Stepchild adoption: il sì della Corte d'Appello di Torino in una coppia di donne

Redazione Scientifica
30 Maggio 2016

La Corte d'Appello di Torino, riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto la richiesta presentata da una donna di adottare il figlio della partner.

Il caso. Con la sentenza del 23 ottobre 2015 il Tribunale per i minorenni di Torino aveva respinto la domanda proposta da una donna che chiedeva l'adozione, ai sensi dell'art. 44 lett. d l. n. 184/1983, del figlio della convivente, con la quale aveva contratto matrimonio in Islanda e sottoscritto un patto di convivenza nell'aprile 2011. L'attrice faceva notare di aver svolto «un vero e proprio ruolo di madre» sulla base di un forte legame affettivo tra sé e il bambino, nato all'interno di un progetto di genitorialità condivisa e di aver creato un rapporto che nulla aveva di diverso da un vero e proprio vincolo genitoriale.

Il Procuratore della Repubblica nel corso del giudizio riteneva ammissibile la domanda, ed esprimeva parere favorevole all'adozione. Il Tribunale, tuttavia, respingeva la domanda, rilevando che il minore non si trovava in uno stato di abbandono, presupposto necessario per l'adozione richiesta ex art. 44 lett. d, in quanto viveva stabilmente con sua madre, che si occupava di lui.

Contro la sentenza di primo grado la donna ricorreva in appello, lamentando una carenza di motivazione del Tribunale che non aveva valutato in concreto l'interesse del minore.

Il nocciolo della questione è lo stato di abbandono. La Corte d'Appello di Torino ritiene l'appello fondato, affermando che la domanda formulata in primo grado debba essere accolta. Il nocciolo della questione è costituito dalla necessità o meno, nella specie, della previa dichiarazione dello stato di abbandono. E' pacifico che il minore non versi in tale stato, ma la Corte ne contesta la necessità al fine della dichiarazione dell'adozione nei casi particolari ai sensi dell'art. 44 l. n. 184/1983. Che tale requisito non sia necessario è, secondo i giudici, deducibile sia da una lettura sistematica della norma, sulla quale si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 383/1999, sia da un'interpretazione letterale della stessa. «Il comma 1 prevede la possibilità, in generale, di procedere all'adozione in casi particolari “anche quando non ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 7" – che consente l'adozione legittimante “a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità”, per i quali è stato accertato lo stato di abbandono: dunque l'adozione ex art. 44, stando al significato letterale delle parole, può essere pronunciata sia che ricorra che non ricorra l'accertamento dello stato di abbandono».

La rilevanza dei rapporti di fatto nei vincoli genitoriali. Premesso questo, i giudici torinesi valutano, ai sensi dell'art. 57 n. 2 l. n. 184/1983, se l'adozione realizzi il preminente interesse del minore. La Corte, facendo riferimento a un suo precedente decreto (decr. 29 ottobre 2014), evidenzia come «non si tratta di introdurre ex novo una nuova situazione giuridica inesistente, ma di garantire la copertura giuridica a una situazione di fatto in essere da anni nell'esclusivo interesse di un bambino… Assume rilievo determinante la circostanza che la famiglia esista non tanto sul piano dei partners ma con riferimento alla posizione, allo status e alla tutela del figlio». Il concetto di vita familiare ex art. 8 CEDU si ancora, appunto, ai fatti: i rapporti, i legami, la convivenza e non su condizioni giuridiche.

Nessun rilievo, secondo la decisione in esame, ha la circostanza che il nucleo familiare sia formato da una coppia omosessuale. I giudici del secondo grado, ricordando la sentenza della Corte di Cassazione n. 2400 del 9 febbraio 2015, precisano che «il nucleo affettivo relazionale che caratterizza anche l'unione omo affettiva riceve diretto riconoscimento costituzionale dall'art. 2 Cost. e può acquisire un grado di protezione e tutela in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determini una lesione di diritti fondamentali scaturenti dalla relazione in questione».

Pertanto, la Corte d'Appello di Torino accoglie la domanda, riformando la sentenza impugnata, «non sussistendo gli impedimenti in diritto riscontrati dalla pronuncia del Tribunale, né ravvisandosi alcun ostacolo, in fatto, per quanto riguarda l'interesse del minore». Anche il Procuratore Generale ha osservato, del resto, durante la discussione, come il bambino sia di fatto «inserito in un nucleo familiare adeguato, e si impone, assai semplicemente, la tutela di tale situazione di fatto».

Viene, quindi, pronunciata l'adozione del minore da parte della ricorrente ex art. 44 l. n. 184/1983, disponendo che il minore acquisti il cognome dell'adottante e lo anteponga al proprio.

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