Notifica delle impugnazioni tramite PEC: la questione va alle Sezioni Unite
19 Dicembre 2016
Avverso il decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti per guida in stato di ebbrezza, l'imputato ha presentato opposizione tramite PEC. Il GIP ha dichiarato inammissibile tale opposizione in quanto non sarebbe consentito alle parti private, in un processo penale, effettuare comunicazioni e notificazioni in via telematica. Contro tale decisione l'imputato ha presentato ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ripercorre alcune sue precedenti pronunce che limitavano l'utilizzo della PEC solo alle notificazioni telematiche da parte delle Cancellerie a persona diversa dall'imputato (Cass. 30 marzo 2016, n. 18823). Secondo tale orientamento, la notifica via PEC «è deputata a sostituire forme derogatorie dell'ordinario regime di notifiche, ponendosi come alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari» quali ad es. le comunicazioni richieste dal PM ex art. 151 c.p.p. o le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall'Autorità giudiziaria con mezzi tecnici idonei secondo l'art. 148, comma 2-bis, c.p.p.. Osserva la Corte che generalmente gli artt. 582 e 583 c.p.p. vengono interpretati nel senso che la dichiarazione di impugnazione costituisce un atto a forma vincolata e, quindi, «le modalità di presentazione e ricezione della stessa costituiscono requisiti di forma che non ammettono equipollenti». Ratio di tale interpretazione è quella di assicurare la certezza della provenienza dell'impugnazione. Alcune risalenti pronunce hanno, però, affermato che l'indicazione di colui che ha presentato l'atto di impugnazione, da parte del pubblico ufficiale addetto, non richiede «formule sacramentali». L'adempimento può, quindi, considerarsi assolto «anche quando l'identità della persona appaia desumibile dal complessivo esame dell'atto di impugnazione e dell'attestazione della ricezione» a meno che non vi siano elementi equivoci che inducano a dubitare, ragionevolmente, della provenienza di tale impugnazione dal titolare del relativo diritto (Cass., sez. I, 1 giugno 1992, n. 2537).
Ciò premesso, deve ritenersi che la PEC offra le medesime certezze della raccomandata in ordine all'identificazione del mittente. Con la sentenza n. 16622/2016, la Cassazione ha precisato che è valida la notifica effettuata ex art. 161, comma 4, c.p.p. mediante invio telematico al difensore dell'atto da notificare all'imputato in quanto l'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 esclude la possibilità di usare la PEC per le notifiche all'imputato solo relativamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso, non riferendosi, invece, a quelle eseguite mediante consegna al difensore nell'interesse del suo assistito. Quanto all'esigenza di autenticità della provenienza e della ricezione della comunicazione effettuata tramite posta elettronica certificata, le Sezioni Unite hanno già rilevato (Cass., S.U., 28 aprile 2011, n. 28451; Cass., S.U., 27 marzo 2014, n. 40187), in materia di notifiche via fax, che la mancata individuazione da parte del legislatore dei mezzi tecnici idonei ad assicurare l'effettiva conoscenza dell'atto è legata all'esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, tenendo conto dell'evoluzione scientifica e della diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione. Pertanto, alla stregua di tali osservazioni e considerata la rilevanza della questione, il Collegio rimette la questione al vaglio delle Sezioni Unite. |