Sul regime della sentenza che non indichi i nominativi dei componenti del collegio

09 Giugno 2016

La sentenza che non rechi i nominativi dei giudici costituenti il collegio deliberante è nulla per vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell'art. 158 c.p.c., e non per difetto assoluto di sottoscrizione ex art. 161 c.p.c.
Massima

La sentenza che, regolarmente sottoscritta dal Presidente, anche in qualità di estensore, non rechi i nominativi dei giudici costituenti il collegio deliberante, con conseguente impossibilità di desumerne l'identità, è nulla per vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell'art. 158 c.p.c., e non per difetto assoluto di sottoscrizione ex art. 161 c.p.c., sicché la Corte d'appello, rilevata anche d'ufficio tale nullità, è tenuta a trattenere la causa e a deciderla nel merito, senza rimetterla al primo giudice, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dall'art. 354 c.p.c.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di querela di falso incidentale sulla procura alle liti proposto già nella fase di gravame, riassunto il procedimento dinanzi al tribunale competente per materia, lo stesso dichiarava la falsità delle firme apposte sul mandato.

Proposto appello da parte dell'avvocato, la corte dichiarava la nullità della sentenza di primo grado in quanto non era possibile desumere l'identità dei giudici, diversi dal Presidente Estensore, che avevano preso parte alla deliberazione della decisione in camera di consiglio e, decidendo nel merito, accertava la falsità della firma oggetto della querela.

La parte soccombente denunciava, mediante il primo motivo di ricorso per cassazione, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132 n. 1, 161, 353, 354 c.p.c. relativamente a quella parte della pronuncia in cui il giudice dell'impugnazione, rilevata la nullità della sentenza di primo grado, non aveva disposto, attesa la radicale invalidità della decisione, la rimessione della causa al primo giudice.

La questione

La questione affrontata dalla sentenza in esame è la seguente: quando la sentenza, pur regolarmente sottoscritta dal Presidente che sia anche Estensore, non rechi l'indicazione dei nominativi degli altri componenti del collegio la stessa è nulla o inesistente, con conseguente possibilità di rimessione della causa al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

Mediante la pronuncia in commento la S.C. esclude che nella fattispecie che ne occupa ricorra un vizio di inesistenza della decisione, pur radicalmente nulla per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell'art. 158 c.p.c.

La Corte di cassazione perviene a tale soluzione evidenziando che, nella specie, la sentenza è regolarmente sottoscritta dal Presidente estensore, sicché non ricorre l'ipotesi – unica invero «codificata» – di inesistenza della decisione per difetto di sottoscrizione da parte del giudice previsto dall'art. 161, comma 2, c.p.c.

A tal riguardo, non è superfluo ricordare, peraltro, che, per un verso, le Sezioni Unite hanno recentemente precisato che neppure ricorre inesistenza delle sentenze collegiali prive della sottoscrizione o del presidente o del giudice estensore (Cass. civ., sez. U., 20 maggio 2014, n. 11021, in Foro it., 2014, n. 7-8, 2072, con note di AULETTA e DESIATO) e, per altro verso, è da sempre pacifico che l'indicazione, nell'intestazione della sentenza, del nome di un magistrato diversoda quelli componenti il collegio dinanzi al quale la causa è stata discussa e che ha trattenuto la causa in decisione, va ascritta ad un mero errore materiale, come tale non comportante la nullità della sentenza, ma suscettibile di correzione ai sensi dell'art. 287 c.p.c., considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale di udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza stessa (Cass. civ., sez. lav., 14 dicembre 2007, n. 26372).

Nella stessa decisione in esame, al contempo, la S.C. ritiene, richiamando un proprio precedente (Cass. civ., 30 luglio 1998, n. 7486), che la sentenza priva dell'indicazione degli altri magistrati componenti il collegio giudicante sia affetta da vizio di costituzione del giudice ai sensi dell'art. 158 c.p.c.

Pur in presenza di tale vizio, che implica una nullità processuale di carattere assoluto, tuttavia trova applicazione il generale regime stabilito dal comma 1 dell'art. 161 c.p.c. di conversione dei vizi di nullità della decisione in motivi di gravame della stessa (Cass. civ., sez. I, 28 giugno 2002, n. 9503).

Per altro verso, come evidenzia la pronuncia in esame, l'impossibilità di assimilare la fattispecie processuale che ne occupa a quella dell'inesistenza della sentenza implica che l'appello avverso la relativa decisione non possa concludersi con una pronuncia di rimessione della causa al primo giudice, attesa l'incontroversa tassatività delle ipotesi regolate dagli artt. 353 e 354 c.p.c. e che, pertanto, il giudice d'appello debba, disposta la rinnovazione degli atti nulli, decidere nel merito, come correttamente aveva fatto la sentenza oggetto di ricorso per cassazione.

Invero, ipotesi di rimessione necessaria della controversia al Giudice di primo grado è quella di declaratoria di nullità della sentenza a norma del comma 2 dell'art. 161 c.p.c., ossia laddove venga riscontrato il radicale vizio costituito dall'omessa sottoscrizione della decisione, c.d. di inesistenza della stessa.

Osservazioni

La soluzione della Corte è conforme ai principi consolidati sia in ordine all'impossibilità di assimilare la sentenza collegiale ritualmente sottoscritta nella quale non si evincano, tuttavia, i nominativi di tutto il collegio giudicante alla sentenza c.d. inesistente perché non corredata della sottoscrizione dell'autorità giurisdizionale, sia circa la ritenuta tassatività delle fattispecie di rimessione al giudice di primo grado. In tale direzione era stato già osservato da un risalente precedente che, considerato che l'art. 354 c.p.c. rinvia esclusivamente al comma 2 dell'art. 161 c.p.c., la rimessione al primo giudice è ammessa soltanto in mancanza della sottoscrizione della decisione, mentre negli altri casi di vizi della pronuncia, sulla scorta del generale principio di conversione, il giudice d'appello deve decidere la controversia nel merito (Cass. civ., 7 giugno 1976, n. 2069).

Peraltro, l'opportunità della soluzione alla quale è pervenuta la S.C. si apprezza anche nell'ambito della tendenza della giurisprudenza più recente a restringere l'ambito applicativo della categoria della sentenza c.d. inesistente, come attestato dall'affermazione, da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, del principio in forza del quale la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio ovvero del relatore) è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, la cui sola ricorrenza comporta la non riconducibilità dell'atto al giudice, mentre una diversa interpretazione, che accomuni le due ipotesi con applicazione dell'art. 161, comma 2, c.p.c., deve ritenersi lesiva dei principi del giusto processo e della ragionevole durata (Cass. civ., sez. U., 20 maggio 2014, n. 11021, cit.).

È invero importante ricordare che le pur gravissime conseguenze ascrivibili in punto di regime all'inesistenza della sentenza sono state, specie in passato, estese ad una serie di ipotesi assolutamente diverse da quella «codificata» dal comma 2 dell'art. 161 c.p.c. della sentenza priva della sottoscrizione del giudice. Difatti, in accordo con l'impostazione tradizionalmente invalsa in dottrina come in giurisprudenza, una sentenza deve ritenersi inesistente tutte le volte che manchi di quel minimo di elementi indispensabili per la produzione dell'effetto di certezza giuridica che costituisce lo scopo del giudicato.

Appare pertanto condivisibile l'attuale tendenza a restringere entro i confini normativi la categoria della sentenza c.d. inesistente, che, sottratta al principio c.d. di assorbimento, è contestabile, in quanto «mero fatto», in ogni sede e tempo, anche mediante un'autonoma azione di accertamento (Cass. civ., 28 dicembre 2009, n. 27428).

Guida all'approfondimento

AULETTA, Nullità e “inesistenza” degli atti processuali civili, Padova 1999;

CONSO, Il concetto e le specie di invalidità, Milano 1955;

LORENZETTO PESERICO, Inesistenza della sentenza e rimessione al giudice di primo grado, in Riv. dir. proc., 1977, 517;

MANDRIOLI, L'assorbimento dell'azione civile di nullità e l'art. 111 della Costituzione, Milano 1967;

ORIANI, Nullità degli atti processuali, EGI, XXI, Roma 1988.

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