Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 219 - Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.
Nel caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà. Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate: 1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati; 2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa commerciale. Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo. InquadramentoOccorre ricordare, in termini di inquadramento sistematico, la decisione della Consulta del 22 maggio 1987/185, nella quale è stata ritenuta infondata la questione legittimità costituzionale relativamente alla estensione alla procedura di amministrazione straordinaria come alla liquidazione coatta amministrativa delle disposizioni di cui agli artt. 216 e 219 l.fall. È stata inoltre respinta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 219, comma 3, in relazione all'art. 217 cpv., per contrasto con l'art. 3 Cost.,in quanto il medesimo trattamento sanzionatorio riservato all'ipotesi di danno lieve e a quella di inesistenza del danno deve ritersi ispirato al principio del favor rei (Corte cost. n. 1985/93). Infine, la Corte, con ordinanza del 16 aprile 2003/128, ha dichiarato manifestamente infondata, per essere stata «prospettata in modo anticipato», la questione di costituzionalità dell'art. 216, comma 1, n. 1, e 219, comma 2, n. 1 in relazione agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., nella parte in cui escludono che, in caso di contestazione al medesimo soggetto di fatti distinti di distrazione nell'ambito di procedimenti penali separati e non riunibili, possa applicarsi il giudizio di valenza tra l'aggravante dell'art. 219, comma 2, n. 1, della legge fallimentare ed eventuali circostanze attenuanti. Qualificazione circostanze di cui all'art. 219, comma 1 e comma 3La norma in commento dispone un aumento di pena sino alla metà nel caso in cui i fatti di bancarotta ovvero di ricorso abusivo al credito abbiano cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, ed una diminuzione di pena sino ad un terzo (ossia una riduzione sino a due terzi della sanzione edittale), quando il danno patrimoniale sia stato di speciale tenuità. Si tratta, in sostanza, di circostanze oggettive e ad effetto speciale. In tema di bancarotta, ai fini della determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, per la spiccata finalità specialpreventiva delle stesse, assumono significativo rilievo, oltre alla gravità della condotta, anche tutti gli elementi fattuali indicativi della capacità a delinquere dell'agente ( Cass. pen., V, n. 12052/2021, in f attispecie relativa al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva valorizzato sia l'entità delle spoliazioni accertate, sia la non occasionalità del coinvolgimento dell'imputato - già condannato per fatti di bancarotta fraudolenta - quale concorrente, in un meccanismo collaudato di distrazione di denaro dalla fallita, mediante un sistema di false fatturazioni e di riscossione di assegni in assenza di prestazione). Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere il danno patrimoniale di rilevante gravità, cagionato dai fatti di bancarotta, previsto dall'art. 219 l.fall., ha natura di circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale, pertanto — alla luce dell'art. 157 c.p. nel testo novellato dalla legge n. 251 del 2005 — si deve tenere conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante e non assume rilievo la diminuzione di pena per le circostanze attenuanti (Cass. pen. V, n. 17190/2009; Cass. I, n. 34530/2015). Secondo il disposto dell'art. 16 c.p. devono ritenersi applicabili ai reati concorsuali anche quelle circostanze comuni compatibili con la natura e la struttura dei reati stessi e non riconducibili ad ipotesi già espressamente previste dalla norma in esame: non sono dunque applicabili le circostanze di cui agli artt. 62 n. 4 e 61 n. 7 c.p., perché il contenuto delle stesse (danno patrimoniale di rilevante gravità e di speciale tenuità) è lo stesso di quello di cui all'art. 219, comma 1 e comma 3). Nella situazione di concorso apparente di norme che in tal caso si determina prevale, invero, ex art. 15 c.p., la disposizione della legge speciale fallimentare (Conti, 337). In tema di reati fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma primo, l.fall., è applicabile all'ipotesi di bancarotta impropria, considerato che l'art. 223, comma primo, l.fall., — prevedendo che agli amministratori di società dichiarate fallite, i quali abbiano commesso alcuno dei fatti previsti dall'art. 216 l.fall., si applicano le pene ivi stabilite — rinvia in ordine alla determinazione della pena per i reati commessi ai sensi dell'art. 223, comma primo, l.fall. alle pene previste dall'art. 216 l.fall. per la bancarotta propria, pene che si determinano tenendo conto non solo dei minimi e dei massimi edittali contemplati dall'art. 216 l.fall., ma anche delle attenuanti e aggravanti speciali previste per tali reati, con la conseguenza che il rinvio in ordine alla determinazione della pena deve ritenersi integrale e basato sul presupposto della identità oggettiva delle condotte (Cass. pen. V, n. 127/2011). In tema di reati fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma primo, l.fall., è applicabile alle ipotesi di bancarotta impropria previste dall'art. 223, commi primo e secondo, l.fall. (Cass. pen. V, n. 10791/2012). Così, anche: La circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma primo, l.fall. è applicabile, con interpretazione estensiva, anche ai fatti di bancarotta «impropria», considerata l'integralità del richiamo contenuto nell'art. 223 l.fall. alla fattispecie di cui all'art. 216 l.fall., da intendersi implicitamente riferito anche all'elemento accidentale della circostanza aggravante della rilevanza del danno, introdotto in detta fattispecie dal rinvio operato dall'art. 219, comma primo, l.fall. (In motivazione la Corte ha precisato che la sostanziale equiparazione normativa tra le ipotesi di bancarotta propria e impropria rende irragionevole la limitazione alle prime dell'operatività dell'aggravante in parola) (Cass. pen. V, n. 2903/2013); in tema di reati fallimentari, la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma primo, l.fall., è applicabile alle ipotesi di bancarotta impropria previste dall'art. 223, comma primo, l.fall. (Cass. pen. V, n. 30932/2010). Tale interpretazione è tuttavia contrastata dalla dottrina che la considera illegittima alla luce del divieto di analogia in malam partem (Bricchetti, Pistorelli, 285). Il dannoVa in primo luogo precisato che per espressa dizione legislativa il danno da prendere in considerazione è solo quello patrimoniale va poi aggiunto che la prevalente dottrina, in sintonia con risalente giurisprudenza (Cass. pen. 20 maggio 1957), ha ritenuto che il danno in questione non è quello cagionato dal fallimento, ma quello cagionato dalle singole ipotesi di bancarotta e che, ove ricorra una pluralità di fatti di bancarotta, si deve tener conto del danno patrimoniale complessivo e non di quello arrecato da ciascuna delle singole ipotesi delittuose (Antolisei, 153; Conti, 338). In tema di reati fallimentari ed ai fini dell'applicazione delle circostanze di cui all'art. 219 della legge fallimentare, la valutazione del danno va effettuata con riferimento non all'entità del passivo o alla differenza tra attivo e passivo, bensì alla diminuzione patrimoniale cagionata direttamente ai creditori dal fatto di bancarotta; ne consegue che il giudizio relativo alla particolare tenuità — o gravità — del fatto non va riferito al singolo rapporto che passa tra fallito e creditore ammesso al concorso, né a singole operazioni commerciali o speculative dell'imprenditore decotto, ma va posto in relazione alla diminuzione, (non percentuale, ma globale), che il comportamento del fallito ha provocato nella massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti. (Nell'affermare tale principio con riguardo alla circostanza attenuante di cui al comma 3 del citato articolo, la S.C. ha precisato che l'entità dell'attivo e delle distrazioni operate non va interamente e dettagliatamente ricostruita, essendo sufficiente dimostrare, per escluderla, la distrazione di beni di rilevante entità e l'incidenza di questa, in misura consistente, sul riparto). (Cass. pen. I, n. 12087/2000). In tema di reati fallimentari, l'entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo, ed indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo (Cass. pen. V, n. 49642/2009). In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Cass. pen. V, n. 13285/2013). La circostanza aggravante di cui all'art. 219, comma 2, n. 1Il legislatore fallimentare, in deroga alle norme sul concorso dei reati e sul reato continuato, considerata la sostanziale identità dell'interesse leso, ha proceduto ad una unificazione della molteplicità dei fatti criminosi, rendendo applicabile la circostanza in commento, che prevede soltanto un aumento di pena. La configurazione, sotto il profilo formale, della c.d. continuazione fallimentare di cui all'art. 219, comma secondo, n. 1 l.fall., quale circostanza aggravante, ne comporta l'assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito, affermando la responsabilità dell'imputato in ordine ad un autonomo fatto di reato di bancarotta per distrazione, in continuazione con altri fatti della stessa specie per cui lo stesso imputato era stato condannato in precedenza, e confermando la già decisa equivalenza tra l'aggravante di cui all'art. 219, comma secondo n. 1 l.fall. e l'attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6 c.p., non ha applicato un aumento di pena per il nuovo fatto di reato. In motivazione la S.C. rileva, d'altra parte, l'utilità dell'esercizio della azione penale in siffatti casi, evidenziandone comunque le ricadute sul piano della condanna al risarcimento del danno cagionato dall'ulteriore fatto di reato) (Cass. pen. V, n. 50349/2014). Così, anche: la circostanza aggravante, prevista dall'art. 219, comma secondo, n. 1, l.fall., per il caso di pluralità di condotte di bancarotta, non esclude l'applicabilità della circostanza attenuante della particolare tenuità dei fatti di cui al comma terzo della stessa norma (Cass. pen. V, n. 36816/2016). In tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell'ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall'art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all'art. 81 c.p. (Cass. pen. S.U., n. 21039/2011). In tema di bancarotta fraudolenta, vi è il divieto di un nuovo giudizio (art. 649 c.p.p.) per una ulteriore ipotesi di distrazione di danaro, sul presupposto che il pur distinto fatto distrattivo contestato sia assorbito nel disvalore dell'unico reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale già giudicato, in quanto la maggior parte delle singole condotte previste nell'art. 216 l.fall. possono essere realizzate con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell'ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati, costituendo reato a condotta eventualmente plurima per la cui realizzazione è sufficiente il compimento di uno solo dei fatti contemplati dalla legge, mentre la pluralità di essi non fa venire meno il suo carattere unitario. In tali casi di reiterazione o di molteplicità di fatti nell'ambito dell'art. 216 n. 1 non trova, pertanto, applicazione l'aggravante di cui all'art. 219, comma secondo, l.fall., che deroga alla disciplina del concorso materiale di reati e della continuazione (Cass. pen. V, n. 1762/2007). L'ipotesi di reato prevista dall'art. 223, secondo comma n. 2 l.fall., riguardante l'amministratore di una società dichiarata fallita che compie operazioni dolose idonee a cagionare il fallimento della società, concorre materialmente con l'ipotesi di distrazione, posta in essere dall'amministratore della società, dei beni conseguiti attraverso quelle operazioni. Il delitto di bancarotta fraudolenta, in tal caso, risulta aggravato ai sensi dell'art. 219, secondo comma n. 1 l.fall., stante la pluralità dei fatti di bancarotta (Cass. V, n. 8708/1992). La circostanza aggravante di cui all'art. 219, comma secondo, n. 1, l.fall., è applicabile qualora una pluralità di fatti di bancarotta sia contestata nell'ambito della stessa procedura concorsuale, potendo invece trovare applicazione l'istituto della continuazione in caso di concorso di reati di bancarotta relativi a procedure concorsuali diverse (Cass. pen. V, n. 1137/2008). La circostanza aggravante di cui all'art. 219, comma 2, n. 2L'aggravante in esame trova applicazione nei casi in cui la violazione del divieto dell'esercizio di una impresa commerciale non perfezioni il reato previsto dall'art. 234, riferendosi unicamente al caso in cui l'inabilitazione a svolgere attività commerciale abbia la sua fonte immediata nella legge, e non in una sentenza penale di condanna (Antolisei, 155). La circostanza attenuante di cui all'art. 219, comma 3In tema di bancarotta semplice fallimentare, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma terzo, l.fall., configurabile quando il danno arrecato ai creditori è particolarmente tenue o manca del tutto, la valutazione rimessa al giudice non può limitarsi alla considerazione degli importi delle somme non registrate nelle scritture contabili, ma deve estendersi alle dimensioni dell'impresa, al movimento degli affari, all'ammontare dell'attivo e del passivo, nonché all'incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori (Cass. pen. V, n. 20695/2016). In tema di bancarotta semplice fallimentare, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall'art. 219, comma terzo, l.fall., è configurabile quando il danno arrecato ai creditori è particolarmente tenue o manchi del tutto e la valutazione rimessa al giudice non può prescindere dal considerare le dimensioni dell'impresa, il movimento degli affari e l'ammontare dell'attivo e del passivo (Cass. pen. V, n. 17351/2015). La valutazione della circostanza attenuante della speciale tenuità del danno va riferita al momento della dichiarazione di fallimento, che rappresenta il momento consumativo del reato; il recupero del bene a seguito del prospettato esercizio dell’azione revocatoria costituisce un post factum irrilevante, anche ai fini della configurabilità dell’attenuante comune della riparazione del danno di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen. (Cass. pen. V, n. 7999/2021). La circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dall'art. 219, comma terzo, l.fall., applicabile se il danno patrimoniale cagionato dai reati di cui agli art. 216, 217 e 218 l.fall. è di speciale tenuità, prevede una diminuzione della pena «fino al terzo» della stessa e non sino al massimo di un terzo (Cass. pen. V, n. 15976/2015). In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Cass. pen. V, n. 13285/2013). Nella ipotesi di bancarotta documentale, ai fini della applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, non rileva l'ammontare del passivo, ma la differenza che la mancanza dei libri o delle scritture contabili ha determinato nella quota complessiva dell'attivo da ripartire tra i creditori, avendo riguardo al momento della consumazione del reato (Cass. pen. V, n. 44443/2012). In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto di cui all'art. 219, comma terzo, l.fall., deve essere posto in relazione alla diminuzione (non percentuale, ma globale) che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti; né è necessario che l'entità dell'attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, essendo sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui all'art. 219, comma terzo, l.fall., la distrazione di beni di rilevante entità, idonea di per sé ad incidere, in misura consistente, sul riparto (Cass. pen. V, n. 5300/2008). Estensibilità della norma ai fatti di bancarotta impropriaIn tema di reati fallimentari, la previsione di cui all'art. 219 del r.d. n. 267/1942, che esclude il concorso di reati — e dunque il cumulo materiale delle pene — in caso di commissione da parte dell'imprenditore di più fatti tra quelli previsti negli artt. 216, 217 e 218, è applicabile estensivamente — trattandosi di norma favorevole all'imputato — anche ai reati di bancarotta cosiddetta «impropria», commessi dagli amministratori di società o dalle altre persone diverse dal fallito indicate nel primo comma dell'art. 223 della Legge fallimentare, attesa la identità di ratio posta a base dei due tipi di bancarotta (Cass. pen. V, n. 12531/2000). In tema di reati fallimentari, è applicabile la circostanza aggravante comune della pluralità di fatti di bancarotta di cui all'art. 219, comma secondo, n. 1 l.fall. all'ipotesi della bancarotta fraudolenta impropria, sia alla previsione di cui all'art. 223, comma primo, che prevedendo lo stesso trattamento sanzionatorio stabilito per la bancarotta propria implica l'applicabilità del relativo regime sanzionatorio nella sua interezza, comprensivo, pertanto, del regime dell'aggravante in questione; sia all'ipotesi di cui all'art. 223, comma secondo, riguardo a cui la previsione della applicabilità della pena prevista dal primo comma dell'art. 216, deve intendersi comprensiva dell'intero trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta propria, e dunque anche del regime dell'aggravante; né all'applicazione della predetta aggravante osta l'interpretazione analogica, trattandosi di disposizione favorevole all'imputato, posto che la previsione di cui all'art. 219, comma secondo, n. 1 esclude il concorso di reati e, pertanto, il cumulo materiale delle pene nel caso di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli art. 216, 217 e 218 l.fall. ed è, inoltre, soggetta all'ordinario giudizio di bilanciamento tra le aggravanti ed attenuanti di cui all'art. 69 c.p. (Cass. pen. V, n. 8829/2009). La disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall'art. 219, comma secondo, n. 1, l.fall., si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria (Cass. pen. S.U., n. 21039/2011). BibliografiaAntolisei, Manuale di diritto fallimentare. Leggi Complementari, 1998, Milano, 153; Bricchetti, Pistorelli, La bancarotta e gli altri reati fallimentari, Milano, 2011, 285; Conti, Diritto penale commerciale. I reati fallimentari, in Conti, Il diritto penale dell'impresa, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 2001,337. |