Nullità del decreto di trasferimento e salubrità del bene venduto: aliud pro alio o vizio del bene?

Pasqualina Farina
06 Maggio 2016

La nullità del decreto di trasferimento sussiste solo per radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata.
Massima

La differenza con la vendita negoziale esclude l'adozione, in sede di vendita forzata, di una nozione lata di aliud pro alio: ne deriva che la nullità del decreto di trasferimento sussiste solo per radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se lo stesso è ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario.

Il caso

Il Tribunale di Mantova rigettava l'opposizione agli atti esecutivi con la quale l'aggiudicatario aveva chiesto la revoca del decreto di trasferimento dell'immobile emesso in suo favore.

L'opposizione era fondata sulla circostanza che, successivamente al versamento del prezzo per Euro 51.250,00 (di cui Euro 43.000,00 in favore della creditrice procedente ed il residuo per spese notarili), il perito aveva depositato un'integrazione di perizia con cui riduceva il valore di stima (da Euro 75.000,00 a Euro 50.000,00), in quanto si trattava di unità abitativa priva del requisito di agibilità, revocata dal Comune in considerazione della presenza, nell'immobile, di elementi inquinanti (cromo esavalente in quantità ritenuta pericolosa).

L'opposizione era stata rigettata sul presupposto che l'omessa indicazione nell'originaria perizia della revoca dell'agibilità non costituiva un'ipotesi di aliud pro alio, ma un vizio del bene non inficiante la vendita forzata ai sensi dell'art. 2922 c.c. Avverso la sentenza del Tribunale di Mantova, l'aggiudicatario propone ricorso in cassazione.

La questione

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha affrontato, con particolare riferimento alla vendita forzata, l'estensione della categoria dell'aliud pro alio e della riconducibilità alla stessa della mancanza di qualità essenziali alla funzione economico-sociale del bene (nel caso di specie un appartamento, privo di abitabilità). A latere si collocano i rilievi sulla qualità del perito stimatore e, correlativamente, sull'idoneità (o meno) degli elementi che il giudice dell'opposizione avrebbe tratto dal supplemento della perizia di stima.

È appena il caso di notare che, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte, l'acquirente riceve adeguata tutela in tutti i casi in cui il bene oggetto dell'ordinanza di vendita non coincide con quello oggetto dell'aggiudicazione; e che la medesima tutela è stata estesa anche:

a) alle ipotesi di cosa appartenente ad un genere del tutto diverso da quello indicato nell'ordinanza o priva delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua funzione economico-sociale;

b)a quelle in cui risulti del tutto compromessa la destinazione del bene all'uso preso in considerazione nell'ordinanza di vendita quale elemento determinante per la formulazione dell'offerta di acquisto (Cass. civ., 02 aprile 2014, n. 7708, Cass. civ., 21 dicembre 1994, n. 11018, che richiama: Cass. civ., 25 maggio 1971, n. 1521; Cass. civ., 17 gennaio 1978, n. 206; Cass. civ., 24 marzo 1981, n. 1698; Cass. civ., 3 dicembre 1983, n. 7233; Cass. civ., 31 marzo 1987, n. 3093; Cass. civ., 10 dicembre 1991, n. 13268; Cass. civ., 15 febbraio 1992, n. 1866).

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, affermando come la decisione impugnata si collochi correttamente nell'alveo dei precedenti sopra indicati: nel caso di specie è stata, difatti, esclusa la sussistenza dell'aliud pro alio a causa della temporaneità della situazione di inagibilità dell'immobile e della completa possibilità di recupero della salubrità dello stesso. Ciò specialmente ove si consideri che erano già stati realizzati sul bene interventi di recupero, seppure da implementare ed esisteva già presso l'ufficio competente «un vecchio progetto di intervento risolutivo proposto dai proprietari delle unità abitative.

La Corte ha, dunque, escluso che fosse compromessa la destinazione dell'immobile all'uso che risultava dall'ordinanza di vendita e che era stata determinante per la proposizione dell'offerta di acquisto. Elemento decisivo per la qualifica, da parte del Collegio, del caso concreto come ipotesi di vizio del bene e non di aliud pro alio era poi risultata la circostanza che i costi degli interventi, necessari al recupero della salubrità dell'immobile, comportavano una mera diminuzione del valore del bene, il cui prezzo di aggiudicazione si era, comunque, rivelato inferiore rispetto a quello aggiornato dal perito nella relazione integrativa.

Osservazioni

Resta da dire che l'aggiudicatario aveva denunciato l'illegittimità della sentenza impugnata anche per violazione dell'art.111 Cost. in relazione all'art. 360, n.3, c.p.c. In particolare aveva sostenuto come la lite fosse stata generata dall'errore dell'esperto che, sin dal deposito dell'integrazione della perizia, avrebbe dovuto essere considerato a tutti gli effetti una parte del giudizio, con la conseguenza che al Tribunale non sarebbe stato consentito attenersi alle indicazioni fornite dall'esperto stimatore.

La Corte ha rigettato anche questo motivo di ricorso, riconoscendo a tale professionista la qualifica di ausiliario del giudice (appartenente alla categoria residuale degli «altri ausiliari del giudice» contrapposta a quella degli ausiliari tipici e "nominati", quali il consulente tecnico o il custode, cfr. Cass. civ., 14 maggio 1997, n. 4243), che opera in una situazione di terzietà, vincolato dal giuramento e che, in tale qualità, ha reso le informazioni richieste dal giudice dell'esecuzione (ma contra v. Cass. civ., 18 settembre 2015, n. 18313, in forza della quale l'esperto nominato dal giudice per la stima del bene è equiparabile al consulente tecnico d'ufficio e, dunque, soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c).

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