La pratica collaborativa
02 Luglio 2015
Il quadro normativo
Se la pratica collaborativa è utilizzata per risolvere delle controversie familiari, una volta raggiunto l'accordo questo viene trasfuso in un ricorso congiunto che viene depositato avanti al Tribunale competente e segue la normale prassi procedurale. Con l'entrata in vigore della legge 10 novembre 2014, n. 162 le parti possono scegliere di strutturare il procedimento collaborativo come negoziazione assistita, e in questo caso l'accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 5); mentre gli accordi raggiunti in ambito familiare producono gli effetti e tengono luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1 dell'art. 6, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Le origini
La pratica collaborativa è nata nel 1990 negli Stati Uniti, ad opera di Stuart G. Webb, avvocato matrimonialista del Minnesota, che ha creato un metodo per la soluzione delle controversie legali basato sulla possibilità che gli avvocati risolvano i conflitti in maniera creativa e partecipativa, con l'ausilio di una declinazione multidisciplinare basata su un team che, a seconda della materia trattata, può essere composto anche da fiscalisti, lavoristi, esperti finanziari/di relazioni familiari, specialisti del bambino, etc.. L'avvocato Webb, dopo molti anni di cause lunghe, difficili e snervanti decise di abbandonare il contenzioso perché insoddisfatto dei risultati raggiunti e perché convinto che le capacità creative degli avvocati sarebbero state enormemente stimolate se gli stessi non avessero avuto l'alternativa di introdurre un giudizio contenzioso. L'avvocato collaborativo, infatti, se non viene trovato l'accordo, non può assistere il cliente nell'eventuale causa avente il medesimo oggetto della procedura, ma deve dismettere il mandato. L'elaborazione di questo metodo è avvenuta in California, per poi diffondersi in Canada, in Europa e, dal 2010, anche in Italia. La pratica collaborativa in ambito familiare
La Pratica Collaborativa è una procedura nell'ambito della quale le parti – coniugi, partner, genitori– assistite ciascuna da un avvocato formato alla pratica collaborativa, s'impegnano ad individuare soluzioni soddisfacenti per entrambe e per i figli, vincolandosi al rispetto di alcune regole mediante la sottoscrizione di un “accordo di partecipazione”. A seconda delle necessità e delle specificità del caso, le parti possono essere assistite anche da altri professionisti formati alla pratica collaborativa: facilitatori, esperti finanziari/di relazioni familiari, specialisti del bambino, fiscalisti, lavoristi, etc.. Si forma così un team collaborativo che consente la contestualità dei diversi interventi (legale, psicologico ed economico) nella garanzia della condivisione degli obiettivi e dei metodi. Si tratta di una sinergia preziosa per sviluppare tutte le potenzialità creative di un pensiero collettivo che si sviluppa in un contesto in cui non vi è la contrapposizione fra le parti e dove la sicurezza di essere costantemente sostenuti dal proprio avvocato, in un'ottica di collaborazione, costituisce la base per la trasparenza e per comprendere anche l'altra parte, favorendo così l'individuazione di una soluzione condivisa, nell'interesse di tutti. La novità risiede nell'assistenza che il team presta all'interno del medesimo contesto, nell'ambito di un lavoro di squadra, dove tutti i professionisti hanno ricevuto una comune formazione e rispettano regole condivise di comportamento; protagoniste, però, restano comunque sempre le parti, ciascuna assistita nel percorso dal proprio avvocato.
La procedura si basa su tecniche di comunicazione avanzate: ascolto attivo, domande maieutiche, riformulazione, looping, modalità di comunicazione che consentono la miglior comprensione e il rispetto dell'altro. La negoziazione segue le priorità delle parti, si basa sui loro interessi: emotivi/relazionali (l'affidamento dei figli, i timori per il futuro), materiali (la casa, il mantenimento), procedurali (la tempistica è adeguata? Il team funziona? Le informazioni sono esaustive e tempestive?). L'avvocato Webb decise di elaborare questo metodo per creare un clima che incoraggiasse nelle trattative la cooperazione e la creazione di alternative, un clima di energia positiva dove ognuno contribuisce a raggiungere un accordo soddisfacente per tutti, dove le parti sono le vere protagoniste, sviluppano competenza e capacità di creare soluzioni adatte ai loro problemi (empowerment, principio di autodeterminazione e di responsabilità). Anche nel caso di posizioni (apparentemente) contrapposte possono esservi interessi comuni o complementari, che costituiscono la base di partenza per costruire un accordo, perché non si tende più ad un compromesso come nelle trattative tradizionali, ma ad ampliare il quadro delle soluzioni possibili. A tal fine le parti vengono sensibilizzate ad adottare soluzioni in un'ottica di medio-lungo periodo per tutti i componenti della famiglia (the big picture) nella consapevolezza che le decisioni prese al momento della separazione e del divorzio influenzeranno la loro vita futura. Il d.l. n. 132/2014 («Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile») convertito con modifiche dalla legge n. 162/2014 ha espressamente previsto che gli avvocati tentino di conciliare le parti ed ha ampliato l'obbligo di informativa: all'atto del conferimento dell'incarico l'avvocato deve informare il cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita e di esperire la mediazione familiare (artt. 2 e 6 d.l. n. 132/2014). L'avvocato collaborativo, oltre a queste informazioni, potrà illustrare al proprio cliente anche le caratteristiche della pratica collaborativa, in questo modo gli fornirà il panorama completo dei metodi disponibili, consentendogli di scegliere quello più adatto alla propria situazione. Se il cliente sceglie la pratica collaborativa l'avvocato gli sottopone la lettera di conferimento dell'incarico nonché il contratto collaborativo (accordo di partecipazione) che le parti dovranno firmare al primo incontro di gruppo. In questi documenti sono contenute le norme comportamentali e procedurali da tenere e rispettare da parte di tutti i soggetti che partecipano alla procedura. Nella lettera è espressamente previsto che l'incarico professionale venga conferito con lo specifico obiettivo di assistere la parte «per il raggiungimento di un accordo con la controparte all'interno del procedimento di diritto collaborativo». Il cliente si impegna a rendere note al proprio legale e, successivamente, all'altra parte tutte le informazioni rilevanti, in maniera completa, onesta e chiara; in caso contrario verrà interrotta la procedura. Il conferimento dell'incarico a tutti i professionisti è limitato all'assistenza delle parti, secondo le diverse competenze, per il raggiungimento dell'accordo sulle questioni oggetto della procedura con l'espresso divieto per tutti i professionisti del team collaborativo di assistere quelle parti in successivi giudizi contenziosi che le stesse intentassero eventualmente fra loro sullo stesso oggetto della procedura Collaborativa. Questo divieto, che potrebbe essere considerato un limite, di fatto è, invece, il punto di forza del procedimento, perché stimola le parti a lavorare bene per raggiungere l'accordo. La pratica collaborativa non si adatta a tutte le fattispecie: l'avvocato “collaborativo” dovrà esaminare la situazione di volta in volta con il proprio assistito e valutare qual è la procedura adeguata al caso di specie, analizzando le singole circostanze. Ad esempio, per poter utilizzare la pratica collaborativa i coniugi devono essere disposti ad essere totalmente sinceri e trasparenti e a non nascondere nulla, non devono avere problemi di salute mentale o dipendenza da droghe, non devono esservi state violenza fisica o abuso emotivo. Questo perché devono essere lucidi e consapevoli ed essere in grado di partecipare alle trattative con serenità ed equilibrio. Nella procedura collaborativa, come in mediazione, la diretta partecipazione delle parti comporta l'empowerment e, al termine del percorso, non vi saranno un vinto e un vincitore (win-lose) bensì entrambe le parti si sentiranno soddisfatte del risultato raggiunto (win-win). A differenza della mediazione familiare, nella procedura collaborativa è fondamentale la presenza degli avvocati durante tutti gli incontri, per consentire alle parti di avere a disposizione la consulenza del proprio legale in qualsiasi momento. Ruolo degli avvocati collaborativi
L'avvocato collaborativo nel corso della procedura collaborativa non si pone in modo antagonistico rispetto all'altra parte ma non è neutrale, pur considerando l'altra parte ed il suo avvocato parte della squadra che lavora alla costruzione dell'accordo, sarà lì per assistere il suo cliente e per assicurare che i suoi interessi vengano realizzati. Mentre nelle trattative tradizionali gli avvocati perseguono esclusivamente l'interesse del proprio cliente e negoziano tra di loro, nella pratica collaborativa i clienti partecipano attivamente, non si limitano a fornire le istruzioni ed approvare i vari passaggi. Anche per gli avvocati si parla di “un cambiamento di paradigma” passando da un approccio basato esclusivamente sulla tutela dei diritti ad uno fondato sulla risoluzione del problema: il passaggio va dalla disputa al dialogo. L'avvocato fornisce le informazioni e facilita la negoziazione aiutando il proprio cliente ad individuare i propri interessi impegnandosi alla risoluzione del caso, garantendo che la procedura “appartenga” al cliente e che i bisogni materiali dello stesso siano soddisfatti. Il successo della negoziazione dipende molto dall'affiatamento del team e dalla condivisione della stessa metodologia di lavoro: gli avvocati, pur assistendo ciascuno il proprio cliente, non considerano mai l'altra parte come “controparte” perché gli interessi delle parti sono interdipendenti fra di loro. Le fasi essenziali:
Una volta che si è posto termine alla procedura collaborativa non potrà essere adito il tribunale se non sono trascorsi 30 giorni dal temine della procedura, salvo urgenze. In conclusione
La “cassetta degli attrezzi” dell'avvocato tradizionale non è più sufficiente per poter assistere adeguatamente il cliente, è necessario aggiungere competenze diverse, in particolare nel settore delle ADR, che si acquisiscono grazie a percorsi formativi ad hoc. In questo contesto di cambiamento e di ampliamento del ruolo dell'avvocato si inserisce la Pratica Collaborativa, nell'ambito della quale il professionista assume un ruolo completamente diverso rispetto al modello tradizionale. Promuove nei clienti la capacità di raggiungere gli accordi aiutandoli a capire i propri bisogni, ad essere capaci di ascoltare e lavorare con i bisogni degli altri, creando una procedura sicura, apportando saggezza ed esperienza, assicurando che i clienti siano informati sul diritto e sulle conseguenze delle loro scelte, consentendo loro di esprimersi in prima persona (Marcucci C., La pratica collaborativa in www.praticacollaborativa.it). In Italia dal 2010 operano due associazioni che promuovono la pratica collaborativa: AIADC (Associazione italiana professionisti collaborativi http://praticacollaborativa.it) con sede a Milano e IICL (Istituto Italiano di Diritto Collaborativo www.iicl.it) con sede a Roma. A livello internazionale va segnalata IACP (International Academy of Collaborative Professionals, www.collaborativepractice.com), associazione con sede in Phoenix alla quale aderiscono al momento quasi 6.000 professionisti appartenenti a 24 Stati diversi che promuovono nel mondo la pratica collaborativa. Ogni anno IACP organizza un forum internazionale, al quale partecipano professionisti provenienti da tutto il mondo, che si ritrovano per aggiornarsi, scambiare esperienze, individuare nuovi obiettivi per migliorare il metodo ed estenderne la conoscenza. In dottrina sul tema: - Webb S.G., Ousky R.D., The Collaborative Way to Divorce, Hudson Street Press; - Fisher R., Ury W., Patton B., Getting to Yes: Negotiating Agreement Without Giving In, Penguin Books; - Ratti A., Ravenna D., Diminuzione o revoca dell'assegno di mantenimento, Rimini, 2014; |