Codice di Procedura Penale art. 410 bis - Nullità del provvedimento di archiviazione 1

Enrico Campoli

Nullità del provvedimento di archiviazione1

1. Il decreto di archiviazione è nullo se è emesso in mancanza dell’avviso di cui ai commi 2 e 3-bis dell’articolo 408 e al comma 1-bis dell’articolo 411 ovvero prima che il termine di cui ai commi 3 e 3-bis del medesimo articolo 408 sia scaduto senza che sia stato presentato l’atto di opposizione. Il decreto di archiviazione è altresì nullo se, essendo stata presentata opposizione, il giudice omette di pronunciarsi sulla sua ammissibilità o dichiara l’opposizione inammissibile, salvi i casi di inosservanza dell’articolo 410, comma 1.

2. L’ ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall’articolo 127, comma 5.

3. Nei casi di nullità previsti dai commi 1 e 2, l’interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo innanzi al tribunale in composizione monocratica, che provvede con ordinanza non impugnabile, senza intervento delle parti interessate, previo avviso, almeno dieci giorni prima, dell’udienza fissata per la decisione alle parti medesime, che possono presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente l’udienza.

4. Il giudice, se il reclamo è fondato, annulla il provvedimento oggetto di reclamo e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. Altrimenti conferma il provvedimento o dichiara inammissibile il reclamo, condannando la parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento e, nel caso di inammissibilità, anche al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende nei limiti di quanto previsto dall’articolo 616, comma 1.

[1] Articolo inserito dall’art. 1, comma 33, l. 23 giugno 2017, n. 103Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la  stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

Inquadramento

L'art. 410-bis è stato introdotto dalla l. n. 103/2017, sia per l'esigenza di dare una disciplina coerente ai provvedimenti di archiviazione e sia per la necessità di un totale ripensamento della disciplina delle impugnazioni in merito ad essi.

Sotto la denominazione “provvedimenti di archiviazione”, — di cui alla rubrica della stessa norma —, sono, difatti, racchiusi sia quelli adottati (con decreto) dal giudice per le indagini preliminari de plano e sia quelli assunti (con ordinanza) all'esito dell'apposita udienza camerale.

L'obiettivo deflazionistico in merito ai ricorsi per cassazione, viene raggiunto a mezzo di un ibrido mezzo d'impugnazione (quello del reclamo) mutuato dalla sede processual-civilistica.

Nullità del decreto di archiviazione.

 

Profili generali.

Il decreto di archiviazione è il provvedimento che il giudice per le indagini preliminari adotta de plano su richiesta dell’ufficio del pubblico ministero, il quale può declinarlo secondo le diverse formule previste dagli artt. 409, 411 e 411 bis.

Motivi di nullità.

Il legislatore racchiude nel primo comma dell'articolo in commento, introdotto della novella del 2017 (l. n. 103/2017), tutti i motivi formali che possono determinare la nullità del decreto di archiviazione, e cioè se esso viene emesso:

1. senza che il pubblico ministero abbia dato avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa che lo aveva richiesto, — ovvero, per i reati della cd. violenza di genere (tra cui anche il delitto ex art. 624-bis c.p.) anche senza che la stessa lo abbia richiesto —, al fine di consentirle di formulare opposizione nei nuovi termini di cui all'art. 408;

2. senza avere dato avviso sia alla persona offesa che all'indagato della richiesta di archiviazione per tenuità del fatto anche in questo caso ai fini della formulazione delle rispettive (ed eventuali) opposizioni delle parti interessate;

3. senza che l'atto di opposizione, ove presentato, sia stato fatto oggetto – da parte del giudice – della valutazione di ammissibilità, fatta eccezione per i casi in cui ricorra l'ipotesi di cui all'art. 410, comma 1 (omessa indicazione delle ulteriori indagini da compiere).

Ordinanza di archiviazione.

 

Profili generali.

L’ordinanza di archiviazione è adottata dal giudice all’esito dell’udienza camerale, - fissata d’ufficio o a seguito dell’opposizione delle parti interessate -, dandone immediatamente lettura ovvero riservandosi di depositare la decisione, in quest’ultimo caso non oltre il termine (ordinatorio) di tre mesi (introdotto con la medesima riforma).

Nullità.

L'ordinanza di archiviazione incorre nel regime delle nullità solo per il mancato rispetto del comma 5 dell'art. 127, come in precedenza disposto dall'art. 409, comma 6 contestualmente (e coerentemente) abrogato anche riguardo al mezzo di impugnazione (ricorso per cassazione) ora non più previsto in tale forma.

In sede di legittimità (Cass. VII, n. 7521/2018) si è avuto modo di precisare, – sebbene la procedura in esame avesse ad oggetto l'impugnazione dell'ordinanza di archiviazione ai sensi dell'art. 409, comma 6, quest'ultimo previgente -, che “l'art. 410-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 103/2017, nel prevedere il reclamo innanzi al tribunale avverso i provvedimenti archiviazione nei casi nullità, stabilisce, al comma 2, che l'ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall'art. 127, comma 5, cod. proc. pen.”.    

Viene, in tal modo, statuito che il legislatore ha confermato la previgente disposizione limitando il potere di impugnazione dell'ordinanza di archiviazione da parte della persona offesa solo ai casi in cui vengano violate le garanzie del contraddittorio.

È inammissibile il ricorso per Cassazione proposto nei confronti dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 410-bis  sul reclamo della persona offesa avverso il provvedimento di archiviazione  (Cass. V, n. 40127/2018).

Mezzi di impugnazione.

 

Profili generali.

Mentre nella disciplina previgente i provvedimenti di archiviazione (decreto/ordinanza) potevano essere impugnati solo a mezzo del ricorso in sede di legittimità, proprio al fine di sgravare la Suprema Corte di Cassazione di tale peso, se n’è impedito l’accesso mutuando dalla sede processual-civilistica il rimedio “interno” (alla sede di merito ma circoscritto a motivi formali) del reclamo.

Reclamo: disciplina e termini.

Una volta “selezionati” i motivi di nullità (facendoli oggetto di un elenco tassativo) il Legislatore ha scelto quale mezzo per l’impugnazione, quello di nuovo conio nel processo penale, del reclamo.

Se da un alto appare comprensibile che il termine di impugnazione (15 giorni) venga ancorato alla “conoscenza del provvedimento”, – prendendo atto delle conclusioni raggiunte sul punto dalla giurisprudenza di legittimità atteso che lo stesso, laddove adottato de plano (decreto) può essere assunto (con decreto) dal giudice in qualsiasi momento e laddove non letto in udienza, dovrà essere deliberato entro tre mesi -, lascia perplessi la scelta dell’organo (tribunale in composizione monocratica e non collegiale) che ben potrebbe essere ricoperto da un non togato.

Udienza

Una volta ricevuto il reclamo (la cui prima valutazione attiene alla tempestività) il tribunale in composizione monocratica deve provvedere alla fissazione dell’udienza dandone avviso alle parti interessate almeno dieci giorni prima della celebrazione della stessa e facultandole a presentare memorie “non oltre il quinto giorno precedente l’udienza”.

L’udienza, sebbene formalmente prevista, si svolge (singolarmente) senza la partecipazione delle parti interessate tanto da rendere non comprensibile la ragione della sua istituzione ben potendosi prevedere un mero termine (ordinatorio) per la decisione da quello ultimo per la presentazione delle memorie con l’obbligo di avviso ex art. 128.

Inoppugnabilità.

Lo scopo del Legislatore è stato quello di sbarrare la strada all'accesso in sede di legittimità di tale materia.

Tale scopo è stato perseguito a mezzo della previsione che qualsiasi decisione assunta (con ordinanza) dal Tribunale in composizione monocratica, a seguito di reclamo, “non (è) impugnabile”.

La Suprema Corte (Cass. VI, n. 17535/2018) ha, perentoriamente, sbarrato l'accesso in sede di legittimità anche al caso in cui il giudice monocratico abbia omesso di dare avviso alla parte impugnante della data d'udienza al fine di consentirle il deposito delle memorie in quanto “l'art. 410 bis c.p.p. dispone espressamente, al comma 3, che il provvedimento con il quale il tribunale decide il reclamo avverso il decreto o l'ordinanza di archiviazione costituisce “ordinanza non impugnabile”….di conseguenza, stante l'assenza di previsioni derogatorie a questa disposizione, il principio di tipicità dei mezzi di impugnazione e della legittimazione ad impugnare, direttamente desumibile dall'art. 568, impone di escludere che il provvedimento di decisione del reclamo sia impugnabile, e, quindi, per quello che interessa specificamente in questa sede, ricorribile per cassazione”.

Secondo i giudici negare l'accesso alla sede di legittimità è pienamente conforme ai principi costituzionali e sovranazionali in quanto, riguardo al primo aspetto, va osservato che l'operatività della garanzia dettata dall'art. 111 Cost. non è estensibile ai provvedimenti di archiviazione in considerazione della natura “non stabile” degli stessi – sempre soggetti alla riapertura delle indagini – né ciò intacca le prerogative del diritto di difesa (art. 24 Cost.) atteso che il non avere previsto che “avverso una decisione in “seconda battuta” non sia previsto un ulteriore controllo significherebbe prefigurare come costituzionalmente necessaria la proponibilità di impugnazioni tendenzialmente all'infinito” mentre relativamente al secondo – la compatibilità con la Convenzione EDU – “deve osservarsi che nessuna disposizione convenzionale ... prevede la garanzia della possibilità di sottoporre a verifica ogni provvedimento giudiziario” e, soprattutto, che, con la nuova disciplina dettata in sede di controllo dei provvedimenti di archiviazione “l'unica modifica….attiene all'organo giudiziario deputato al controllo : non più la Corte di Cassazione ma il tribunale in composizione monocratica”. 

Al di là della evidente (ed eccentrica) novità introdotta con la l. n. 103/2017, — che ha affidato ad un giudice di merito un controllo di legittimità  —, con questa decisione i giudici della Suprema Corte, nella consapevolezza di quale mal governo delle garanzie possa nascere da un loro “rifiuto” di consentire l’accesso anche ai casi in cui la violazione di legge sia macroscopica, — come nel caso sottopostole in cui nessun avviso è stato dato dell’udienza e della possibilità di depositare memorie —, ritengono che “ il rimedio che appare ipotizzabile….è quello della richiesta di revoca del provvedimento adottato dal giudice del reclamo in difetto di contraddittorio, invocata sul presupposto di tale vizio” (così anche, Cass. VI, n. 20845/2018 e Cass. V, n. 44133/2019).

Se certamente è vero che “ordinanza non impugnabile” non equivale a “ordinanza non revocabile”, se lo è altrettanto che le ordinanze in sede di reclamo non sono stabili in quanto replicano dai provvedimenti impugnati la loro natura e se, infine, non sono applicabili al caso di specie altri, diversi, istituti (incidente di esecuzione; restituzione nel termine; etc.) non può non osservarsi che il rimedio suggerito dalla Corte – l'istanza di revoca al giudice che ha deciso il reclamo – appare quantomeno con il “fiato corto” in quanto non si spiega cosa accadrebbe se una simile domanda, invocata sul presupposto del vizio del difetto di contraddittorio, venga rigettata dal giudice del reclamo, così ritornando alla “casella di partenza”.

Annullamento

Tutte le volte in cui il Tribunale in composizione monocratica rileva uno dei motivi di nullità previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 410-bis  “annulla il provvedimento ed ordina la restituzione al giudice che ha emesso il provvedimento”.

Alcun motivo di incompatibilità viene intravisto nel fatto che il procedimento venga restituito, per una nuova decisione, al medesimo giudice che, al di là dei motivi di forma, ha già deciso il merito della vicenda: poteva essere questa la sede per sancire tale principio di diritto attesa la ricorrenza di una situazione di grave convenienza in sede di “annullamento con rinvio”.

Conferma ed inammissibilità.

Nei casi in cui l'organo che decide il reclamo non rinviene il motivo di nullità posto a fondamento dello stesso, – ed è da ritenere che la decisione non possa spaziare oltre atteso che il perimetro demandato è solo quello della fondatezza dello stesso (“se il reclamo è fondato”) essendo stata prestata acquiescenza su altri aspetti non fatti oggetto dell'impugnazione -, darà luogo o alla conferma del provvedimento o alla inammissibilità “condannando la parte che lo ha proposto al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende nei limiti di quanto previsto dall'art. 616, comma 1”.

La conferma del provvedimento di archiviazione ricorre in tutti i casi in cui pur essendo ammissibile il reclamo lo stesso viene rigettato nel merito mentre la inammissibilità ricorre nei casi in cui quest'ultimo è formulato in spregio alla tempestività ovvero argomentando in fatto l'erroneità della decisione assunta dal giudice per le indagini preliminari in sede di archiviazione.

Il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 410-bis, in seguito al reclamo della persona offesa avverso il provvedimento di archiviazione, è inammissibile  (Cass. VI, n. 12244/2019).

Condanna alle spese

Mentre in caso di mera conferma del provvedimento reclamato il giudice condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del procedimento – atteso che il reclamo è stato formulato nel rispetto dei presupposti di legge – in caso di inammissibilità dello stesso – laddove, invece, il mezzo di impugnazione è stato distorto nelle sue finalità – la condanna prevede anche il pagamento di una aggiuntiva somma in favore della cassa delle ammende “di una somma da euro 258 ad euro 2.065” – (art. 616), sempre che la parte non versi in colpa.

Casistica

Il provvedimento di archiviazione emesso all'esito dell'udienza camerale successivamente all'entrata in vigore della l. n. 103/2017 non è ricorribile per Cassazione ma è reclamabile dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410-bis , nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale (Cass. VI, n. 18847/2018).

Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che non accoglie la richiesta di archiviazione non è impugnabile essendo prevista la possibilità di proporre reclamo solo nei casi di decreto e/o ordinanza di archiviazione ed in quelli di nullità previsti dall'art. 410-bis, commi 1 e 2 (Cass. III, n. 41612/2019).

Il decreto di archiviazione pronunciato senza che sia stato dato avviso alla persona offesa che lo aveva richiesto può essere rimosso con il reclamo ex art. 410 bis ma anche con la richiesta di riapertura delle indagini ex art. 414 da parte del pubblico ministero così come il ricorso per cassazione può essere qualificato quale reclamo nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis – (Cass., V, ord. 354/2022).

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