È invalido l'atto amministrativo privo di sottoscrizione?

11 Agosto 2017

Il provvedimento irrogativo di sanzioni amministrative non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, in quanto la promanazione di questo da parte dell'autorità amministrativa può essere desunta anche dal contesto del provvedimento stesso.
Massima

Il provvedimento irrogativo di sanzioni amministrative non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, in quanto la promanazione di questo da parte dell'autorità amministrativa può essere desunta anche dal contesto del provvedimento stesso.

Il caso

Tizio presentava ricorso avverso l'ordinanza ingiunzione adottata dal Prefetto a conferma del verbale irrogativo di sanzione per eccesso di velocità accertato mediante strumenti di rilevazione a distanza.

Il Tribunale e la Corte di appello respingevano le avverse censure al provvedimento e così Tizio proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la mancanza di firma autografa sul provvedimento dell'Amministrazione ne comportava automaticamente l'invalidità, per difetto di requisito essenziale dell'atto amministrativo.

La questione

La questione in esame è la seguente: in tema di atti amministrativi irrogativi di sanzione pecuniaria la mancata sottoscrizione del provvedimento ne comporta l'invalidità o l'atto è comunque idoneo a raggiungere il proprio scopo?

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento ritiene di poter dare risposta negativa: secondo la Corte di Cassazione la sola assenza della sottoscrizione autografa o mediante dicitura meccanizzata non è sufficiente ad escludere la validità del provvedimento sanzionatorio, nel caso in cui la riferibilità del provvedimento al titolare del potere sia comunque rinvenibile dal contesto dell'atto stesso.

Tale assunto del giudice di legittimità deriva dall'impostazione sostanzialistica assunto da questo in merito al tipo sindacato del giudice sul provvedimento di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria: da tempo difatti la Corte di Cassazione correttamente ritiene che il sindacato del giudice di merito si estenda alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame circa la ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'infrazione contestata, essendo oggetto della opposizione il provvedimento sanzionatorio, con la conseguenza che nessun rilievo assumono gli eventuali vizi meramente formali del provvedimento.

In tali tipologia di giudizi il giudice è chiamato a verificare se tra l'amministrazione sanzionatrice e la parte privata esista un rapporto obbligatorio di credito-debito.

Dunque in tali provvedimenti il giudice chiamato a verificare la fondatezza della pretesa pecuniaria erariale, senza che l'esame si possa fermare ai soli vizi formali del provvedimento stesso.

Di conseguenza i vizi meramente formali da cui l'atto impositivo possa essere affetto non impediranno al Giudice il sindacato sulla fondatezza della pretesa creditoria.

Difatti da tempo la Corte di cassazione ha ritenuto di rilevare “la non essenzialità ontologica” del requisito della sottoscrizione degli atti amministrativi ai fini della esistenza e validità degli stessi (Cass. n. 9394/1997; Cass.21954/2004; Cass. n. 5684/2000).

L'evoluzione giurisprudenziale in materia, nel completare un processo di svalorizzazione della sottoscrizione autografa come dichiarazione della provenienza dell'atto dalla persona del titolare dell'organo e come prova scritta di tale provenienza, ritiene che l'atto amministrativo esista come atto di un certo tipo se esso provenga dall'organo oggettivamente inteso e rechi contrassegni che impegnano la responsabilità della persona titolare dell'organo (quali ad esempio la carta intestata ovvero le impronte dell'Ufficio, ovvero la notificazione a richiesta dell'ufficio medesimo quando si tratta di atti destinati a terzi).

L'atto amministrativo esiste come tale qualora i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenere la sicura attribuibilità dell'atto a chi deve esserne l'autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell'interessato di chiedere al giudice l'accertamento in ordine alla sussistenza, sull'originale del documento notificato, della sottoscrizione del soggetto autorizzato a formare l'atto amministrativo.

In particolare l'eventuale omissione della sottoscrizione autografa o meccanizzata del provvedimento non né può in alcun modo inficiare la validità, nel caso in cui la provenienza dello stesso da parte dell'organo legittimato dalla legge ad adottarlo si evinca comunque dal contenuto dell'atto stesso.

Se questo, come nel caso di specie, contiene nell'intestazione l'indicazione dell'organo legittimato ad emanarlo tale dato diventa sufficiente a consentire al destinatario del provvedimento l'attribuibilità dello stesso a chi doveva esserne l'autore secondo la disciplina positiva, e, quindi, di sollevare contestazioni sul punto, non limitate alla mera assenza di sottoscrizione autografa, stante l'inessenzialità ontologica di tale requisito ai fini della esistenza e validità degli atti amministrativi.

Difatti non a caso la parte censurava il provvedimento amministrativo in ogni sua parte, senza limitarsi alla sola contestazione dell'elemento formale, così dimostrando di aver compreso da quale ramo dell'Amministrazione l'atto proveniva ed esercitando appieno il proprio diritto costituzionale alla difesa.

La validità dell'atto amministrativo difatti non dipende tanto dalla apposizione di un sigillo o di una firma leggibile, quanto dal fatto che, al di là di questi elementi formali esso sia inequivocabilmente riferibile all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo: organo che si perpetua nel tempo indipendentemente dal singolo funzionario chiamato pro tempore a svolgerne la funzione (Cass. n. 42843/2010).

Nemmeno il richiamo all'art. 3 d.lgs. n. 39/1993 è servito al ricorrente a scalfire il principio ormai consolidato del giudice di legittimità.

La disposizione richiamata difatti prevede la possibilità di formare alcuni atti amministrativi mediante strumenti informatici e solo nel caso in cui tali atti necessitano della sottoscrizione al fine della loro validità, questa verrebbe apposta sul documento con l'indicazione a stampa del nome del responsabile. Dunque la disposizione legittimerebbe, a contrariis, la possibilità di emanare un atto amministrativo per il quale non sia prevista l'apposizione della firma a pena di invalidità dell'atto stesso.

Nel caso di provvedimenti amministrativi irrogativi di sanzione pecuniaria nessuna disposizione prevede la sottoscrizione del provvedimento a pena di validità dello stesso.

Laddove invece una disposizione normative ne richieda la sottoscrizione a pena di nullità, come ad esempio l'art. 42 del D.p.r. n. 600/1972, la Corte di Cassazione ritiene che la sua assenza sia una condizione di validità dell'atto e nemmeno sia sanabile ex art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990, che com'è noto esclude all'annullabilità del provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Sul punto la Corte di cassazione, con particolare riferimento alla cartella di pagamento emanata dal Concessionario per la riscossione, ritiene che il modello che rechi nell'intestazione l'indicazione della "Denominazione del Concessionario", e in calce riporti, come segno distintivo del soggetto dal quale tale atto promanerebbe, la medesima indicazione della "Denominazione del Concessionario" sia sufficiente ad individuare inequivocabilmente il soggetto che emittente, dal momento che la denominazione del Concessionario sarebbe ritenuta elemento sufficiente per permettere al contribuente di conoscere, sena alcun dubbio, la provenienza dell'atto ricevuto, indipendentemente dalla presenza della sottoscrizione.

Il contenuto complessivo dell'atto contente di riferire inequivocabilmente l'atto all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, e se insorga contestazione tra le parti relativamente alla provenienza ed alla regolarità dell'avviso, il Giudice è tenuto ad accertare, con apprezzamento di fatto insindacabile in cassazione, la riferibilità dell'atto all'autorità legittimata ad emanarlo (Cass. n. 4757/2009)

Dunque la validità dell'atto all'Amministrazione non dipende tanto dall'apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che, al di là di questi elementi formali (la cui presenza vale indubbiamente ad agevolarne il riconoscimento), esso sia inequivocabilmente riferibile all'organo legittimato ad emanarlo (Cass. n. 4757/2009; Cass. n. 21954/2004; Cass. n. 9441/2001; Cass. n. 9394/1997).

Osservazioni

L'impostazione seguita dalla Corte di Cassazione appare del tutto conforme ai principi generali dell'ordinamento.

Nelle controversie, come in quelle relative alla violazione di norme del Codice della Strada, nelle quali il Giudice è chiamato a verificare la sussistenza del rapporto sostanziale di debito-credito verso l'Amministrazione la sola presenza di eventuali vizi formali dell'atto non possono esimere il Giudice da un sindacato pieno sul rapporto: si tratta difatti di stabilire se il trasgressore sia tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria irrogata (ex multis Cass. n. 21954/2004).

Pertanto quello che si chiede all'Autorità giudiziaria è di verificare se tale obbligo sussista in capo alla parte privata.

Per poter svolgere tale controllo il Giudice non può limitarsi ad esaminare la parte formale del provvedimento amministrativo, ma deve verificarne il contenuto sostanziale, la pretesa dunque: tale conquista dovuta alla giurisprudenza di legittimità ha ovviamente come corollario che i soli vizi formali del provvedimento non sono in grado di inficiarlo.

La parte privata dovrà dunque chiedere espressamente al Giudice, fornendo i necessari elementi, di accertare l'effettiva provenienza dell'atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo (Cass. n. 11458/2012), cosa che invece nel caso in esame non è stata fatta, ma ci si è limitati a contestare genericamente la validità dell'atto per la sola mancanza di sottoscrizione.

Solo nel caso in cui venga accertato che il provvedimento non sia riferibile all'organo legittimato ad adottarlo allora questo potrà essere annullato dal Giudice, mentre in mancanza lo stesso sarà comunque valido ed efficace.

Unico limite a tale principio non può che rinvenirsi nella violazione del diritto costituzionale alla difesa: se difatti per effetto della carenza di un requisito del provvedimento la parte non è in grado, secondo l'ordinaria diligenza, di comprendere quale sia il soggetto irrogante la sanzione e dunque non può conseguentemente esercitare la proprio difesa in giudizio solo in questo caso l'eventuale vizio formale potrà essere esaminato dal Giudice.

La parte però dovrà allegare e provare specifiche ragioni che le abbiano impedito di evincere dal contesto dell'atto la sua riferibilità al titolare del potere di adottarlo.

Difatti la giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che le irregolarità formali degli atti del procedimento sanzionatorio - e segnatamente della contestazione della violazione - in tanto possono determinare l'invalidità dell'atto in quanto le stesse determinino un vulnus al diritto di difesa (Cass., sent., 15/03/2011 n. 6092; id. n. 20707/ 2006; n. 19979/ 2004;i d. n. 4459/2003 correggi come sopra).

Analoga posizione ha il Giudice amministrativo, che facendo proprio l'orientamento del giudice di legittimità, ritiene la sottoscrizione, diventa elemento essenziale dell'atto amministrativo solo nel caso in cui la sua omissione incida sul diritto alla difesa, mentre generalmente la sua assenza costituisce una mera irregolarità dell'atto stesso (peraltro non annullabile ex art. 21 octies della legge n. 241 del 1990) (ex multis Cons. Stato, n. 5622 del 2009; Id., n. 6517 del 2007; T.A.R. Piemonte Torino 16/01/2015, n. 82; TAR Umbria, n. 451 del 2010; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 511 del 2011).

Dunque solo l'assoluta incertezza della provenienza dell'atto è in grado di incidere sul diritto alla difesa e diventa rilevante ai fini della validità dell'atto stesso (T.A.R. Lazio Roma Sez., sent., 26/05/2015, n. 7471).

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