La comunicazione via pec della cancelleria e la decorrenza del termine breve per l'impugnazione ex art. 18, comma 14, l.fall.

10 Marzo 2017

La comunicazione via pec da parte della cancelleria della sentenza che rigetta il reclamo previsto dall'art. 18, comma 13, l. fall. è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione indicato dall'art. 18, comma 14, l. fall..
Massima

La comunicazione via pec da parte della cancelleria della sentenza che rigetta il reclamo previsto dall'art. 18, comma 13, l. fall. è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione indicato dall'art. 18, comma 14, l. fall.

Il caso

Con la sentenza segnalata la Cassazione torna a pronunciare sul delicato tema della idoneità della comunicazione di cancelleria effettuata a mezzo pec a far decorrere i termini per l'impugnazione in Cassazione della sentenza che rigetti il reclamo previsto dall'art. 18, comma 13, l. fall..

L'occasione è offerta dall'opposizione alla dichiarazione di fallimento proposta, fra l'altro, sul presupposto della mancata notifica dell'istanza quale fatto impeditivo della possibilità per la società di dimostrare la ricorrenza delle cause di esclusione di cui all'art. l l. fall..

Avverso la sentenza di rigetto della stessa, infatti, la società proponeva ricorso per cassazione che, tuttavia, subiva il preliminare giudizio di inammissibilità del Collegio in ragione della sua ritenuta intempestiva proposizione in forza del dettato degli artt. 18, comma 14, l. fall. e 133, comma 2, c.p.c. nella sua nuova formulazione.

La questione

La comunicazione via pec da parte della cancelleria della sentenza che rigetta il reclamo ex art. 18, comma 13, l. fall. è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione di cui al comma 14 delle medesima disposizione?

Le soluzioni giuridiche

È proprio dal testo delle richiamate disposizioni che occorre prendere le mosse per comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione della S.C.

Come noto, ai sensi dell'art. 18, commi 13 e 14, l. fall., la sentenza che rigetta il reclamo proposto avverso la pronuncia dichiarativa del fallimento è notificata al reclamante a cura della cancelleria e da tale attività decorre il termine di trenta giorni per proporre il ricorso per cassazione.

Si tratta di una previsione all'evidenza eccezionale rispetto alla regola di cui all'art. 285 c.p.c. che, invece, lega la decorrenza del termine per impugnare alla notifica effettuata su istanza di parte.

In alcune ipotesi, infatti, il legislatore ha liberato dall'iniziativa dell'interessato i termini di cui all'art. 325 c.p.c., associando piuttosto gli stessi alla comunicazione dell'avvenuto deposito del provvedimento ovvero alla sua notifica d'ufficio, così agevolando anche la più rapida formazione del giudicato.

Resta inteso, tuttavia, che i rapporti tra i due indicati mezzi di trasmissione d'ufficio non possono declinarsi in logica di stretta alternatività.

Ferma la loro eccezionalità, da cui si ricava l'irrilevanza dell'attività ai fini della decorrenza dei termini in tutti i casi in cui debba trovare applicazione il regime ordinario di cui agli artt. 285 e 325 c.p.c., va esclusa l'utilità della mera comunicazione a far decorrere il termine breve per l'impugnazione quando sia invece prescritta la notifica del provvedimento, mentre – di converso – va riconosciuta la rilevanza della notifica anche quando l'ufficio abbia provveduto ad essa e non alla comunicazione, come invece previsto dalla legge.

Ciò in quanto le caratteristiche strutturali delle due forme di trasmissione, che vedevano le comunicazioni e le notifiche avere ad oggetto rispettivamente solo il dispositivo della sentenza ovvero l'intero testo del provvedimento, giustificavano l'idea di una regola di “assorbimento” che permettesse di ritenere “contenute” nella seconda le esigenze sottese alla previsione della prima.

Si tratta di una considerazione evidentemente affiorante anche dal testo dei richiamati commi 13 e 14 dell'art. 18 l. fall. che, tuttavia, oggi va ristrutturata alla luce degli interventi normativi che hanno alimentato il progetto della giustizia digitale.

Il riferimento (che in questa sede si impone come necessariamente sintetico) è essenzialmente all'art. 16, comma 4, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 e al già richiamato art. 133, comma 2, c.p.c..

Le due disposizioni, infatti, contribuiscono a delineare un nuovo sistema di trasmissione degli atti su iniziativa d'ufficio in cui il canale telematico è indicato come esclusivo per tutte le comunicazioni e le notifiche dei procedimenti civili (art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012) e la comunicazione, in particolare, contiene “il testo integrale della sentenza” e non più, quindi, il solo dispositivo (art. 133, comma 2, c.p.c.).

Tale modifica presenta incidenza anche sistematica, atteso che dalla medesima potrebbe ricavarsi la convinzione di una ormai superata distinzione e, a contrario, di una acquisita equiparazione degli effetti della comunicazione e della notifica d'ufficio che, per avere uguale contenuto e risultare pertanto idonee a dare contezza al destinatario dell'integralità dell'atto, potrebbero ritenersi entrambe utili alla decorrenza dei termini brevi di impugnazione.

Una possibilità interpretativa che non deve essere sfuggita nemmeno al legislatore che, infatti, in sede di conversione del d.l. 24 giugno 2014, n. 90 ha modificato la prima versione dell'art. 133 c.p.c. espressamente precisando che la comunicazione effettuata per intero “non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325”.

Ciò, tuttavia, senza intaccare le previsioni speciali che, in via derogatoria, assegnano, per evidenti finalità di accelerazione del processo, rilevanza alla semplice comunicazione del provvedimento senza richiedere l'atto di impulso della controparte.

L'elenco di tali disposizioni non è di certo secondario atteso che in esso compaiono le norme rivolte alla disciplina del regolamento di competenza (art. 47, comma 2, c.p.c.), delle impugnazioni del pubblico ministero (art. 72, comma 6, c.p.c.), del reclamo avverso le ordinanze di estinzione dei processi di cognizione e di esecuzione (rispettivamente, artt. 178, comma 3, e 630, comma 3, c.p.c.), dell'istanza di pronunzia di sentenza in caso di emissione di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., dell'impugnazione del decreto di estinzione per rinuncia del giudizio di legittimità (art. 391, comma 3, c.p.c.), del ricorso per cassazione avverso la sentenza su pregiudiziale questione di efficacia, validità o interpretazione di contratti o accordi collettivi (art. 420-bis, comma 2, c.p.c.), del reclamo cautelare (art. 669-terdecies, comma 1, c.p.c.), del reclamo di cui agli artt. 739, comma 1, e 740 c.p.c., ovvero di quello proposto contro il diniego di esecutorietà al lodo (art. 825, comma 3, c.p.c.).

In tutti questi casi infatti la comunicazione ad opera della cancelleria assume rilevanza ai fini della decorrenza dei relativi termini a prescindere dalla sua ampiezza contenutistica e con il solo limite della sua idoneità a rendere conoscibile al destinatario la natura del provvedimento comunicato.

Proprio su queste basi la Cassazione, ponendosi in linea di continuità con altre precedenti pronunce (ex multis, Cass. 10525/2016; Cass. n. 23526/2014), ha affermato che l'ostacolo fissato dal nuovo art. 133 c.p.c. alla utilità della comunicazione di cancelleria alla decorrenza dei termini di impugnazione opera solo in caso di atto di impulso di controparte senza incidere, invece, sulle norme processuali derogatorie e speciali, così concludendo per l'utilità della comunicazione di cancelleria della sentenza che rigetta il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento a fare decorrere i termini brevi per il ricorso in Cassazione di cui all'art. 18, comma 14, l. fall..

Osservazioni

La raggiunta conclusione impone tuttavia una verifica di tenuta.

Ciò in quanto l'art. 18, comma 14, l. fall. ricollega la decorrenza dei termini per l'impugnazione alla notifica della sentenza mentre nel caso deciso dal Collegio la trasmissione era stata effettuata con comunicazione di cancelleria.

Nel considerare la comunicazione di cancelleria equivalente negli effetti alla prescritta notificazione la Cassazione sembra avere di fatto suggerito e accolto il superamento della differenza tra comunicazione e notifica, in un quadro normativo che, però, non si dimostra ancora maturo per tale soluzione.

Al di là della corrispondenza contenutistica resa possibile dal nuovo dettato dell'art. 133, comma 2, c.p.c., infatti, le comunicazioni e le notifiche – accumunate anche dal ricorso esclusivo al canale telematico – continuano a costituire, almeno formalmente, attività distinte.

A dimostrazione di quanto detto sembra potersi spendere anche la considerazione per cui nel procedere alla trasmissione sotto forma di comunicazione ovvero di notificazione all'ufficio è richiesto di qualificare espressamente il tipo di attività svolta quale “comunicazione di cancelleria” piuttosto che come “notificazione ai sensi del d.l. 179/2012”.

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