Provvedimenti in generale

Giuseppe Buffone
14 Aprile 2016

In linea di principio, un provvedimento è una manifestazione di potere: così ad esempio, il provvedimento amministrativo che costituisce il risultato dell'esercizio del potere amministrativo attribuito alla pubblica amministrazione. Ogni provvedimento è, inoltre, una espressione di volontà idonea a produrre effetti nell'ordinamento ed eventualmente incidere su situazioni giuridiche soggettive. Sovente si predica la tipicità del provvedimento, intesa come necessaria previsione legale fondante la manifestazione di potere: in tal senso, la manifestazione provvedimentale di potere è tipica.
Inquadramento

In linea di principio, un provvedimento è una manifestazione di potere: così ad esempio, il provvedimento amministrativo che costituisce il risultato dell'esercizio del potere amministrativo attribuito alla pubblica amministrazione. Ogni provvedimento è, inoltre, una espressione di volontà idonea a produrre effetti nell'ordinamento ed eventualmente incidere su situazioni giuridiche soggettive. Sovente si predica la tipicità del provvedimento, intesa come necessaria previsione legale fondante la manifestazione di potere: in tal senso, la manifestazione provvedimentale di potere è tipica.

In evidenza

I provvedimenti tendono a innestarsi in una sequenza di atti connessi, tutti orientanti al perseguimento di un risultato finale; l'insieme di atti, fatti, attività (tutti tra loro connessi), concorrenti, nel loro complesso, all'emanazione di una manifestazione finale di volontà è il «procedimento».

I provvedimenti si distinguono, dunque, dai procedimenti e le due nozioni non coincidono: d'altro canto, in genere, il procedimento è destinato a concludersi proprio con un provvedimento (che, in questo caso, assume tendenzialmente carattere decisorio).

Gli interpreti configurano il procedimento come modulo nel cui interno far confluire l'esercizio di più poteri provvedimentali, sempre connessi tra loro. Procedimento e provvedimento possono essere distinti in base all'autorità che li governa: si è detto, ad esempio, che ove il potere sia riferibile alla Pubblica Amministrazione, il procedimento («forma della funzione») assume l'aggettivazione «amministrativo» e così il provvedimento (si ricade, dunque, nell'ambito d'applicazione della

l. 7 agosto 1990 n. 241

).

Al contrario, nel caso in cui l'attività provvedimentale sia attribuibile ad una autorità giurisdizionale, il provvedimento (e così il procedimento) è, per l'appunto, giurisdizionale (e non meramente amministrativo).

I provvedimenti giurisdizionali

I provvedimenti giurisdizionali sono pronunciati dalla magistratura: in genere, essi traggono linfa da una particolare sequenza procedimentale ossia il «processo», regolato dalla legge. È la Costituzione a sancire, in modo imperativo, che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati (

art. 111, comma

6

, Cost.

). La motivazione del provvedimento si sostanzia nell'enucleazione del ragionamento logico e giuridico che ha guidato il giudice verso la decisione adottata: l'obbligo della motivazione assolve alla funzione di assicurare in concreto il perseguimento di diversi principi costituzionali in tema di giurisdizione, quali il diritto di difesa, l'indipendenza del giudice e la sua soggezione alla legge, nonché il principio di legalità.

È vero che la formulazione dell'

art. 111,

comma

6,

Cost.

non sembrerebbe ammettere casi di provvedimenti non motivati ma, in realtà, l'ambito di applicazione dell'enunciato costituzionale va ristretto ai casi in cui il provvedimento incida su situazioni giuridiche soggettive e, quindi, abbia natura decisoria. In ossequio a questa prescrizione, il codice di procedura civile, se da un lato si esige che la sentenza contenga la concisa esposizione «dei motivi in fatto e in diritto della decisione» e che l'ordinanza sia «succintamente motivata» (

art. 132,

134

c.p.c.

), dall'altro si non prevede alcuna motivazione per il decreto (art.

135

,

comma

4,

c.p.c.

) allorché questi non si traduca nell'esercizio di un potere decisorio (es. decreto di fissazione dell'udienza). Invece nei casi di decreto «decisorio», la motivazione è espressamente prevista dalle speciali norme di legge applicabili (v. ad es., decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno,

ex

art. 404 c.c.

). L'obbligo di motivazione del provvedimento deve conciliarsi con un altro principio costituzionale: quello della ragionevole durata del processo. Ecco perché, i motivi della decisione devono essere espressi in modo sintetico, affinché i tempi del decidere non si dilatino eccessivamente (v., per la sentenza, l'

art. 118 disp. att. c.p.c.

). L'obbligo della «motivazione sintetica» è oggi univocamente espresso dall'

art. 16

-bis

, comma 9-

octies

,

d.l.

18 ottobre 2012, n. 179

, convertito, con modificazioni, dalla

l

.

17 dicembre 2012, n. 221

: «Gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica» (comma aggiunto dall'

art. 19, comma 1, lett. a, n. 2

-ter

, d.l. 27 giugno 2015, n. 83

, convertito, con modificazioni, dalla

l

. 6 agosto 2015, n. 132

).

Sentenza, Ordinanza, Decreto

Sin qui si è già fatto riferimento alle diverse tipologie di «provvedimento» previste dal codice di rito civile: la sentenza, l'ordinanza, il decreto. È la legge a indicare, caso per caso, la forma provvedimentale che il giudice deve assegnare alla sua decisione; ove manchi una indicazione, vige il principio di libertà di forma, purché sia raggiunto lo scopo (v.

ar

t. 131, comma 1,

c.p.c.

).

La sentenza è il provvedimento giurisdizionale «principe», poiché con esso il giudice definisce il «procedimento» (anche solo in modo parziale o limitatamente ad alcune questioni) esercitando la potestas decidendi che la legge gli riconosce. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca come intestazione «Repubblica Italiana»

Essa deve contenere:

  1. l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata;
  2. l'indicazione delle parti e dei loro difensori;
  3. le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti;
  4. la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione;
  5. il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice (v.

    art. 132 c.p.c.

    ).

L'ordinanza è il provvedimento giurisdizionale regolato dall'

art. 134 c.p.c.

: si tratta di un atto del processo succintamente motivato che, in genere, ha carattere «endo-processuale» e tende, dunque, a regolare vicende interne al processo (ad es., regolare l'istruzione probatoria: v.

art. 183

,

comma

7,

c.p.c.

). In alcuni casi, tuttavia, l'ordinanza ha la stessa funzione della sentenza, ossia definire il procedimento (v. ad es., l'ordinanza

ex

art. 702-

ter

c.p.c.

, pronunciata nel procedimento sommario di cognizione).

Il decreto non ha, in linea di principio, carattere decisorio e nemmeno incide su situazioni giuridiche soggettive sostanziali o su facoltà processuali delle parti. Per questi motivi, il decreto non è motivato, salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge (

art. 135 c.p.c.

).

Principio della prevalenza e principio dell'apparenza e affidabilità

La forma provvedimentale adottata dal giudice ha una precipua importanza: infatti, in genere, in base alla forma della decisione, il destinatario del provvedimento può beneficiarie dell'uno o dell'altro regime impugnatorio e far riferimento all'una o all'altra disciplina applicabile.

È possibile, tuttavia, che il magistrato esprima un potere decisorio a mezzo di una forma non corretta. A tal riguardo lo stato della giurisprudenza di legittimità può considerarsi ormai solidamente attestato sul principio della c.d. apparenza, che si pone quale temperamento di quello, anche consolidato, della prevalenza della sostanza sulla forma, espresso dalle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 16 aprile 2007 n. 8949 ): è ben vero che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, occorre avere riguardo non già alla forma adottata, ma al suo contenuto (principio di prevalenza della sostanza sulla forma), cosicché il provvedimento - impropriamente qualificato ordinanza - con cui il giudice affermi o neghi (decidendo la relativa questione senza definire il giudizio) la propria giurisdizione, ha natura di sentenza non definitiva ai sensi dell'art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4.

Tuttavia, il rilievo attribuito alla sostanza trova temperamento nel principio secondo il quale l'individuazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all'azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza, evitando così l'irragionevolezza di imporre di fatto all'interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l'esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo (Cass. civ., Sez. Un., 23 marzo 1999 n. 182).

Questi principi sono stati confermati dalle Sezioni Unite anche in tempi più recenti allorché si è affermato che, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento (Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2011 n. 390). La giurisprudenza qui riportata è da intendersi, oggi, in termini di diritto vivente consolidato (da ultimo: Cass. civ., sez. VI-1, ord., 9 ottobre 2015 n. 20385).

Applicazioni dell'istituto

In tema di opposizione allo stato passivo, l'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento che ha deciso la controversia dipende, in base al principio di apparenza e affidabilità, dalla forma adottata dal giudice, purché la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è svolto in concreto il relativo procedimento. Ne deriva che, ove il giudizio sia stato trattato secondo il rito vigente prima della riforma attuata con il d. lgs. n. 5 del 2006 e, in coerenza con tale scelta, sia stato deciso con sentenza, l'impugnazione deve essere proposta con l'appello, sebbene l'opposizione riguardi un fallimento già assoggettato alla nuova disciplina.

Cass. civ., sez. VI, 9 ottobre 2015 n. 20385

In materia di impugnazioni, il principio cosiddetto di apparenza e affidabilità comporta necessariamente un'indagine sugli atti, al fine di accertare se l'adozione da parte del giudice di merito di quella determinata forma del provvedimento decisorio sia stata o meno il risultato di una consapevole scelta, ancorché non esplicitata con motivazione "ad hoc", nel qual caso decisiva rilevanza va attribuita alle concrete modalità con le quali si è svolto il procedimento; pertanto, è ammissibile il ricorso diretto per cassazione avverso la "sentenza" che decide all'esito di un procedimento azionato con ricorso per opposizione allo stato passivo, svoltosi con modalità corrispondenti al procedimento ex art. 99 l. fall., qualora la forma del provvedimento non sembri frutto di una meditata valutazione del decidente.

Cass. civ., sez. VI, 8 marzo 2012 n. 3672

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari ed altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatolo del provvedimento, sentenza oppure ordinanza l. n. 794 del 1942, ex art. 30, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento.

Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2011 n. 390

Natura dei provvedimenti

I provvedimenti, oltre che per la forma, possono essere classificati in base alla funzione. Una prima distinzione, in tal senso, consente di classificare i provvedimenti in decisori e interlocutori.

  • Il provvedimento giurisdizionale a contenuto decisorio è quello idoneo a incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte in giudizio: si pensi alla sentenza che definisce il processo. Il provvedimento interlocutorio è quello che, in genere, «amministra» il procedimento (cd. governance giudiziale,

    art. 175

    c.p.c.

    ) o, comunque, fa capo a decisioni non definitive.
  • Sono interlocutori i provvedimenti cautelari i quali hanno carattere provvisorio e vengono assunti senza pregiudizio alcuno per la risoluzione della controversia.

Il provvedimento cautelare non assume carattere decisorio e non incide in via definitiva sulle posizioni soggettive dedotte in giudizio, essendo destinato a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito, sicché esso, pur quando coinvolge posizioni di diritto soggettivo, non statuisce su di esse con la forza dell'atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato, neppure sul punto della giurisdizione (

Cass. Civ., S

ez. Un

., 23 settembre 2013 n. 21677

). Ne consegue che è suscettibile di ricorso straordinario per Cassazione,

ex

art. 111 della Costituzione

, solo il provvedimento giurisdizionale che abbia contenuto decisorio e non anche quello cautelare (

Cass. civ., Sez. Un

., 27 novembre 2015 n. 24247

).

In evidenza

È suscettibile di ricorso straordinario per Cassazione, ex

art. 111

Cost., solo il provvedimento giurisdizionale che abbia contenuto decisorio (idoneo, cioè, a incidere in via definitiva sulle posizioni dedotte in giudizio); lo strumento in questione non è perciò ammissibile nel caso in cui il provvedimento investa una misura di tipo cautelare e provvisorio, senza pregiudizio alcuno per la risoluzione della controversia (Cass. civ., Sez. Un., 27 novembre 2015 n. 24247)

Non è da escludere che ci si trovi in presenza di un provvedimento avente natura decisoria e tuttavia non previsto dalla legge, ciò nonostante destinato ad incidere su una posizione di diritto soggettivo: in questi casi, il provvedimento è affetto da abnormità e non essendo previsto alcun mezzo d'impugnazione, avverso il medesimo può essere esperito il ricorso per cassazione ai sensi dell'

art. 111 Cost.

(

Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2015 n. 19498

).

Riferimenti

E. Casetta

,

Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2015;

S.

Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966, 299;

P.

Cendon (a cura di), Commentario al codice di procedura civile, Giuffrè, Milano, 2012;

F. P. Luiso, Diritto processuale civile, Giuffrè, Milano, 2011.

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