Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 107 - Modalità delle vendite 1 .

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Modalità delle vendite1.

 

Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicita', la massima informazione e partecipazione degli interessati . Le vendite e gli atti di liquidazione possono prevedere che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 569, terzo comma, terzo periodo , 574, primo comma, secondo periodo e 587, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile." In ogni caso, al fine di assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati, il curatore effettua la pubblicita' prevista dall' articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile , almeno trenta giorni prima dell'inizio della procedura competitiva2.

Il curatore puo' prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili 3.

Per i beni immobili e gli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio4.

Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.

Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.

Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità dell'esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all'articolo 51.

Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 94 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Inquadramento

La vendita forzata è la realizzazione coattiva del valore economico di un bene, la cui amministrazione e disponibilità è stata sottratta al debitore inadempiente rispetto ad una o più obbligazioni, nell'ambito di un procedimento legale nel quale i diritti di tutte le parti sono ugualmente garantiti. Essa realizza lo scopo di distribuire il tantundem tra i creditori, le cui pretese sono restate insoddisfatte, con il rispetto delle cause legittime di prelazione.

Comparando il modello sopra descritto con la vendita che si realizza nel processo fallimentare, quest'ultima, realizzandosi sicuramente attraverso un processo esecutivo speciale, concorsuale e universale, affidato, in ragione della nomina eseguita dal tribunale nella sentenza dichiarativa di fallimento, ad un organo cui la legge affida, come munus publicum, l'incarico della liquidazione e distribuzione del ricavato ai creditori, nel rispetto, anche qui, dei principi generali previsti dal codice civile ed in particolare della par condicio creditorum e delle cause legittime di prelazione, è sussumibile nel genus della vendita coattiva, pur appartenendo alla species della vendita fallimentare (Pajardi-Paluchowski, 602).

Generalità

In realtà, anche la vendita fallimentare si svolge in assenza o contro la volontà del debitore, opera in favore di tutti coloro i quali siano ammessi al passivo fallimentare e può essere opposta a coloro che hanno iscritto il proprio acquisto sul bene dopo il fallimento ai sensi dell'art. 45 l.fall. Inoltre, richiede che il curatore adempia all'obbligo di avvisare i creditori iscritti sui beni immobili e sui beni mobili registrati della imminente chiusura delle operazioni di vendita ai sensi dell'art. 107 l.fall., prevede che il giudice delegato debba ordinare la cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli effettuate in favore dei creditori pregressi ex art. 108 l.fall.; si impegna, senza dubbio, il disposto normativo di cui all'articolo 2916 c.c. La circostanza, peraltro, che l'attività di vendita sia eseguita da un soggetto non appartenente alla giurisdizione non è certo determinante e decisiva, soprattutto perché il legislatore ha stabilito, anche nelle vendite coattive ordinarie, la possibilità di delegare tutte le operazioni di vendita, ivi compresa la redazione del decreto di trasferimento, a soggetti professionalmente qualificati come i notai, gli avvocati o i commercialisti.

Deve, pertanto, essere riaffermata, anche dopo la riforma della legge fallimentare, la natura esecutiva e coattiva delle vendite fallimentari, anche se sono il risultato di attività non giurisdizionali. Tuttavia, il decreto correttivo, attraverso la introduzione del secondo comma dell'articolo 107 l.fall. ha inteso consentire l'utilizzo di disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili e, soprattutto, le conseguenze del ruolo del giudice delegato, quale giudice della esecuzione, garante di serietà e imparzialità della procedura di alienazione verso i terzi.

Il decreto correttivo ha pertanto consentito il recupero di questa funzione del giudice che si concreta in un ausilio all'attività del curatore e offre, per il medio della sua professionalità, le migliori condizioni di vendita. Inoltre interessa il maggior numero possibile di soggetti e viene integrativamente supportata dall'attività di alienazione formale, innanzi all'organo giudiziario. Ne discende che, in prospettiva futura, si potranno profilare, sulla base della nuova disciplina dettata dall'articolo 107 l.fall., forme e procedure di alienazione del tutto nuove e garantite da qualità di dinamismo, attraverso l'attività prodromica altamente specializzata e manageriale svolta dal curatore, e da garanzie di serietà e di imparzialità garantite dalla rinnovata presenza del giudice delegato per le operazioni formali di vendita coattiva dei beni (D'Aquino, 210).

In realtà, il venir meno del paradigma della esecuzione individuale, salva la previsione del secondo comma dell'art. 107 l.fall., aveva invero posto la dottrina di fronte all'interrogativo in ordine alla natura giuridica della vendita fallimentare, se possa continuare ad essere qualificata come coattiva (nel sistema previgente era questa la opinione dominante. Così Montanari, 88 ss.).

Per la giurisprudenza v. Cass. n. 303/1966; Cass. n. 58/1979; Cass. n. 7233/1983), ovvero debba essere, diversamente dal passato, ricondotta agli schemi della vendita privatistica.

Come detto, opta per la prima soluzione la dottrina prevalente (Panzani, 159 ss.; Fimmanò, 860 e 865). In realtà, si tratta sempre di una procedura che si svolge contro la volontà del debitore, prescindendo totalmente dal suo consenso e da una sua attività e che consiste nell'intervento di organi fallimentari nella gestione della liquidazione in luogo del debitore e nell'interesse del ceto creditorio. Ne consegue che la vendita forzata mantiene gli effetti sostanziali disciplinati dagli artt. 2919 e s., e ciò con particolare riferimento, per un verso, alla inopponibilità all'acquirente dei diritti spettanti ai terzi, se inopponibili nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti (ex art. 2919 c.c.) (Liccardo-Federico, 1806), e, per altro verso, alla impossibilità per i terzi titolari di diritti su beni mobili di far valere le proprie ragioni nei confronti dell'acquirente o di ripetere dai creditori la somma ricavata dalla vendita (art. 2920 c.c.) ed infine alla possibilità per l'acquirente evitto, in tutto o in parte, di esigere dall'ufficio fallimentare il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese e, a distribuzione avvenuta, la ripetizioni da ciascun creditore della parte riscossa (art. 2921 c.c.) (Liccardo-Federico, loc. cit).

Inoltre, deve essere esclusa, ai sensi dell'art. 2922 c.c., la garanzia per i vizi della cosa venduta (Liccardo-Federico, 1808), nonché delle azioni di rescissione (Caiafa, 599), di simulazione ) v. ex plurimis Cass. n. 519/1953), e di annullamento (Fimmanò, 866; Bonsignori, 73. In giurisprudenza, si v. Trib. Milano 25 marzo 1985, in Fall., 1985, 890; App. Firenze, 21 marzo 1969, in Dir. fall., 1970, 450; e Cass. n. 7233/1983).

Ne discende ancora la operatività dell'effetto purgativo della vendita forzata, effetto in base al quale l'acquirente acquista il bene libero da diritti di prelazione e dalle trascrizioni pregiudizievoli.

Ciò che deve essere precisato e ribadito è che anche la vendita fallimentare deve trovare la sua regolamentazione all'interno del programma di liquidazione, ai sensi del primo e secondo comma dell'articolo 107 l.fall., e ciò in ragione della più volte ricordata e menzionata funzione programmatoria del documento disciplinato dall'articolo 104-ter l.fall. (Fontana, 232).

Le vendite fallimentari prima e dopo la riforma della legge fallimentare

Il d.lgs. n. 5/2006 ha in realtà profondamente modificato la disciplina della vendita fallimentare.

Nel sistema previgente, l'art. 105 conteneva l'espresso richiamo alle disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione, quale quadro normativo di riferimento per le vendite fallimentari di beni mobili ed immobili, salva la loro compatibilità con la normativa fallimentare, e ciò con particolare riferimento agli artt. 106 e 108 l.fall. Pertanto, il quadro delle fonti normative delle vendite fallimentari si componeva, da un lato, della disposizioni della legge fallimentare in tema di vendite mobiliari ed immobiliari e delle disposizioni del codice di procedura civile relative all'esecuzione e, dall'altro, delle disposizioni del codice civile in tema di vendita forzata e delle disposizioni regolatrici della vendita di determinati beni non contenute nel codice di rito (Montanari, 37 ss.).

La vendita dei beni mobili era disposta e regolata dal g.d., ma nella prassi era il curatore che, nel rispetto del prezzo minimo indicato dal g.d., procedeva alla scelta del contraente. In realtà, il curatore procedeva alla vendita nelle sole ipotesi di vendita mobiliare a trattativa privata, di vendita in massa, nonché nell'ipotesi prevista dal previgente art. 104, comma 2, l.fall. Viceversa, nelle vendite mobiliari all'incanto, in base al rinvio operato dal previgente art. 105 alle norme del codice di rito, si applicava l'art. 534, comma 1, c.c. che ne affidava l'esecuzione al cancelliere, all'ufficiale giudiziario ovvero ad un istituto all'uopo autorizzato. Per quanto riguarda, invece, le vendite immobiliari, l'art. 108 ne riservava l'esperimento al g.d. e potevano svolgersi con il sistema dell'incanto o con quello senza incanto, previo assenso dei creditori muniti di prelazione sull'immobile, e ciò in base alle relative norme del codice di rito, essendo esclusa la vendita a trattative private, considerata nulla dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3624/2004).

Sotto il vigore della precedente normativa, le vendite erano poi subordinate all'avvenuto deposito del decreto di esecutività dello stato passivo ex art. 97 l.fall. il quale determinava la condizione di ingresso alle vendite fallimentari.

Il nuovo art. 107 l.fall. ha introdotto invece una disciplina unitaria per le vendite fallimentari, a prescindere dalla tipologia di bene (D'Aquino, 812 e ss.; Guglielmucci, 270; Paluchowscki, 1000 ss.).

La prima novità introdotta dalla riforma della legge fallimentare è rintracciabile in una tendenza alla deformalizzazione degli atti, che si concretizza, in primo luogo, nella esclusione dell'applicazione all'esecuzione concorsuale, della disciplina delle vendite forzate ordinarie che, nel regime previgente, rappresentava il paradigma delle vendite fallimentari (Montanari, Enc. Giur. Sole 24ore).

Inoltre, l'attività di liquidazione, non dovendo più attendere l'emissione del decreto di esecutività dello stato passivo, può svolgersi in contemporanea alle operazioni di accertamento dei crediti e dei diritti. Un'ulteriore novità riguarda i ruoli spettanti agli organi della procedura. In realtà, se nel sistema previgente l'attività di liquidazione era propriamente giurisdizionale, attività in cui il giudice delegato operava come giudice dell'esecuzione, e al curatore venivano affidate sono le vendite urgenti (ex artt. 104, comma 2, e 84, comma 3, l.fall., ed il ruolo del comitato dei creditori era sostanzialmente irrilevante, ora, nel nuovo quadro normativo, il ruolo centrale è affidato al curatore, con poteri di veto spettanti al comitato dei creditori e limitati funzioni di controllo in capo al giudice delegato (Benzi, 1254).

Tuttavia, va aggiunto che le modalità di vendita, discrezionalmente scelte dal curatore nell'ottica del miglior realizzo ed indicate nel programma di liquidazione ex art. 104-ter l.fall., pur essendo oggi improntate al principio della libertà delle forme, devono conformarsi al rispetto di alcuni parametri basilari e inderogabili. Ed invero, il primo comma dell'articolo 107 l.fall. impone, da un lato, l'adozione di procedure competitive, dall'altro, la determinazione del valore di stima come base di partenza per la procedura di liquidazione e, infine, la garanzia della massima informazione e partecipazione degli interessati attraverso l'utilizzo di adeguate forme di pubblicità (Ambrosini, 649; Castagnola, 372)

I principi inderogabili della liquidazione endofallimentare

Si è precisato che, in materia di liquidazione fallimentare, la nozione di procedure competitive debba essere definita «come un modello decisionale di selezione dell'aggiudicatario che assuma a suo connotato intrinseco l'apertura della competizione fra gli offerenti» (Liccardo-Federico, 1785).

Non sembra che sia necessaria, per l'espletamento della procedura competitiva, una vera e propria gara giacché vengono ritenute essenziali le modalità procedurali aperte, tali da garantire la partecipazione ad una pluralità di soggetti ed assicurare il miglior realizzo.

Secondo la normativa precedente, la natura del bene (mobile o immobile) determinava, come già sopra rilevato, la disciplina liquidativa applicabile.

Come accennato, la vendita dei beni mobili veniva disposta e regolata dal giudice delegato, ma di norma materialmente effettuata dal curatore, ed era improntata ad una notevole libertà, potendo avvenire anche con il sistema della trattativa privata, in cui il curatore, vincolato in genere solo al rispetto dei limiti indicati dal g.d., soprattutto in tema di prezzo, sceglieva il contraente e le caratteristiche operative dell'alienazione secondo il suo prudente apprezzamento, potendo contattare direttamente i soggetti ritenuti interessati ed individuare in tale modo la proposta più vantaggiosa, o perfino aderire alla prima offerta sottopostagli, ove avesse ritenuto improbabile l'acquisizione di migliori offerte. Per gli immobili, le prescrizioni di legge erano, invece, rigorose e dettagliate: le vendite venivano effettuate dal giudice delegato e potevano svolgersi esclusivamente con il sistema dell'incanto o con quello senza incanto, entrambi disciplinati dalle norme dettate dal c.c. per le procedure esecutive individuali (rispettivamente artt. 576 ss. e 570 ss.).

L'attuale articolo 107 l.fall. detta ora una disciplina unitaria per le vendite (nonché, espressamente, per «gli altri atti di liquidazione») effettuate in sede fallimentare, indipendentemente dal tipo di bene in questione.

Come ampiamente detto in precedenza, con la riforma viene superata la distinzione tra vendita mobiliare e vendite immobiliari, così come nell'ambito di queste ultime, cade ogni riferimento alla forma con incanto o senza incanto, regolate dal processo esecutivo individuale, da cui la liquidazione fallimentare si discosta.

Non muta tuttavia la natura della vendita che resta coattiva, ossia eseguita contro la volontà del debitore e finalizzata alla soddisfazione dei creditori. Il curatore dovrà quindi espletare, come prescrive l'art. 107 l.fall., procedure competitive per ogni atto di liquidazione, consentendo, così, la parità di condizioni di partenza ai soggetti interessati, attraverso adeguate stime e fornendo una adeguata pubblicità che garantisca la massima informazione. Egli si potrà rivolgere anche a soggetti specializzati — i cui requisiti soggettivi devono essere individuati con apposito regolamento da emanarsi da parte del Ministero della Giustizia (cui è affidato anche il compito di stabilire i mezzi di pubblicità e di trasparenza che il curatore dovrà adottare).

Per i beni di modesto valore il curatore sembra invece esonerato dalla predisposizione della stima.

Nel caso di immobili, il curatore deve eseguire la notifica ai creditori ipotecari iscritti o con privilegio sul bene in un momento precedente al completamento delle operazioni di vendita, mentre al giudice delegato viene data informazione dell'esito delle vendite, con il deposito in cancelleria della relativa documentazione.

Il Giudice delegato può in ogni momento intervenire per sospendere la procedura di vendita, ma solo su istanza di creditori, del comitato o di un terzo, e per gravi motivi, mentre può impedirne il perfezionamento, sempre su istanza di parte, entro dieci giorni dal deposito degli esiti della procedura in cancelleria per l'informazione al giudice delegato.

Il potere ostativo si fonda comunque su una valutazione tecnica dalla quale risulti una notevole differenza tra prezzo offerto e quello giusto secondo le condizioni di mercato.

Vista la scansione temporale della procedura, se ne dovrebbe dedurre che il perfezionamento della vendita avvenga solo dopo decorso il sopra riferito temine, ed in assenza di un provvedimento ostativo del giudice delegato.

Il provvedimento che sancisce il trasferimento non sembra tuttavia di competenza del giudice, che invece provvederà, una volta riscosso interamente il prezzo, ad emettere un decreto purgativo delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli su immobili o beni mobili registrati (art. 108 l.fall.).

Tale norma intende riaffermare la natura giurisdizionale della vendita, come effetto tipico, pur in un contesto nel quale il ruolo del giudice non è più quello dell'organo che esprime la volontà necessaria per la vendita e nel quale questa è invece riconducibile direttamente al curatore.

Si tende a enucleare tre principali tipologie di procedure competitive.

La prima è la vendita a trattativa privata.

Essa è in realtà utilizzabile in presenza di beni di modesto valore perché consente di giungere ad una rapida alienazione e monetizzazione del bene (Liccardo-Federico, 1789; Iozzo, 274).

La trattativa privata ha la caratteristica di relazionare in maniera del tutto informale il curatore con i soggetti interessati. Servirà come modello di rapida alienazione di beni che, per il loro modesto valore economico, non richiedano di manifestare quella connotazione di terzietà e di evidenza concorsuale nell'assunzione di modelli competitivi.

La seconda è la vendita a procedure competitive semplificate: è in realtà la vendita a licitazioni private, finalizzata alla realizzazione della migliore alienazione e consistente in gare tra offerenti, delle quali devono essere predeterminati il prezzo base, il luogo di deposito delle offerte e le modalità di corresponsione (Liccardo-Federico, op. loc. cit.). Per la giurisprudenza, qualora il curatore opti per una procedura competitiva deformalizzata ex art. 107, comma 1, l.fall., l'avviso di vendita costituisce nondimeno la "lex specialis" di essa, fissando regole inderogabili di trasparenza e correttezza anche a salvaguardia della parità fra gli offerenti; da ciò deriva che, ove lo stesso preveda la decadenza dell'aggiudicatario per mancato versamento del saldo prezzo nel termine indicato, non sia concedibile una proroga "ex post", a richiesta dell'interessato, salvo che questi non dimostri di essere incorso nella decadenza per causa non imputabile, secondo quanto previsto dall'art. 153, comma 2, c.p.c. (Cass. I. ord. n. 26076/2022).

Il curatore dovrà poi provvedere al deposito in cancelleria della documentazione relativa allo svolgimento della suddetta procedura competitiva al fine di consentire il controllo da parte del g.d. e del comitato dei creditori. Si tratta dunque di proporre un invito ad offrire a soggetti interessati previamente selezionati da una fase esplorativa condizionata dalle imprescindibili forme di pubblicità disposte sui singoli beni. Rispetto alla trattativa privata tale forma di vendita si differenzia sostanzialmente per il fatto che la prima prescinde da qualsiasi possibile competizione tra gli offerenti (e tale possibilità come detto può riguardare esclusivamente beni di modesto valore). Il requisito minimo che si può richiedere, in questa struttura semplificata, è che sia fornita adeguata informativa degli elementi di base della vendita quali il prezzo, le modalità di pagamento e ogni altro elemento che possa condizionare la proficua alienazione dei beni, quale, ad esempio, l'asseverazione dell'offerta in forza di caparra confirmatoria.

La terza procedura è quella della vendita a procedure competitive rigide, le quali ripropongono lo schema operativo delle vendite con e senza incanto. Sono, tuttavia, da escludersi le procedure che prevedano le offerte in busta chiusa, senza successiva gara, o il subentro automatico dell'ultimo degli offerenti in aumento in caso di inadempimento dell'acquirente (Liccardo-Federico, 1790 s.).

È lo schema che si può ipotizzare come maggiormente utilizzato nelle vendite fallimentari di un certo rilievo. Non sarà dissimile, pertanto, dalla vendita con incanto o dalla vendita senza incanto, sia pure rivisitate secondo un criterio di maggiore flessibilità. Occorre, dunque, un bando d'asta con ampia diffusione che suddivida in blocchi i beni posti in vendita, indichi un prezzo-base d'asta, imponga la forma scritta per la formulazione dell'offerta, disponga l'asseverazione dell'offerta tramite il deposito di una caparra, stabilisca il luogo di apertura delle buste e dell'eventuale gara tra gli offerenti, la misura minima degli aumenti di prezzo, il termine per il versamento del residuo prezzo. Tale schema nella sua rigidità costituisce e rappresenta la maggiore garanzia di imparzialità richiedibile nella procedura di vendita competitiva.

La affermata deformalizzazione delle procedure di vendita, nonostante la conseguente negozialità ed informalità delle forme e l'accentuato profilo di centralità attribuibile al curatore nella fase di liquidazione, contrariamente a quanto temuto, non potrebbe compromettere, come detto, la natura giurisdizionale della vendita fallimentare. Anche in ragione di quanto disposto nel terzo comma dell'articolo 107 l.fall., che espressamente impone al curatore di procedere alla notificazione a ciascuno dei creditori ipotecari, o comunque muniti di privilegio, della notizia relativa allo stato del operazioni di vendita, in corso di completamento (Ferro, 830).

Invero, il permanere della funzione purgatrice, quale conseguenza delle vendite fallimentari, impone l'informazione ai creditori che subiranno la cancellazione della propria prelazione. L'esigenza informativa nasce, in realtà, dalla considerazione che i titolari di diritti di prelazione si vedono trasferire il loro diritto reale di garanzia dal bene immobile al corrispettivo ricavato dalla vendita e per tale trasmissione la legge richiede che siano messi in condizione di dolersi in via preventiva qualora ritengano fondatamente lesa la loro pretesa. La norma limita l'obbligo della comunicazione ai casi di vendita di beni immobili e bene mobili registrati. Restano quindi esclusi gli altri crediti con privilegio mobiliare, speciale e generale. La comunicazione va eseguita mediante notificazione da parte del curatore che, secondo una prassi consolidata, potrebbe essere compiuta anche con invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Se l'immobile costituisce una componente dei beni che costituiscono un'azienda oggetto di vendita fallimentare, la notifica deve contenere precise notizie sulla parte di prezzo attribuibile, seppure con metodo proporzionale, all'immobile facente parte del complesso aziendale.

Va comunque precisato che l'effetto traslativo è comunque connesso alla successiva stipulazione del contratto di vendita, in quanto l'aggiudicazione al miglior offerente, in base alle procedure competitive, si limita all'individuazione dell'acquirente (Liccardo-Federico, 1791).

Il contratto di vendita è sottoposto al requisito di forma prescritto dall'art. 1350 c.c., nonché agli effetti sostanziali della vendita coattiva.

Le procedure competitive

La tecnica adottata dal legislatore del 1942, che operava il rinvio, salva la clausola di compatibilità, alle norme del codice di rito al fine di individuare le modalità e le procedure di vendita, è stata definitivamente abbandonata. In buona sostanza, la fase esecutiva della liquidazione non prevede più forme tipiche di vendita, non sussistendo il richiamo delle norme sull'esecuzione forzata che era contenuto nell'articolo 105 l.fall. né molteplici modelli di relazione di stima, né altri modelli tipici di pubblicità legale ovvero di informazione dei creditori ipotecari. La deformalizzazione appare totale e in tal senso il legislatore ha inteso operare definitivamente la sua scelta.

Al punto che si è ritenuto che «Così l'articolo 107 riformulato è diventato il paradigma di ogni vendita, essendo stata soppressa la indicazione del suo utilizzo solamente per i beni immobili. La norma in qualche modo aveva già una sua intrinseca vocazione a fungere da modello generale, in quanto prevede che le vendite si devono eseguire adottando procedure competitive, eventualmente avvalendosi di soggetti specializzati, previa obbligatoria attività di stima che viene esclusa soltanto per i beni di valore decisamente modesto, in ogni caso dopo aver eseguito la pubblicità adeguata al caso, che persegue lo scopo di ottenere una partecipazione alla vendita del maggior numero di interessati possibili. Ciò fa sì che si possa adottare qualunque forma di vendita, purché motivatamente la si indichi come quella più adatta alla situazione concreta. La scelta può andare dalla vendita a trattativa privata, a quella mediante commissionario ed istituto vendite giudiziarie, all'asta senza incanto, che il legislatore ordinario ha recepito come modello ideale, invertendo il precedente orientamento contenuto nel codice di rito, a quella con incanto, ogni forma idonea purché si utilizzino modalità che siano competitive, che consentano quindi la maggiore partecipazione e trasparenza possibile» )Pajardi-Paluchowski, 604).

In definitiva, non ha rilevanza il tipo legale di vendita concretamente scelto, quanto piuttosto la preoccupazione che il meccanismo per individuare il miglior contraente, con il quale concludere la vendita fallimentare, venga sempre preceduto da formale di pubblicità idonee rispetto al bene ed accompagnato dalla raccolta delle offerte compiute di regola con formalità che assicurino l'anonimato e la non preventiva conoscenza, da parte dei soggetti partecipanti, dell'esistenza di altri interessati all'acquisto del medesimo bene.

Va aggiunto che, a protezione della massa e del fallito dal rafforzato potere gestionale del curatore, è stato assicurato dal legislatore, da un lato, il presidio del provvedimento giudiziale di autorizzazione alla vendita in esecuzione del programma di liquidazione ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 104-ter l.fall. e, dall'altro, l'obbligo di depositare la documentazione relativa agli esiti delle procedure competitive con la conseguente informazione del giudice delegato e del comitato dei creditori (Pajardi-Paluchowski, 605).

Ciò determina la conseguenza che, per un verso, il giudice delegato, qualora accerti discrasie tra quanto previsto nel programma di liquidazione e quanto richiesto in sede di autorizzazione ex art. 104 ter, ul.comma, l.fall., ben potrà negare il provvedimento autorizzatorio alla esecuzione della vendita e, dall'altro, i creditori, il fallito ed i terzi interessati avranno la possibilità, attraverso il canale informativo sopra descritto, di intervenire nella procedura di vendita, chiedendo al giudice delegato la sospensione della vendita.

Va anche precisato, per completezza di analisi, che una delle caratteristiche tipiche delle vendite coatte che trovava ingresso nel processo fallimentare consisteva nel separare le operazioni di cessione in due momenti sostanziali: il primo si concretizzava nell'aggiudicazione, e a sua volta si distingueva in «aggiudicazione provvisoria» e in «aggiudicazione definitiva»; ed il secondo momento era l'atto con cui il giudice dell'esecuzione, rectius giudice delegato, esercitava il suo potere di trasferimento al soggetto selezionato secondo la tipologia di vendita adottata.

In realtà, l'aggiudicazione poteva avvenire in un solo contesto, ad esempio all'esito di una gara nel caso delle vendite senza incanto, oppure in un momento successivo, decorsi i termini per l'aumento di un quinto ovvero all'esito di un'ulteriore gara tra il nuovo offerente e l'aggiudicatario provvisorio. Vi era comunque una scissione tra il momento in cui l'offerta era ritenuta valida e l'atto conclusivo dell'intervento autoritativo del giudice. La fase successiva all'aggiudicazione — fino al trasferimento operata dal giudice con decreto — poteva anche rappresentare l'occasione per un'ulteriore riflessione circa l'effettivo raggiungimento, con la modalità di vendita attuata, del miglior prezzo possibile sul mercato, onde tutelare gli interessi dei creditori procedenti o, nel fallimento, dei creditori concorsuali.

Il precedente articolo 108 stabiliva, invero, al comma quarto, il potere-dovere del giudice delegato di sospendere la vendita, qualora ritenesse il prezzo offerto notevolmente inferiore a quello giusto.

Questa scissione, o meglio non contestualità dell'effetto traslativo del processo di selezione dell'acquirente, appare riaffacciarsi in tema di modalità di vendita dettate dalla nuova legge fallimentare.

In realtà, vi è un ampliamento del potere di sospensione, ora attribuito anche allo stesso curatore, e, in ogni modo, vi è una prima fase di completamento della procedura di vendita, presumibilmente da identificarsi nell'individuazione finale di un acquirente, che — prima di essere definitivamente conclusa con il trasferimento della proprietà, ossia con la fuoriuscita del bene dalla massa attiva del fallimento — deve essere portata all'attenzione del giudice delegato e del comitato dei creditori, come detto attraverso il deposito nella cancelleria della relativa documentazione, come statuisce il comma terzo dell'art. 108.

Ne consegue che, per un verso, la gara competitiva si concluderà, in un primo momento, con individuazione del miglior offerente («aggiudicatario provvisorio») alla luce delle modalità fissate nel programma di liquidazione e riportate nel c.d. «bando» della pubblicità eseguita per la vendita; e che, per altro verso, sarà necessaria la redazione del processo verbale della gara nel quale il curatore non mancherà di specificare che la vendita non è ancora eseguita e che il c.d. aggiudicatario provvisorio è solo il soggetto che, a seguito della gara, è risultato essere il migliore offerente provvisorio.

L'atto conclusivo del trasferimento vedrà come parte il curatore e, nel caso di beni soggetti alla trascrizione sui libri fondiari, sarà stipulato con l'acquirente innanzi al notaio rogante, ma dopo il decorso del termine di dieci giorni dal deposito documentale nella cancelleria sugli esiti della fase di selezione, ed in assenza di provvedimenti di sospensione o interruttivi da parte del giudice.

L'atto finale del procedimento di liquidazione dei beni fallimentari tramite procedure competitive è soggetto a impugnazione e vi ha interesse il partecipante non aggiudicatario, che deduca l'irregolare svolgimento della gara, anche quando i beni siano ormai venduti, poiché l'ampia discrezionalità riconosciuta al curatore dall'art. 107 l.fall. non esonera dal rispetto delle regole minime di correttezza e trasparenza, normalmente consacrate nell'avviso di vendita, e la loro inosservanza, inficiando la validità delle operazioni, si traduce nell'illegittimità dell'aggiudicazione, la quale, a sua volta, determina l'invalidità derivata dell'atto conclusivo della procedura, consentendone l'impugnazione da parte di tutti gli interessati. (Cass I, ord. n. 21007/2022).

Stima e pubblicità

Per assicurare il rispetto della disposizione dell'art. 107 l.fall., occorre, innanzi tutto, partire dalla stima dei beni che deve essere effettuata da soggetti specializzati, che esplicheranno l'attività valutativa con opportune relazioni dettagliate e documentate, che, nel caso di beni immobili, devono prevedere l'identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali, una sommaria descrizione del bene, lo stato del bene in relazione alla sua attuale detenzione, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato (e ciò con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento), l'esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene, che resteranno a carico dell'acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artisitico, la verifica della regolarità edilizia (Mastrogiacomo, 394).

La relazione valutativa, in questo caso, dovrà esporre in modo esauriente i criteri di estimo, ma con descrizione analitica anche dei singoli componenti il complesso produttivo, il loro stato giuridico e materiale, senza tralasciare di individuare con esattezza anche la presenza delle risorse umane, e, in particolare, i rapporti di lavoro in essere, nonché gli accordi sindacali sul trattamento dei dipendenti. Tutte notizie queste che servono agli interessati per un investimento consapevole, in conformità alla regola della massima trasparenza, rendendosi invero necessaria un'informazione corretta sui possibili rischi economici dell'investimento (Mastrogiacomo, 394).

Per quanto concerne gli obblighi pubblicitari, va ricordato che, nel vigore del vecchio sistema, incentrato sulla facoltatività delle forme pubblicitarie delle vendite, disposte dal g.d. e spesso consistenti nell'inserzione del bando in uno o più giornali, vi era una forma di pubblicità obbligatoria, relativa ai beni immobili, che prevedeva l'affissione di un estratto del relativo provvedimento, per tre giorni, all'albo del tribunale.

La riforma invece ha generalizzato la previsione di pubblicità dei bandi di vendita, stabilendo la scelta verso forme e modalità di pubblicità adeguate al fine di consentire la «massima informazione e partecipazione degli interessati» (Guglielmucci, Diritto fallimentare, 242).

La finalità degli adempimenti pubblicitari è di fornire ai soggetti interessati la massima trasparenza informativa, posto che la vendita dei beni avviene nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, salva la responsabilità in caso di false informazioni cui sia conseguito un danno all'acquirente (Guglielmucci, o loc. cit.).

Il terzo comma dell'art. 107 prevede ulteriori obblighi informativi in capo al curatore e destinati ai creditori titolari di un diritto di prelazione sui beni immobili e beni mobili registrati, ossia ai creditori ipotecari iscritti e a quelli titolari di un privilegio speciale immobiliare. Oggetto delle informazioni, da notificarsi ai predetti soggetti, sono le condizioni, le modalità ed il prezzo di vendita. È altresì riconosciuta la proponibilità da parte del creditore destinatario della mancata notifica del reclamo al g.d. ai sensi dell'art. 36 (Guglielmucci, Diritto fallimentare, 271).

Le comunicazioni ai creditori devono collocarsi «prima del completamento delle operazioni di vendita», ossia prima del deposito della documentazione ai sensi del successivo comma 5, in modo tale da consentire ai creditori di proporre, entro dieci giorni dal predetto deposito, istanza di sospensione ex art. 108.

Il 5 comma, poi, dell'art. 107 sancisce l'obbligo per il curatore di informare, mediante deposito in cancelleria della relativa documentazione, il giudice delegato ed il comitato dei creditori circa gli «esiti delle procedure». La documentazione da depositarsi comprende, da un lato, l'autorizzazione del g.d. ex art. 104-ter, ul. comma, l.fall. e la stima e la pubblicità effettuate, e dall'altro, le offerte d'acquisto pervenute, la scelta del curatore in ordine alla migliore offerta e le relative condizioni ed il verbale dell'eventuale gara espletata tra i vari potenziali acquirenti.

La finalità di questo obbligo è di garantire trasparenza nella gestione della procedura di liquidazione e di consentire al g.d. e al comitato dei creditori la verifica della effettiva corrispondenza dell'operato del curatore ai contenuti del programma di liquidazione approvato (Paluchowscki, 1005).

L'omesso deposito della documentazione è condotta del curatore reclamabile ex art. 36 l.fall. in quanto integrante una violazione di legge, rilevante anche sotto il profilo della possibile revoca dello stesso ai sensi dell'art. 37 (Paluchowscki, 1006).

Il subentro del curatore nelle procedure esecutive pendenti

La nuova formulazione dell'art. 107 l.fall. consente il subentro del curatore in tutte le procedure esecutive pendenti, limitato nel sistema previgente, alle sole espropriazioni immobiliari (D'Aquino, 824).

Il subentro non è automatico, ma dipende dalla scelta discrezionale del curatore basata su ragioni di convenienza (Paluchowscki, 1011).

Il subentro determina la successione nel diritto al ricavato spettante al creditore procedente ed ai creditori intervenuti, con conseguente trasmissione al riparto fallimentare di ogni ricavato già acquisito e di ogni funzione distrattiva dello stesso. Si ritiene necessaria la costituzione in giudizio del curatore con il ministero di un difensore, in ragione del venir meno dell'automatismo del subentro (Paluchowscki, op. loc. cit.).

Laddove invece il curatore non opti per il subentro, il giudice dell'esecuzione, su istanza del curatore, dichiara la improcedibilità della procedura esecutiva, salvi i casi di deroga di cui all'art. 51 l.fall., come nella ipotesi di credito fondiario, per la quale, pur essendo possibile la prosecuzione della procedura esecutiva, sussiste la necessità dell'insinuazione al passivo.

Deve ritenersi che gli effetti sostanziali del pignoramento, quali la inopponibilità di cui all'art. 2913 c.c. o la irrilevanza ex art. 2916 c.c. di ipoteche e privilegi iscritti dopo il pignoramento, permangono e risultano conservati anche se il curatore intenda proseguire la liquidazione in sede endofallimentare, chiedendo la declaratoria di improcedibilità (in questo senso v. Cass. n. 15103/2005; Cass. n. 13865/2002; e Cass. n. 4743/1997).

Ciò è spiegabile in relazione alla perdita del potere di impulso del creditore procedente e del corrispondente acquisto dello stesso da parte del curatore, come conseguenza automatica della declaratoria di fallimento.

In proposito è stato precisato che «Nell'ipotesi in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l'espropriazione di uno o più immobili del fallito, a norma dell'art. 107 l.fall. il curatore si sostituisce al creditore istante, e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell'esecuzione; pertanto, nell'ipotesi in cui il curatore ritenga di attuare altre forme di esecuzione, la procedura individuale non proseguita, su sua scelta, dal curatore, né proseguibile, ai sensi dell'art. 51 l.fall., dal creditore istante, diventa improcedibile, ma tale improcedibilità non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento, giacché nella titolarità di quegli effetti è già subentrato automaticamente e senza condizioni il curatore a norma dell'art. 107 l.fall.» (Cass. I, n. 3729/1999).

Le spese dell'espropriazione proseguita dal curatore sono prededucibili ex art. 111, n. 1, l.fall. (così, Ferrara-Borgioli, 593).

Nel caso in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l'espropriazione di un immobile del fallito, ai sensi dell'art. 107 l.fall., nel testo vigente prima della novella introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006, il curatore fallimentare subentra "ex lege" nella procedura esecutiva individuale, che si trasforma così in esecuzione collettiva i cui effetti sostanziali e processuali decorrono dal pignoramento, sicché rimane ferma l'inopponibilità degli atti traslativi trascritti posteriormente al pignoramento ma prima della sentenza di fallimento, anche se la medesima procedura sia stata successivamente dichiarata estinta dal giudice, ex art. 567, comma 3, c.p.c., per inerzia del curatore (Cass. I,  n. 5655/2019).

Il potere di sospensione della vendita

Accanto al potere del g.d. di sospendere il perfezionamento delle operazioni di vendita nei casi di cui all'art. 108 l.fall., la riforma ha previsto la facoltà, in capo al curatore, di sospendere la vendita qualora pervenga una proposta migliorativa tramite una offerta irrevocabile di acquisto per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo già offerto. Ebbene, la differenza tra queste due tipologie di sospensione sta nel fatto che il potere del curatore è preventivo e risponde all'esigenza di realizzare la liquidazione più proficua per i creditori (Gugliemucci, Diritto fallimentare, 280), mentre quello del g.d. è successivo e ha carattere sanzionatorio.

Pertanto, se il curatore, dopo la gara e prima di riferire di questa al giudice delegato ed al comitato dei creditori, riceve un'offerta irrevocabile d'acquisto che superi il prezzo ottenuto in gara di almeno il dieci per cento, potrà procedere all'auspicabile sospensione della vendita.

Appaiono evidenti sul piano sistematico le affinità della sospensione in esame rispetto alla fattispecie, prevista nel codice di procedura civile, dell'aumento di un quinto. Tali affinità si limitano al solo aspetto sostanziale e perseguono l'idea che in una procedura competitiva pubblica, al fine di ottenere il miglior risultato possibile, ad una fase primaria di selezione dell'offerente deve conseguire un'ulteriore possibilità, a determinate condizioni, affinché un terzo possa rilanciare in aumento. La norma — proprio perché il potere spetta al curatore che mette in gioco la propria responsabilità — detta presupposti sufficientemente precisi, o meglio, ricavabili dall'affermazione che deve trattarsi di offerta irrevocabile migliorativa del 10%. L'irrevocabilità della nuova offerta richiede la definizione preventiva in sede di bando di comportamenti certi e doverosi da parte dell'offerente, quali, ad esempio, la prestazione di una cauzione con il potere del curatore di incamerare la somma nel caso di desistenza.

Il potere di sospensione del curatore non dà alcuna certezza all'aggiudicatario provvisorio fino al deposito in cancelleria della documentazione attinente alla procedura di vendita, espletata.

Si è affermato, in proposito, che la scelta di sospensione della vendita sia lasciata alla discrezionalità della curatela (Liccardo-Federico, 1795).

Tuttavia, vi è chi ha ravvisato la doverosità di tale comportamento nell'ipotesi di serietà dell'offerta migliorativa, attestata dal contestuale deposito di una adeguata cauzione (Zanichelli, 255).

Riguardo al profilo temporale dell'offerta in aumento è da dirsi che questa debba intervenire prima che la vendita sia conclusa, ossia finché non sia intervenuta la stipulazione del contratto e non sia stato versato il prezzo (Cass. n. 11729/1993), e dunque prima del deposito da parte del curatore della documentazione ex art. 107, 5 comma, l.fall. e nonostante l'avvenuta notifica dello stato della liquidazione ai creditori privilegiati ed ipotecari nel caso di vendita di beni immobili o beni mobili registrati (Liccardo-Federico, 1796).

In realtà, la scelta di dare o meno ingresso all'offerta migliorativa, nonché le modalità seguite dal curatore possono integrare quei «gravi e giustificati motivi» tali da giustificare la sospensione delle operazioni di vendita da parte del g.d. ex art. 108 l.fall. (Liccardo-Federico, o loc. cit.).

L'esistenza della predetta facoltà di sospensione da parte del g.d. rende superfluo ogni problema circa la proponibilità o meno del reclamo ex art. 36 l.fall. contro la omessa sospensione del curatore, pure ritenuto ammissibile laddove la condotta della curatela integri una grave violazione del dovere di diligenza qualificabile come violazione di legge (Paluchowscki, op. loc. cit.).

È da questo momento che subentra l'ulteriore potere interdittivo, non officioso, del giudice.

Per essere efficace, quindi, l'offerta irrevocabile dovrà pervenire prima che la vendita sia conclusa.

In questo caso, il curatore dovrà indire una nuova gara, alla quale hanno diritto di partecipare il nuovo offerente, il precedente aggiudicatario e gli altri precedenti concorrenti.

Il giudice può impedire inoltre il perfezionamento della vendita se ne è fatta richiesta dal fallito, dal comitato dei creditori o da altri interessati entro dieci giorni dal deposito in cancelleria, da parte del curatore, dell'informativa sull'esito della gara ovvero se il prezzo offerto risulta notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato.

Tale potere di sospensione può riguardare le operazioni di vendita di qualsiasi bene di pertinenza fallimentare, senza alcuna preventiva esclusione, qualunque sia la modalità competitiva adottata, nella sola ricorrenza del presupposto della notevole sproporzione tra prezzo offerto, con evidente ampiezza dei poteri valutativi concessi al Giudice delegato (Liccardo-Federico, 1803).

Dal testo dell'art. 108 l.fall. la nozione di giusto prezzo, rispetto alla quale valutare la sussistenza di una «notevole» inferiorità di quello allo stato raggiunto, va ricavata «tenuto conto delle condizioni di mercato».

L'articolazione delle disposizioni normative in materia di sospensione delle vendite fallimentari impone alcune riflessioni con riguardo, soprattutto, al caso di un'aggiudicazione provvisoria a prezzi non congrui (Mastrogiacomo,op. loc. cit).

La combinazione del potere del curatore e del giudice delegato sembra avere una scansione coerente: fino al deposito della documentazione in cancelleria, di cui al quinto comma dell'articolo 107, compete al curatore, seppur in un ambito più circoscritto, ossia alla presenza di un'offerta irrevocabile migliorativa del 10%; mentre, nella fase successiva a tale momento, compete al giudice delegato, con una limitazione temporale, ma con un potere valutativo più ampio, parametrato all'ingiustizia del prezzo ottenuto dal curatore, e tenuto conto delle condizioni di mercato.

Più complesso è il delineato rapporto tra il potere di sospensione del giudice delle operazioni di vendita ed il potere di interruzione del perfezionamento delle stesse (Liccardo-Federico, o loc. cit.).

Il potere di sospensione per gravi giustificati motivi appare come fatto immanente nel procedimento di liquidazione ed è volto a garantire l'effettivo esercizio di vigilanza da parte del giudice sul curatore e sul comitato dei creditori, quali soggetti cogestori della procedura, in particolare nella fase di liquidazione.

La definizione degli esatti confini di tale potere è di tutto rilievo poiché, ad esempio, se nei gravi motivi fosse compresa anche la circostanza della notevole ingiustizia del prezzo, come l'ampiezza della definizione sembrerebbe confermare, allora la possibilità di inficiare la vendita da parte del giudice scorrerebbe oltre i dieci giorni successivi al deposito degli atti in cancelleria, concessi agli interessati per denunciare al giudice le gravi irregolarità ed ottenere la sospensione (Mastrogiacomo, op. loc. cit).

Interpretato in tal modo, tuttavia, significherebbe sterilizzare il potere d'impedimento definito dall'art. 108 subito dopo quello di sospensione, che invece sembra cercare uno spazio autonomo, in una dimensione temporale definita, con l'obiettivo di dare certezza e stabilità alle vendite giudiziarie, le quali non si fondano sulla volontà dell'esecutato, ma del curatore.

Per quanto detto, il curatore non potrà stipulare il contratto di vendita con il c.d. aggiudicatario provvisorio, prima del decorso del termine di dieci giorni dal deposito in cancelleria dell'informativa al giudice delegato dell'esito dell'ultima gara.

Ma la stipulazione del contratto di vendita richiede la formale ed espressa manifestazione di volontà del curatore, consacrata in un atto scritto, ed il pagamento del relativo prezzo. Quindi, finché non saranno intervenuti questa manifestazione di volontà ed il pagamento del prezzo, il giudice delegato potrà emettere il provvedimento di sospensione della vendita, anche dopo la scadenza del predetto termine di dieci giorni dal deposito dell'informativa sull'ultima gara.

In altri termini il curatore ha il potere di vendere ma solo al momento in cui la procedura si è esaurita.

A questo punto appare opportuno precisare che l'atto traslativo, con il quale il curatore manifesta la sua volontà e perfeziona la vendita, deve essere stipulato in conformità alle norme civilistiche e pertanto se oggetto della cessione sono aziende (con o senza immobili) o sono immobili o quote sociali l'atto deve essere stipulato con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.

Per gli altri beni si segue il regime proprio dei beni stessi secondo le disposizioni civilistiche.

Va aggiunto che il giudice non dovrà emettere il decreto di trasferimento per la cessione degli immobili in quanto, come già accennato, non si seguono le norme di rito della espropriazione forzata, salvo il caso in cui il programma di liquidazione opti per l'esecuzione nelle mani del giudice delegato.

Ancora quanto al tema della sospensione, ci si deve chiedere quale sia la sorte del bene oggetto di un provvedimento interruttivo del giudice.

Il decreto di sospensione, intendendosi comprensivo di quello impeditivo del giudice delegato, è soggetto a regime degli atti del giudice delegato, come tale reclamabile ex articolo 26 della legge fallimentare.

Sempre in tema di sospensione, va segnalato il potere di interruzione generale di ogni attività di liquidazione che compete alla Corte d'Appello investita del gravame contro la sentenza di fallimento, ai sensi dell'art. 18 l.fall.

La decisione, di tipo cautelare, secondo il successivo art. 19 l.fall., può essere assunta in presenza di gravi motivi e può anche riguardare una parte del patrimonio oggetto di spossessamento a seguito alla dichiarazione di fallimento, ed avere una durata temporanea predefinita, in attesa del giudizio di merito.

Da rilevare che oltre che dal debitore, la richiesta di sospensione cautelare della liquidazione dell'attivo può anche provenire dallo stesso curatore, quando non sia parte nel giudizio d'appello.

Analoga ipotesi si sospensione, si rinviene nell'art. 93, che concede al creditore di un bene in restituzione o rivendica di chiedere al giudice delegato, nel ricorso per l'ammissione al passivo, di bloccare la liquidazione del bene oggetto della domanda. Contrariamente a quanto statuito dalla precedente disciplina, la liquidazione può, senza ostacolo, percorrere strade diverse rispetto a quelle percorse dall'accertamento del passivo.

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