È costituzionalmente legittimo l’effetto retroattivo della parentela “naturale”

30 Luglio 2015

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 104, commi 2 e 3, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 in riferimento agli artt. 2, 3 e 76 Cost.. Le argomentazioni a sostegno sono principalmente due: una di tipo sistematico ed una di tipo letterale.
Massima

La Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 104, commi 2 e 3, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 in riferimento agli artt. 2, 3 e 76 Cost.: gli effetti successori della parentela naturale, di cui al novellato art. 74 c.c., sono riferibili anche a successioni apertesi anteriormente alla indicata data del 1° gennaio 2013 ed oggetto di giudizi pendenti al momento dell'entrata in vigore del predetto decreto legislativo.

Il caso

Nel corso di un giudizio di petizione di eredità, promosso nel marzo 2011 e relativo ad una successione apertasi nel novembre 2004, l'adito Tribunale ordinario di Genova ha rilevato, in premessa, che la pretesa avanzata dall'attore «presuppone il riconoscimento in capo allo stesso dello status di chiamato a pieno titolo alla successione legittima di una parente “naturale” collaterale in quarto grado, ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 74 e 258 c.c.», come innovate dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 («Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali»); il Tribunale ha poi osservato come dette norme siano applicabili retroattivamente, ai giudizi pendenti, solo in virtù delle disposizioni, sopravvenute in corso di causa, di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 104 d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 («Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219»); il giudice ha ritenuto rilevante, al fine del decidere, e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale delle suddette disposizioni del d.lgs. n. 154/2013.

La questione

La questione su cui è chiamata la Corte Costituzionale ha per oggetto una problematica di ordine generale, ovvero se il legislatore delegato abbia il potere di non seguire pedissequamente le istruzioni del delegante e se ciò possa addirittura arrivare ad importare una deroga al generale principio di non retroattività delle leggi civili.

In applicazione di detto principio generale, la legge regolatrice della successione è quella vigente al momento della apertura della stessa e, perciò, la nuova disciplina della «parentela» avrebbe dovuto applicarsi «soltanto alle successioni apertesi dopo il 1° gennaio 2013 [data di entrata in vigore della l. n. 219/2012], ritenendosi precluso ogni diritto dei parenti “naturali” con riferimento alle successioni [...] apertesi in precedenza.

Rispetto a tale applicazione del principio generale, il legislatore delegato del 2013 ne ha espressamente previsto la non operatività: l'art. 104, commi 2 e 3 d.lgs. n. 154/2013 prevede, infatti, con specifico riferimento all'azione di petizione di eredità, che gli effetti successori della parentela “naturale”, di cui al novellato art. 74 c.c., siano riferibili anche a successioni apertesi anteriormente alla data indicata del 1° gennaio 2013 ed oggetto di giudizi tutt'ora pendenti al momento dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo.

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 104, commi 2 e 3, d.lgs. 28 dicembre 2013,n. 154 in riferimento agli artt. 2, 3 e 76 Cost..

Le argomentazioni a sostegno sono principalmente due: una di tipo sistematico ed una di tipo letterale.

Quanto alla prima, la valutazione pregnante che effettua la Corte è che l'art. 76 Cost. non riduce la funzione del legislatore delegato ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dal legislatore delegante, poiché consente l'emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo e completamento dei contenuti di indirizzo della delega, nel quadro della fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (C. cost., n. 229/2014; C. cost., n. 98/2008; C. cost. n. 163/2000).

Quanto al dato letterale, fra i criteri direttivi della delega (sub art. 2, comma 1, lett. l, legge n. 219/2012) vi è l'espressa previsione che l'obiettivo dell'«adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio» si realizzi assicurando appunto, «anche in relazione ai giudizi pendenti», una disciplina che consenta «la produzione degli effetti successori riguardo ai parenti anche per gli aventi causa del figlio naturale premorto o deceduto nelle more del riconoscimento e conseguentemente l'estensione delle azioni di petizione di cui agli artt. 533 e seguenti del codice civile».

Sotto il profilo sostanziale, poi, mi pare si debba ritenere che la Corte Costituzionale abbia approvato la scelta del legislatore delegato di applicare in maniera estensiva il principio latino semel heres semper heres, legando il diritto a succedere non tanto al momento dell'effettiva entrata in vigore della norma ma alla sostanza del legame derivante dalla filiazione accertata, escludendo perciò solo le situazioni già concluse.

Osservazioni

Con riguardo al principio di irretroattività delle leggi in materia civile la Corte Costituzionale ha reiteratamente chiarito come al legislatore non sia precluso di emanare norme retroattive (sia innovative che di interpretazione autentica), «purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale” ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU» (C. cost. n. 156/2014 e C. cost. n. 264/2012).

Nel caso della riforma della filiazione operata con il d.lgs. n. 154/2013, il legislatore delegato certamente tutela un valore di rilievo costituzionale: quello della completa parificazione dei figli naturali ai figli nati all'interno del matrimonio.

Tale valore è specificamente riconducibile all'art. 30, comma 1, Cost. e si presenta alla data odierna, alla luce degli sviluppi della società, come un valore primario, coerente anche al bene della «vita familiare», di cui all'art. 8 CEDU della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La riforma del 2012/2013 ha, in effetti, spostato il baricentro del concetto di famiglia dal matrimonio alla filiazione e sarebbe per lo meno incoerente che un principio informante la novella potesse avere una limitazione applicativa così importante, come quella che il Tribunale di Genova suggerisce. Molto più condivisibile la scelta della Corte Costituzionale di leggere il criterio introdotto come un principio generale (i parenti “naturali” succedono al de cuius nell'ordine e nel grado come i parenti “legittimi”), con la sola eccezione delle successioni già chiuse, la cui riapertura avrebbe rappresentato una problematica multipla, di costi giuridici, di impossibilità di recupero e di liti sociali.

Guida all'approfondimento

- Delfini F., Riforma della filiazione e diritto successorio, in Corriere Giuridico, 2013, 545;

- Tagliaferri V., Modifiche in materia di successione dei figli, in Modifiche al codice civile e alle leggi speciali in materia di filiazione, Napoli, 2014, 155.

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