La successione di adozioni è possibile se la prima è un'adozione speciale

Redazione Scientifica
05 Aprile 2016

Il Tribunale di Milano ha stabilito che il divieto di procedere ad una successione di adozioni nel tempo di un unico adottando, ex art. 294 comma 2 c.c., non si applica qualora la prima adozione sia stata un'adozione speciale.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 54 del 25 novembre 2015, si è pronunciato in merito ad una richiesta di adozione presentata nei confronti di una donna, adottata quando aveva meno di 8 anni, con adozione speciale da una coppia di coniugi, in seguito deceduti.

Il divieto di successione di adozioni nel tempo. L'art. 294 comma 2 c.c. dispone che nessuno può essere adottato da più di una persona a meno che gli adottanti non siano marito e moglie. Ratio della norma è l'imitatio naturae e l'esigenza di evitare il sovrapporsi di plurimi status personali. Tale divieto perdura anche dopo la morte dei primi adottanti poiché essa non fa cessare il vincolo giuridico nascente dall'adozione, della quale permangono gli effetti tipici dell'acquisizione del cognome e del patrimonio dell'adottante.

La norma in esame, nata in un particolare contesto storico e sociale e senza distinzione tra soggetto minore o maggiore di età, risponde alle finalità proprie dell'adozione come originariamente costruita «tesa esclusivamente ad assicurare all'adottante privo di discendenti legittimi o legittimati, la possibilità di trasmettere il proprio cognome ed il proprio patrimonio alla generazione successiva», rimanendo lo scopo dell'istituto quello di assicurare una discendenza a chi ne è privo piuttosto che inserire in una famiglia un minore in difficoltà.

L'adozione speciale. Con la l. n. 431/1967 all'adozione disciplinata dal codice e definita adozione ordinaria si è affiancata l'adozione c.d. “speciale” di minori. Tale normativa, diretta a realizzare l'interesse del fanciullo «con lo scioglimento di ogni legame con la famiglia di origine venuta meno alla sua funzione educativa e l'inserimento del bambino presso una coppia di coniugi idonea», era applicabile ai bambini con meno di 8 anni in stato di abbandono, rimanendo l'adozione ordinaria l'unica possibilità per i minori di età superiore agli 8 anni e per i maggiorenni. Inoltre, per effetto dell'adozione speciale l'adottato acquista lo status di figlio (inizialmente “legittimo”) degli adottanti. Come è noto, la disciplina dell'adozione di minori è stata riformata con l. n. 184/1983 e successive modifiche.

Il divieto non si applica se la prima è un'adozione speciale. Il Tribunale ha ritenuto che il divieto ex art. 294 comma 2 c.c. non sia applicabile nel caso in cui la prima adozione sia un'adozione speciale. Secondo «un'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata», solo se la prima è un'adozione di maggiorenne (o di minorenne oltre gli 8 anni per il limitato periodo temporale in cui non è un'adozione legittimante) il consentirne una successiva, se non da parte del coniuge del primo adottante, si pone in contrasto con la finalità di trasmissione del nome e di assicurare una discendenza a chi ne è privo poiché si avrebbe un'effettiva sovrapposizione di status conflittuali (status di figlio adottivo al quale si sovrapporrebbe un altro status di figlio adottivo).

Al contrario, quando la prima è un'adozione speciale, la sua ratio non viene frustrata dalla seconda poiché la finalità dell'adottante speciale è l'inserimento del minore nella propria famiglia e la sua assunzione come figlio legittimo.

Oltretutto, un divieto esteso a tutti i casi di adozione creerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento, in situazioni del tutto analoghe, tra figli “legittimi” e figli divenuti “legittimi” (attualmente figli matrimoniali) in seguito ad adozione piena: i primi, possibili adottandi di un'adozione di maggiorenne anche qualora i genitori siano in vita e prestino il proprio consenso, i secondi, esclusi, sempre e comunque, dalla possibilità di essere adottati, malgrado siano divenuti figli “legittimi”.

In conclusione, secondo il giudice milanese è soltanto per un mancato coordinamento di norme che l'art. 294 comma 2 c.c. è rimasto invariato anche dopo l'introduzione dell'istituto di cui alla l. n. 431/1967.

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