La copia dell'ordinanza trasmessa per via telematica dalla cancelleria non necessita di attestazione di conformità del difensore
23 Marzo 2016
Massima
La copia di un provvedimento giudiziario, trasmessa in allegato a comunicazione telematica di cancelleria relativamente ad uno dei procedimenti di cui all'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modifiche/integrazioni), equivale all'originale anche se priva dell'attestazione di conformità o munita di attestazione irrituale da parte del difensore. Il caso
Tizio propone dinanzi alla Corte di Cassazione regolamento di competenza avverso l'ordinanza del Tribunale ordinario di Ragusa declinatoria della competenza territoriale, depositando nella Cancelleria del Supremo Collegio la copia del provvedimento impugnato trasmessa al suo difensore – quale allegato alla relativa comunicazione ex art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 - dalla Cancelleria del Tribunale e recante in calce l'attestazione di conformità sottoscritta dall'avvocato. La questione
La questione in esame è duplice: a) può definirsi autentica (rectius, equivalente all'originale) – ai sensi e per gli effetti di legge - la copia di un provvedimento giudiziario, che l'avvocato abbia tratto dalla comunicazione telematica di cancelleria cui essa era allegata ? b) è possibile e necessario per il difensore attestare la conformità all'originale della copia di un provvedimento giudiziario trasmessagli via PEC in allegato ad una comunicazione di cancelleria? Le soluzioni giuridiche
La Corte ritiene il ricorso procedibile (essendo per giurisprudenza pacifica l'applicazione anche al regolamento di competenza il disposto del numero 2 del comma 2 dell'art. 369 c.p.c.), in quanto argomenta che la fattispecie rientra nell'alveo normativo di cui al primo inciso del comma 9-bis dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, per cui «la produzione della detta copia trasmessa in allegato dalla cancelleria ragusana deve, dunque, di per sé reputarsi equivalente all'originale presente nel fascicolo informatico, tenuto conto che la comunicazione con cui è stata trasmessa reca tutti gli indici di individuazione della sua estrazione». Ad avviso dell'ordinanza n. 3386/2016, poi, nessun rilievo ha il fatto che l'attestazione di conformità («all'originale telematico/analogico scansionato») sia irrituale («infatti, il detto difensore non ha provveduto ad estrarre con modalità telematica la copia dal fascicolo informatico, ma ha reso l'attestazione sulla copia comunicatagli a mezzo PEC, che essa sì era estratta dal detto fascicolo, ma da parte del cancelliere»), in quanto «la copia trasmessa a mezzo PEC dalla cancelleria ragusana equivale all'originale e, dunque, può considerarsi una copia autentica». Non sussistono sulle problematiche in commento precedenti specifici, almeno nella giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione ha risposto affermativamente al primo dei sintetizzati quesiti invocando il primo periodo del comma 9-bis dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012 e, in particolare, il canone – ivi sancito – dell'equivalenza all'originale anche degli esemplari dei provvedimenti «trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo» (e non solo di quelli «presenti nei fascicoli informatici»). Il secondo quesito ha invece trovato soluzione negativa sulla base del secondo inciso del citato art. 16-bis, comma 9-bis, il quale circoscrive il potere di attestazione della conformità agli atti e provvedimenti che il soggetto certificante estrae dal fascicolo informatico (e ciò non è accaduto nella vicenda in esame); il Supremo Collegio ha peraltro escluso pure la necessità di assolvere detta incombenza, in virtù del mancato richiamo ad essa da parte del primo inciso della disposizione, enunciante il principio di equivalenza copia = originale a prescindere dall'esistenza di un'attestazione di conformità. Osservazioni
L'ordinanza n. 3386/2016, pur apprezzabile sul piano dell'equità, desta più di una perplessità sotto una serie di profili squisitamente giuridici: (i) intanto, per avere ignorato che l'assimilazione delle copie trasmesse con le comunicazioni telematiche di cancelleria a quelle presenti nel fascicolo informatico del procedimento è stata introdotta dall'art. 19, comma 1, lett. a) n. 2.1) del d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (conv. con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132), ossia in epoca successiva all'instaurazione (avvenuta in data 9 gennaio 2015) del regolamento di competenza devoluto alla cognizione della Corte; (ii) in secondo luogo, per avere trascurato che il canone dell'equivalenza, sancito dal primo periodo del più volte ricordato comma 9-bis dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, riguarda unicamente le “copie informatiche”, mentre tale non è quella prodotta dal ricorrente dinanzi al Supremo Collegio (dove – come noto – non è ancora consentito il deposito con modalità telematiche), evidentemente analogica (cartacea); (iii) per aver inoltre dimenticato che, a norma del terzo inciso del comma 9-bis dell'art. 16-bis, l'equivalenza rispetto all'originale vale – per le copie analogiche – solo se esse siano state estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a cura di uno dei soggetti a ciò abilitati: requisiti, questi, entrambi carenti nella fattispecie, dal momento che quella prodotta è la copia acclusa alla comunicazione telematica di cancelleria e, come esattamente acclarato dalla stessa Corte di Cassazione, l'attestazione del difensore avrebbe potuto avere ad oggetto unicamente una copia dal medesimo estratta dal fascicolo informatico (non aliunde). |