Finita locazione e opposizione alla fissazione della data del rilascio: si applica il termine per l’opposizione agli atti esecutivi?

Mauro Di Marzio
17 Luglio 2017

La speciale opposizione avverso il provvedimento di fissazione del giorno di esecuzione della condanna del conduttore al rilascio, previsto dal comma 3 dell'art. 56 l. 27 luglio 1978, n. 392 è soggetta al termine di proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, di 20 giorni decorrenti dal provvedimento che ha disposto il rilascio.
Massima

La speciale opposizione avverso il provvedimento di fissazione del giorno di esecuzione della condanna del conduttore al rilascio, previsto dal comma 3 dell'art. 56, l. 27 luglio 1978, n. 392 (come sostituito dall'art. 7-bis d.l. 13 settembre 2004, n. 240, convertito con modificazioni in l. 12 novembre 2004, n. 269) è soggetta al termine di proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, di 20 giorni decorrenti dal provvedimento che ha disposto il rilascio.

Il caso

Pronunciata in data 5 aprile di quest'anno un'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione, con fissazione della data dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 56, l. 27 luglio 1978, n. 392 (la legge dell'«equo canone») ad un anno, il locatore, con ricorso del successivo 12 maggio, propone opposizione contro il provvedimento di fissazione del termine per l'esecuzione.

Il Tribunale investito dell'opposizione la dichiara inammissibile, essendo trascorso il termine di 20 giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. e computato a far data dalla pronuncia dell'ordinanza di convalida.

La questione

Il problema è presto individuato: c'è un termine entro il quale proporre a pena di decadenza l'opposizione alla fissazione del termine dell'esecuzione disposta ai sensi del citato art. 56? Si applica in particolare il termine di 20 giorni dettato dall'art. 617 c.p.c. per le opposizioni agli atti esecutivi?

Le soluzioni giuridiche

Rammenta il Tribunale che l'art. 56 già menzionato, dopo aver stabilito che il giudice, con il provvedimento che dispone il rilascio, fissa la data dell'esecuzione entro il termine di sei mesi, ovvero eccezionalmente di dodici, prevede in proposito un apposito rimedio, mediante il quale il locatore e il conduttore, qualunque forma del provvedimento di rilascio, possono «in qualsiasi momento e limitatamente alla data fissata per l'esecuzione proporre al tribunale in composizione collegiale l'opposizione di cui all'art. 6, comma 4, l. 9 dicembre 1998, n. 431», ossia la legge sulle locazioni abitative. Disposizione che contempla una «opposizione per qualsiasi motivo al tribunale che giudica con le modalità di cui all'art. 618 c.p.c.».

Sorge di qui anzitutto il problema se l'opposizione prevista dalla legge del 1998, la quale richiama «le modalità di cui all'art. 618 c.p.c.» (norma che, tra l'altro, aveva a quell'epoca un contenuto sostanzialmente diverso da quello attuale), porti con sé anche l'applicazione dell'art. 617 c.p.c., che fissa per le opposizioni agli atti esecutivi il termine di 20 giorni. A tale quesito è il Tribunale risponde affermativamente, richiamando la giurisprudenza di merito (Trib. Roma 21 ottobre 1999, Giust. civ., 1999, I, 3441; Trib. Trani 30 maggio 2000, Arch. loc., 2000, 934; Trib. Catania 11 novembre 1999, Arch. loc., 2000, 99) la quale ha osservato che, se all'opposizione di cui all'art. 6, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, alla quale va riconosciuta natura di opposizione agli atti esecutivi, non si applicasse il termine perentorio di 20 giorni previsto dall'art. 617 c.p.c., ne deriverebbe una situazione di «grave incertezza nei rapporti giuridici» nonché una lesione del principio generale in forza del quale «tutte le volte che è data alle parti la facoltà di impugnare un provvedimento, è stabilito un termine di decadenza entro il quale ciò deve avvenire».

Dopodiché il giudice capitolino si cimenta con la formulazione del citato art. 56 e, in particolare, con l'inciso secondo cui l'opposizione ivi contemplata, concernente la data fissata per l'esecuzione, può essere proposta dal locatore e dal conduttore «in qualsiasi momento». Secondo la sentenza in commento tale locuzione non può essere intesa nel senso che l'opposizione in discorso può essere proposta sine die, perché:

  • il nostro ordinamento non ammette rimedi di natura impugnatoria svincolati dall'osservanza di un termine;
  • non può ammettersi la coesistenza di due procedimenti entrambi disciplinati dall'art. 6, l. n. 431/1998, i quali risponderebbero però a regole eterogenee;
  • se si ammettesse l'opposizione sine die, ciò si presterebbe ad uso strumentale, perché l'opposizione di cui all'art. 56 potrebbe «essere impiegata in prossimità dell'accesso dell'ufficiale giudiziario al solo fine di evitare l'esecuzione».

In definitiva, secondo il Tribunale, il legislatore, con l'inciso «in qualsiasi momento», ha semplicemente inteso ribadire l'autonomia del provvedimento di fissazione del termine per l'esecuzione rispetto al provvedimento cui accede, in considerazione della sua funzione meramente ordinatorio dell'iter esecutivo.

Osservazioni

La tesi sostenuta dal Tribunale riflette un'opinione che ha avuto modo di sostenere in passato (Di Marzio-Falabella, La locazione, I, Torino, 2010, 405). E della cui sostanziale correttezza, a fronte di una disposizione malfatta e connotata da un manifesto eccesso di mezzi rispetto al fine, quale l'art. 56, nella parte ora in esame, sono tuttora convinto.

Si sa che il provvedimento di fissazione del termine per l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili urbani (uno strano provvedimento in perfetto stile anni ‘70 del secolo scorso, che prolungava artificialmente la vita dei contratti di locazione pur cessati de iure, dando luogo a rapporti di fatto non più collegati alla comune volontà delle parti) ha natura meramente ordinatoria (ed anzi dovremmo dire dilatoria) del processo esecutivo: e cioè stabilisce una data prima della quale l'esecuzione forzata per rilascio non può essere intrapresa. Si tratta — se mi è consentita l'espressione — di un provvedimentino, semplicemente accessorio alla decisione che sta a monte di esso, al quale il giudice non riserva, e non può riservare (giacché non c'è una vera e propria istruttoria sul punto), che un'attenzione soltanto delibatoria. Insomma, nel fissare il termine per l'esecuzione non si può adoperare il bilancino di precisione, ma si deve in genere necessariamente andare a spanna: sicché, se si tratta di un provvedimento di rilascio per morosità, il termine per l'esecuzione sarà tendenzialmente molto breve; se si tratta di un provvedimento di sfratto per finita locazione sarà più lungo; se si tratta di un provvedimento di licenza per finita locazione, magari ad uno o due anni, potrà essere molto breve, perché è evidente che il conduttore ha tutto il tempo per prepararsi all'evento; se si tratta di una finita locazione di un immobile ad uso abitativo condotto da un lavoratore in cassa integrazione con moglie disoccupata e figli minori handicappati, per quanto il locatore possa strepitare, il termine sarà comunque di un anno pieno.

Ora, concepire a fronte di un provvedimentino del genere un'opposizione che si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale (questo stabilisce l'art. 56) e che si conclude con sentenza è un'evidente amenità.

Tanto più che l'opposizione in discorso si presta ad un uso ampiamente strumentale, che può riguardare qualsiasi tipologia di provvedimento di rilascio, ma che diviene particolarmente grave nel caso di sfratti per morosità, dal momento che il termine per l'esecuzione, come ho già detto, si applica anche ad essi. Al conduttore basta infatti depositare l'atto di opposizione un paio di giorni prima dell'esecuzione per impedirne il compimento. Come dicevo, negli sfratti per morosità il termine per l'esecuzione non può che essere molto breve, per l'ovvia ragione che c'è un inadempimento in atto, e procrastinare l'esecuzione significa sfilare banconote dal portafoglio del locatore. Quando facevo il giudice delle locazioni davo pressoché sistematicamente un mese, fatti salvi casi eccezionalissimi. Ora, introdotta l'opposizione, è veramente difficile pensare ad una sentenza che decida l'opposizione in meno di qualche mese, il che significa moltiplicare il pregiudizio per il locatore.

Ed è chiaro che il giudice che interpreta restrittivamente una norma come l'art. 56, questo essendo il contesto in cui l'opposizione ivi prevista è chiamata ad operare, esercita in realtà un diritto, se posso esprimermi in questo modo, di legittima difesa.

Ma c'è un però, che il Tribunale di Roma dimentica. Anzi ce ne sono due.

Il primo riguarda la specifica vicenda dedotta in giudizio, giacché in questo caso l'opposizione era stata proposta non già dal conduttore per far saltare l'esecuzione, ma dal locatore per abbreviare un termine generosamente fissato in un anno, per di più in un caso di licenza per finita locazione: insomma, in questa vicenda, di uso strumentale dell'opposizione non era proprio il caso di discorrere.

Più importante è il secondo però. La questione dell'interpretazione dell'art. 56 è stata da lungo tempo oggetto di esame dalla Corte di cassazione, la quale ha affermato l'esatto contrario di quanto sostenuto dal Tribunale di Roma (e da me), affermando che: «La speciale opposizione avverso il provvedimento di fissazione del giorno di esecuzione della condanna del conduttore al rilascio, previsto dal comma terzo dell'articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (come sostituito dall'art. 7-bis del d.l. 13 settembre 2004, n. 240, convertito con modificazioni in legge 12 novembre 2004, n. 269) non è soggetta al termine di proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi e può essere proposta, in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, fino a quando il termine stesso non sia spirato» (Cass. civ., sez. III, sent., 23 luglio 2012, n. 12814).

Dissento. Ma è così.

Ora, si sa che il giudice è soggetto soltanto alla legge e non alla Cassazione. Però non è male tenerne conto.

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