichiarato esecutivo, legittimando, quindi, i creditori ammessi a chiedere il decreto ingiuntivo previsto dall'art. 120 nei confronti del debitore tronato in bonis (Fabiani, 1258). Più dubbio è l'esito dei giudizi di impugnazione nelle more promossi in relazione allo stato passivo delle tempestive, essendosi prospettate, alternativamente, sia la prosecuzione, sia l'interruzione, sia la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse (Menchini-Motto, 639), sia l'improcedibilità, con facoltà di successiva prosecuzione nei confronti del fallito tornato in bonis (Fabiani, 1258). Non osta alla chiusura della procedura l'esigenza di consentire l'insinuazione dei lavoratori dipendenti, affiché gli stessi possano poi rivolgersi al Fondo di Garanzia I.N.P.S. per il t.f.r. e le tre ultime mensilità (art. 2 l. 29 maggio 1982, n. 297; art. 2 l. 27 gennaio 1992, n. 80). Con la circolare n. 32 del 4 marzo 2010, infatti, l'I.N.P.S. afferma l'ammissibilità dei lavoratori ai benefici indipendentemente dall'ammissione al passivo, previa produzione sia di copia del decreto ex art. 102, sia di un titolo esecutivo in favore del lavoratore accompagnato da un verbale di pignoramento negativo. Logica conseguenza è che anche l'I.N.P.S., una volta ammesso il lavoratore ai benefici, potrà esercitare il diritto di surroga legale nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis, in base all'art. 2, l. 29 maggio 1982, n. 297. Il problema, quindi, si propone a questo punto per i soli casi in cui il credito del lavoratore non sia assistito da un titolo che lo abbia accertato, ipotesi in cui il lavoratore dovrà preventivamente rivolgersi al giudice del lavoro per ottenere il titolo medesimo, eventualmente specificando che l'azione proposta contro il fallito non è finalizzata ad una insinuazione nel fallimento (Spadaro, 1327). Parimenti la chiusura ai sensi dell'art. 102 non impedisce al creditore di usufruire dei benefici in relazione all'imposta sui redditi e all'IVA ex artt. 101, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e 23, d.P.R. 11 novembre 1972, n. 633. Rapporti con la chiusuraProprio la circostanza che il decreto del tribunale concerne il solo accertamento dei crediti concorsuali, vale ad evidenziare la non sovrapponibilità tra la previsione in commento e la chiusura ex art. 118. A seguito del decreto che dispone non procedersi all'accertamento del passivo, infatti, la procedura ben può proseguire per l'accertamento delle rivendiche e dei crediti prededucibili nonché per la liquidazione dei beni che risultino anche solo in parte in grado di soddisfare i crediti prededucibili stessi (Fabiani, 1259). Ne consegue che qualora l'attivo fallimentare sia incapiente anche rispetto ai crediti prededucibili, e non abbia concrete prospettive di subire incrementi, la strada da seguire è quella della chiusura immediata ai sensi dell'art. 118, n. 4, senza transitare per il procedimento ex art. 102, che risulta superfluo (Cavalli, 609; Fabiani, 1259; Spadaro, 1322; Montanari, 1561; Tedeschi, 773). In un caso di totale assenza di attivo, in presenza di una richiesta del curatore ai sensi dell'art. 102, anziché ex. art. 118, n. 4 un tribunale ha ritenuto comunque di accogliere la richiesta anziché sollecitare la chiusura nei termini più corretti (Trib. Brescia, 13 dicembre 2007). Il procedimentoIl procedimento prende avvio da un'istanza del curatore, che risulta unico legittimato (Cavalli, 607; Rampini-Francioso, 2118) anche in considerazione del fatto che il curatore è l'unico soggetto ad avere tutti gli elementi per operare la valutazione (Spadaro, 1323), non essendo neppure contemplata un'attivazione d'ufficio (D'Orazio, 903; Tedeschi, 774). L'istanza deve essere depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di verifica dello stato passivo, anche se detto termine risulta ordinatorio (Fabiani, 1258), essendo l'adozione del decreto preclusa solo dalla declaratoria di esecutività dello stato passivo nelle more eventualmente intervenuta (Fabiani, 1258; Montanari, 1563). Essa deve essere corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, che costituirà anche la base del ragionamento e del percorso motivazionale della decisione del Tribunale. Sebbene non specificato lo stesso termine dovrebbe essere rispettato – con riferimento all'udienza fissata per l'esame delle tardive – nell'ipotesi contemplata dal secondo comma della norma in commento. L'istanza deve essere accompagnata dal parere – non vincolante (Fabiani, 1258) – del comitato dei creditori – che può anche essere tacito (Spadaro, 1324; Rampini- Francioso, 2117) — qualora lo stesso sia stato già nominato (mentre in caso contrario provvede il g.d. ex art. 41: Spadaro, 1324). Su di essa deve essere sentito il fallito, cui deve essere anche trasmessa la relazione del curatore (Rampini-Francioso, 2118). Mentre secondo alcuni tale audizione può essere fatta direttamente dal curatore, che potrebbe anzi raccogliere anche una dichiarazione scritta (Fabiani, 1258; Spadaro, 1324), secondo altri deve essere necessariamente svolta dal g.d. prima della decisione (Tedeschi, 775). Il decreto – assunto dal tribunale in composizione collegiale (Montanari, 1562) – deve essere motivato, e deve essere comunicato entro quindici giorni ai creditori, compresi quelli insinuatisi tardivamente, da parte del curatore. Secondo un'opinione, in presenza dei presupposti di legge il Tribunale risulterebbe vincolato alla decisione e dovrebbe accogliere l'istanza (Menchini-Motto, 638), ma è agevole prevedere che la decisione dissenziente del Tribunale avrà maggior ragione di basarsi su una diversa valutazione nel merito delle prospettive della liquidazione. È discusso se il decreto possa essere revocato dallo stesso tribunale, nell'ipotesi in cui successivamente si appuri la possibilità di soddisfare i creditori concorsuali, ma la natura del provvedimento appare del tutto compatibile con la revoca ex art. 742 c.p.c. (Rampini-Francioso, 2124; Tedeschi, 776), e risulta anche ragionevole, rispetto all'ipotesi di chiudere il fallimento pur in presenza di un attivo, e con la sola possibilità di assistere alla sua successiva riapertura (D'Orazio, 904; Fabiani, 1259; Spadaro, 1327), anche se non mancano voci contrarie alla revocabilità nell'ipotesi di mera rivalutazione di fatti pregressi, ammettendo invece che possano essere presi in considerazione fatti sopravvenuti (Montanari, 1565). Il decreto può essere espressamente reclamato — dai soli creditori che si siano insinuati (Spadaro, 1325) anche se tardivamente (Rampini-Francioso, 2122; Tedeschi, 776), anche se non mancano voci favorevoli a riconoscere la legittimazione anche al fallito (Spadaro, 1326) — innanzi alla Corte d'Appello, che decide previa audizione di curatore, comitato dei creditori e fallito. In caso di accoglimento del reclamo, gli atti verranno restituiti al tribunale affinché sia fissata una nuova udienza di verifica (Cavalli, 610; Fabiani, 1260), ed il decreto dovrà ritenersi non ricorribile in Cassazione in quanto privo di carattere di decisorietà (Fabiani, 1260). Non risultano, invece, espressamente disciplinati i profili: 1) dell'impugnazione da parte del curatore del decreto di diniego del tribunale; 2) dell'impugnazione del decreto di rigetto del reclamo pronunciato dalla Corte d'Appello. Quanto al primo profilo, la specialità della disciplina (Spadaro, 1327) induce ad escludere la possibilità di utilizzare il reclamo ex art. 26 (D'Orazio, 907; Tedeschi, 776), da alcuni sostenuta (Rosapepe, 59), ipotizzandosi anzi una legittimazione esclusiva dei creditori all'impugnazione (Fabiani, 1260; Montanari, 1564), ovviamente del solo decreto di accoglimento. Sembra però fatta salva la facoltà per il curatore di ripresentare in seguito l'istanza anche sulla base dei medesimi fatti e delle medesime valutazioni (Menchini-Motto, 642). Va, infine, ricordato che è stato ipotizzato un interesse ad impugnare il decreto di diniego da parte dei creditori prededucibili che vogliano evitare i costi dell'esame dello stato passivo. Quanto al secondo profilo, qualora si affermi la revocabilità del decreto, appare conseguente ritenere che lo stesso non abbia carattere decisorio e che quindi anche il provvedimento della Corte non sia ricorribile in Cassazione (Fabiani, 1260). Corretta è anche la considerazione circa il fatto che i creditori subiscono pregiudizio non da tale provvedimento ma dalla successiva chiusura del fallimento; e che comunque il mancato soddisfacimento anche solo parziale dei creditori concorsuali preclude l'esdebitazione del fallito (Cavalli, 610; D'Orazio, 907; Fabiani, 1260). Diversa è, invece, l'opinione di chi nega la revocabilità del provvedimento, approdando, conseguentemente, ad una sua valutazione in termini di definitività e decisorietà (Montanari, 1565; Menchini-Motto, 641; indirettamente, D'Orazio, 711; e, nonostante affermi la revocabilità ex art. 742 c.p.c., Tedeschi, 776). Nell'impossibilità di costituire il comitato dei creditori il parere può essere espresso dal g.d. ex art. 41 l.fall. (App. Venezia, 7 marzo 2012). 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Insufficienza di attivo. Domande di rivendica e restituzione, in Jorio (a cura di), Fallimento e concordato fallimentare, Milano 2016; Rosapepe, L'accertamento del passivo, in Buonocore-Bassi (diretto da), Trattato di diritto fallimentare, Padova 2011; Tedeschi, Le impugnazioni – Le domande tardive, in Didone (a cura di), La riforma delle procedure concorsuali, Milano 2016; Spadaro, Sub art. 102, in Ferro (a cura di), La legge fallimentare, Padova 2014. |