Inammissibile il frazionamento delle istanze istruttorie in due memorie

21 Agosto 2017

La questione attiene all'ammissibilità, ove ciò avvenga nel rispetto del termine previsto, del deposito di una seconda memoria istruttoria, “integrativa” della prima.
Massima

È inammissibile il deposito di una seconda memoria istruttoria integrativa, poiché con il deposito della prima, ai sensi dell'art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., si determina la consumazione del potere riconosciuto alla parte.

Il caso

Nel corso di una causa civile Tizio depositava in data 11 aprile 2017 una prima memoria istruttoria ed il giorno dopo formulava altre istanze di prova con un'altra memoria integrativa, sempre ai sensi dell'art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.

La controparte, Caio, non depositava invece alcuna memoria volta all'ammissione di prove dirette ma solo quella di cui all'art. 183, sesto comma, n. 3, c.p.c. per le prove contrarie.

La questione

La questione attiene all'ammissibilità, ove ciò avvenga nel rispetto del termine previsto, del deposito di una seconda memoria istruttoria, “integrativa” della prima.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia che si annota ritiene che non sia possibile il deposito di una seconda memoria istruttoria, atteso che, a prescindere dal decorso del termine di decadenza previsto, il potere della parte di richiedere mezzi di prova in via diretta si esaurirebbe con il deposito della prima memoria.

Pertanto, nella fattispecie considerata, il Tribunale, sul rilievo della superfluità delle istanze istruttorie formulate con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c. depositata per prima, ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni, non avendo la controparte spiegato richieste di prova diretta.

A sostegno dell'orientamento affermato, la decisione in commento richiama la giurisprudenza di legittimità per la quale la presenza in giudizio di più difensori della stessa parte non autorizza i medesimi a moltiplicare gli atti tipici previsti dalla legge per la difesa dell'assistito, in quanto il potere di compiere l'atto si riferisce al diritto della parte di difendersi e contraddire, che è unico anche se la parte è assistita da più avvocati, sicché il deposito della comparsa conclusionale ad opera di un difensore consuma il diritto della parte di compiere l'atto, che non può essere, quindi, duplicato dall'altro difensore della parte stessa, anche a tutela del diritto di difesa della controparte, la quale nutre la legittima aspettativa che la prima comparsa abbia esaurito le difese dell'avversario e che ad essa soltanto occorra rispondere con la memoria di replica (Cass., sez. II, 30 novembre 2012, n. 21472).

Inoltre, evidenzia la decisione in esame, che la possibilità di frazionare le richieste istruttorie in più atti si porrebbe in contrasto con la fondamentale esigenza di una gestione ordinata del processo.

Osservazioni

La soluzione affermata dalla pronuncia in commento è sostanzialmente da approvare.

Riteniamo, infatti, che, sebbene non sia espressamente previsto che la parte non possa depositare memorie integrative rispetto alle prime di cui agli artt. 183, sesto comma, n. 1, 2 e 3, purché sia nel rispetto del termine, tale preclusione debba derivare da un'interpretazione di carattere sistematico che tenga conto, come ben argomentato dal Tribunale di Mantova, di esigenze costituzionalmente rilevanti.

Sotto un primo profilo, infatti, il diritto di difesa delle altre parti rischierebbe di essere pregiudicato ove le stesse, facendo affidamento sulla prassi per la quale si deposita un solo atto processuale della medesima specie (ad esempio, memoria istruttoria, comparsa conclusionale etc.), si limiti ad esaminare il primo che è stato depositato ed a tenere conto solo dello stesso per le proprie difese. Peraltro, per arginare questo rischio, le parti sarebbero soggette quasi “all'incubo processuale” di dover verificare quotidianamente, sino alla scadenza del termine previsto, se la propria controparte processuale ha depositato atti integrativi dei quali tenere conto.

A nostro sommesso parere di maggiore importanza è l'ulteriore argomentazione posta dall'ordinanza a sostegno della soluzione assunta, ossia l'esigenza di un'ordinata gestione del processo che sarebbe compromessa ove analoghe istanze siano frazionate in più atti processuali.

Invero, è evidente che una gestione ordinata del processo, in una collaborazione tra le parti ed il giudice, favorisce l'euristico risultato della ragionevole durata dello stesso.

Tuttavia sussistono, proprio con riguardo alle istanze istruttorie nel processo ordinario di cognizione, ampi spazi per un frazionamento delle stesse che rende gravoso l'esercizio del diritto di difesa delle parti ed il compito del giudice nella redazione dell'ordinanza di ammissione dei mezzi di prova.

Come noto, infatti, non è inusuale che le parti articolino delle richieste di prova, anche orale, sin dagli atti introduttivi, sebbene non scatti con gli stessi alcuna preclusione nel processo ordinario di cognizione; di regola, queste richieste sono reiterate, ma non sempre in modo coincidente, con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.

Per l'ammissione dei mezzi di prova, quindi, il giudice deve tenere conto, in questi casi, delle istanze frazionate lungo più atti.

Appare allora ragionevole che, de jure condendo, il sistema complessivo venga modificato dal legislatore prevedendo espressamente che le istanze istruttorie possono essere formulate soltanto nella memoria di cui all'art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c. e non anche in altri atti processuali antecedenti.

Guida all'approfondimento

DI MARZIO – GIORDANO – LAZZARO – SCARPA, Il giudizio ordinario di merito, Milano 2015.

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