Comportamenti alienanti nei confronti del padre: condannata la madre per responsabilità aggravata

Redazione Scientifica
30 Marzo 2017

Il Tribunale di Milano ha condannato ex art. 96, comma 3, c.p.c. la madre che, pur avendo posto in essere comportamenti alienanti nei confronti del padre, ha proposto ricorso contro di lui per questioni relative alla figlia minore.

Il caso. Con l'atto introduttivo del procedimento, la madre di una minore ha lamentato l'insorgenza di problematiche nei rapporti tra il padre e la figlia causate dal disinteresse dell'uomo nei confronti della bambina. Costituitosi in giudizio, il padre ha chiesto il rigetto del ricorso e l'intervento dei Servizi Sociali per consentirgli l'esercizio effettivo del diritto di visita. Avverso il decreto con il quale il Tribunale di Milano ha stabilito l'affidamento della minore al Comune limitando la responsabilità genitoriale delle parti e disponendo ulteriori accertamenti, la madre ha proposto reclamo dichiarato, però, inammissibile dalla Corte d'appello. La donna ha, quindi, sollecitato una CTU disposta con decreto dal Tribunale di Milano.

Collocamento prevalente al genitore alienante se segue le prescrizioni. Dalla relazione del Consulente tecnico è emerso che causa centrale del rifiuto e dell'immagine negativa che la figlia ha del padre è la madre che, consciamente o inconsciamente, ha trasmesso alla bambina i propri convincimenti negativi nei confronti della figura paterna. Al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, quindi, il rifiuto della minore nei confronti del padre non è l'effetto di un trauma infantile ma il risultato di un comportamento alienante da parte del genitore collocatario. A tal proposito, specifica il Tribunale che, per la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, il termine alienazione genitoriale «non integra una nozione di patologia clinicamente accertabile, bensì un insieme di comportamenti posti in essere dal genitore collocatario per emarginare e neutralizzare l'altra figura genitoriale». Tali condotte non necessitano dell'elemento piscologico del dolo essendo sufficiente la colpa o una loro “radice patologica”.

Il Tribunale di Milano, pertanto, conferma l'affidamento della minore al Comune e il collocamento prevalente presso la madre. Tuttavia, il collocamento deve essere inteso in senso provvisorio e fondato sulla capacità della donna di seguire i suggerimenti e le prescrizioni contenute nel decreto.

Sanzionata la madre che abusa del diritto di azione e difesa. Infine, secondo il Giudice, poiché la causa della crisi dei rapporti genitoriali è da ricercarsi nei comportamenti materni e non paterni, il ricorso presentato dalla madre ex art. 709-ter c.p.c. risulta non solo palesemente infondato ma anche imprudente e, pertanto, deve ritenersi processualmente viziato da colpa grave e meritevole di sanzione ex art. 96, comma 3, c.p.c..

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