Astreintes anche d'ufficio per chi viola il diritto del minore alle frequentazioni con l'altro genitore

Rosa Muscio
01 Settembre 2017

Il Tribunale di Roma si occupa della questione riguardante la natura e la funzione dello strumento rimediale previsto dall' art. 614-bis c.p.c., l'applicabilità dello stesso ex officio, i presupposti per l'applicazione di tale misura e il loro accertamento.
Massima

Al fine di assicurare l'osservanza di obblighi di fare previsti dai provvedimenti relativi alla responsabilità genitoriale può essere prevista l'astreinte di cui all'art. 614-bis c.p.c. in caso di mancata ottemperanza da parte di uno dei due genitori agli obblighi stabiliti dal Tribunale.

Il caso

In un procedimento per la regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale di un figlio nato da coppia non coniugata il padre chiedeva l'affidamento condiviso della figlia, il collocamento a settimane alternate presso ciascun genitore, la madre l'affido esclusivo a sé e una regolamentazione del diritto di visita paterno molto circoscritto e senza pernottamento, assumendo che il padre non si fosse mai occupato della bambina.

All'esito del giudizio - durante il quale il Collegio, a seguito di un comportamento non idoneo tenuto dal padre e raccontato dalla bambina, dava corso in via prudenziale a visite padre e figlia in Spazio Neutro e a un accertamento tecnico psicodiagnostico su tutto il nucleo familiare - il Tribunale disponeva l'affido condiviso della minore con collocamento prevalente presso la madre e regolamentava il diritto di visita paterno in modo ordinario, prevedendo nuovamente e gradualmente il pernottamento della bambina presso il padre.

Il Collegio, altresì, disponeva che «al fine di scongiurare il rischio che atteggiamenti ostativi della madre, già verificatisi nel corso degli incontri in spazio neutro, compromettano la puntuale e continuativa frequentazione tra padre e figlia deve essere previsto ex art. 614-bis c.p.c. che, in caso di mancata ottemperanza alle modalità di frequentazione, in assenza di accordo scritto tra le pari che deroghi alle modalità previste ovvero di certificato medico del pediatra del Servizio Nazionale che attesti l'impedimento alla frequentazione del padre da parte della minore, la madre dovrà corrispondere al padre la somma di € 500 per ogni giorno di mancata frequentazione padre figlia».

La questione

La pronunzia in esame affronta le questioni poste dall'applicazione della misura prevista dell'art. 614-bis c.p.c.: la natura e la funzione dello strumento rimediale previsto dalla suddetta norma, l'applicabilità dello stesso ex officio, i presupposti per l'applicazione di tale misura e il loro accertamento.

Le soluzioni giuridiche

Il decreto del Tribunale di Roma in esame ha fatto puntuale e condivisile applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza.

Il Collegio giudicante ha, infatti, accertato, facendo leva su elementi di valutazione acquisiti sia attraverso le risultanze di un accertamento peritale versato in atti sia attraverso le relazioni dei Servizi Sociali incaricati di regolamentare le visite in Spazio Neutro, da un lato, una relazione affettiva buona e adeguata tra il padre e la minore, meritevole, quindi, di essere regolamentata in modo non più osservato e con il graduale inserimento del pernottamento e, dall'altro, comportamenti materni ostativi alla regolare attuazione delle frequentazioni tra la bambina e il padre.

A fronte di tali condotte materne poste in essere in corso di causa che non davano alcuna garanzia che la madre avrebbe rispettato le statuizioni giudiziali tanto più una volta chiuso il procedimento, proprio per garantire il rispetto e l'attuazione delle decisioni assunte in riferimento al diritto della minore alla relazione con il padre secondo il calendario stabilito, il Tribunale ha applicato ex art. 614-bis c.p.c. d'ufficio l'astreinte in applicazione, scrive il Collegio capitolino, «di principi generali dell'ordinamento fondati sulla necessaria tutela dei minori e sui poteri di ufficio riconosciuti in tale materia (Corte cost. n. 185/1986)».

La misura è finalizzata nell'ottica del giudicante a indurre la madre a cessare quei comportamenti ostacolanti la relazione della minore con il padre, ritenendo a tal fine non sufficiente la sola misura dell'ammonimento ad astenersi dalle condotte pregresse, pure applicata ex art. 709-ter c.p.c., ma necessaria anche la prospettazione della misura sanzionatoria pecuniaria per la valenza deterrente e dissuasiva che di norma la previsione di una “penale pecuniaria” ha sulle parti.

La quantificazione della somma irrogata, che in astratto può sembrare elevata, è stata fatta, come di norma avviene in questi casi, tenuto conto dei parametri di cui all'art. 614-bis, comma 2, c.p.c. e della specificità della materia in questione.

Il Collegio ha cioè tenuto conto anche della gravità degli inadempimenti materni posti in essere in corso di giudizio e quindi del concreto rischio che gli stessi possano essere reiterati nel tempo con conseguente rilevante pregiudizio per l'interesse della minore.

Lo strumento giuridico in esame ha, infatti, una funzione punitiva improntata, sotto forma di dissuasione indiretta, a garantire l'adempimento degli obblighi familiari e ad evitare il rinnovarsi di violazioni che le parti hanno posto in essere o vi è il serio rischio che pongano in essere.

Osservazioni

Deve premettersi che l'esecuzione dei provvedimenti adottati nei procedimenti relativi alla disgregazione del nucleo familiare presenta profili di particolare peculiarità e complessità, dati il particolare contenuto dei provvedimenti stessi per quanto riguarda il profilo della responsabilità genitoriale (affidamento e collocamento dei figli minori, regolamentazione delle modalità e dei tempi di frequentazione tra il genitore non collocatario o affidatario e il figlio) e la natura personale ed indisponibile degli obblighi familiari relativi ai figli.

Con l'introduzione nel Titolo IV «Dell'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare» di una norma a carattere generale rubricata «Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare» ad opera della l. n. 69/2009 si era posta la questione se la disciplina di cui all'art. 614-bis c.p.c. fosse applicabile anche agli obblighi di facere infungibili e di non facere posti dai provvedimenti adottati nei giudizi di famiglia, data l'esistenza di una norma specifica di settore quale l'art. 709-ter c.p.c..

Dottrina e giurisprudenza hanno affermato l'operatività della disposizione di cui all'art. 614-bis c.p.c. anche con riferimento ai provvedimenti concernenti l'esercizio della responsabilità genitoriale, posto che il contenuto di tali provvedimenti si caratterizza proprio per l'infungibilità delle condotte richieste al genitore obbligato e tenuto conto della funzione propria della misura introdotta, ricondotta alla figura della astreintes propria del diritto francese.

Le statuizioni giudiziali in materia di famiglia non possono, infatti, avere effettiva attuazione in assenza della collaborazione della parte obbligata, né è ipotizzabile una esecuzione c.d. per equivalente.

La misura prevista dall'art. 614-bis c.p.c. è, quindi, una misura di coercizione indiretta volta ad ottenere l'esecuzione del provvedimento, la cui attuazione dipende di fatto esclusivamente dalla condotta dell'obbligato con la prospettazione, o meglio con la previsione anticipata, di una sanzione pecuniaria già determinata dal giudice nel caso di violazione o inosservanza successiva o anche per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.

La statuizione ex art. 614-bis c.p.c. è posta in via preventiva, su richiesta di parte, sempre previa valutazione di non manifesta iniquità della misura in relazione a tutte le circostanze del caso concreto da parte del giudice, con lo stesso provvedimento (cioè contestualmente) con cui il giudice della famiglia pone gli obblighi circa le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale in capo ai genitori per il caso in cui l'obbligato non adempia o anche solo ritardi l'adempimento.

Ha, quindi, una funzione di coercizione anticipata ed indiretta, una sorta di penale già quantificata dal giudice nella misura e nei tempi di attuazione per le ipotesi di ritardo, proprio in ragione del carattere infungibile dell'obbligo di fare o di non fare.

Né il quadro interpretativo può ritenersi modificato per effetto della modifica normativa dell'art. 614-bis c.p.c. introdotta dalla l. n. 132/2015 di conversione del d.l. n. 83/2015.

Il legislatore ha introdotto un autonomo titolo, Titolo IV-bis, nel Libro III del Codice di Procedura Civile denominandolo «Delle misure di coercizione indiretta».

Ha, poi, modificato la rubrica della norma 614-bis c.p.c., ora espressamente intitolata «Misure di coercizione indiretta», così espressamente qualificando l'istituto secondo la consolidata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che dello stesso era stata data.

Ha, infine, specificato il contenuto del provvedimento di condanna cui può accedere la misura coercitiva indiretta.

Sebbene, infatti, nel vecchio testo non fosse indicato il contenuto del provvedimento di condanna, lo si ricavava in positivo attraverso il riferimento alla rubrica della norma che faceva riferimento «agli obblighi di fare infungibile o di non fare», sulla cui esatta individuazione si erano aperte molte discussioni.

Il nuovo testo normativo, invece, individua espressamente l'ambito di applicazione della misura in negativo o meglio per esclusione.

Recita, infatti, la disposizione in questione «con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di danaro…», essendo poi nel resto la norma rimasta invariata.

Nulla, quindi, è cambiato sotto il profilo della funzione propria dell'istituto e del momento in cui è destinato ad essere applicato.

È stato, invece, ampliato l'ambito di operatività della fattispecie, nel senso che la misura accessoria può essere disposta non solo nel caso in cui il provvedimento di condanna abbia ad oggetto un obbligo di fare o non fare infungibile, ma anche nel caso in cui il suo contenuto sia un obbligo di fare o di non fare fungibile o un obbligo di dare con esclusione, quindi, solamente della condanna a pagare somme di danaro.

E ciò si ricava proprio dalla previsione di un autonomo titolo dedicato alle misure di coercizione indiretta e dalla definizione data al contenuto del provvedimento di condanna cui può accedere la previsione di una somma di danaro da corrispondere nel caso di inadempimento futuro.

Ne deriva che la modifica normativa non ha inciso sulla funzione propria dell'istituto in questione e al momento in cui è destinato ad operare.

Sicuramente, invece, la nuova formulazione vale a chiarire che la misura di coercizione indiretta quanto ai provvedimenti adottati dal giudice della famiglia ha un ambito di applicazione relativo a tutti i provvedimenti che attengono ai profili della responsabilità genitoriale e al minore (affidamento, collocamento, regolamentazione dei rapporti genitore e figlio, statuizioni relative agli interventi disposti a tutela del percorso di crescita del minore) e al provvedimento di assegnazione della casa coniugale, mentre non può applicarsi alla violazione delle statuizioni economiche che godono di un proprio e pregnante sistema di garanzie successive all'inadempimento.

Oggetto ancora di divergenti interpretazioni è la questione se l'applicabilità di tale istituto richieda la domanda di parte, come sembrerebbe desumersi dal testo della norma anche dopo la novella o, invece, possa applicarsi ex officio, attesa la finalizzazione della stessa alla tutela del superiore interesse del minore.

Al dato letterale della norma che depone, infatti, per la necessità della richiesta di parte si aggiungono, secondo la tesi che richiede l'istanza di parte, considerazioni legate alla necessità che sia la stessa parte ad avere un effettivo interesse alla previsione della sanzione anticipata sia per le possibili conseguenze connesse a tale misura sul piano dell'aggravarsi del conflitto sia perché alla stessa parte è destinata poi la somma di danaro, qualora la misura dovesse trovare attuazione per i successivi comportamenti di inadempimento o ritardo nell'adempimento.

Valorizzando, invece, la natura accessoria della fattispecie di cui all'art. 614-bis c.p.c., la natura dei provvedimenti relativi ai figli minori e la valenza degli interessi in gioco connessi ai minori, ben si può affermare, secondo l'orientamento di merito prevalente, che l'art. 614-bis c.p.c. possa trovare un applicazione anche officiosa in relazione ai provvedimenti concernenti i minori.

In altri termini, posto che la statuizione principale relativa ai figli minori è sempre adottabile d'ufficio dal Giudice, deve ritenersi che anche la accessoria previsione preventiva di una misura sanzionatoria nell'ipotesi di violazione della statuizione principale ben possa essere disposta di ufficio dal giudice (Trib. Milano, sez. IX civ., decr. 11 febbraio 2015; Trib. Roma, sez. I, sent. 27 giugno 2014; Trib. Roma, ord. 10 maggio 2013).

In conclusione, va ribadito che ai fini dell'applicabilità della misura prevista dall'art. 614-bis c.p.c. anche ex officio deve essere accertato che vi sia il rischio concreto di condotte genitoriali volontarie lesive del diritto del minore alla genitorialità, non essendo sufficiente la conflittualità tra le parti, per quanto esasperata, che di norma connota il conflitto familiare e quindi vi sia il rischio concreto di comportamenti di inosservanza delle statuizioni giudiziali relative alla responsabilità genitoriale e che la somma stabilita dal Giudice deve essere rapportata alla finalità propria della suddetta misura in relazione ai provvedimenti relativi all'esercizio della genitorialità, valutata pur sempre nella prospettiva del diritto inviolabile del minore a ricevere affetto, cura ed educazione da entrambi i genitori.

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