Regolamento sulle modalità di costituzione delle camere arbitrali, di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie

22 Giugno 2017

Dall'8 aprile 2017 è in vigore il regolamento recante le modalità di costituzione, presso i Consigli degli ordini circondariali degli avvocati, delle camere arbitrali e di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie. Dall'8 ottobre 2017 le relative disposizioni si applicheranno alle camere arbitrali e di conciliazione già costituite.
Presupposti normativi e articolato

Il 2 marzo 2017 è stato pubblicato in G.U. il d.m. Giustizia del 14 febbraio 2017, n. 34 (di seguito «Regolamento»), in vigore dal successivo 8 aprile, disciplinante le modalità di costituzione, presso i Consigli degli ordini circondariali degli avvocati, delle camere arbitrali e di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie. Esso costituisce attuazione dell'art. 29, comma 1, lett. n), della l. 31 dicembre 2012, n. 247, recante la “nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”, in forza del quale ogni Consiglio dell'ordine degli avvocati può costituire camere arbitrali, di conciliazione ed organismi di risoluzione alternativa delle controversie, in conformità a regolamento adottato ex art 17, comma 3, della l. 23 agosto 1988, n. 400 (come previsto dall'art. 1, l. n. 247/2012). Trattasi dunque di regolamento ministeriale adottato udito non solo il parere del Consiglio di Stato ma anche quello del Consiglio nazionale forense (di seguito CNF), per quanto espressamente disposto dall'art. 1 da ultimo citato.

Il CNF ed il Consiglio di Stato hanno difatti espresso i pareri, rispettivamente alla seduta del 22 aprile 2016 ed all'adunanza del 30 agosto 2016, con i quali, pur dando giudizi favorevoli in merito allo schema di decreto, hanno sollevato talune perplessità in ordine ad alcune norme, tutte considerate ed alcune condivise in sede di stesura definitiva del Regolamento (nei termini di seguito evidenziati).

Le disposizioni in esame, decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del Regolamento, si applicheranno alle camere arbitrali e di conciliazione dell'avvocatura già costituite alla data dell'8 aprile 2017.

La norma transitoria di cui innanzi (art. 16 Reg.) si è resa necessaria in ragione della sussistenza di plurimi organismi di composizione delle liti operanti presso diversi Consigli degli ordini forensi territoriali (circa 107, come precisato nel parere del CNF).

A titolo di mero esempio, si ricorda difatti che l'art. 19, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in tema di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, prevede la possibilità di costituire (non solo presso i tribunali ma) anche presso i Consigli degli ordini forensi organismi speciali, avvalendosi di proprio personale ed utilizzando locali nella propria disponibilità, per le materie riservate alla loro competenza e previa autorizzazione del Ministero della giustizia. Tali organismi, su domanda, devono essere iscritti in apposito registro presso il Ministero della giustizia, in forza di criteri disciplinati con regolamento adottato con d.m. Giustizia n. 180/2010.

Altri organismi di mediazione (oltre alle Camere di conciliazione istituite presso le camere di commercio ex l. 29 dicembre 1993, n. 580) sono poi istituiti da taluni Consigli degli ordini forensi per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, ex l. 27 gennaio 2012, n. 3, ed in ossequio al relativo regolamento adottato con d.m. Giustizia n. 202 del 2014, mentre il d.l. 12 settembre 2014, n. 132 (conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162) disciplina la negoziazione assistita.

Il Regolamento consta di 16 articoli suddivisi in 6 Capi contenenti le disposizioni generali (Capo I, artt. 1 e 2) e disciplinanti: camera arbitrale e di conciliazione (Capo II, artt. da 3 a 5); organi e funzioni della camera e criteri di designazione degli arbitri e dei conciliatori (Capo III, artt. da 6 ad 11); incompatibilità ed onorabilità degli arbitri e conciliatori (Capo IV, artt. 12 e 13); altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (Capo V, art. 14) e disposizioni finali (Capo VI, artt. 15 e 16).

La citata norma transitoria non individua l'autorità avente il compito di verificare la conformità al Regolamento delle regole già adottate con riferimento ai singoli organismi esistenti, così come nulla è previsto con riferimento alle eventuali illegittimità in ordine ai regolamenti “interni” che saranno emanati dagli organismi di nuova costituzione (cioè delle camere). In merito la dottrina ritiene sussistente la legittimazione attiva in capo ad ogni avvocato appartenente al relativo consiglio dell'ordine oltre che la giurisdizione del G.A., non rientrando le eventuali controversie nella giurisdizione speciale del CNF ex art. 36, l. n. 247/2012 (G. Finocchiaro, Le strutture esistenti possono adeguarsi fino a ottobre 2017, in Guid. al dir., 2017, 16, 18).

Oggetto e definizioni

Il Capo I del Regolamento contiene disposizioni generali ed in particolare, per una migliore intellegibilità del testo normativo, all'art. 2, definisce, ai fini dello stesso Regolamento, il consiglio dell'ordine (da intendersi quello circondariale degli avvocati), la camera arbitrale e di conciliazione (cioè l'organismo di cui all'art. 29, comma 1, lett. n, l. n. 247/2012), laddove, a ben vedere, la conciliazione potrebbe intendersi l'effetto-risultato dell'attività dell'organismo di conciliazione (come evidenziato nel citato parere reso dal CNF), e la “segreteria” di quest'ultima.

L'art. 1 invece individua l'oggetto delle disposizioni normative secondarie in esame proprio nelle modalità di costituzione e funzionamento delle camere arbitrali e di conciliazione e degli altri organismi di risoluzione alternativa delle controversie di cui alla citata lettera n. Il Regolamento quindi non incide in merito ad altri regolamenti attuativi inerenti altre tipologie di procedimenti ed a fortiori, in ragione del principio della gerarchia delle fonti, in ordine ad altre procedure di mediazione e conciliazione previste da altre fonti a lui sovraordinate (tre le quali si possono annoverare, esemplificativamente, le disposizioni che regolano la mediazione civile e commerciale di cui al d.lgs. n. 28/2010 e gli strumenti di composizione delle crisi da sovra indebitamento ex l. n. 3/2012).

Istituzione, natura giuridica, patrimonio ed autonomia organizzativa della “camera”

Il Regolamento (art. 3) prevede la “possibilità”, non già l'obbligo, di costituzione di camere arbitrali e di conciliazione (di seguito: camere o camera), quindi anche più di una, da parte dei consigli degli ordini forensi circondariali, in ipotesi anche mediante intese tra più consigli dello stesso distretto di corte d'appello. Essa deve avvenire con delibera (da pubblicarsi sul sito internet del relativo consiglio dell'ordine) contenente l'atto costitutivo e lo statuto indicante la determinazione della struttura, lo scopo, la sede ed i criteri per l'adozione del futuro regolamento recante le norme relative ad funzionamento, organizzazione e costi della Camera (artt. 3 e 4). Quest'ultima dovrà svolgere le proprie funzioni presso la sede del consiglio dell'ordine ove è istituita ovvero presso locali messi a disposizione dallo stesso consiglio dell'ordine (art. 5).

Sicché, nel caso di istituzione della Camera mediante intese tra più consigli dello stesso distretto queste ultime, sembrerebbe potersi ritenere, potrebbero prevedere il consiglio dell'ordine partecipante all'intesa presso il quale sarà istituita la “camera” che, si ritiene, potrà essere anche differente dal consiglio dell'ordine ove ha sede la corte d'appello, non essendovi preclusioni e limitazioni sul punto negli artt. 3 e 5.

Il «coordinamento organizzativo» tra camera e consiglio dell'ordine, ferme restando le rispettive autonomie organizzative (art. 4), è altresì confermato dal disposto di cui all'art. 5, comma 2, in forza del quale la Camera si avvale del personale dipendente del consiglio dell'ordine, dovendo intendersi sempre del consiglio dell'ordine presso il quale è istituita, anche nel caso di previa intesa tra più consigli del medesimo distretto.

Di talché, per l'espletamento delle attività inerenti il proprio funzionamento, la camera non potrà avvalersi di proprio personale, cioè di personale autonomamente assunto. La formulazione perentoria di cui innanzi («la camera si avvale») sembrerebbe far propendere per l'imposizione di un obbligo e non per la previsione di una mera facoltà (che avrebbe richiesto la differente formula: «la camera può avvalersi»), confermando ciò la natura di organo del consiglio dell'ordine da attribuirsi alla Camera, pur nella descritta autonomia organizzativa «coordinata».

Con particolare riferimento a quest'ultima (autonomia), difatti, l'art. 4 stabilisce che la camera, avente la funzione di amministrare i procedimenti di arbitrato e di conciliazione in conformità allo stesso Regolamento, ha autonomia organizzativa oltre che economica, stabilendo, con il proprio regolamento (“interno”), disciplinante il proprio funzionamento (di cui all'art. 3, comma 2, lette d, del Regolamento), anche la propria organizzazione e le modalità del proprio finanziamento e di tenuta della “propria” contabilità. Tale ultimo riferimento normativo (“propria” contabilità) sembrerebbe in particolare confermare l'autonomia anche contabile e non solo organizzativa della Camera ed evidenziare un difetto di coordinamento tra la detta autonomia e l'autonomia contabile del consiglio dell'ordine, del quale la Camera è organo (diversamente da quanto detto in merito alle rispettive “autonomie organizzative”). Tale difetto, da ritenersi consapevole in ragione di quanto emerge da relativi atti governativi (si veda atto del governo 354 del 26 novembre 2016), sembrerebbe necessitato dal fatto che il detto coordinamento si sarebbe potuto assicurare mediante l'istituzione di una sezione del bilancio del consiglio dell'ordine dedicata alle risultanze contabili della camera arbitrate, costituente però deroga alla disciplina generale sulla contabilità dei consigli dell'ordine (quali enti pubblici economici), di fonte primaria e quindi inderogabile da formazione secondaria.

Il citato art. 4, al comma 3, prevede in capo al consiglio dell'ordine (dovrebbe intendersi il consiglio presso il quale è istituita la camera) un obbligo (stante la perentorietà della formulazione normativa: «il consiglio dell'ordine stipula…») di stipula di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile verso terzi per i danni causati dagli arbitri e dai conciliatori per lo svolgimento delle attività alle quali è preposta la camera.

L'originaria formulazione del citato comma 3 prevedeva invece l'obbligo della polizza per la responsabilità a qualunque titolo delle attività della Camera. In sede di versione definitiva tale portata è stata ridotta, conformemente al relativo citato parere del Consiglio di Stato, per evitare di comprendervi anche l'obbligo di copertura assicurativa in merito all'attività del personale del consiglio dell'ordine operante presso la Camera. Ciò, secondo il detto parere, avrebbe finito per prevedere un obbligo di assicurazione di ente pubblico (essendo la camera organo del consiglio dell'ordine-ente pubblico non economico ex art. 24, comma 3, l. n. 247 del 2012) in favore del proprio personale, in quanto tale perlomeno disincentivata dall'ordinamento giuridico nonché, in diversi casi, sanzionata con la nullità.

L'obbligo assicurativo di cui innanzi, che si aggiunge a quello gravante in capo agli avvocati ex art. 12, l. n. 247/2012, è ritenuto uno dei corollari dell'assenza di una personalità giuridica della camera distinta da quella del consiglio dell'ordine presso il quale è istituita (G. Finocchiaro, Op. cit.). Al detto obbligo però non sembra corrispondere l'obbligo di concludere il contratto in capo alle compagnie assicuratrici e non è prevista l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, differentemente da quanto previsto dall'art. 12, l. 8 marzo 2017, n. 24, in tema di responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie.

Organi della “camera” e relative funzioni

L'organo amministrativo della camera è il consiglio direttivo, i cui componenti, di numero variabile in base al numero degli iscritti al relativo consiglio dell'ordine (al quale compete comunque la determinazione del numero massimo), sono nominati con delibera del consiglio dell'ordine ed individuati tra soggetti dotati di specifica e comprovata competenza. Sul punto non si specifica però se debba trattarsi di competenza in attività amministrativa (propria dell'organo in esame) ovvero in attività arbitrale e conciliativa che, invece, i consiglieri non sono chiamati a compiere e che, anzi, non possono compiere in ragione di incompatibilità ex art. 12.

I consiglieri, che devono possedere specifici requisiti di onorabilità (art. 6), sono nominati tra gli iscritti da almeno cinque anni all'albo del consiglio dell'ordine (almeno due e non più di due terzi) e tra i docenti universitari in materie giuridiche. Il consiglio direttivo permane in carica tre anni (comunque sino alla nomina del nuovo consiglio direttivo) con la conseguente non necessaria sua decadenza simultanea a quella del relativo consiglio dell'ordine.

Tale ultima previsione, frutto del recepimento del parere del Consiglio di Stato, sembra volta a garantire l'indipendenza del consiglio direttivo, avente la funzione di presiedere al funzionamento di organi giustiziali.

Sempre a presidio della detta indipendenza, ex art. 6, i componenti del consiglio non possono essere designati per più di due mandati consecutivi, non possono ricoprire incarichi in procedure amministrate dalla camera arbitrale e di conciliazione e svolgere altre attività tali da compromettere l'indipendenza e l'autonomia, così come non possono ricevere indennità diverse dal rimborso delle spese sostenute per l'adempimento del mandato.

Il presidente del consiglio direttivo , eletto a maggioranza dei suoi componenti, convoca, presiede e coordina le sedute del consiglio stesso, a mezzo di posta elettronica o con altri strumenti di comunicazione telematica (art. 7), quest'ultimo, invece, ha la funzione di aggiornare l'elenco degli arbitri e dei conciliatori, nel quale iscrive gli avvocati che ne fanno richiesta (art. 8).

Ai fini dell'iscrizione i richiedenti devono preventivamente indicare (con possibilità di successiva modificazione) una o più aree professionali di riferimento ma tra quelle individuate dalla tabella A allegata al Regolamento, quali: diritto delle persone e della famiglia, diritti reali, condominio e locazioni; diritto della responsabilità civile; diritto dei contratti, diritto commerciale e diritto industriale, diritto bancario e finanziario, diritto delle procedure concorsuali; diritto del lavoro della previdenza e dell'assistenza sociale; diritto amministrativo; diritto internazionale, diritto del commercio internazionale e diritto della Unione europea.

Sempre in sede di dichiarazione di disponibilità, l'avvocato ha l'obbligo di comunicare eventuali motivi di incompatibilità e la carenza di quelli di onorabilità cosi come quello di comunicazione successiva della sopravvenienza di uno di essi. In caso di revoca della disponibilità dell'iscritto, oltre che per il venir meno di uno dei requisiti di cui innanzi, il consiglio direttivo provvede alla cancellazione dell'iscritto e ad esso compete anche l'approvazione del codice etico che ciascun iscritto si impegna a rispettare prima dell'assunzione dell'incarico (art. 8).

L'assegnazione dei singoli affari degli arbitri e dei conciliatori iscritti all'elenco formato ai sensi dell'art. 8, essa, ex art. 9, avviene con designazione del consiglio direttivo ma in forza di criterio di rotazione automatica, assicurato dall'impiego di sistemi informatici, operante anche per il caso di sostituzione, salvo il caso in cui gli stessi siano concordemente individuati dalle parti.

Il Consiglio cura altresì la liquidazione dei relativi compensi (in conformità al d.m. giustizia 10 marzo 2014, n. 55), nonché la pubblicazione degli incarichi assegnati sul sito internet del consiglio dell'ordine (art. 9). Funzionale alla designazione (con i detti criteri automatici), in ipotesi di controversie connotate da particolare complessità e specializzazione, infine, è l'individuazione dell'area professionale di riferimento (di cui alla tabella A allegata al Regolamento) da parte del consiglio direttivo, previa individuazione delle ragioni e della materia del contendere.

Organo di supporto amministrativo del consiglio direttivo è la segreteria della camera arbitrale e di conciliazione, la quale provvede in particolare alla tenuta di un registro informatico per ogni procedimento della camera, annotandovi il numero progressivo, l'oggetto del conflitto, i dati identificativi delle parti, degli arbitri o del conciliatore, oltre che inerenti la durata del provvedimento ed il relativo esito (art. 10). Essa provvede altresì alla riscossione delle spese e di ogni altro compenso dovuto in relazione ai procedimenti svolti presso la camera.

Trattasi dunque anche della riscossione (in ipotesi, coattiva) dei compensi dovuti ad arbitri e conciliatori, nonostante il rapporto di natura privatistica che lega questi alla Camera, che avrebbe potuto indurre a ritenere tale attività di spettanza degli stessi arbitri e conciliatori. Sembrerebbe però potersi ritenere tale previsione connessa al disposto di cui all'art. 9, comma 7, in forza del quale è il consiglio direttivo che liquida i compenti degli arbitri e dei conciliatori, ex d.m. Giustizia n. 55/2014. Perplessità in merito potrebbero sorgere circa la possibilità che tale attività di riscossione coattiva, anche dei compensi ad arbitri e conciliatori, comporti oneri per la finanza pubblica (come paventato dal Consiglio di Stato nel suo citato parere) ma ritenuta ipotesi scongiurata dalla relazione illustrativa del Regolamento, in ragione della non appartenenza alla PA del personale dei consigli dell'ordine forense operante nelle camere arbitrali, essendo i detti consigli enti pubblici non economici.

In capo al personale (anche) di segreteria oltre che ai membri del consiglio direttivo, agli arbitri ed ai conciliatori, come per ogni altro soggetto che, in qualsiasi qualità, sia stato coinvolto nelle attività della Camera incombe l'obbligo di riservatezza in merito a qualsiasi informazione relativa all'esito del procedimento (art. 11). Tale esigenza di riservatezza è comunque conciliata con quella di studio, potendosi pubblicare, in forma anonima, gli atti dei procedimenti ed i lodi, come anche in ogni altro caso di previo assenso delle parti.

Incompatibilità e onorabilità degli arbitri e dei conciliatori

Ex art. 12, non possono essere nominati arbitri o conciliatori (versando dunque in situazione di incompatibilità): i membri o i revisori appartenenti al consiglio dell'ordine presso cui è istituita la camera; i membri del consiglio direttivo o della segreteria; i dipendenti dalla camera e della segreteria; i soci, gli associati, i dipendenti di studio, gli avvocati che esercitano negli stessi locali, nonché il coniuge, la persona unita civilmente, il convivente, il parente in linea retta e tutti coloro che hanno stabili rapporti di collaborazione con le persone indicate nei due punti precedenti.

Gli arbitri ed i conciliatori devono essere al momento della nomina indipendenti dalle parti, dai loro difensori e dagli altri componenti della camera arbitrale e di conciliazione (e tali restare per tutta la durata del procedimento), con ciò rendendosi più pregnante il sistema delle incompatibilità.

Lo stesso art. 12 prevede infine una causa tipizzata di parzialità. Esso dispone difatti che, in ogni caso, l'arbitro ed il conciliatore non possono dirsi imparziali se loro, ovvero un altro professionista socio, associato o che eserciti nei loro stessi locali abbia assistito, anche in via stragiudiziale, una delle parti del procedimento nei tre anni precedenti.

Nel corso del procedimento l'arbitro ed il conciliatore sono tenuti a comunicare ogni circostanza che possa costituire motivo di incompatibilità con la prosecuzione dell'incarico.

Sembrerebbe potersi ritenere che la previsione in oggetto debba coordinarsi con quella di cui all'art. 815 c.p.c., per l'ipotesi di arbitrato rituale (non esplicitamente escluso dall'ambito di previsione del regolamento), dovendo costituire motivo di ricusazione per incompatibilità anche le più stringenti ipotesi di cui alla citata previsione codicistica (Cfr., Cons. di Stato, 30 agosto 2016, cit.).

I requisiti di onorabilità degli arbitri e dei conciliatori (art. 13) sono: non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; non essere stati oggetto di interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; non essere stati sottoposti a misura di prevenzione o di sicurezza; non aver riportato sanzioni disciplinari definitive più gravi dell'avvertimento (l'art. 6, comma 2, lett. d, per i membri del consiglio direttivo prevede tra i requisiti di onorabilità invece il non aver riportato sanzioni disciplinari definitive, senza limitazione al riferimento a quelle diverse dall'avvertimento). Nel prevedere i requisiti di onorabilità il Regolamento riproduce dunque i requisiti di cui all'art. 4, comma 3, del regolamento n. 180/2010, di attuazione del d.lgs. n. 20/2010 in materia di conciliazione civile e commerciale.

Altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie

Ai sensi dell'art. 14 qualora la camera arbitrale e di conciliazione amministri altri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (quindi differenti dall'arbitrato e dalla conciliazione) dovrà adottare specifico regolamento in coerenza con le disposizioni della legge e del d.m. 14 febbraio 2017, n. 34.

In conclusione

L'adozione del Regolamento, in quanto attuativa di previsione contenuta nella nova disciplina della professione forense, è da accogliersi con favore anche se concludendo, alla luce di questo primo approccio ermeneutico, nel senso di talune criticità.

Oltre a quelle già innanzi evidenziate in sede di ricostruzione del relativo articolato, preme in questa fase conclusiva porre l'attenzione al momento istitutivo delle camere arbitrali e di conciliazione in quanto esso potrebbe influire sulle relative modalità di funzionamento degli organi istituenti oltre che di quelli già istituiti presso i consigli degli ordini forensi, la cui conformità potrebbe essere oggetto di sindacato giurisdizionale.

Ex art. 3, le camere possono difatti essere istituite, da parte dei consigli degli ordini forensi, anche mediante intese tra più consigli dello stesso distretto di corte d'appello. Il Regolamento non fa però il minimo cenno alla natura delle dette intese e soprattutto al loro possibile contenuto ed alle relative finalità, laddove, invece, prevede che l'istituzione della camera debba avvenire con delibera del consiglio dell'ordine, contenente l'atto costitutivo e lo statuto (avente peraltro il contenuto di cui all'art. 3).

Sicché, nel caso di istituzione della Camera mediante intese tra più consigli dello stesso distretto queste ultime, sembrerebbe potersi ritenere, potrebbero prevedere il consiglio dell'ordine partecipante all'intesa presso il quale sarà istituita la camera che, si ritiene, potrà essere anche differente dal consiglio dell'ordine ove ha sede la corte d'appello, non essendovi preclusioni e limitazioni sul punto negli artt. 3 e 5, ma non potranno prevedere l'istituzione di una camera presso più consigli (quelli di cui alla previa intesa).

Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'adozione del regolamento recante le norme relative al funzionamento della camera, laddove costituita previa intesa tra più consigli dell'ordine del medesimo distretto. Esso, però, deve essere adottato dalla stessa camera (artt. 3 e 4) ma in forza dei criteri dettati con lo statuto che è contenuto nella delibera di costituzione della camera, adottata dal singolo consiglio dell'ordine presso la quale sarà istituita ma, in questa sede, in conformità e comunque all'esito delle eventuali previe intese.

Analoghe considerazioni potrebbero effettuarsi con riferimento al luogo di svolgimento delle funzioni della camera che, ex art. 5, deve coincidere con la sede del consiglio dell'ordine presso il quale è istituita (quindi anche nel caso ed a prescindere da previe intese) ovvero presso locali messi a disposizione dello stesso consiglio. Sembrerebbe però che le intese possano perlomeno incidere in merito ai “locali messi a disposizione”. Per converso, sembrerebbe non derogabile la disposizione per la quale il personale deve essere quello messo a disposizione dal consiglio dell'ordine presso il quale la camera è istituita (art. 5, comma 2) in ragione di quanto già innanzi evidenziato circa la natura di organo del consiglio dell'ordine da attribuirsi alla Camera, pur nella descritta autonomia organizzativa “coordinata” con quella del consiglio dell'ordine presso il quale è istituita, pur godendo di una certa “autonomia contabile”.

Analoghe considerazioni potrebbero poi svolgersi con riferimento alla nomina dei membri del consiglio direttivo, all'espletamento delle funzioni che allo stesso, per Regolamento, competono, tra le quali l'adozione del codice etico, ritenendo che anche in merito ad esso potranno rilevare le previe intese con esclusione comunque di una loro forza vincolante.

Medesime argomentazioni potrebbero svolgersi con riferimento all'obbligo di stipulazione di polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile verso terzi per i danni causati dagli arbitri e dai conciliatori designati per lo svolgimento di attività cui è preposta la camera. Anche con riferimento all'individuazione del soggetto giuridico in capo al quale grava l'obbligo in esame non si vede come possano rilevare le previe intese, gravando esso, per regolamento, in capo al consiglio dell'ordine presso il quale la camera è istituita. Preme poi evidenziare che al detto obbligo però non sembra corrispondere l'obbligo di concludere il contratto in capo alle compagnie assicuratrici e non è prevista l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, differentemente da quanto previsto in tema di responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie (dall'art. 12, l. 8 marzo 2017, n. 24) nonostante il rapporto professionale che lega l'arbitro ed il conciliatore tanto alla camera (organo del consiglio dell'ordine) quanto alle parti del relativo procedimento.

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