Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 110 - Procedimento di ripartizione 1 .Procedimento di ripartizione1.
Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del decreto previsto dall'articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'articolo 51. Nel caso in cui siano in corso giudizi di cui all'articolo 98, il curatore, nel progetto di ripartizione di cui al presente comma indica, per ciascun creditore, le somme immediatamente ripartibili nonche' le somme ripartibili soltanto previo rilascio in favore della procedura di una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti di cui all'articolo 574, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell'ambito dei giudizi di cui all'articolo 98, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue piu' recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all'effettiva restituzione. Le disposizioni del periodo precedente si applicano anche ai creditori che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito avente diritto all'accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma dell'articolo 982. Il giudice ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che a tutti i creditori, compresi quelli per i quali e' in corso uno dei giudizi di cui all'articolo 98, ne sia data comunicazione mediante l'invio di copia a mezzo posta elettronica certificata3. I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo al giudice delegato contro il progetto di riparto ai sensi dell'art. 364. Decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione; non si fa luogo ad accantonamento qualora sia presentata in favore della procedura una fideiussione a norma del terzo periodo del primo comma, idonea a garantire la restituzione di somme che, in forza del provvedimento che decide il reclamo, risultino ripartite in eccesso, oltre agli interessi nella misura prevista dal predetto terzo periodo del primo comma. Il provvedimento che decide sul reclamo dispone in ordine alla destinazione delle somme accantonate5. [1] Articolo sostituito dall'articolo 98 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. [2] Comma modificato dall'articolo 8, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007e, successivamente, dall' articolo 6, comma 1, lettera c-bis, numero 1), del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 giugno 2016, n. 119. [3] Comma modificato dall'articolo 8, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 e successivamente sostituito dall' articolo 17, comma 1, lettera l), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17. [4] Comma modificato dall'articolo 8, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007. [5] Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera c-bis, numero 2), del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 giugno 2016, n. 119. InquadramentoIl capo Vii, rubricato «Della ripartizione dell'attivo», precede l'ultima parte della legge fallimentare rappresentata dal capo Viii, rubricato «Della cessazione della procedura fallimentare». La ripartizione dell'attivo viene, quindi, collocata dal legislatore nella parte conclusiva del procedimento concorsuale, suddiviso dalla legge in varie fasi disciplinanti: l'apertura, i rapporti giuridici preesistenti, la custodia e l'amministrazione delle attività fallimentari, l'accertamento del passivo e dei diritti dei terzi, la liquidazione de beni e, da ultimo, la distribuzione dell'attivo e la successiva chiusura del fallimento. A tal proposito è stato evidenziato che le riforme non hanno mutato tale collocazione testuale, ma hanno introdotto, all'interno del complesso delle norme disciplinanti il fallimento, una serie di limiti temporali e di adempimenti che connotano la gestione liquidatoria nel senso di una maggiore riduzione dei tempi necessari alla individuazione delle azioni finalizzate al reperimento di attivo per la massa e all'eventuale ripristino della situazione di equilibrio nei rapporti tra i creditori (Mattei, 2009, 1267). Ebbene, l'art. 110 l.fall. va letto in stretto collegamento con le altre norme contenute nel Capo Vii, dedicato alla «ripartizione dell'attivo». Questa disposizione delinea, infatti, uno schema procedimentale incardinato sull'istituto del riparto parziale ma, come si evince dagli artt. 109 e 117 l.fall., valido anche per la ripartizione finale. A differenza della fase liquidatoria, caratterizzata da una spiccata liberalizzazione delle forme in cui si può svolgere, la ripartizione dell'attivo presenta una struttura rigida, anche a causa dell'impossibilità di procedere all'assegnazione dei beni ai creditori; ciò dipende dall'imprescindibile necessità di monetizzare l'attivo e di procedere al soddisfacimento dei creditori attraverso il pagamento. Difatti il principio generale, secondo cui può essere ripartito solo il denaro ricavato con la liquidazione dei beni e dei crediti del fallimento, può essere (parzialmente) derogato solo in sede di riparto finale (Tedioli, 375). Tornando ad un esame complessivo della disciplina, il d.lgs. n. 5/2006 ha introdotto una specifica regolamentazione relativa ai controlli sul riparto, agli effetti del procedimento, nonché alla sorte dei cosiddetti crediti prededucibili (artt. 111 e 111-bis l.fall.). Per meglio dire, con il d.lgs. n. 5/2006 si è tentato di semplificare questo procedimento, rendendolo per così dire più «leggero», attraverso l'eliminazione di alcuni dei passaggi in cui esso si articolava e modificando la fase impugnatoria. In particolare, è stato esteso l'arco temporale entro il quale il curatore dovesse presentare il progetto di ripartizione parziale da due a quattro mesi o nel termine disposto dal giudice delegato; veniva ribadito l'obbligo di presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle stesse, salvo quanto occorrente per la procedura; quindi il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, ordinava il deposito del progetto in cancelleria, curando che tutti i creditori, compresi coloro per i quali era pendente il giudizio di opposizione a stato passivo, ne fossero avvisati mediante raccomandata con avviso di ricevimento od altro mezzo tecnico consentito; i creditori, nel termine di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione potevano proporre reclamo contro il progetto di ripartizione, ai sensi dell'art. 26 l.fall.; decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiarava esecutivo il progetto di ripartizione; ove fossero stati proposti reclami, il progetto veniva dichiarato esecutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti contestati; con il provvedimento che decideva sui reclami veniva anche stabilita la destinazione delle somme accantonate (Cattano-Palladino. 138). Tale disposizione, successivamente, subiva ulteriori modifiche a seguito del decreto correttivo n. 169/2007: in pratica veniva stabilito che nel progetto di ripartizione dovevano essere inseriti anche i crediti per i quali non era previsto il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 51 l.fall.; inoltre, non era stato più previsto il parere del comitato dei creditori in ordine al progetto di ripartizione; infine, si era stabilito che il reclamo dei creditori doveva essere proposto ai sensi dell'art. 36 e non ai sensi dell'art. 26 l.fall. Da ultimo, il legislatore, con il d.l. 59/2016 convertito con modificazioni dalla l. 119/2016, ha modificato l'articolo 110 l.fall. aggiungendo nuovi periodi al primo e al quarto comma. La periodicità delle ripartizioniIl novellato articolo 110 l.fall. anzitutto conferma la necessità di utilizzare la consueta tecnica del piano di riparto, ma il compito della sua formazione è attribuito in via esclusiva al curatore, limitandosi il g.d. ad ordinarne il deposito e la pubblicità, con ulteriore attribuzione della decisione di eventuali reclami e della declatoria di esecutività. Permane anche l'impostazione che svincola la ripartizione dell'attivo dal completamento delle operazioni di liquidazione, postergandola però alla formazione dello stato passivo dei creditori tempestivi e quindi al decreto di cui all'art. 97 l.fall., come implicitamente emerge dall'art. 110, comma 1, l.fall. (Iannicelli, 447). Il piano di riparto deve essere predisposto con periodicità quadrimestrale, computabile dalla data del decreto che rende esecutivo lo stato passivo ex art. 96 l.fall. o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato. Il mantenimento di una breve cadenza temporale (il termine originario era di due mesi) riconferma l'obiettivo di accelerare al massimo la distribuzione, attenuando il pregiudizio dei creditori ed in particolar modo di quelli chirografari, fortemente colpiti dalla sospensione del decorso degli interessi, a seguito del protrarsi della procedura. Per somme disponibili si intendono tutte quelle incassate, a qualsiasi titolo, al netto di quelle prededucibili, ossia quelle necessarie a finanziare economicamente la continuazione della procedura fallimentare. Il curatore deve premurarsi di indicare accuratamente sia la composizione, sia la descrizione della provenienza delle suddette somme, nella redazione del prospetto delle somme disponibili, documento che costituisce la base di partenza per la stesura del piano di ripartizione. Nella giurisprudenza di legittimità è stato evidenziato che il progetto di ripartizione può aver ad oggetto le questioni relative alla graduazione dei crediti e all'ammontare della somma distribuita, con esclusione di qualsiasi questione relativa all'esistenza, qualità e quantità dei crediti e dei privilegi, atteso che tali ultime questioni — per la correlazione esistente tra le subprocedure di accertamento del passivo e di ripartizione dell'attivo liquidato — devono essere proposte, a pena di inammissibilità, con le forme impugnatorie e contenziose dello stato passivo esecutivo (Cass. n. 2438/2006; Cass. n. 270449/2006). È fatto salvo, ad ogni modo, il differimento obbligatorio, se non ipso iure, del riparto in caso di mancanza, alla scadenza, di somme disponibili oppure, secondo un diffuso ma forse discutibile orientamento interpretativo, d'insufficienza delle medesime ai fini dell'integrale soddisfacimento di alcune categorie di creditori (Cuneo, 1286). In caso di puro arbitrio, ogni interessato può, comunque, reagire con il reclamo ai sensi dell'art. 26 l.fall. (Ruggero, 823). Il decreto del Tribunale non è, invece, ricorribile in Cassazione (Cass. n. 7744/2004). Infatti, gli atti di esercizio di questa potestà discrezionale non sono ulteriormente sindacabili, proprio perché hanno carattere ordinatorio circa i tempi, le cadenze e i modi del riparto, che sono rimessi all'apprezzamento del giudice, nell'ambito della sua funzione di vigilanza e di direzione della procedura fallimentare; tali atti, inoltre, sono inidonei a produrre effetti di giudicato sostanziale (Tedioli, 377). Va detto che nella prassi il termine quadrimestrale, che resta meramente ordinatorio, non è rispettato, perché è considerato ancora troppo breve, se rapportato alla laboriosità del procedimento di riparto ed ai conseguenti adempimenti. Si è, però, favorevolmente riscontrato come la norma abbia allentato il collegamento tra la ripartizione dell'attivo e l'accertamento del passivo o, meglio, l'imprescindibile decreto di esecutorietà (D'Orazio, 293). Pertanto ancorché non possa parlarsi propriamente di titolo esecutivo, il decreto di esecutività dello stato passivo svolge nella procedura fallimentare la stessa funzione svolta dal titolo esecutivo giudiziale nell'esecuzione individuale e cioè determina la misura del credito che può essere soddisfatta coattivamente. Ne consegue che anche l'interpretazione del decreto di esecutività dello stato passivo, come quella del titolo esecutivo giudiziale nell'esecuzione individuale, si risolve nell'apprezzamento di un fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità sé esente da vizi logici o giuridici, e non consiste in una interpretazione che si risolve nella ricerca del significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore e che richiede l'applicazione, in via analogica, dei canoni ermeneutici prescritti dall'art. 12 e seguenti del c.p.c., in ragione dell'assimilabilità per natura ed effetti dei provvedimenti giurisdizionali agli atti normativi (Cass. n. 892/2015). Il procedimento di ripartizione e il contenuto dei ripartiPer rinvenire la struttura e il contenuto del prospetto delle somme disponibili e di ripartizione delle medesime, occorre riferirsi in particolare all'art. 113 l.fall. in quanto l'atto più frequentemente realizzato dal curatore è quello che viene denominato riparto parziale, non potendosi mai distribuire tutte le risorse liquide realizzate nel corso della procedura (se non in sede di ripartizione finale), dovendo innanzitutto riservarne una parte per le esigenze della procedura (art. 110, comma 1, l.fall.), la quale parte, al minimo, non può essere inferiore al venti per cento della liquidità rinveniente sul deposito vincolato al momento del riparto parziale che si intende proporre. In sintesi, emanato il decreto di esecutività dello stato passivo, non appena il curatore abbia a disposizione una somma di denaro conseguita dall'attività di liquidazione di beni, riscossione di crediti, chiusura di conti correnti con saldo attivo, ecc., depositate tali somme a norma dell'art. 34 l.fall., bisogna provvedere a predisporre un progetto di ripartizione di queste somme. Le spese appena descritte, sostenute o in corso di sostenimento al momento della ripartizione parziale, non costituiscono quote assegnate, non essendo attribuibili a creditori specificatamente ammessi al concorso, ma a creditori sorti per effetto del fallimento, che costituisce la causa di tali crediti (Mattei, 2009, 1280). Il deposito del progetto di ripartizione e la sua comunicazioneIl secondo comma dell'art. 110 l.fall. contiene una disciplina analitica dell'avviso di deposito del progetto di ripartizione: infatti, mentre prima della riforma era genericamente previsto che dovevano essere avvisati tutti i creditori, sono, ora, meglio individuati i destinatari e precisate le modalità di comunicazione. In relazione al primo profilo è stabilito che «tutti i creditori compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all'art. 98 l.fall., ne siano avvisati», sicché la comunicazione dell'avvenuto deposito deve essere effettuata, oltre che ai creditori ammessi al passivo, indipendentemente dall'eventuale pendenza del giudizio di impugnazione o di revocazione, anche ai creditori ammessi con riserva ed ai creditori esclusi che abbiano proposto opposizione (Vivaldi, 261). C'è da sottolineare, poi, che la comunicazione va inoltrata a tutti i soggetti ammessi al piano di riparto, anche se non creditori, come ad esempio, a coloro che sono titolari di crediti verso soggetti terzi che vantino diritti reali di garanzia su beni del fallito. Quanto alla modalità di comunicazione, a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 179/2012, viene precisato che «deve essere data comunicazione mediante l'invio di copia a mezzo posta elettronica certificata»; quindi, ove il creditore non abbia comunicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ovvero il messaggio non possa essere recapitato per causa imputabile al destinatario, la comunicazione deve essere effettuata mediante deposito in cancelleria. Il curatore deve presentare il prospetto delle somme disponibili ed il piano di ripartizione delle medesime al giudice delegato che, come si è detto, dispone il deposito del documento presso la cancelleria del tribunale e cura inoltre che i creditori siano informati della possibilità di prenderne visione. Il parere del comitato dei creditori al progetto di ripartizione delle somme disponibili, inizialmente previsto nel testo originario della riforma, è stato eliminato perché giustamente si è rilevato che il deposito del documento non presuppone l'emanazione di alcun provvedimento del giudice delegato che rendesse necessario sentire preventivamente il parere del comitato dei creditori. Del resto, i componenti di quest'organo hanno la facoltà di prenderne visione del progetto di ripartizione ed assumere tutte le iniziative che ritenessero di assumere nell'interesse della procedura. Va osservato, ancora, che con le citate modifiche legislative è venuto meno qualsiasi potere del giudice delegato di operare rettifiche o modificazioni al progetto presentato dal curatore: il g.d., infatti, non è più il motore della procedura perché la sua attività è stata limitata a quella di controllo e vigilanza, con sottrazione del potere di «direzione» previsto originariamente dall'art. 25 l.fall. Pertanto, egli può solo recepire il documento, ordinarne il deposito presso la cancelleria del tribunale e disporre l'informativa per tutti i creditori. Questi ultimi, a loro volta, non possono più proporre le osservazioni in ordine al progetto di ripartizione allo scopo di consentire al giudice delegato di tenerne conto e di evitare l'insorgere di contestazioni formali, ma possono soltanto, ove ritengano che il curatore sia incorso in inesattezze oppure abbia violato i criteri di distribuzione, proporre reclamo al giudice delegato, dando vita ad un'immediata fase giudiziaria di contestazione. Il reclamo al Giudice delegatoI creditori, nel termine di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione del deposito del progetto di ripartizione, possono proporre al giudice delegato reclamo avverso il progetto di riparto, ai sensi dell'art. 36 l.fall. Tale novità è stata introdotta con il d.lgs. n. 169/2007, a modifica di quanto disposto dal d.lgs. n. 5/2006, che prevedeva il mezzo d'impugnazione di cui all'art. 26 l.fall. Quest'ultimo strumento era stato giudicato incongruo, poiché riguardava i provvedimenti del giudice delegato e del tribunale, mentre – come abbiamo avuto modo di vedere – il piano di riparto non è più riferibile al giudice delegato, ma la sua paternità è del solo curatore. Va subito evidenziato che il nuovo mezzo d'impugnazione, al di là del richiamo all'art. 36 l.fall., è del tutto diverso da quello ivi contemplato al di là del richiamo all'art. 36 l.fall. è del tutto diverso da quello ivi contemplato. Difatti, quanto al termine, anzitutto il legislatore non ha mutuato il termine di 8 giorni (che decorrono dalla conoscenza dell'atto), previsto da questa norma; in secondo luogo, in merito alla legittimazione attiva, gli unici legittimati ad esperire il reclamo sono i creditori, restando esclusi il comitato dei creditori, il fallito ed i soggetti genericamente interessati. Pur nell'assenza di un univoco dato testuale, deve ritenersi che il legislatore abbia conferito la legittimazione a tutte le categorie di creditori indicati nel primo comma dell'art. 110 l.fall. e destinatari dell'avviso di deposito: la legittimazione va, quindi, estesa ai creditori ammessi con riserva, agli esclusi ed opponenti, ai tardivi contestati, nonché a coloro che abbiano versato somme al fallimento in esecuzione di provvedimenti provvisoriamente esecutivi, ma non ancora passati in giudicato (Tedioli, 381). Relativamente alla legittimazione passiva si ritiene che, oltre al curatore, debbano essere contraddittori i creditori la cui quota di riparazione sarebbe suscettibile di variazione in seguito all'accoglimento del gravame (Forgillo, 971). Il creditore che intende impugnare il progetto deve avvalersi del patrocinio legale, perché il procedimento è, comunque, caratterizzato da un contraddittorio, sia pur deformalizzato, ed anche per rispettare gli adempimenti processuali (Marollo, 496). Quanto all'oggetto del giudizio, deve ritenersi che, quando si reclama il progetto di riparto, le censure debbano riguardare non tanto gli atti amministrativi e gestori compiuti dal curatore, quanto piuttosto questioni inerenti al merito. In questa categoria sono ricompresi: il rapporto tra i crediti prededucibili e quelli ipotecari, la graduazione dei privilegi, le modalità di trattamento dei crediti ammessi tardivamente (Cass. n. 13895/2003), il riconoscimento di privilegi speciali a seguito dell'acquisizione o meno del bene (si pensi al caso in cui, pur essendo stato riconosciuto un privilegio speciale, esso venga in concreto negato al momento della distribuzione, perché il curatore sostenga che non sia possibile reperire o identificare i beni su cui vada esercitato), il calcolo degli interessi sui crediti prelatizi, l'importo degli accantonamenti (Cass. n. 14330/2003), la quantificazione degli accessori non conteggiati e non conteggiabili in sede di verifica, l'incidenza dello ius superveniens in materia di privilegi (Cass. n. 8421/1998). Le contestazioni sollevate in sede d'impugnazione attengono quindi al merito e pertanto anche a questioni che richiedono accertamenti di fatto. In ordine, poi, alla sospensione dell'esecuzione del provvedimento di riparto, va precisato che il reclamo in esame di differenzia rispetto al reclamo ex art. 36 l.fall.; difatti, mentre di regola l'esperimento di questo strumento non ha efficacia sospensiva del provvedimento, l'art. 110, comma 4, l.fall. detta una disciplina speciale in caso di contestazioni al progetto, stabilendo che il giudice delegato disponga l'accantonamento delle somme destinate ai creditori reclamanti ed ai controinteressati. Il tenore della norma induce quindi a ritenere che detti accantonamenti siano obbligatori, automatici e non subordinati ad una delibazione relativa al fondamento dei reclami stessi (Bozza, 90). Non è pertanto possibile alcun sindacato né in ordine all'an né al quantum dell'accantonamento (Miele, 2007, 868). Il procedimento di reclamoIl giudice delegato, dopo aver assicurato un congruo termine a comparire ai controinteressati e proceduto all'audizione delle parti, tra cui il curatore, decide con decreto, impugnabile, ai sensi del comma 2 dell'art. 36 l.fall., con ricorso al Tribunale (ex art. 26 l.fall.) che, a sua volta, decide con decreto non soggetto a gravame. Secondo parte della dottrina e la relazione illustrativa al d.lgs. n. 169/2007, il decreto del Tribunale sarebbe ricorribile ex art. 111 Cost., in considerazione della natura definitiva oltre che decisoria del provvedimento (Pagni, 248; in giurisprudenza Cass. n. 2493/2001). Nel silenzio della norma, la soluzione pare corretta ogni qual volta il provvedimento impugnato sia idoneo a pregiudicare in maniera definitiva le ragioni del creditore, che altrimenti non potrebbe più ripetere le somme già distribuite. Esecutività del progetto di ripartizioneDecorso il termine di quindici giorni stabilito per proporre reclamo, il giudice delegato, su proposta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione con decreto e, conseguentemente, il curatore procede al pagamento dei creditori ai sensi del successivo art. 115 l.fall. (Tedioli, 383). In proposito, è stato avanzato l'interrogativo in ordine alle conseguenze che potrebbero nascere nel caso in cui il curatore non richieda al giudice delegato di rendere esecutivo il progetto di ripartizione. Ed in effetti, bisogna considerare che talvolta il curatore, dopo avere predisposto un piano di ripartizione parziale delle somme disponibili, possa non provvedere ad assumere l'iniziativa che gli è attribuita dalla legge, oppure si accorga di essere incorso in inesattezze alle quali intenda rimediare, od ancora che a seguito di circostanze sopravvenute si renda opportuno modificare il progetto medesimo sia in conseguenza di una minore disponibilità da distribuire, sia per effetto di nuove risorse che consentano di elargire ai creditori una maggior somma. Quindi, poiché il giudice delegato non può assumere l'iniziativa d'ufficio, la dottrina (Lupia, 1043) suggerisce, in caso di omissione, che qualsiasi interessato possa proporre reclamo. In ogni caso, per sanare le lacune riscontrate, il curatore può sempre rendere inoperativo il progetto di ripartizione. In presenza di reclami, poi, l'esecutività è dichiarata con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto della contestazione, sicché l'esigenza di garantire effettiva tutela giurisdizionale ai creditori reclamanti, senza compromettere la celerità della procedura concorsuale, è soddisfatta escludendo il ricorso ad un generale provvedimento di sospensione delle operazioni di riparto, ma introducendo una misura tipicamente cautelare. Proprio da queste somme accantonate, non destinate all'immediata ripartizione, debbono essere prelevate quelle spettanti ai creditori pretermessi il cui reclamo è stato accolto; diversamente, infatti, dovrebbe essere rimodulato l'intero progetto (Zanichelli, 318). In conclusione, in merito al reclamo contro il decreto di esecutività, la non chiara formulazione della disposizione ha dato adito ad interrogativi circa la configurabilità di un reclamo avverso il provvedimento di esecutività del progetto di ripartizione, negandosi tale possibilità e limitandola invece al solo caso in cui il provvedimento contraddicesse allo stesso contenuto dei reclami, ammettendo il pagamento immediato di crediti contestati (Bonfatti-Censoni, 57). La dottrina che giudica possibile l'impugnazione avverso il decreto l'ammette almeno in relazione ai vizi (esclusivi ed) inerenti al provvedimento, quali «la mancata previsione o l'errata o insufficiente misura degli accantonamenti» (Miele, 2007, 869) o le erronee modalità di pagamento delle somme assegnate, ovvero il pagamento immediato dei crediti contestati (Bonfatti, 56). Novità introdotte dal d.l. 59/2016 convertito con modificazioni dalla l. n. 119/2016Ad una prima disamina, soltanto l'art. 6 del d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv. in l. n. 119/2016, introduttivo di misure a sostegno delle imprese e di accelerazione dello sviluppo, interviene a modifica diretta della legge fallimentare (di cui al r.d. n. 267 del 1942), con la dichiarata finalità di velocizzare le procedure. La tecnica impiegata è quella dell'aggiunta di singole disposizioni a quelle vigenti e la linea unificatrice può essere riscontrata nell'obiettivo di una messa in efficienza e dei procedimenti e dell'apparato strumentale volti al recupero dei crediti. Così è stata introdotta la possibilità, rimessa ad una decisione del giudice delegato, di far svolgere in via telematica le udienze che richiedono la presenza di un elevato numero di creditori, anche se la norma, completando il comma 3 dell'art. 95 l.fall., ha contemporaneo riguardo anche al criterio della entità del passivo, dunque indica l'apparente necessità della ricorrenza di entrambi. Quanto al mezzo tecnico realizzativo della udienza telematica, il legislatore consente l'impiego anche di apparati forniti da terzi, in evidente rapporto collaborativo con le cancellerie o i singoli curatori o l'ufficio giudiziario nel suo complesso. Si tratta di previsione che sacrifica, almeno su questo punto, l'ambizione del dominio amministrativo ministeriale sull'organizzazione telematica del fallimento all'esigenza di celerità, su cui l'apertura alle strutture informatiche di terzi appare da tempo servente e riconosciuta efficace nella ricognizione empirica. La lettera b) dell'art. 6 riscrive l'ultimo comma dell'art. 104-ter l.fall. per il quale ora al mancato rispetto — senza giustificato motivo — dei termini previsti dal programma di liquidazione si aggiunge, come ulteriore e logicamente connessa giusta causa di revoca del curatore, anche il mancato rispetto dell'obbligo di ripartizione quadrimestrale, dettato all'articolo 110 comma 1 e sempre che sussistano somme disponibili per la distribuzione. L'art. 6, comma 1, lett. c-bis, del d.l. n. 59/2016, conv. in l. n. 119/2016, ha quindi modificato anche i commi 1 e 4 dell'art. 110 l.fall. In base al nuovo art. 110, comma 1, l.fall., dunque, quando un ostacolo al riparto è rappresentato dalla pendenza di giudizi di opposizione allo stato passivo, è possibile effettuare comunque il riparto per le somme immediatamente ripartibili, anche in esecuzione di provvedimenti non ancora definitivi emessi nell'ambito dei giudizi di opposizione allo stato passivo, impugnazione o revocazione di crediti ammessi, se la restituzione delle somme ripartite in eccesso, maggiorate degli interessi, viene garantita è consentito di ricorrere alla fideiussione autonoma, irrevocabile ed a prima richiesta, rilasciata dai soggetti di cui all'art. 574 c.p.c. (banche, assicurazioni, intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, purché sottoposti a revisione contabile da parte di società di revisione), in diverse situazioni. Quando è necessario effettuare accantonamenti a fronte di reclamo avverso il progetto di riparto, è possibile effettuare comunque il riparto sulla scorta del progetto reclamato, se la restituzione delle somme ripartite in eccesso, maggiorata degli interessi, viene garantita allo stesso modo. BibliografiaAlessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987; Ambrosini –Cavalli –Jorio, Il Fallimento, in Cottino (a cura di), Trattato di diritto commerciale, Padova, 2009; Bonfatti - Censoni, Le disposizioni correttive ed integrative della riforma della legge fallimentare, Appendice al Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2008; Bonsignori, Della liquidazione dell'attivo, in Comm. 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