Validità della notifica del ricorso con formalità tradizionali nel PAT
09 Marzo 2017
Massima
Non è nullo e/o inesistente il ricorso che sia stato notificato con formalità tradizionali, con autenticazione in calce del mandato e relazioni di notifica redatte e sottoscritte in maniera autografa dal difensore, anche se non esiste un esemplare del ricorso che, sottoscritto con firma digitale prima della relativa notifica, possa costituire originale informatico di cui l'atto analogico rappresenti mera copia conforme. Si deve infatti ritenere applicabile il principio secondo cui l'atto non può ritenersi nullo e/o inesistente per mancanza assoluta di sottoscrizione se dalla copia dell'atto notificato, sebbene priva della sottoscrizione del difensore, sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa contenuti (ad esempio, in base alla sottoscrizione per autentica della procura in calce), la provenienza da un procuratore abilitato munito di mandato. Il caso
Il ricorrente aveva sottoscritto il ricorso introduttivo mediante firma autografa e l'aveva successivamente notificato a mezzo del servizio postale. Si evince dalla pronuncia del TAR Campania che il ricorso era poi stato iscritto a ruolo depositando solo la scansione degli atti notificati e non anche un esemplare del ricorso stesso, sottoscritto con firma digitale prima della relativa notifica, che potesse costituire originale informatico di cui l'atto analogico rappresentasse copia conforme. Il Collegio ha ritenuto che dovesse trovare applicazione il prevalente indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non ricorre un'ipotesi di nullità assoluta e insanabile dell'atto se dalla copia dell'atto notificato, sebbene priva della sottoscrizione del difensore, sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa contenuti (ad esempio, in base alla sottoscrizione per autentica della procura in calce), la provenienza da un procuratore abilitato munito di mandato. In particolare, affermato che, nonostante il processo amministrativo telematico, è tuttora consentito ricorrere alle formalità tradizionali di notificazione del ricorso, il Collegio ha ritenuto che l'atto notificato fosse inequivocamente riferibile al difensore, posto che l'atto cartaceo notificato alle altre parti recava non soltanto l'autenticazione in calce del mandato, ma le relazioni di notifica erano state redatte e sottoscritte (in maniera autografa, ma in questo caso senz'altro legittima ad avviso del TAR) dal difensore. La questione
La sentenza si pronuncia sulla questione dell'ammissibilità o meno di un ricorso notificato nelle forme tradizionali e iscritto a ruolo tramite scansione. Mancava nel caso di specie un esemplare del ricorso, sottoscritto con firma digitale prima della relativa notifica, che potesse costituire originale informatico di cui l'atto analogico fosse copia conforme. Le soluzioni giuridiche
Ad oggi non si rinvengono contrasti giurisprudenziali sul tema dei vizi di forma degli atti notificati con modalità tradizionali nel PAT. In generale, si nota in ogni caso un favor del Giudice Amministrativo nei confronti del ricorrente che non abbia rispettato le formalità previste. Le prime pronunce sul tema hanno fatto applicazione del principio dell'errore scusabile. Con il decreto n. 12/2017 pubblicato in data 4 gennaio 2017, il Consiglio di Stato, in merito ad un atto di appello, che, nella sua versione telematica, risultava sprovvisto della firma digitale del difensore dell'appellante, riportata soltanto nel modello per il deposito digitale dell'atto di appello e degli allegati, ha rilevato che la sottoscrizione materiale risultava apposta nella copia cartacea e che, in ogni caso, il collegio avrebbe potuto valutare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'errore scusabile, alla luce delle possibili difficoltà di carattere tecnico, correlate all'avvio del processo amministrativo telematico. Analogamente, con ordinanza n. 50/2017 pubblicata in data 9 febbraio 2017 il TAR Calabria, sezione I, pur ritenendo che un ricorso prodotto in formato nativo digitale, privo della sottoscrizione digitale, fosse, perciò, nullo, dava atto che il ricorrente aveva depositato oltre il termine un ricorso in formato nativo digitale, recante sottoscrizione digitale, e considerava sussistenti le condizioni per la rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 c.p.a., in considerazione delle comprensibili e oggettive incertezze riscontrabili soprattutto in casi in cui, come quello di specie, la notificazione del ricorso era stata effettuata quando ancora non erano vigenti le norme in materia di processo amministrativo telematico e il deposito aveva avuto luogo successivamente all'entrata in vigore delle norme richiamate. In altri provvedimenti il Giudice Amministrativo ha ritenuto applicabile il principio di raggiungimento dello scopo dell'atto. In particolare, con sentenza n. 175/2017 pubblicata in data 10 febbraio 2017 il TAR Calabria, sezione I, ha ritenuto ammissibile un ricorso, consistente nella copia digitale per immagini di un atto cartaceo, pur rilevando che esso si poneva in violazione dell'art. 136, comma 2-bis c.p.a. e dell'art. 9, comma 1, d.PC.M. 16 febbraio 2016, n. 40, che prescrivono che gli atti delle parti siano redatti in formato di documento informatico, tenuto conto che il ricorso era comunque sottoscritto con firma digitale e che la difformità dell'atto depositato dal modello delineato dalla normativa vigente non si traduceva in una nullità, avendo l'atto raggiunto il suo scopo (art. 156, comma 3, c.p.c.). Il TAR Calabria ha evidenziato in particolare che il rilievo di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non è volto a tutelare l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma a garantire solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della rilevata violazione (cfr. Cass. civ., S.U., 18 aprile 2016, n. 7665). La sentenza in commento si inserisce in tale orientamento sostanzialistico, facendo applicazione del principio generale secondo il quale l'atto non è nullo e/o inesistente se riconducibile con certezza ad un procuratore abilitato munito di mandato. Nel caso di specie, infatti, il Collegio ha ritenuto che «… se la mancanza assoluta della sottoscrizione del ricorso comporta nullità assoluta e insanabile dell'atto stesso (nel processo civile, secondo l'opinione preferibile, la sua inesistenza), è altresì vero che, per prevalente indirizzo giurisprudenziale, tale rigorosa conclusione non si giustifica allorché dalla copia dell'atto notificato, sebbene priva della sottoscrizione del difensore, sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa contenuti (ad esempio, in base alla sottoscrizione per autentica della procura in calce), la provenienza da un procuratore abilitato munito di mandato (cfr. per tutti Cass., sez. VI, 20 gennaio 2011, n. 1275, che pure tiene fermo che la sottoscrizione è elemento indispensabile per la formazione fenomenica dell'atto stesso); che non è dubbio che, nonostante il processo amministrativo telematico, sia tuttora consentito ricorrere alle formalità tradizionali di notificazione del ricorso; che, nel caso di specie, l'atto cartaceo notificato alle altre parti recava non soltanto l'autenticazione in calce del mandato, ma le relazioni di notifica redatte e sottoscritte (in maniera autografa, ma in questo caso senz'altro legittima) dal difensore; che, dunque, in questa vicenda ibrida, non potrebbe dirsi che l'atto notificato non fosse inequivocamente riferibile al difensore». Osservazioni
Le conclusioni cui perviene la sentenza in commento appaiono condivisibili, in considerazione delle oggettive difficoltà di interpretazione e applicazione delle disposizioni sul processo amministrativo telematico. Non del tutto condivisibili sono invece alcune delle motivazioni della sentenza e, in particolare, quelle relative all'art. 136, comma 2-bis, c.p.a.. Ad avviso del TAR Campania il predetto comma 2-bis si riferisce chiaramente, non ad una forma strumentale al deposito delle copie, ma ad un elemento di forma sostanziale dettato per l'identificazione della provenienza del documento, frutto di una scelta legale sulla rilevanza giuridica di un tipo di sottoscrizione, anziché di un altro, nel contesto del processo amministrativo. Al fine di sostenere tale tesi il TAR giunge a disapplicare la lettera della disposizione: «non sembra poter dimostrare il contrario la circostanza che l'articolo sia rubricato “Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici”, non essendo di certo rari i casi di articoli di legge dal contenuto disomogeneo, e trovando tale circostanza agevole spiegazione nel fatto che quel comma aveva in origine un diverso contenuto…». Viceversa sulla base della rubrica dell'art. 136 c.p.a. e della lettera dei commi 2 e 2-bis è chiaro che tali disposizioni regolano solo il deposito degli atti, e non l'attività (cioè la notifica) che precede il deposito. Si deve ritenere che i commi 2 e 2-bis non riguardino anche la forma degli atti ai fini della notifica ma dispongano solo, per quanto qui interessa, ai fini del deposito, che tutti gli atti di parte debbano essere sottoscritti con firma digitale e depositati con modalità telematiche. Se così è, sussisterebbe un contrasto, meritevole di formare oggetto di censura, fra tali commi e il d.P.C.M. n. 40/2016, ove quest'ultimo prevede all'art. 9 che tutti gli atti di parte sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale. |