ConciliazioneFonte: L. 29 dicembre 1993 n. 580
21 Novembre 2016
Inquadramento
La conciliazione rientra a pieno diritto tra gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi sia al giudice che all'arbitro. È uno strumento abbastanza nuovo per il nostro ordinamento, poiché nella sua essenza è assai diverso da come è stato disegnato dal legislatore del c.p.c. del 1942. In nostro codice di rito prevede varie ipotesi di conciliazione che devono o possono essere esperite dal giudice o dal consulente tecnico, ma purtroppo la caoticità del processo civile, nella quasi totalità dei casi, non consente un adeguato uso della conciliazione, la quale rimane bloccata in fieri in un semplice tentativo, destinato, spesso, a naufragare, a volte, anche per volontà delle stesse parti in lite. Quindi, la conciliazione come prevista da c.p.c. può essere suddivisa, in via sistematica, in tre fattispecie:
La vera conciliazione, così come viene intesa nei paesi anglosassoni è qualcosa di assai diverso, uno strumento di componimento delle controversie veramente efficace e potenzialmente idoneo ad essere utilizzata nei più diversi settori di applicazione. La conciliazione extragiudiziale
In Italia, la conciliazione è stata oggetto di numerosi interventi legislativi volti principalmente ad introdurre un elemento deflattivo dell'attuale, ma, soprattutto, del futuro contenzioso. Tuttavia, così come per l'arbitrato, la conciliazione non deve affatto essere intesa come un palliativo per risolvere i problemi di una giustizia ordinaria “in panne”, il valore aggiunto della conciliazione va ben al di là di un semplice alleggerimento dei compiti della giustizia ordinaria. Quando la conciliazione verrà svolta con competenza e professionalità, ma soprattutto quando si verrà a creare una vera cultura della conciliazione, allora diventerà uno strumento di risoluzione delle controversie di primaria importanza ed efficacia soprattutto per i consumatori e le imprese. La ragione per la quale la conciliazione potrà avere, ed in parte ha già avuto, in Italia quel successo che già ha avuto all'estero è data, in particolare modo, dal fatto che permette di pervenire ad esiti compositivi delle controversie meno convenzionali e tendenzialmente più soddisfacenti e remunerativi per le parti. Molto spesso non esistono né vinti né vincitori, ma solo due o più parti che hanno raggiunto un accordo pienamente soddisfacente per tutti. La produzione legislativa di questi ultimi anni ha magnificato il ruolo della conciliazione, forse anche in modo eccessivo, rispetto alla ancora minima diffusione di una vera cultura della conciliazione stessa. La norma chiave che ha attribuito fondamentali competenze in materia conciliativa alle Camere di commercio è l'art. 4, l. n. 580/1993 che afferma: «le Camere di commercio, singolarmente o in forma associata, possono tra l'altro: promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e consumatori ed utenti». (La l. n. 580/1993 è stata oggi abrogata e sostituita dal d.lgs. n. 23/2010) Tale previsione è rimasta pressoché ignorata fino all'introduzione della legge n. 192/1998 che ha imposto alle Camere di commercio la costituzione al loro interno di sportelli o camere di conciliazione. Successivamente, molti interventi legislativi si sono collegati, nella previsione di strumenti alternativi delle controversie, demandati agli sportelli o camere di conciliazione creati presso le Camere di Commercio: primi tra tutti la l. n. 281/98, oggi abrogata e sostituita dal D.Lgs. n. 6/2005, e la l. n. 135/2001 (oggi abrogato dal d.lgs. n. 79/2011), hanno imposto di fatto alle Camere di Commercio, che non si erano ancora attivate, la creazione immediata di commissioni conciliative ad hoc. Al di fuori delle Camere di commercio la conciliazione ha avuto larghissima diffusione nell'ambito delle controversie in materia di TLC di cui alla legge n. 249 del 1997, dopo l'istituzione dei Corecom da parte dell'Autorità di garanzia per le comunicazioni, ovvero, dopo gli interventi normativi coinvolgenti altre Autorità, come nei settori di gas ed energia, ovvero nelle controversie in materia finanziaria da parte della Consob.
I motivi per i quali le parti decidono di risolvere le controversie per mezzo di una conciliazione sono molteplici, ma, in particolare, l'opzione per la conciliazione amministrata trova la sua origine su motivazioni che, per certi aspetti, tenderebbero ad allontanare le parti da questo istituto, infatti, è indubbio che, come tutti gli strumenti giuridici, anche la conciliazione non è migliore del peggiore dei suoi utilizzatori, per cui può presentare alcuni aspetti che la rendono meno “competitiva” rispetto alla giustizia ordinaria. La conciliazione amministrata, invece, permette in molti casi di ovviare a questi problemi attraverso strutture ed operatori che sono organizzati ad hoc per la gestione e lo svolgimento di procedure conciliative. È importante ricordare, però, che tali istituzioni non svolgono direttamente funzioni di conciliatori. Queste molto semplicemente provvedono, oltre che alla gestione logistica e segretariale del procedimento, sulla falsariga di quanto viene svolto dalle cancellerie dei nostri tribunali, anche alla ricezione della domanda, al contatto con la parte che viene invitata a partecipare alla conciliazione ed all'assunzione di decisioni su aspetti organizzativi, amministrativi e sostanziali della procedura: conseguentemente, il primo dei vantaggi che viene offerto è quello della trasparenza, soprattutto per quanto concerne la nomina dei conciliatori, ma, più in generale, su tutto il procedimento. Come ricordato in precedenza, la scelta di devolvere l'amministrazione di una conciliazione ad un ente a ciò preposto, ove non imposto per legge, deve essere operata dalle parti in un accordo conciliativo o arbitrale. Al fine di evitare che possano insorgere problemi in ordine alla valutazione del tipo di procedura prescelta è opportuno indicare in modo inequivoco la volontà di aderire alle regole di una determinata istituzione ed ente, ponendo, se ammissibile, le limitazioni che le parti ritengono opportune. Al riguardo è importante sottolineare che, nella quasi totalità dei casi, gli sportelli o le camere di conciliazione, così come le istituzioni arbitrali, che di sovente sono incardinate all'interno di Camere di Commercio, hanno codificato modelli standard di domande di conciliazione, compromessi e di clausole di conciliazione e arbitrali allo scopo di fornire ai fruitori dei due istituti mezzi idonei all'opzione conciliativa ed arbitrale. Infatti, utilizzando gli schemi standard, le parti sono certe che la soluzione della controversia verrà operata secondo il tipo amministrato da loro prescelto. Molto spesso accade che l'istituzione, oltre ad indicare le modalità per la redazione degli atti nel proprio regolamento, provveda alla predisposizione di formulari ad hocper aiutare le parti nella redazione degli atti medesimi, permettendo, al contempo, ai conciliatori di individuare con maggiore chiarezza ed efficacia le istanze presentate dalle parti all'organo giudicante. Nella maggior parte dei casi i formulari per svolgere più efficacemente la loro funzione devono essere necessariamente utilizzati; altresì, può anche verificarsi il caso che tali formulari debbono essere considerati solamente quali linee guida per la predisposizione degli atti, piuttosto che uno stretto vincolo in capo alle parti.
La domanda di concilizione
Per potere attivare la procedura di conciliazione è necessario provvedere alla compilazione e presentazione in Segreteria dell'organismo di conciliazione adito dell'apposito prestampato, completato in tutte le sue parti, ovvero presentando una domanda in carta semplice. In ogni caso, dovranno essere evidenziati in modo chiaro i seguenti punti: generalità delle parti; sintetica esposizione dei fatti; ragione del contendere; valore indicativo della controversia; dichiarazione di volere perseguire una composizione bonaria; eventuale indicazione del conciliatore concordato con controparte, ovvero l'incarico alla commissione di procedere alla nomina del conciliatore. Qualora la parte lo ritenga necessario, potrà produrre documenti. A questo punto, nell'ipotesi in cui il proponente abbia optato per una conciliazione amministrata, la Segreteria farà pervenire alla controparte, entro il termine previsto, decorrente dal deposito della domanda, con ogni strumento idoneo a fornire la prova dell'avvenuta ricezione, la copia della domanda ed il modulo per l'accettazione della procedura di conciliazione.
La parte che riceve la domanda di conciliazione, qualora intenda aderire alla procedura, dovrà fare pervenire alla Segreteria dell'organismo adito, nel termine previsto dal regolamento o dalla legge, la sua accettazione, la quale deve contenere gli stessi punti della domanda, ma soprattutto deve evidenziare i casi di diversità delle posizioni, per permettere di procedere alla nomina del conciliatore ed alla fissazione dell'udienza nel più breve tempo possibile. Qualora nessuna accettazione pervenga nel termine stabilito dalla ricezione della domanda, il tentativo di conciliazione dovrà intendersi concluso sicché la Segreteria dell'organismo dovrà provvedere a darne immediata comunicazione al proponente. Qualora la conciliazione non abbia esito positivo, il conciliatore sarà tenuto a redigere un verbale di mancata conciliazione, che, ad esempio, nel caso della subfornitura industriale, ovvero in materia di TLC, permetterà alle parti di adire la commissione arbitrale o, in alternativa, l'autorità giudiziaria ordinaria, ovvero di accedere allo step successivo previsto dalla normativa di riferimento. All'incontro devono essere di norma presenti le parti personalmente sia nelle sessioni comuni, che in quelle private, anche eventualmente assistite da un proprio esperto di fiducia, salvo espressa previsione di legge o di regolamento che imponga la presenza dell'avvocato. La presenza di una persona di fiducia non può essere impedita, ma il conciliatore deve fino dall'inizio prestare particolare attenzione all'operato di questo soggetto. Infatti, deve verificare che mantenga un comportamento tale da non impedire o intralciare il raggiungimento della conciliazione. In particolare, il conciliatore deve considerare con attenzione il rapporto che lega parte ed esperto per valutare se la parte ha la possibilità di portare avanti una posizione propria senza essere succube del proprio esperto. In tale eventualità sarà ancora più difficile fare emergere l'interesse reale della parte rispetto alla posizione assunta nell'incontro di talché diventeranno ancora più importanti le sessioni separate dove approfondire maggiormente la posizione della parte. Qualora la parte non si presenti personalmente e compaia solo un rappresentante, il conciliatore dovrà verificare il mandato a transigere e conciliare sottoscritto dalla parte personalmente.
Il verbale di conciliazione
In generale, la conclusione del tentativo di conciliazione viene dichiarata per iscritto dal conciliatore e, in caso di raggiungimento di un accordo, questo deve essere inserito in un verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti in lite. La procedura di conciliazione deve ritenersi conclusa ogniqualvolta la parte che ha ricevuto l'invito a conciliare non si presenta nei termini stabiliti, ovvero, pur avendo aderito alla domanda, non si presenti agli incontri. Altresì, il conciliatore è tenuto a dichiarare concluso il tentativo di conciliazione qualora una delle parti abbandoni la riunione o, ancora, quando il conciliatore valuti che l'atteggiamento di una o di entrambe le parti renda impossibile il raggiungimento di un accordo o che sia incompatibile con l'obbligo di cooperazione cui sono tenute le parti medesime. Da ultimo, la conciliazione si può concludere con la sottoscrizione del verbale di avvenuta conciliazione, ad opera delle parti di un verbale. La durata della conciliazione è assai contenuta, di norma deve concludersi nell'arco di una riunione, al massimo due, ovvero in quel diverso termine previsto della legge che introduce o impone la conciliazione come strumento di risoluzione della controversia. Per quanto riguarda il valore del verbale di conciliazione, questo può ottenere efficacia di titolo esecutivo esclusivamente nei casi previsti dalla legge, con il deposito nella cancelleria del tribunale competente per territorio; ove non previsto dalla legge il verbale rimane vincolante tra le parti a livello contrattuale. Riferimenti
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