Scrittura privataFonte: Cod. Civ. Articolo 2702
04 Maggio 2016
Inquadramento
In assenza di una definizione normativa della scrittura privata, viene qualificata come tale ogni documento scritto la cui formazione sia espressione dell'autonomia privata e che non risalga all'esercizio di una pubblica funzione certificativa. Elemento essenziale della scrittura privata è la sottoscrizione, obbligatoriamente autografa, del soggetto che si assume la paternità del contenuto del documento. La data del documento, invece, non è contemplata dalla legge, se non in casi tassativi, quale condizione essenziale di validità e di efficacia del documento, ed infatti in caso di mancata apposizione è possibile dare prova della stessa con qualsiasi mezzo. L'efficacia probatoria della scrittura privata è disciplinata dal legislatore in modo diverso a seconda che si faccia riferimento al contenuto intrinseco od estrinseco del documento. Al contenuto intrinseco della scrittura non viene riconosciuta efficacia di prova legale, ossia la capacità di vincolare il giudice, che rimane libero di valutare il risultato probatorio secondo il suo convincimento. Invece, con riferimento al contenuto estrinseco, ovvero alla provenienza delle dichiarazioni da colui che ha sottoscritto il documento, l'art. 2702 c.c. dispone l'efficacia di piena prova legale fino a querela di falso per il caso in cui colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosca la sottoscrizione, o se questa debba legalmente considerarsi come riconosciuta. Efficacia probatoria della scrittura privata
Elemento essenziale della scrittura privata è la sottoscrizione, obbligatoriamente autografa, del soggetto che si assume la paternità del contenuto del documento. L'efficacia di prova legale della scrittura privata richiede che la sottoscrizione sia riconosciuta dalla parte cui la stessa appare riferibile. Il riconoscimento può essere anche tacito: il legislatore ha, difatti, posto in capo a colui contro il quale la scrittura è prodotta l'onere di disconoscere la sottoscrizione tempestivamente, ossia nella prima udienza o nella prima difesa successiva alla sua produzione. Ciò nondimeno va rimarcato che, una volta intervenuto il riconoscimento o un equipollente legale di questo, la scrittura privata assume valore di piena prova fino a querela di falso, secondo quanto dispone l'art. 2702 c.c. della sola provenienza della stessa da chi ne appare come sottoscrittore e non anche della veridicità delle dichiarazioni in essa rappresentate, sicché il contenuto di queste ultime può essere contestato dal sottoscrittore con ogni mezzo di prova, entro i limiti di ammissibilità propri di ciascuno di essi (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2015, n. 13321). La giurisprudenza ha, inoltre, evidenziato che la fattispecie del riconoscimento tacito della scrittura privata opera esclusivamente nel processo in cui essa viene a realizzarsi, esaurendo i suoi effetti nell'ammissione della scrittura come mezzo di prova, con la conseguenza che la parte interessata, qualora il documento sia prodotto in altro giudizio per farne derivare effetti diversi, può legittimamente disconoscerlo, non operando al riguardo alcuna preclusione, diversamente dall'ipotesi in cui si sia provveduto all'accertamento specifico con valore di giudicato dell'autenticità della scrittura privata prodotta in precedente giudizio, che può, però, configurarsi solo attraverso il riconoscimento espresso della scrittura medesima ovvero mediante il giudizio di verificazione dell'autenticità della scrittura che sia stata ritualmente disconosciuta (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2007, n. 11460). La sottoscrizione, anche se apposta unicamente sull'ultimo dei più fogli componenti il documento, si riferisce all'intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene. Pertanto, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata sottoscrizione dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l'intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest'ultimo ha l'onere di proporre querela di falso (Cass. civ., sez. II, 01 marzo 2007, n. 4886).
Efficacia probatoria della scrittura privata con sottoscrizione autenticata
L'autenticazione della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale competente è un atto pubblico distinto dalla scrittura privata cui accede, che come tale determina una prova legale non già del riconoscimento, ma dell'autenticità della sottoscrizione del documento. Essa si configura perciò come un'equipollente del riconoscimento quale elemento costitutivo del vincolo al risultato della prova documentale. L'autenticazione consiste, difatti, nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale, previa identificazione della persona, che la sottoscrizione è stata apposta dinanzi a lui. In sua presenza è pertanto escluso il disconoscimento della sottoscrizione, la cui autenticità può negarsi solo tramite querela di falso. La giurisprudenza ha, tuttavia, rimarcato che non fa fede fino a querela di falso l'attestazione del pubblico ufficiale secondo la quale la firma dal medesimo autenticata è proveniente da un soggetto nella qualità di rappresentante di un altro, perché l'effettiva titolarità del potere di agire in nome e per conto è circostanza attinente al contenuto intrinseco dell'atto e non alla identità del sottoscrittore e all'apposizione della firma alla presenza del pubblico ufficiale (Cass. civ., sez. II, 9 settembre 1999, n. 9567).
Data della scrittura privata nei confronti dei terzi
L'autenticazione della sottoscrizione della scrittura privata conferisce certezza anche alla sua datazione, fino a querela di falso, nei confronti sia delle parti, sia dei terzi. In mancanza di autenticazione, l'apposizione della data è rilevante solo fra le parti con la conseguenza che: - se la data manca, la scrittura privata è comunque valida ed è senz'altro ammissibile la prova, anche per testimoni, del momento della effettiva formazione del documento; - se invece essa è presente, e la scrittura privata non viene disconosciuta o viene verificata, la prova della falsità o della simulazione della sua datazione è in generale possibile, mentre occorre la querela di falso per escludere che la dichiarazione intorno alla data provenga da chi ha sottoscritto. Ai fini dell'opponibilità ai terzi della data del documento l'art. 2704, comma 1, c.c. detta invece una regola che rende irrilevante la datazione compiuta dalle parti sulla scrittura privata non autenticata: la norma non consente, difatti, di inferire la data del documento dal suo contenuto intrinseco, ma impone invece di avere riguardo a circostanze oggettive esterne, quali la morte del sottoscrittore, la sua sopravvenuta impossibilità fisica, la registrazione o la riproduzione in atti pubblici. In assenza delle summenzionate situazioni tipiche di certezza, la data della scrittura privata è opponibile ai terzi se sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l'anteriorità della formazione del documento. La relativa prova può essere fornita anche per testimoni o in via presuntiva, atteso che, a differenza di quella vertente direttamente sulla data, i limiti probatori previsti dalla citata norma riguardano la natura del fatto idoneo a stabilire con certezza l'anteriorità, non anche le modalità di prova di tale fatto (Cass. civ., sez. I, 01 ottobre 2015, n. 19656). Deve ritenersi terzo chiunque non abbia partecipato alla formazione della scrittura, purché però vanti una situazione di vantaggio indipendente (autonoma) e incompatibile con quella oggetto della dichiarazione rappresentata attraverso la scrittura. La giurisprudenza ha all'uopo ritenuto che: - l'erede, continuando la personalità del de cuius, diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto del contratto medesimo, ancorché questo non sia stato trascritto (Cass. civ., sez. II, 6 giugno 2011, n. 12242); - è terzo rispetto al defunto e come tale non è tenuto, senza il suo consenso, a subire il debito del suo autore, l'avente causa a titolo particolare "mortis causa" o per atto tra vivi (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2009, n. 24133); - il curatore del fallimento viene considerato terzo se fa valere situazioni soggettive che spetterebbero ai creditori che siano autonome e incompatibili rispetto agli atti di cui si propone di contrastare l'efficacia, in particolare ai fini delle revocatorie (Cass. civ., sez. I, 27 settembre 2012, n. 16490); - in sede di formazione dello stato passivo il curatore deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l'istanza di ammissione, conseguendone l'applicabilità della disposizione contenuta nell'art. 2704 c.c. e la necessità della certezza della data nelle scritture allegate come prova del credito (Cass. civ., S.U., 20 febbraio 2013, n. 4213); - il curatore del fallimento non viene, invece, considerato terzo tutte le volte che esercita un'azione rinvenuta nel patrimonio del fallito, collocandosi nella sua stessa posizione, sostanziale e processuale (Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 2012, n. 23429). Va rimarcato che la disposizione dell'art. 2704, c.c., che stabilisce l'inopponibilità della data della scrittura non autenticata nella sua sottoscrizione né registrata, opera quando dalla scrittura si vogliano, in relazione alla sua data, conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione contenuta nell'atto, non già nel caso in cui la conclusione del contratto e la scrittura privata che lo certifica rilevino come semplici fatti storici (Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2010, n. 2030). Le scritture prive di sottoscrizione
Le scritture prive della sottoscrizione non possono rientrare nel novero delle scritture private aventi valore giuridico formale e produrre, quindi, effetti sostanziali e probatori, neppure quando non ne sia stata impugnata la provenienza dalla parte cui vengono opposte. Ne consegue che la parte, contro la quale esse siano state prodotte, non ha l'onere di disconoscerne l'autenticità ai sensi dell'art. 215 c.p.c., norma che si riferisce al solo riconoscimento della sottoscrizione, questa essendo, ai sensi dell'art. 2702 c.c., il solo elemento grafico in virtù del quale - salvi i casi diversamente regolati (art. 2705, 2707, 2708 e 2709 c.c.) - la scrittura diviene riferibile al soggetto dal quale proviene e può produrre effetti a suo carico (Cass. civ., sez. VI, 14 febbraio 2013, n. 3730). Telegramma
L'art. 2705 c.c. attribuisce al telegramma la stessa efficacia probatoria della scrittura privata se l'originale consegnato all'ufficio di partenza è sottoscritto dal mittente o se è stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo, anche senza sottoscriverlo. La giurisprudenza ha esteso la previsione legislativa anche all'ipotesi del telegramma dettato per telefono all'operatore in servizio, in relazione alla quale, in caso di contestazione, l'interessato dovrà fornire la prova della provenienza della dichiarazione da lui medesimo, anche con il ricorso a presunzioni, potendosi al riguardo fare riferimento, in particolare, alla indicazione dell'autore della dichiarazione contenuta nel testo stesso del telegramma, al possesso della copia del telegramma inviata al mittente in base alle vigenti norme postali, alla titolarità o all'uso esclusivo dell'utenza telefonica attraverso cui è avvenuta la dettatura del telegramma, all'eventuale pacificità per il destinatario, prima del giudizio, della provenienza del telegramma da parte dell'apparente autore della dichiarazione (Cass. civ., sez. lav., 9 novembre 2006, n. 23882). Onde vincere la presunzione di conformità all'originale della riproduzione contenuta nel telegramma non è sufficiente la contestazione di colui contro il quale il telegramma viene prodotto, essendo necessaria la prova contraria che può essere fornita con qualunque mezzo probatorio (art. 2706, comma 1, c.c.). Carte e registri domestici
Il regime dell'efficacia probatoria delle dichiarazioni contenute nelle carte e nei registri domestici è ispirata a principi analoghi a quelli che informano la disciplina della confessione stragiudiziale non indirizzata alla parte né al suo rappresentante. Esse provano la liberazione del debitore quando il documento del creditore fa espressa menzione del pagamento ricevuto, e provano l'esistenza dell'obbligo quando il documento del debitore menziona espressamente che l'annotazione si compie onde supplire alla mancanza di titolo in favore di chi è indicato come creditore. Tale efficacia non esclude peraltro la prova contraria. Annotazioni sul documento
La disposizione di cui all'art. 2708 c.c., richiedendo un'annotazione in calce, in margine o a tergo di un documento rimasto in possesso del creditore, ha inteso attribuire valore di prova liberatoria ad una nota o appunto che non faccia parte integrante del testo del documento e che non sia stato redatto nello stesso contesto di tempo, ma sia stato apposto dal creditore (o da un suo incaricato) su una parte periferica del documento in un secondo momento, dopo il suo completamento (Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2000, n. 11673). Lo stesso valore viene attribuito all'annotazione fatta dal creditore in calce, in margine o a tergo di una quietanza o di un esemplare del documento del debito posseduto dal debitore. Casistica
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